Arte, droga & rock and roll
Di Irene Milani
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La stessa scena si ripete il giorno successivo: questa volta a strapparla dal morbido abbraccio del piumone è la notizia di un furto di opere d’arte dal Museion.
Che legame c’è tra questi due avvenimenti a cui, pochi giorni dopo si somma l’omicidio di un musicista di cui Ginevra è testimone diretta? Che ruolo ha Sebastian, l’amico d’infanzia inizialmente accusato di quest’ultimo delitto?
Il peso dei ricordi del passato rischia di ostacolare la risoluzione dei casi affidati alla giovane poliziotta, mettendo addirittura a repentaglio la sua stessa vita.
Ambientato in una Bolzano fredda e a tratti ostile “Arte, droga e rock and roll” unisce la struttura del giallo ad una descrizione attenta dei luoghi e dei caratteri dei personaggi, con un tocco di ironia.
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Anteprima del libro
Arte, droga & rock and roll - Irene Milani
Milani
Capitolo 1 Don't look back in anger
Ginevra cammina a testa bassa per difendersi dal freddo che ormai le è penetrato nelle ossa; il suono degli anfibi che porta ai piedi rimbomba nella via deserta attutito appena dalle pozzanghere che qua e là costellano l'asfalto, riflettendo la luce dei lampioni che a poco servono per contrastare l'oscurità.
Ma ha sempre fatto così freddo qui?
si domanda, affrettando il passo per raggiungere il proprio appartamento che, per quanto spartano sarebbe stato per lo meno caldo.
Da quando è ritornata a Bolzano, dopo un lungo periodo trascorso a Roma, non le sembra possibile aver vissuto per più di vent'anni a quelle temperature: come aveva fatto, ai tempi del liceo, ad uscire la sera abbigliata con minigonna e décolleté? Oggi, alle soglie dei quarant'anni quel genere di vestiti riesce ad indossarli esclusivamente nei caldi pomeriggi estivi della capitale.
Infatti, in quel momento, è imbacuccata in un piumino oversize corredato da cappello, guanti e sciarpa di lana; nonostante tutto le sembra di non riuscire a scaldarsi.
Mentre sta per infilare la mano in tasca per estrarre le chiavi del portone sente la vibrazione del cellulare proveniente dalla borsa che porta a tracolla. Sospira. Si sfila i guanti e, prima di aprire decide di rispondere.
«Sì, ciao Giulia… no stasera no. Ho finito ora il turno e sto rientrando a casa. Divertitevi anche per me, ci sentiamo presto ciao.» risponde, armeggiando per riuscire a centrare la serratura, tenendo il telefono stretto tra orecchio e spalla.
È sabato sera, non ci aveva nemmeno fatto caso; ormai quasi tutta la sua vita ruota intorno al lavoro. Non ha problemi a restare a casa mentre gli altri escono a divertirsi, anche se una piccola parte di lei un po' vorrebbe scrollarsi di dosso il peso degli avvenimenti – recenti e passati – e non pensare a niente almeno per qualche ora. Invece pare che l'unica sua droga, al momento, sia il lavoro.
Entra in casa, sfila il pesante giaccone e si rilassa all’istante percependo il piacevole calore che il riscaldamento a pavimento regala al suo appartamento. "Preferisco di gran lunga restare sul divano a vedere un film o leggere un libro, magari con una birra… o meglio ancora sorseggiando una tisana calda" pensa, in parte convinta, in parte facendo buon viso a cattivo gioco.
Da quando è rientrata a Bolzano ha cercato di riallacciare i contatti con amici di infanzia ed ex compagni di scuola. Non tutti sono stati carini e gentili con lei, quasi volendole rinfacciare il fatto di essersene andata nella capitale, facendosi sentire poco o niente. Alcuni di quelli con cui era riuscita a mantenere i contatti si sono dimostrati felici del suo ritorno, invitandola ad unirsi a loro per cene, serate al cinema o a teatro; lei è stata ben felice di queste nuove occasioni di vita sociale e ha iniziato a legare in particolare Giulia, moglie di un suo ex compagno di liceo, e il suo gruppo di amiche.
