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Azzardata passione: Harmony Destiny
Azzardata passione: Harmony Destiny
Azzardata passione: Harmony Destiny
E-book155 pagine2 ore

Azzardata passione: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Jackson King, magnate di linee aeree, pensa che gli affari trionfino sempre sui sentimenti e che i bambini siano graziosi purché di altri. Questo finché non incontra la bella e sensuale sconosciuta che gli fa una rivelazione scioccante: lui è il padre della sua piccola.

Se Casey Davis pensa di lanciare un simile masso per poi scomparire, di certo non conosce Jackson. Un uomo come lui non può far finta di nulla, lui rivuole sua figlia sotto il suo tetto, si tratta di sangue del suo sangue, anche se ciò significa sposare una sconosciuta.
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2019
ISBN9788858993538
Azzardata passione: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Azzardata passione - Maureen Child

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Falling for King’s Fortune

    Silhouette Desire

    © 2008 Maureen Child

    Traduzione di Roberta Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-353-8

    1

    «Mi hanno dato buca.» Jackson King richiuse il cellulare con uno scatto. Posando il bicchiere vuoto sul lustro bancone del bar, fece cenno al barista, Eddie – un uomo di una certa età, e altrettanta esperienza – di riempirlo di nuovo.

    «Be’» considerò Eddie, «immagino che sia la prima volta che le succede, eh? Sta perdendo il suo tocco magico?»

    Jackson scoppiò a ridere e si rilassò sullo schienale imbottito dello sgabello. Facendogli compiere un mezzo giro, fece vagare lo sguardo sul locale dalle luci soffuse. L’Hotel Franklin, l’unico cinque stelle tra la piccola città di Birkfield e Sacramento, offriva uno dei migliori bar dello stato.

    Era anche convenientemente vicino all’aeroporto privato della famiglia King dove Jackson trascorreva la maggior parte del proprio tempo. Teneva una suite nell’albergo per quelle notti in cui era troppo stanco per guidare fino a casa, e considerava l’elegante bar un po’ come il suo ufficio.

    «Diavolo, no. Questo non accadrà mai. Non è stata una donna, Eddie» spiegò Jackson con un sorriso malizioso, «ma mio cugino Nathan. La sua assistente stava portando la sua macchina in montagna e ha avuto dei problemi. Il mio nobile cugino è corso in suo aiuto.»

    «Ah.» Il barista annuì. «Sono lieto di sapere che lei non sta perdendo il suo tocco. Temevo che potesse essere un segno dell’imminente apocalisse, o qualcosa del genere.»

    La sua fortuna con le donne era innegabile, rifletté Jackson. O perlomeno, era stato sempre così. Presto tutto ciò sarebbe finito e al solo pensiero una smorfia gli si dipinse sul viso.

    «Qualcosa non va?»

    Jackson lo guardò di sbieco. «Niente di cui abbia voglia di parlare.»

    «Giusto, un altro drink, allora. In arrivo.»

    Mentre aspettava, Jackson si guardò ancora intorno. La luce soffusa, i pavimenti in marmo e le pareti rivestite in legno creavano un’atmosfera discreta, quasi intima; il bancone di mogano si allungava nel locale con una curva sinuosa che aveva un che di artistico. Su ogni tavolino era accesa una candela e dalla filodiffusione risuonava musica jazz.

    In un locale di quel genere un uomo poteva rilassarsi e una donna sola poteva godersi un drink senza timore di essere molestata. In quel momento, il posto era praticamente vuoto eccezion fatta per un paio di coppie sedute ai tavolini e di una donna, sola come Jackson, seduta su uno sgabello all’estremità opposta del bancone. Istintivamente, lo sguardo di lui si fissò sulla sconosciuta. Le rivolse un sorriso e lei gli rispose con una lunga occhiata maliziosa che gli incendiò il sangue nelle vene, prima di riportare l’attenzione sul proprio Martini.

    «Proprio niente male» disse Eddie mentre riempiva il bicchiere di Jackson del suo whisky irlandese preferito.

    «Che cosa?»

    «La bionda.» Il barista arrischiò un’occhiata fugace. «È seduta là in fondo da più di un’ora, a sorseggiare quel drink come se stesse aspettando qualcuno.»

