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Nozze al castello: Harmony Jolly
Nozze al castello: Harmony Jolly
Nozze al castello: Harmony Jolly
E-book178 pagine2 ore

Nozze al castello: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Abito bianco, musiche soavi di sottofondo, bouquet di fiori d'arancio... Signore e signori il matrimonio è servito!

Fin da quando sua madre ha ingiustamente perso il lavoro al castello di Priddy, Kamal Faulkner vuole giustizia. Il maniero adesso appartiene ad Agnès Prideaux, amore adolescenziale di Kam e nipote di colui che lo cacciò da ragazzino insieme alla madre. Kam ora è un ambizioso uomo d'affari che intende comprare il castello in cui ha vissuto la gioventù. C'è però una clausola imprescindibile che interferisce con le sue intenzioni: la dimora deve obbligatoriamente appartenere a un Prideaux. Kam è così costretto a riavvicinarsi ad Agnès per proporle un matrimonio di convenienza!
Ben presto, tuttavia, i sentimenti passati riaffiorano, aprendo le porte a una seconda, dolce possibilità...
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2020
ISBN9788830514690
Nozze al castello: Harmony Jolly
Autore

Liz Fielding

Liz Fielding vive a Merlin's Fort, nel Galles, una terra leggendaria e disseminata di castelli. Sposata da quasi trent'anni con John, l'uomo che ha conosciuto quando lavorava in Africa, ha due figli e un gattone bianco e nero chiamato Rocky.

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    Anteprima del libro

    Nozze al castello - Liz Fielding

    successivo.

    1

    Due cancellazioni per la lezione di artigianato del fine settimana. Il boiler principale fa i capricci. Ha piovuto tutta la notte. Servono più secchi.

    Il diario di Agnès Prideaux

    Kam Faulkner si sporse in avanti sul volante, socchiudendo gli occhi per vedere, attraverso la pioggia fitta, la baia e dare una prima occhiata a Priddy Castle.

    Poco più di una decina di anni prima, era un adolescente arrabbiato che guardava fuori dal finestrino del furgone in cui avevano ammassato tutti i loro averi, fino all'ultimo istante in cui l'isola gli aveva nascosto la visuale dell'unica casa che avesse mai conosciuto.

    Nascondendogli anche l'ultima visuale della ragazza che aveva causato tutti quei problemi.

    Allora, mentre il traghetto attraccava al molo e sua madre si sforzava di fare un sorriso rassicurante, di dire coraggiosa non preoccuparti, ce la faremo, aveva giurato che sarebbe tornato e che gliel'avrebbe fatta pagare. L'avrebbe fatta pagare a tutti.

    Allora pioveva. Era stata una pioggia torrenziale, che aveva inzuppato i loro vestiti mentre mettevano praticamente la loro casa in un furgone preso a noleggio.

    La pioggia era scivolata sui lunghi capelli neri di Agnès Prideaux, sul suo viso, sulla sua maglietta che le si appiccicava addosso mentre stava sul molo a guardare il traghetto allontanarsi. Senza nemmeno gridare scusa, anche se la perdita del lavoro di sua madre, della sua casa, era tutta colpa sua.

    Il traghetto si allontanò dall'isola e lui si sentì seccare la bocca vedendo per la prima volta la sua meta.

    Castello era una definizione troppo lussuosa per quel posto.

    Priddy non era una di quelle grandi fortezze grigie costruite dai normanni. All'inizio era stato poco più che una torre di guardia in pietra, costruita in fretta e furia per proteggere l'ingresso al fiume dai predatori e dagli aspiranti invasori, e la sua fortuna aveva conosciuto alti e bassi come le maree a cui faceva da guardia.

    L'edificio era stato regolarmente abbandonato fino a quando un uomo intraprendente lo aveva avuto in possesso dopo una qualche crisi e aveva deciso di restare. Si era costruito una casa da gentiluomo accanto alla torre, che era diventata una decorazione irrilevante fino a quando, nel diciottesimo secolo, il rischio di un'invasione dalla Francia ne aveva rinnovato lo scopo.