Lui era stato uno dei suoi amici più cari nella delicata fase dell'adolescenza, anzi forse l'unico vero amico. Con lui aveva condiviso gioie e dolori, i lutti che l'avevano colpita; non si era mai sentita giudicata anzi, sapeva che qualunque cosa gli avesse raccontato lui avrebbe saputo dire la frase perfetta o analizzare i problemi da un punto di vista opposto al suo, trasformando (almeno a parole, perché poi i fatti non sempre seguivano come uno si aspettava) una situazione negativa in un'opportunità. Era stato quindi naturale che fosse una delle prime persone che aveva rivisto, anche perchè tra loro il filo della comunicazione non si era mai interrotto, a differenza di altri amici. In realtà poi, quasi subito, la figura di riferimento era diventata Giulia, l'inarrestabile moglie di Sebastian, che si era fatta carico di non lasciare mai sola Ginevra, anche quando in realtà lei avrebbe avuto bisogno di starsene un po' in pace.
Dopo i primi momenti di nervosismo per l'invadenza della donna, Ginevra aveva accolto con piacere i continui inviti; le era mancato tanto passare del tempo in allegra compagnia, anche se non è mai stata una fanatica del divertimento a tutti i costi! A Roma, città sicuramente più vivace e ricca di avvenimenti culturali e sociali si era trovata molto più spesso a casa di quanto non avesse immaginato.
Colpa di Francesco… beh, in realtà anche lei aveva le sue responsabilità, ad essere onesti. Lo aveva sempre saputo che scegliendo consapevolmente di essere l'altra donna, l'amante di un uomo sposato avrebbe dovuto rinunciare a quello che dovrebbe essere normale in una coppia.
Così era con la moglie che lui andava al cinema o a teatro, alle serate organizzate con troppa frequenza per i suoi gusti. Loro due insieme potevano permettersi solo di stare a casa di lei oppure concedersi un week end fuori porta, dove nessuno li conoscesse e andasse a riferirlo alla legittima consorte. Per anni le era andato bene così: non si era sposata, si era dedicata alla carriera in polizia diventando una delle più stimate ispettrici… poi si era accorta che le mancava qualcosa.
Si sentiva insoddisfatta della propria vita sentimentale, che appariva senza sbocchi e senza prospettive.
Quel senso di insoddisfazione nella sfera personale però non le aveva impedito di rinunciare al concorso per commissario, nonostante avesse tutti i requisiti e – a detta di tanti colleghi – ottime possibilità. Lei stessa era fiduciosa e si era preparata per mesi.
Purtroppo, era capitato nel momento sbagliato! Era un periodo in cui Francesco e Anna erano in crisi e lei aveva scelto di stargli a fianco, per quanto i suoi orari lo permettessero, sperando in fondo al cuore che la situazione potesse sbloccarsi a suo favore. Aveva fantasticato sul divorzio di lui, su una loro convivenza, magari un figlio: così la promozione sembrava superflua, se non un ostacolo.
Aveva privilegiato la vita privata a quella lavorativa, cosa che aveva da sempre criticato in altre donne, sperando che quel piccolo sacrificio sarebbe servito a colmare quel vuoto, quel compagno a metà che da troppo tempo aspettava di avere tutto per sé.
Invece le cose erano andate diversamente. Marito e moglie si erano riappacificati e sembravano più uniti che mai. La delusione era stata doppia: le speranze di una relazione normale
erano svanite e la consapevolezza del fatto di aver rinunciato ad una sicura promozione per ritrovarsi con un pugno di mosche acuiva il già forte senso di frustrazione.
Dentro di lei qualcosa si era spezzato per sempre e, sebbene la loro relazione clandestina fosse durata ancora un paio d'anni, lei aveva finalmente compreso che non era quello il suo futuro.
Non sapeva esattamente cosa avrebbe fatto, non era sicura di quale sentiero il suo destino avrebbe intrapreso: di una cosa era certa, la sua strada non portava a Roma e non prevedeva più la figura di Francesco al suo fianco.
