Seduzione ad arte: Harmony Destiny
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Jessie Reilly ha bisogno di due cose: di denaro e di un uomo. Se per il primo non sa che fare, per il secondo la risposta è ovvia: il suo caro e sexy amico Ryan Shaughnessy. Lei che di arte se ne intende, sa bene che certe rarità sono troppo preziose per farsele scappare. E dunque, come non approfittarne?
Lui deve ricominciare da capo.
Quando ci si ritrova soli, l'unico conforto sono i vecchi amici. E Ryan non può che ritenersi fortunato ad avere la dolce Jessie al suo fianco. Tanto che quando lei gli propone di cambiare il loro rapporto in un modo azzardato, lui non può che accettare. In fondo non ha nulla da perdere e in più quella donna ha due gambe "accalappia maschio" che non aveva mai notato.
Anne Marie Winston
Nata in Pennsylvania, ha iniziato a leggere romanzi rosa tanto, tanto tempo fa e ancora stenta a credere che ora qualcuno la paghi per leggerli e scriverli!
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Anteprima del libro
Seduzione ad arte - Anne Marie Winston
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Billionaire Bachelors: Ryan
Silhouette Desire
© 2002 Anne Marie Rodgers
Traduzione di Ada Laura Quinque
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-345-7
1
Il giovane mago della finanza bostoniana Ryan Shaughnessy è il sesto scapolo d’oro della nostra lista. Shaughnessy, trentadue anni, un multimiliardario con diversi interessi nel mondo degli affari, detiene il brevetto della Securi-Lock, un’innovazione tecnologica risalente a una decina di anni fa, che ha dato al mondo della sicurezza domestica una direzione nuova e fondamentale. Vedovo da due anni, senza figli, Shaughnessy vive nella zona più esclusiva di Boston, Back Bay. Alto un metro e novanta, pesa circa novanta chili. Se volete attirare il suo interesse, dovete essere delle abili nuotatrici, delle instancabili vogatrici e fare molto jogging.
Ryan guardò seccato la donna con cui stava pranzando. «Mettila via.»
Jessie Reilly, ridacchiando, si rimise la rivista nella borsa. «Sono molto impressionata» pronunciò divertita e, nel vedere un certo brillio nei suoi occhi, Ryan si mise sulla difensiva. Lui e Jessie erano cresciuti insieme e sapeva benissimo che quello sguardo voleva dire solo guai.
«Chi avrebbe mai immaginato che il ragazzino pelle e ossa della porta accanto un giorno sarebbe diventato un ambitissimo pezzo da novanta?» lo canzonò infatti.
Non appena i suoi occhi divertiti lo guardarono, il malumore di Ryan svanì. Jessie, come sempre, era adorabilmente bella, con quel completo scuro e gli stivali neri, perfetti per il clima gelido dei primi di gennaio.
«Se avessi saputo che avresti portato quello stupido giornale, avrei saltato il nostro appuntamento» mentì, sapendo che per niente al mondo avrebbe rinunciato a passare un po’ di tempo con lei.
Jessie era stata sua vicina di casa per tutta l’infanzia, il suo primo, grande amore durante l’adolescenza, la sua migliore amica da sempre e lo raggiungeva lì, ogni primo giovedì del mese, per pranzare con lui. Quando si scostò i capelli scuri dal viso, questi brillarono di riflessi rossi. Ryan si era accorto che gli uomini presenti nella sala la stavano guardando, mentre lei si rilassava contro lo schienale, al tavolo che aveva riservato accanto al camino del bar del Ritz Carlton.
«Sono felice invece che tu sia venuto» ribatté lei. «Ho pensato molto a te. Come va?»
I suoi occhi, nella luce invernale proveniente dalla finestra che dava sul giardino pubblico, erano grigioverdi, e il cerchio scuro intorno alle iridi conferiva loro una straordinaria intensità. Ryan era consapevole che Jessie non voleva sapere come gli andasse la vita in generale, ma come si sentisse rispetto alla morte di Wendy. Negli ultimi due anni gli aveva posto quella domanda, infilata casualmente nelle loro conversazioni, almeno una volta al mese, ma in quel momento non voleva parlarne e si limitò a rispondere che gli andava tutto bene, anche il lavoro. «E a te?» volle sapere.
