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La storia di Roma in 501 domande e risposte
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La storia di Roma in 501 domande e risposte
E-book599 pagine5 ore

La storia di Roma in 501 domande e risposte

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Info su questo ebook

La grande storia di Roma è universalmente nota. Ma tra le pieghe delle sue vicende si annidano curiosità spesso poco conosciute, che invece meritano di essere scoperte. In questo libro verranno proposte 501 domande che hanno per argomento la storia, gli aneddoti, l’architettura, l’arte, i costumi, le leggende di Roma, dalle origini fino ai giorni nostri. A ogni quesito segue una risposta, che prova a far luce sul complesso mosaico della storia della Città Eterna. I capitoli sono divisi in un ordine cronologico che abbraccia quasi tre interi millenni, dalle origini e dalla fondazione della città, passando per la Roma repubblicana, quella  imperiale, il Medioevo, il Rinascimento, la Roma papalina, il Risorgimento e il Novecento e arrivare fino ai giorni nostri. Una carrellata di notizie, approfondimenti, spigolature, sulla grande storia della città più famosa del mondo.

Tanti interrogativi per soddisfare tutte le curiosità sulla grande storia della Città Eterna

La storia immortale della Città Eterna

Le origini – la Fondazione – I re di Roma
L’età antica – La Roma repubblicana
L’età antica – La Roma Imperiale
Dalla Caduta dell’Impero Romano d’Occidente all’anno Mille
La Roma Medievale
Il Rinascimento a Roma
La Roma Papalina
Il Risorgimento a Roma e l’Ottocento
Dai primi del Novecento alla fine della Seconda Guerra Mondiale
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ai giorni nostri
Fabrizio Falconi
Nato a Roma, è caporedattore della testata «News Mediaset». Con la Newton Compton ha pubblicato I fantasmi di Roma; I monumenti esoterici d’Italia; Misteri e segreti dei rioni e dei quartieri di Roma, Roma segreta e misteriosa e La storia di Roma in 501 domande e risposte.
LinguaItaliano
Data di uscita9 nov 2020
ISBN9788822746320
La storia di Roma in 501 domande e risposte

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    Anteprima del libro

    La storia di Roma in 501 domande e risposte - Fabrizio Falconi

    I. Le origini. La Fondazione.

    I re di Roma

    La lupa mentre allatta Romolo e Remo in un’incisione tratta da Monumenti scelti della Villa Borghese descritti da Antonio Nibby, 1832.

    1. Quando è stata fondata esattamente Roma? E la data della sua fondazione è attendibile?

    La data esatta della fondazione di Roma è avvolta nella leggenda. Non esistono, ovviamente, documenti ufficiali coevi o comunque attendibili che documentino la fondazione della città. Tradizionalmente però, la data del 21 aprile del 753 a.C. ha conquistato una attendibilità convenzionale riconosciuta, grazie al sistema di calcolo che cominciò a essere adottato alla fine dell’età repubblicana, e soprattutto grazie a Marco Terenzio Varrone (116 a.C.-27 a.C.), letterato ed erudito. Varrone in realtà realizzò un calcolo a ritroso, fissando al 506 a.C. l’inizio dell’età della Repubblica e contando all’indietro 35 anni per ognuno dei sette re di Roma che la tradizione ricordava. Esistono comunque calcoli alternativi a quello fatto da Marco Terenzio Varrone. Il suo però fu quello prescelto dalla storiografia ufficiale dell’Impero.

    2. Cosa significa esattamente l’espressione "Ab Urbe

    condita"?

    La definizione Ab Urbe condita – letteralmente da quando la città (cioè Roma) è stata fondata – oltre ad essere il titolo con cui Tito Livio tra il 27 a.C. e il 14 a.C. chiamò la sua monumentale storia di Roma dalla fondazione fino ai suoi tempi, in 142 libri, indica il sistema di calcolo in uso tra i romani intorno al i secolo a.C., soprattutto in ambienti aristocratici, sulla base degli studi di Marco Terenzio Varrone che stabilì l’anno di insediamento dei primi due consoli della storia di Roma, Bruto e Collatino, come il 245 ab Urbe condita (cioè il duecentoquarantacinquesimo anno dalla fondazione della città). In realtà oggi sappiamo che il calcolo di Varrone si basava su un errore di computazione dei consoli e la storiografia moderna non riconosce una vera data di fondazione. Per convenzione, sempre in età repubblicana, si stabilì che la data della fondazione corrispondesse al ventunesimo giorno del mese di aprile.

    3. Qual era la situazione al momento della fondazione

    di Roma? Chi erano gli abitanti della zona?

    La presenza di insediamenti umani nel Lazio, come nel resto dell’Italia, risale a molte migliaia di anni prima della nascita di Cristo. Prima della fondazione della città, la zona delle colline intorno al Tevere era abitata da popolazioni nomadi che si dedicavano alla pastorizia e all’allevamento di animali e con il passare del tempo cominciarono a diventare stanziali. Si formarono i primi villaggi di capanne specialmente in una zona propizia, là dove il fiume rallentava il suo corso nei pressi di una piccola isola e di una ampia ansa prima di dirigersi verso la foce a ponente. Questi pastori celebravano antiche feste in onore della dea Pale, una oscura antichissima divinità ritenuta protettrice degli allevatori e del bestiame. Non è escluso che la fondazione della città antica possa essere avvenuta proprio durante una di queste feste.