    L'unica invasione, fino al secolo successivo, era stata quella dei contrabbandieri di brandy e di seta.

    Entravano nell'insenatura senza sforzo, perché Sir Arthur Draycott, baronetto e magistrato, il cui dovere era proteggere la costa e impiccare i contrabbandieri, era in combutta con Henri Prideaux, il più scellerato contrabbandiere di quella parte della costa.

    Di certo, Sir Arthur non era arrivato a godersi i frutti del suo malaffare. Ma sua figlia aveva sposato il contrabbandiere e Henri Prideaux era diventato il re del castello, comprando il titolo nobiliare da politici ugualmente corrotti con cui aveva fatto affari.

    Ora non c'era niente a cui fare la guardia, e Priddy Castle era diventato poco più che un bed and breakfast di alto livello.

    Si era chiesto se l'edificio gli sarebbe sembrato più piccolo di quanto ricordasse, ma la torre grigia scurita dalla pioggia conservava ancora tutto il suo aspetto minaccioso.

    Si sentì uno sferragliare di catene quando il vecchio traghetto con pontile arrivò allo scalo e venne abbassata la rampa. Si costrinse a rilassarsi e si unì ai veicoli diretti al molo, oltre la fila di vecchi cottage di pescatori sistemati sotto la protezione del castello.

    Quando se n'era andato, era stato tutto un po' diroccato e poco curato, ma oggi c'erano fiori primaverili dai colori vividi contro i muri dipinti di bianco, e un esclusivo negozio di alimentari serviva una classe sociale benestante che era cresciuta protetta dall'insenatura.

    Il numero di barche da pesca che uscivano in mare era stato ridotto, ma il turismo e il piccolo porto avevano compensato quel vuoto. La città di Castle Creek era diventata una meta appetibile per una vacanza. Un posto dove portare i bambini durante l'estate, costruire castelli di sabbia sulla spiaggia, divertirsi in barca, creare ricordi felici.

    Kam prese la strada che portava al castello e poi parcheggiò davanti al cottage che una volta era stata la sua casa.

    Legato al lavoro che sua madre aveva avuto al castello, il cottage era stato trascurato da un proprietario indifferente, ma un tempo le finestre brillavano, e il giardino era sempre stato tenuto bene.

    Aveva visto delle fotografie, ma rimase comunque scioccato. Erano cadute delle tegole, c'era una finestra rotta sistemata con del cartone per difendersi dalle intemperie. Il cottage era protetto dalla collina, ma stando così vicino al mare aveva bisogno di essere continuamente riverniciato. Lo stesso valeva per il giardino. Avrebbe dovuto farsi strada a forza tra le erbacce per arrivare alla porta d'ingresso.

    Se il cottage aveva esaurito la sua utilità, perché non l'avevano venduto? O sistemato per poterlo affittare durante le vacanze? Le cose ora si erano messe male, ma non era sempre stato così.

    Si prese un attimo per calmarsi e cominciò a incamminarsi sulla collina.

    Sul lato più protetto della torre, quello rivolto a terra, la casa originaria era stata allargata da più generazioni fino a diventare un miscuglio di stili, ma quando attraversò i cancelli vide come prima cosa i mattoni rosa dell'ingresso in stile Tudor, che gli apparvero dalla foschia.

    Era meglio di quanto si aspettasse dopo aver visto il cottage.

    Il vialetto d'ingresso era pulito e sistemato, e c'erano dei tulipani precoci rosa in mezzo a un mare di non-ti-scordar-di-me in grossi vasi accanto alla porta d'ingresso.

    Funzionavano benissimo come distrazione, ma viste così da vicino le macchie sui mattoni, nei punti in cui la grondaia malconcia aveva perso durante la fitta pioggia della notte, erano evidenti.

