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Un isola per ricominciare: Harmony Jolly
Un isola per ricominciare: Harmony Jolly
Un isola per ricominciare: Harmony Jolly
E-book155 pagine1 ora

Un isola per ricominciare: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

I milionari di South Shore 3/3
Dopo aver scalato le vette del successo, tre amici decidono di lasciare le sfolgoranti luci di New York per il cielo e il mare della Nuova Scozia, alla ricerca del vero amore.
Per Brooklyn Graves non c'è niente di più bello che vivere sulla sua isola, prendersi cura del suo orto e creare schemi a maglia. Peccato che lei possieda solo una piccola parte di quell'angolo di paradiso: il resto appartiene al milionario Cole Abbott, che si presenta da lei intenzionato ad acquistare la sua parte. Brooklyn non vuole sentire ragioni: non venderà mai! Ma quel rifiuto rende Cole ancora più deciso e le schermaglie con lui sono così divertenti che presto la loro rivalità si trasforma in una profonda attrazione. E Brooklyn comprende che c'è una cosa che vorrebbe donare a Cole: il suo amore. Ma lui sarà disposto a mettere in gioco il proprio cuore assieme a lei?
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2021
ISBN9788830525115
Un isola per ricominciare: Harmony Jolly
Autore

Donna Alward

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un isola per ricominciare - Donna Alward

    successivo.

    1

    Quando sentì il rumore dell'elicottero, Brooklyn Graves alzò gli occhi al cielo.

    Il vento le scompigliava i capelli intorno al viso e inutilmente cercava di sistemarli dietro le orecchie. Si riparò gli occhi con la mano per guardare l'elicottero bianco e rosso virare sopra il suo piccolo terreno, per dirigersi verso la grande villa dall'altra parte dell'isola e all'eliporto privato.

    Prima o poi doveva succedere, pensò con un sospiro. Ernest Chetwynd aveva venduto la sua parte dell'isola a un miliardario americano. A giudicare da quell'arrivo trionfale, Cole Abbott doveva avere un ego grande almeno quanto il suo conto in banca.

    Il rumore si smorzò in lontananza, sovrastato dal rombo delle onde che si infrangevano sulla scogliera. Ernest aveva fatto costruire un eliporto, e all'occorrenza noleggiava un elicottero. Infatti una volta, per il suo compleanno, l'aveva portata a fare un giro sopra tutta la costa sud della Nuova Scozia. Guardarla dall'alto era stata un'esperienza nuova e meravigliosa. Ernest all'epoca aveva settantacinque anni, e tra loro era nata una solida amicizia. La presenza dell'anziano signore sull'isola l'aveva fatta sentire più sicura.

    Un tempo la grande villa ospitava lui e sua moglie, e spesso anche i loro figli e nipoti. Ma dopo la morte di Marietta, tutto era cambiato. Ernest andava a trovare i suoi figli invece del contrario. L'enorme casa era diventata troppo impegnativa per un uomo anziano e solo, anche se aveva una governante che faceva le pulizie due volte alla settimana e pagava Brooklyn per occuparsi del giardino.

    Finché Ernest era stato proprietario della maggior parte dell'isola, tutto era andato bene. Brooklyn possedeva l'angolo sudorientale, un terreno che aveva ereditato dai suoi bisnonni e che le offriva solitudine, tranquillità e una splendida atmosfera per lavorare. Aveva una piccola barca che le consentiva di andare e venire dalla terraferma per fare acquisti e vedere gli amici, ma l'isola di Bellwether era il suo rifugio.

    Purtroppo, ora la pace e la tranquillità della sua isola erano compromesse dal rumoroso arrivo del nuovo proprietario, dopo aver fatto portare lì le sue cose via barca. Non l'aveva ancora visto, ma nella sua testa lo immaginava già: doveva essere un tipo grasso, calvo e borioso.

    Brooklyn non era contenta di avere un nuovo vicino. Aveva sperato che uno dei figli di Ernest decidesse di trasferirsi nella villa, ma nessuno di loro era interessato alla solitudine dell'isola.

    Sospirò di nuovo e cominciò a tornare verso casa. Il suono delle onde si allontanò, anche se il vento continuava a scompigliarle i capelli. Si fermò nell'orto dietro la vecchia casa. Era metà settembre e ormai c'era poco da raccogliere. Da bambina passava sempre l'estate sull'isola, correndo sulla spiaggia, nuotando nell'oceano, aiutando la nonna nell'orto e in cucina mentre il nonno andava a pesca. Aveva trascorso ore a leggere sull'amaca tra i due alberi in giardino. Quasi tutti i bei ricordi della sua infanzia erano legati a quel posto. Per questo motivo, quando il suo mondo le era crollato addosso, era tornata nel luogo dove era sempre stata felice.