«Insomma.»
«Qualcosa non va alla galleria?»
«No, ma... questa mattina ho saputo che il mio concorrente nella zona si sta ingrandendo ancora. Finora non mi ha mai dato fastidio, ma con un posto più grande e un assortimento maggiore...» Lei si strinse nelle spalle. «Mi preoccupa un po’.»
Jessie possedeva un’elegante galleria d’arte, un isolato più avanti, sulla Newbury Street, che serviva gli oziosi ricchi della zona e coloro che aspiravano al loro stile di vita. Lui stesso vi aveva comprato dei regali ed era rimasto impressionato dalla qualità e dall’assortimento degli oggetti che la galleria offriva. In quanto ai prezzi... be’, Jessie si era prefissa come obiettivo i facoltosi medici e gli avvocati di cui Boston pullulava.
«E cosa intendi fare?»
«Non lo so.» Arrivarono i loro drink e lei si rigirò a lungo fra le dita lo stelo del bicchiere di vino. «Non ho avuto quasi il tempo di pensarci, questa mattina. Sono stata occupata dal momento dell’apertura fino a quando sono uscita per venire qui a pranzo.» Si strinse di nuovo nelle spalle. «Mi inventerò di certo qualcosa» concluse poi.
«Non ne dubito.» Ryan toccò il suo bicchiere con il proprio. «Alla donna più ricca di risorse che abbia mai conosciuto» brindò. «Per non parlare della sua ostinazione, della sua testa dura e della sua tenacia.»
«Grazie. Lo penso anch’io» ribatté Jessie.
Ryan chiamò una cameriera e ordinò dei sandwich all’aragosta per entrambi. Mentre li aspettavano, parlarono del tempo pessimo di quell’inverno, di una nuova artigiana scoperta da Jessie che intesseva al telaio dei foulard e dei copriletto di seta meravigliosi, e di una nuova idea che lui aveva in testa.
Pochi minuti dopo sul tavolo si proiettò un’ombra. Jessie sollevò gli occhi, aspettandosi la cameriera, e vide invece una bionda alta, con degli enormi occhi azzurri, sui vent’anni.
«Ryan Shaughnessy?» chiese con voce bassa e volutamente voluttuosa.
«Sì, e questa è Jessie Reilly.»
Jessie fece per alzarsi, ma la bionda la guardò appena, si rivolse di nuovo a Ryan e gli tese la mano, aspettandosi forse che lui gliela baciasse.
«Sono Amalia Hunt» si presentò. «Degli Hunt di Beacon Hill. Le piacerebbe cenare con me? Questa sera, se è libero. Altrimenti un’altra sera, a suo piacimento.»
Santo cielo, ancora! Ryan sospirò e le lasciò la mano. «Amalia Hunt, degli Hunt di Beacon Hill» ripeté annuendo. Era difficile non lasciar trasparire il sarcasmo. Il fior fiore dell’aristocrazia di Boston era una specie davvero unica, tanto presa dal proprio status sociale e troppo gretta per riconoscere che il suddetto status non aveva nessun valore nel mondo reale. Sospirò di nuovo. «La ringrazio per la gentile offerta, ma temo proprio di dover rifiutare» le disse, accennando con la testa all’amica.
La giovane donna le gettò un’altra rapida occhiata, probabilmente stabilendo il suo reddito in base all’abbigliamento e ai gioielli. «Peccato. Se dovesse cambiare idea, le do il mio biglietto da visita.» La bionda si sporse verso di lui e gli infilò un cartoncino nel taschino della giacca, offrendogli una bella visione della scollatura della camicetta. «Arrivederci!» trillò poi allontanandosi.
Jessie tossicchiò e lui capì che stava cercando di soffocare una risata. Diavolo, non sarebbe mai uscito a cena con la signorina Hunt degli Hunt di Beacon Hill, ma era pur sempre un uomo, no?