Giorno dopo giorno, senza dire niente aveva maturato l'idea di tornare a casa, a Bolzano, da dove mancava da più di quindici anni. I suoi genitori e i suoi nonni erano morti da tempo, quindi non aveva avuto occasione di ritornare. Ad essere sinceri un motivo lo avrebbe anche avuto: Sebastian. Era stato compagno di scuola ma non solo; l'aveva sostenuta in modo discreto nei peggiori momenti della sua vita, senza mai chiedere niente in cambio. L'aveva ascoltata, aveva sopportato con pazienza i suoi sfoghi telefonici anche negli ultimi anni quando lei era a Roma – sola e disperata – e lui a casa con moglie e figli. Lui rappresentava le radici, l'ancora di salvezza, il porto sicuro; allo stesso tempo lei, orgogliosa, sapeva di dipendere troppo da lui. Da quando era scappata da Bolzano era forse l'unico vero contatto che aveva mantenuto, quello che poteva definire amicizia. Si rendeva anche conto che il loro rapporto era spesso unilaterale: le occasioni in cui lui aveva avuto bisogno di lei si potevano contare sulle dita di una mano. Al contrario lei faceva molto affidamento sui suoi consigli, sul suo punto di vista razionale e ponderato; forse per quello non gli aveva mai confidato il vero motivo per cui si era trasferita a Roma e – probabilmente – anche quello che la stava spingendo ad andarsene, a scappare ancora una volta A legarla a Bolzano c'è anche un’altra persona con cui Ginevra ha un rapporto tormentato di grande affetto e allo stesso tempo di rifiuto: è la cugina Aurora, nata poco prima della sua fuga a Roma e che per lei rappresenta il ricordo perenne del suo fallimento. Nei confronti di quella bambina Ginevra ha sempre nutrito un rapporto di odio- amore, una ferita che è incapace di sanare, un'ancora che la tiene legata al passato e le impedisce di affrontare il presente con serenità e di programmare il futuro.
Da quando è nata l'avrà vista si e no cinque o sei volte ma, in qualità di madrina del battesimo, Ginevra è diventata un punto di riferimento per la ragazza, soprattutto da quando è entrata nella fase ribelle dell'adolescenza.
Le richieste di trasferirsi con lei a Roma per sfuggire all'oppressione
dei genitori nell'ultimo periodo si sono fatte più frequenti. Ovviamente né lei né zia Paola hanno la minima intenzione di permetterlo: una perché non è certo in grado di occuparsene, l'altra per le comprensibili obiezioni di un genitore che si trova a dover fronteggiare le istanze di libertà di un figlio.
«Garda che scappo di casa come Leopardi se non mi fai venire da te!» era stata la minaccia, in realtà irrealizzabile e quasi ridicola di Aurora.
«Senti io non sono capace di fare la mamma e, che tu lo ammetta o no, non sei ancora abbastanza grande per cavartela da sola in una città come Roma. Quindi fai la brava, finisci la scuola che poi ne riparliamo.» l'aveva liquidata Ginevra ben sapendo che quella discussione non ci sarebbe mai stata.
Infatti la crisi con Francesco e le pressioni da parte della cugina l'avevano spinta al grande passo: senza dire niente a nessuno aveva compilato il modulo di trasferimento, indicando la sua regione d'origine come destinazione, sperando che ne facilitasse l'ottenimento.
Doveva allontanarsi da Francesco, da Roma e da tutto quello che di buono e meno buono quella città aveva rappresentato per lei.
Tornare a Bolzano, in quel momento, rappresentava una nuova fuga ma anche un ritorno alle radici, ad un passato le cui cicatrici non erano ancora rimarginate.
Capitolo 2 Goodbye kiss
La storia tra lei e Francesco era finita in un modo semplice, quasi banale: una sera, a casa sua al termine della cena.
Aveva pensato per tutto il pomeriggio a come affrontare l'argomento, mentre cucinava un arrosto seguendo la ricetta di famiglia. Sentendo i profumi spandersi nella piccola cucina aveva fatto un salto indietro nel tempo, quando bambina sedeva sul pavimento con i suoi giochi mentre la madre armeggiava ai fornelli. Era uno dei ricordi d'infanzia più dolci che aveva, ma paradossalmente le provocava l'effetto opposto, rendendola rigida e intrattabile. Se tornava col pensiero ai sogni, alle speranze, alle aspettative che aveva allora provava un senso acuto di insoddisfazione che le toglieva quasi il fiato e le faceva montare una rabbia incontrollata. Il coltello aveva iniziato ad affondare nella carne con tale impeto che al termine più che un arrosto sembrava uno spezzatino.
Così si era decisa, prima di servire il caffè gli aveva chiesto senza troppi giri di parole di restituirle le doppie chiavi del suo appartamento. Oltre a essere sanguigna e spesso irruente non era certo famosa per la diplomazia.
«Perché? Non vuoi più vedermi?» le aveva domandato lui serafico, guardandola con la stessa aria scettica di ogni volta che lei aveva