    C'era una freccia che indicava il parcheggio, dove si trovavano allineate una mezza dozzina di macchine. Lui la ignorò e parcheggiò accanto alla porta d'ingresso. Prese la sua borsa, e si fermò per guardare un po' meglio il tetto.

    Non era solo la grondaia ad aver bisogno di attenzione immediata.

    «Ti prego, Jimmy...» Agnès Prideaux era ormai dimentica dell'orgoglio. Stava implorando. «Ho fatto quello che mi hai mostrato per farlo funzionare, ma ha dato uno scossone e basta. Serve il tuo tocco magico.»

    «A quel boiler serve un biglietto di sola andata per la discarica.»

    «È in cima alla mia lista» lo assicurò lei.

    Oltre a sistemare il tetto, aggiustare le grondaie e rimediare a una mezza dozzina di altri problemi che suo nonno aveva ignorato per anni, lasciando a lei la gestione di quel pasticcio.

    «Se tu potessi passare di qua diciamo per l'ora di pranzo, io ti potrei offrire la specialità dello chef in veranda.»

    Jimmy sospirò. «Mi dispiace, Agnès, ma il capo ha messo dei paletti fino a quando non pagherai i conti.»

    «Ma...»

    Quella mattinata era stata un disastro. Senza il boiler, non ci sarebbe stata acqua calda per gli ospiti.

    «Anche durante le mie pause» aggiunse lui prima che lei potesse implorarlo.

    Eh?

    «Ma può farlo?» domandò lei, e alla fine la forza per mantenersi calma mentre cercava freneticamente di tenere testa ai suoi creditori, già messa duramente alla prova, la abbandonò. «Quel vecchio infelice verrà pagato non appena gli avvocati la smetteranno di perdere tempo e autenticheranno il testamento.»

    Non solo era svuotata, ma cosa ancora peggiore, stava mentendo. Era davvero disperata.

    L'autenticazione era stata effettuata una settimana prima, ma considerata la mancanza di giudizio di suo nonno e l'incombente tassa di successione, stava per andare in rosso e di parecchio. La sua unica possibilità era convincere la banca che fosse un giro di affari fattibile, ma se non avesse aggiustato il boiler i commenti sui siti di recensioni avrebbero fatto sì che non ci fossero altri ospiti a pagare le bollette, e la banca a cui piaceva dire avrebbe detto nemmeno per idea...

    «Posso parlargli?» domandò.

    Un'altra voce si inserì nella conversazione. «Il vecchio infelice la ascolta in viva voce, signorina Prideaux, e per rispondere alla sua domanda precedente, sì, io posso farlo. E se Jimmy vuole tenersi il lavoro, sarà costretto a eseguire i miei ordini».

    Lei deglutì. «Signor Bridges...»

    «Il castello Priddy sarà sempre benvenuto come cliente» continuò lui, interrompendo le scuse «ma i nostri termini di pagamento sono entro un mese. Saremo felici di aiutarla non appena verranno pagate le fatture in sospeso.»

    Lei tenne il telefono accanto all'orecchio per un lungo istante, ma ormai la comunicazione era stata interrotta. Era rimasta lì immobile, senza sapere dove andare.

    «C'è qualche problema?»

    Agnès sobbalzò udendo quella voce inaspettata e si girò sulla sedia.

    In teoria gli ospiti avrebbero dovuto essere nel fienile, ma l'uomo appoggiato alla soglia non aveva l'aspetto di chi passava i fine settimana a dedicarsi al fai-da-te. Proprio per niente. Ciò che era chiaro era che aveva ascoltato abbastanza a lungo da sentire ogni parola dell'imbarazzante conversazione con l'idraulico.

    Fece un sospiro e si sforzò al massimo per rivolgergli un sorriso accogliente. «Posso aiutarla?»

    «Ho una prenotazione» rispose lui, «ma alla reception non c'è nessuno.»

    «Mi dispiace davvero tanto. Avranno chiamato Suzanna.»

    «Una lamentela sull'acqua calda, forse?»