    Adesso, però, si chiedeva se quell'esistenza tranquilla sarebbe potuta continuare. Una settimana prima dell'arrivo del nuovo proprietario di Bellwether, Brooklyn aveva ricevuto un'offerta d'acquisto da parte del suo avvocato. Naturalmente aveva rifiutato subito la proposta.

    La verità era che nonostante la splendida villa e lo scenario spettacolare, vivere sull'isola non era facile. Fare la spesa o uscire a cena con gli amici richiedeva una certa pianificazione, e bastava il mare agitato per rimanere tagliati fuori dal resto del mondo, cosa che accadeva spesso in inverno. Brooklyn era abbastanza sicura che, dopo il suo primo inverno sull'isola, Abbott avrebbe fatto fagotto. Non avrebbe dovuto preoccuparsi più di lui, tranne forse d'estate.

    Doveva solo attendere che il miliardario americano si stufasse del suo ultimo giocattolo.

    Cole scese dall'elicottero con un balzo e si voltò a prendere la sacca da viaggio. Salutando il pilota con un cenno della mano, corse a testa bassa verso la villa. Era quasi arrivato alla porta sul retro quando l'elicottero decollò, diretto verso la terraferma.

    Finalmente era sull'isola!

    Di lì a qualche giorno sarebbe arrivata una squadra di operai per completare i lavori di ristrutturazione, e da ottobre i primi dipendenti di una delle sue società avrebbero cominciato a utilizzare la villa come ritiro. Sarebbero rimasti lì quattro giorni per riposarsi, rilassarsi e socializzare in modo informale.

    In quel periodo, non ci sarebbe stato collegamento wi-fi. I suoi dipendenti avrebbero avuto piatti sopraffini, sessioni di ginnastica personalizzate in palestra, idromassaggio e il suono dell'oceano. Voleva offrire loro un antidoto alle pressioni del lavoro, un modo per fermarsi un attimo a riflettere sulle proprie priorità nella carriera e nella vita personale.

    Quanto avrebbe voluto un'occasione del genere, qualche anno prima!

    Aveva in tasca le chiavi di casa, ma posò la sacca sugli scalini e si diresse verso il litorale. Quei seicento metri di spiaggia che lasciavano spazio alle scogliere erano più che sufficienti. Faceva ancora caldo nonostante fosse settembre, così si sfilò scarpe e calzini e arrotolò il fondo dei jeans, muovendo le dita nella sabbia morbida mentre il vento gli arruffava i capelli corti. Prese un profondo respiro d'aria salmastra, ed entrò nell'acqua fredda fino alle caviglie, incurante delle onde che gli bagnavano i pantaloni.

    Il suo amico e consulente immobiliare Jeremy ci aveva visto giusto, a proporgli quella proprietà.

    Un anno prima, Cole aveva avuto una crisi d'ansia, culminata con un attacco che l'aveva terrorizzato. Infatti, suo padre era morto a poco più di cinquant'anni di un infarto scatenato dal troppo lavoro.

    I suoi amici Jeremy e Bran l'avevano sempre rimproverato scherzosamente perché lavorava ventiquattro ore al giorno. Cole non faceva mai le cose a metà, e ogni volta che iniziava qualcosa vi dedicava tutto se stesso. Stavolta, però, l'unico traguardo che si poneva era sopravvivere e trovare un equilibrio tra lavoro e vita personale.

    Passeggiò sulla spiaggia per una mezz'ora, prima di tornare alla villa.

    L'edificio aveva dodici stanze da letto e diversi saloni, arredati in modo lussuoso. Il garage non era troppo grande, ma bastava per contenere un cart da golf elettrico e un trattore per il giardino, dotato anche di un apparecchio per spalare la neve. Cole rabbrividì, pensando all'inverno sull'isola. Eppure... l'idea di essere al sicuro e al caldo mentre la natura fuori furoreggiava era confortante.

    Di certo, non avrebbe potuto vivere lì per tutto l'anno. A trentacinque anni, era a capo di un impero industriale ereditato da suo padre, e non era affatto pronto ad andare in pensione. Il suo lavoro era una sfida che amava. Ma aveva imparato di recente a delegare di più, e sperava di riuscire a trascorrere sull'isola almeno tre o quattro mesi all'anno.