«Non dire una parola» intimò minaccioso all’amica. Jessie si stava fissando le dita intrecciate in grembo, cercando di non scoppiare a ridergli in faccia. «Nemmeno una, okay?» precisò poi a denti stretti.
La cameriera arrivò con i sandwich, salvandolo per il momento, ma quando se ne andò Jessie gli ricordò: «Considerando che mi hai usata per liberarti di quella povera ragazza...».
«Era la scusa più a portata di mano. Mentre venivo qui sono stato fermato da un’altra esaltata con una proposta simile. Avrei dovuto usarti anche in quell’occasione.»
«Che croce da portare, eh?» commentò lei.
Ryan la ignorò e prese un sandwich. Quelli all’aragosta erano la specialità della casa e lui iniziò a mangiare con avidità. Jessie no. Jessie mangiava sempre molto lentamente. Poteva far durare un panino più a lungo di quanto avrebbe impiegato un uomo del sud a recitare tutta la Dichiarazione di Indipendenza. Quando ebbe finito la guardò e vide che lei non era arrivata nemmeno alla metà del suo. Jessie, accorgendosi che stava fissando speranzoso quello che rimaneva, lo protesse con la mano libera. «Nemmeno per idea!» esclamò.
«Tentar non nuoce» ridacchiò lui.
Quando poco dopo la guardò di nuovo, Jessie si stava mordicchiando il labbro inferiore e aveva un’espressione rabbuiata. Di certo qualcosa la stava tormentando. Stava pensando a una questione importante, a qualcosa che per lei costituiva un problema. Erano cresciuti l’uno accanto all’altro a Charleston, proprio nel centro del quartiere irlandese e c’erano voluti vent’anni perché le prime ondate di giovani professionisti scoprissero le deliziose casette in legno di quello che costituiva il loro mondo. Il padre di Ryan era stato un umile tagliapietre, mentre lei viveva con i nonni e la madre che, per la maggior parte della vita, aveva svolto due lavori.
Jessie aveva due anni meno di lui ed era stata il suo primo amore. No, solo un’infatuazione, anche se era durata per un lasso di tempo lunghissimo, disse a se stesso per rassicurarsi. Un’infatuazione che comunque lei non aveva mai ricambiato. Per quanto ne sapeva, Jess non aveva mai saputo cosa avesse provato lui nei suoi confronti durante l’adolescenza. E probabilmente era meglio così, perché lui considerava ancora l’amicizia che avevano sempre condiviso come un tesoro.
«Hai qualcosa in mente» osservò, resistendo al desiderio di allungare una mano per cancellarle con il pollice le rughe che le avevano aggrottato la fronte.
Jessie gli rivolse uno strano sguardo, che era un misto di costernazione e di sfida e, dopo un attimo, annuì. «È vero, sì. Volevo parlarti di una decisione che sto valutando.»
«Perché proprio con me?»
«Perché sei il mio più vecchio amico, perché probabilmente mi conosci meglio di chiunque altro e perché ho bisogno di un parere onesto.»
Ryan prese il bicchiere e bevve un sorso di vino. «Di cosa si tratta?»
«Sto considerando l’idea di avere un bambino.»
Aveva sentito, ma era come se quelle parole fossero rimbalzate contro un muro invisibile.
Ryan scosse la testa, cercando di capire bene quello che volevano dire. Sto considerando l’idea di avere un bambino. Si era aspettato che si trattasse di qualcosa che riguardava il lavoro, di qualcosa per cui lei avesse bisogno del suo aiuto finanziario. Senza guardarla negli occhi, osservò: «Non sapevo che uscissi con qualcuno».
«Non esco con nessuno, infatti.»
Grazie al cielo. La reazione di Ryan fu immediata e istintiva. Di colpo si sentì sollevato e più leggero.
Era solo per il fatto che si sentiva molto protettivo nei suoi confronti, niente di più, assicurò a se stesso. Provava per lei dell’affetto. L’aveva amata appassionatamente, invano, durante tutti gli anni delle scuole superiori, aveva smaniato per lei per tutto il periodo del college mentre lei stava con un altro. Poi si era reso conto di quell’ossessione, se