    «Davvero?» Jackson la studiò un po’ più a lungo. Persino a quella distanza, c’era qualcosa in quella donna che lo faceva fremere, e lui si ritrovò a pensare che forse il mancato arrivo di Nathan poteva avere i suoi vantaggi.

    «Non riesco a immaginare che qualcuno possa fare aspettare una donna del genere» considerò Eddie, prima di allontanarsi per occuparsi di un altro cliente.

    Jackson era della stessa opinione. Quella donna avrebbe catturato l’attenzione di qualsiasi uomo. Osservò le lunghe dita accarezzare lievemente lo stelo del calice e il proprio corpo reagì all’istante come se quella mano si stesse muovendo sulla sua pelle.

    Lei sollevò il viso e il suo sguardo lo inchiodò. Dalla sua posizione non riusciva a vedere distintamente i suoi occhi, ma era certo che vi fosse un luccichio soddisfatto. Si rendeva conto che lui la stava guardando; probabilmente, tutta la mossa era stata orchestrata di proposito per attirare la sua attenzione.

    Be’, congratulazioni. Aveva funzionato.

    Afferrando il proprio bicchiere, Jackson percorse con disinvoltura l’intera lunghezza del bancone, lo sguardo fisso sulla bionda che osservava il suo incedere. E più si avvicinava, più era in grado di apprezzare la vista.

    La sconosciuta sorrise, e l’impatto fu devastante. Non provava niente del genere da... Be’, in effetti non l’aveva mai provato prima. Ardore istantaneo. Persino da lontano, l’effetto che quella sconosciuta aveva su di lui era incredibile. E quella considerazione gli lasciò intravedere tutta una serie di possibilità mentre copriva gli ultimi passi che li separavano.

    Lei si girò sullo sgabello e Jackson colse l’attimo per studiarla a fondo. Non doveva essere molto alta, forse un metro e sessantacinque, ma portava sandali dal tacco vertiginoso che dovevano darle un bel vantaggio. I capelli biondi erano corti e i due piccoli anelli dorati che aveva come orecchini scintillarono quando lei si voltò a guardarlo. L’abito color zaffiro, sopra il ginocchio, aveva le maniche lunghe e una scollatura profonda abbastanza da far intuire due seni delle giuste proporzioni.

    I grandi occhi azzurri si fissarono su di lui e la bocca si piegò in un sorriso invitante quando Jackson si fermò accanto a lei.

    «È libero questo posto?»

    «Ora non più» rispose la sconosciuta e la sua voce era un sussurro che sapeva di lunghe notti appassionate e pigre mattinate.

    Lui si sistemò i polsini, raddrizzò la cravatta rosso scuro e si sedette sullo sgabello accanto al suo. «Io sono Jackson e tu sei molto bella.»

    Scoppiando a ridere, la sconosciuta scosse il capo. «Funziona sempre questa battuta?»

    «Piuttosto spesso» la rassicurò con un cenno del capo. «Come va?»

    «Te lo farò sapere dopo che mi avrai offerto un altro drink.»

    Oh, sì. Avrebbe dovuto ricordarsi di ringraziare Nathan per il bidone. Si voltò per fare un cenno a Eddie, quindi riportò l’attenzione su di lei. Da vicino, i suoi occhi avevano l’esatto colore dell’abito e le labbra carnose e seducenti sembravano invitarlo a prendersi ciò che voleva.

    Ma avrebbe aspettato. Dopotutto l’attesa costituiva la metà del divertimento, no?

    «Adesso tocca a te dirmi il tuo nome.»

    «Puoi chiamarmi Casey.»

    «Bello.»

    «Non è vero» replicò lei con un’alzata di spalle. «Il mio vero nome è Cassiopea.»

    Lui sorrise. «Be’, è ancora più grazioso.»

    Casey rispose al sorriso e Jackson avrebbe giurato di sentire il proprio sangue che cominciava a bollire. Il sorriso di quella donna era un’arma letale.

    «Non direi proprio. Almeno non quando hai dieci anni e le tue amiche si chiamano Tiffany e Britney o Amber...»

    «Quindi hai scelto il soprannome.»

    Alzò gli occhi sul barista che le porgeva un cocktail di un verde brillante e gli mormorò un grazie. «Proprio così» riprese poi. «E devo ringraziare mio padre. Mia madre aveva la passione dei miti greci e quindi fu lei a scegliere il mio nome.» Fece una pausa. «D’altra parte mio padre adorava il baseball, ed ecco l’origine del soprannome.»