    Aveva riservato per se stesso una grande suite che dava a sud-est. Dalle finestre si vedeva la spiaggia e buona parte dell'isola, compreso il tetto della fattoria tra le cime degli alberi. Posò la sacca da viaggio sul letto e si diresse alla finestra.

    Brooklyn Graves, ricordò. Era il nome della donna che viveva nella fattoria, e che aveva rifiutato di vendere il suo terreno. Cole aggrottò la fronte, pensando che questo complicava le cose. Avevano entrambi accesso al molo, ma non era abbastanza grande per le sue necessità, mentre la rimessa per le barche era nel terreno di lei. Cole aveva assunto una giovane coppia come custodi, e voleva farli alloggiare nella fattoria. Invece, per il momento dovevano accontentarsi del piccolo appartamento sopra il garage.

    Perché l'ostinata signora non aveva intenzione di vendere? Che ci faceva una donna sull'isola completamente sola, tutto l'anno?

    Non sapeva molto di lei, tranne che si guadagnava da vivere vendendo lana e schemi per lavori a maglia e che l'isola era appartenuta alla sua famiglia per generazioni. La immaginava come una signora di mezza età, che gli avrebbe offerto tè e pasticcini.

    Be', avrebbe dovuto sfoderare tutto il suo fascino per convincerla, si disse. Tanto valeva andare subito a presentarsi, anche in nome del buon vicinato.

    Scese di nuovo al piano terra e uscì dalla porta principale, attraversando il giardino.

    L'erba era tagliata di fresco, notò, e c'erano ancora fiori gialli e rosso scuro che rallegravano le aiuole. Al di là del cancello, la natura era più selvaggia. Su entrambi i lati del sentiero c'era erba alta punteggiata da ginestre gialle. La maggior parte degli alberi erano sempreverdi, e c'erano anche betulle e aceri. Le foglie delle betulle cominciavano a ingiallire, ma gli aceri erano ancora verdi. La camminata sulla stradina sterrata durò pochi minuti, ma Cole se li godette appieno.

    Quando vide la fattoria si fermò per un momento a guardarla. Era antica e chiaramente erano state fatte diverse aggiunte, ma era ben tenuta e la veranda era stata ridipinta di fresco, come le fioriere davanti alla porta. In effetti non aveva caratteristiche speciali, ma emanava un'aria tranquilla e accogliente. L'unica cosa che mancava a quel quadretto era...

    In quel momento, come se l'avesse evocato con il pensiero, un labrador retriever uscì da dietro l'angolo della casa e corse dritto verso di lui abbaiando. Cole sorrise tra sé. No, non mancava proprio niente a quella scena familiare. Con le orecchie erette e la lingua penzoloni, il cane lo raggiunse e subito si strofinò per chiedere una grattata di testa.

    Cole si chinò volentieri ad accarezzarlo. Amava i cani, anche se non ne aveva mai avuto uno.

    «Ciao bello» disse, grattandolo dietro le orecchie, e poi scoppiò a ridere quando il cane si gettò a terra mostrandogli la pancia. Divertito, si accucciò e gli grattò il ventre.

    «Marvin, qui.»

    La voce femminile lo riscosse, e Cole si alzò. Quando la sua padrona batté le mani, Marvin scattò in piedi e tornò docilmente verso di lei.

    Per un momento Cole restò senza parole, dimenticando le formule di presentazione che aveva preparato. Si era aspettato una donna di mezza età, non una trentenne dai capelli biondi agitati dal vento e con un paio di jeans attillati, stivali e un maglione aderente che mettevano in risalto le sue forme.

    Era questa, Brooklyn Graves?

    «Lei dev'essere il signor Abbott.»

    Cole si rese conto di essere restato come un allocco per diversi istanti. Annuì, fece qualche passo in avanti e tese la mano. «Sì, sono Cole Abbott. Piacere di conoscerla.»

    Lei gli strinse la mano ma non sorrise. Adesso che erano vicini, Cole notò che aveva una spruzzata di lentiggini sul naso e che i suoi occhi erano di un azzurro limpido. La sua mano era forte, con una lieve callosità alla base delle dita. Interessante.

    Lei gli lasciò andare la mano e fece un passo indietro. «Cosa posso fare per lei?»

    «Chiamami Cole. Diamoci del tu.» Le rivolse un sorriso caloroso, ma non sembrò molto efficace. «In fondo siamo vicini di casa.»

    Lei alzò una spalla. «Be', so che vorrebbe fosse altrimenti, e quindi sarò chiara fin d'ora. Non ho nessuna intenzione

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