    Lei arrossì ma si alzò. «È qui per il corso?» chiese lei, ricordando a se stessa di non giudicare dalle apparenze. «È già cominciato, ma...»

    «Non sono venuto per riciclare spazzatura in arte.»

    Non aveva usato le dita per fare delle virgolette, ma il modo in cui aveva pronunciato la parola arte glielo ricordava molto. A ogni modo, lui aveva parafrasato il poster appeso alla parete dietro di lei.

    Il tono con cui le aveva parlato le fece pensare che lui avesse qualcosa da dire, e si sentì mancare. Aveva davanti un altro dei debitori di suo nonno?

    Si schiarì la gola per chiederglielo, dato che non aveva senso rimandare le cattive notizie, ma lui la anticipò con una domanda.

    «Non mi riconosci, Agnès?»

    Distratta dal problema del boiler, con gli occhi stanchi per il continuo esame dei conti nel tentativo di trovare i soldi per l'enorme conto dell'idraulico, per non parlare dell'imbarazzante tentativo di evitare lo sguardo di lui, non lo aveva guardato bene.

    Ma poi lui pronunciò il suo nome e le si chiuse lo stomaco.

    Lo sconosciuto attese che il cervello di lei si rimettesse al passo con ciò che aveva sentito, con ciò che stava vedendo.

    Un po' della pioggia che ricopriva il molo sin dall'alba bagnava una testa famigliare di capelli neri in disordine, pelle olivastra...

    Il pizzetto era nuovo, ma quando vide lo sguardo fermo nei suoi occhi scuri, le sembrò di essere tornata un'adolescente alle prese con la morsa disperata e dolorosa del primo amore...

    «Kam?» sussurrò Agnès, allungandosi a toccargli la giacca, come per assicurarsi che fosse reale. Ritrasse le dita poco prima di toccare la pelle umida di pioggia.

    Il suo bellissimo viso di ragazzo era ormai quello di un uomo maturo, le spalle si erano allargate ed era cresciuto fino a superare il metro e ottanta. Sembrava grosso due volte il ragazzino che era stato bandito dal castello da suo nonno. Più grande, più forte.

    «Kam Faulkner» pronunciò lei.

    «Ecco» disse lui, con quella smorfia simile a un sorriso che le aveva rubato il cuore la prima volta che lo aveva visto e che aveva ancora il potere di farle mancare il battito, come scoprì in quel momento. «Non era così difficile.»

    Era abbastanza difficile. Aveva trattenuto il respiro e aveva pronunciato il suo nome in poco più di un sussurro.

    «No...»

    Stava ancora trattenendo il respiro. Le faceva male il petto e si sentiva girare la testa...

    Se non fosse stata così distratta dal fatto che il castello era a un passo dal disastro finanziario, lo avrebbe riconosciuto nonostante la barba, il fatto che si fosse rotto il naso e la cicatrice che ora rovinava la simmetria delle sue sopracciglia.

    Respira...

    «Respira» disse lui, prendendola per un gomito mentre lei afferrava lo schienale della sedia.

    Era più facile a dirsi che a farsi, quando il calore della sua mano le mandava scosse elettrizzanti lungo il corpo.

    «Sì... Scusa... Non mi aspettavo... Non pensavo...» Fece uno sforzo per ridarsi un contegno. Avrebbe dovuto spostare il braccio. Toccarsi era... «È passato tanto tempo» disse lei, non volendo pensare a cosa le aveva provocato quel contatto.

    Era passato tanto tempo, ma gli occhi non erano cambiati. Aveva sognato quegli occhi. Sognato la mano di Kam che prendeva la sua. Desiderandolo così tanto. Vedendo lo stesso desiderio riecheggiato in lui quando aveva fatto un passo indietro, si era voltato e se n'era andato.

    Con uno sforzo di volontà, lei ritrasse il braccio dalla mano di lui e si raddrizzò, ma quando Kam fece un passo indietro, dovette

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