    Jackson sbatté le palpebre e scoppiò a ridere, afferrando al volo la connessione. «Casey Stengel?»

    «Sono colpita» ammise lei con un guizzo di sorpresa negli occhi. «La maggior parte della gente della nostra generazione non ne ha mai sentito parlare.»

    Jackson si lasciò prendere dalla conversazione. Non si trattava solo del suo sex appeal: era intrigante parlare con lei. E lui non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui avesse trovato una chiacchierata tanto piacevole. «Stai parlando con un uomo che conserva ancora scatoloni di figurine dei giocatori in soffitta.»

    Casey sollevò il bicchiere, e prese a sorbirne il contenuto con la cannuccia, tenendo lo sguardo fisso su di lui. Jackson si irrigidì all’istante. Aveva la gola secca e il battito che gli rimbombava nelle orecchie. Non riusciva a capire se lei lo stesse facendo di proposito o meno, ma il risultato era lo stesso.

    Mentre la osservava, Casey accavallò le gambe con un lento strusciare di pelle su pelle e cominciò a dondolare il piede; posò una mano sulla coppa del calice e con l’altra accarezzò di nuovo lo stelo, come aveva fatto prima.

    In quel momento Jackson fu certo che fosse perfettamente consapevole dell’effetto delle proprie azioni. Perché i suoi occhi azzurri erano fissi su di lui come se volesse valutare la sua reazione.

    Be’, Jackson era un vero campione in quel gioco: le avrebbe permesso di vedere soltanto ciò che lui voleva.

    «Allora, Casey» domandò oziosamente, «che programmi hai per questa sera?»

    «Nessuno» ammise lei. «E tu?»

    Facendo scivolare lo sguardo sul suo seno prima di risollevarlo, lui sorrise di nuovo. «Niente di speciale, almeno fino a pochi minuti fa. Ora mi sono venute in mente un paio di idee.»

    Lei si mordicchiò il labbro inferiore come se d’improvviso fosse stata colta dal nervosismo, ma non lo convinse. Le sue mosse era troppo calcolate, era troppo sicura di sé. Aveva stabilito di sedurlo e ci stava riuscendo alla grande.

    In genere Jackson preferiva essere lui a prendere l’iniziativa, ma quella sera era disposto a fare un’eccezione. Più che altro perché ormai la macchina si era messa in moto e lui desiderava quella sconosciuta più di quanto volesse prendere un altro respiro. «Perché non permetti che ti offra la cena nel ristorante dell’albergo?» propose. «Potremmo conoscerci un po’ meglio.»

    Casey sorrise, poco convinta. Si guardò intorno, come per accertarsi che nessuno la sentisse, prima di rispondere. «Ti ringrazio, ma in realtà non ho molto appetito.»

    «Davvero?» Intrigante, appunto. «Allora cosa suggerisci?»

    «A dir la verità, è da quando ti ho visto che ho voglia di baciarti.»

    Ottimo. Dritta al punto, proprio come piaceva a lui. «Sono un accanito sostenitore della necessità di soddisfare i propri desideri.»

    «Ci avrei scommesso» mormorò lei.

    La sua voce sembrava senza fiato e c’era un’innegabile tensione nell’aria che anche Jackson percepiva. E non riusciva a pensare ad altro che a baciarla. Al diavolo la cena! L’unico sapore che voleva nella propria bocca era quello di lei.

    Oh, era decisamente in debito con Nathan.

    «La domanda» riprese allora, gli occhi fissi in quelli di lei, «è se tu la pensi allo stesso modo.»

    «Non ci resta che scoprirlo, non ti sembra?» Si sporse verso di lui e Jackson fece altrettanto, ansioso di assaporarla. In pochi minuti, l’aveva portato sull’orlo di un desiderio che non aveva mai provato in vita sua con tale intensità.

    Le loro labbra si incontrarono e subito scoppiarono le scintille. Non c’era altro modo per descrivere quella sensazione. Jackson sentì il bruciore, la scarica, e vi si arrese. Nella penombra di quell’angolo nascosto del bar, pressò le proprie labbra sulle sue, il sangue che sembrava esplodergli nelle vene.

    Il

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