    4. Quale è l’origine del nome Roma?

    Non sappiamo con esattezza da dove derivi il nome della città. Sono state fatte molte ipotesi dagli studiosi. Secondo alcuni il termine significava forza nella lingua dei perlasgi, una popolazione proveniente dalla Grecia che si era espansa anche in Sicilia e nell’Italia meridionale. Secondo altri, il nome deriverebbe da Ruma che in etrusco significa «mammella», che è stato riferito alla conformazione della zona collinare del Palatino e dell’Aventino. Un’altra ipotesi è che invece l’origine risiede nel re dei latini, il tiranno Romide, che espulse gli etruschi dalla regione. Tra le ipotesi più improbabili ci sono anche quelle che riferiscono l’origine del nome da una ragazza troiana che si chiamava in questo modo e conosceva l’arte della magia (vi sono accenni nelle poesie di Stesicoro), oppure da Amor, cioè la parola Roma se letta al contrario. L’ipotesi più condivisibile resta quella della derivazione dei nomi da Rommylos e Romos, cioè Romolo e Remo, che secondo la leggenda erano i figli gemelli di Ascanio che fondarono la città.

    5. Che fondamento ha la leggenda di Romolo e Remo?

    Si tratta di una leggenda – o di una favola – che gli studiosi oggi ritengono essersi formata tra il iv e il iii secolo a.C. che aveva come scopo quello di nobilitare la nascita di una città che andava rapidamente espandendosi e accumulando potere. La leggenda attinse a fonti e rami diversi, che si intrecciarono nel corso dei secoli, fino a una sistematizzazione compiuta da Tito Livio nel i libro della sua Storia di Roma. Per motivi comprensibili si scelse di far risalire la fondazione della città a un troiano, e in particolare alla figura mitologica di Enea – di cui Romolo e Remo sarebbero addirittura i nipoti – attingendo a piene mani alle storie dell’Eneide. Storie del tutto fantasiose considerando che Enea era secondo la mitologia, un principe troiano e che Troia cadde nel 1184 a.C., diversi secoli prima della nascita di Roma. Leggende alternative a quella di Enea, fanno riferimento invece a un fondatore greco, in particolare a un certo Latino, che sarebbe stato uno dei figli di Ulisse.

    6. Ma recenti studi archeologici non hanno trovato conferme al mito di Romolo e Remo?

    In effetti nel 2007 straordinari ritrovamenti sono avvenuti in una parte ancora inesplorata del Foro Romano, restituendo alla luce quell’ambiente noto come Lupercale. Con questo termine si indica da sempre quel luogo sacro nel quale i romani adoravano il Faunus Lupercus, ovvero l’antico dio latino Luperco, che in breve termine fu assimilato al dio greco Pan e che nella storia di Roma era particolarmente importante. Anzi, unico: la leggenda infatti raccontava da tempo immemorabile che proprio in questo antro, in questa grotta sotto il colle Palatino (dove in effetti vi furono i primi stanziamenti umani delle popolazioni che fondarono Roma) la lupa offrì il suo latte alle bocche affamate di Romolo e Remo abbandonati alle acque del Tevere e miracolosamente salvati dall’intervento dell’animale.

    Si capisce dunque perché questo luogo divenne, con il tempo, intoccabile per i romani. L’imperatore Augusto arrivò anzi ad abbellirlo e ad ornarlo di ogni prezioso arredo, proprio perché si rese conto che il Lupercale aveva a che vedere direttamente con il mito fondativo di Roma. E perciò anche a livello propagandistico, la sua cura era quanto mai importante. Così furono indetti i fastosi festeggiamenti – chiamati Lupercalia – il 15 febbraio di ogni anno.

    Dopo molti secoli di oblio, nel gennaio del 2007 infatti, la studiosa italiana Irene Iacopi annunciò che scavando sotto le rovine del palazzo di Augusto (più esattamente tra il tempio di Apollo Palatino e la basilica di Sant’Anastasia), sul colle Palatino aveva trovato la leggendaria grotta, a una profondità di circa 16 metri.

    Le prime foto, emozionanti, realizzate attraverso l’introduzione di una sonda automatica, confermarono a detta di diversi studiosi, tra i quali Andrea Carandini, la scoperta mostrando la splendida volta della grotta (alta ben nove metri) completamente rivestita di mosaici e di conchiglie.

    L’identificazione di questo luogo con il Lupercale non è comunque unanime, continuando il dibattito tra gli studiosi.

    7. È vero che la cittadina di Alba Longa nel Lazio fu fondata prima di Roma?

    Sì, è molto probabile. La leggenda vuole che Enea, sbarcato dopo il suo viaggio avventuroso, sulle rive del Lazio, sposò la figlia del re Latino, che si chiamava Lavinia, fondò una città cui diede il nome della moglie, che non è l’attuale Lavinio, ma sorgeva presso la foce del fosso di Pratica di Mare, nell’odierno comune di Pomezia. Una trentina d’anni dopo Lavinium sarebbe stata fondata da Ascanio, il figlio di Enea, Alba Longa, ai piedi del monte Albano, che corrisponde probabilmente all’odierna Castel Gandolfo. In poco tempo Alba Longa divenne la città più importante del Lazio. E otto generazioni dopo Ascanio e dopo l’arrivo di Enea, due suoi discendenti, Numitore e Amulio, erano ancora sul trono del Lazio. E secondo una delle teorie seguite dagli storici, sarebbe stato proprio un pugno di avventurosi albalongani che un giorno emigrarono qualche decina di chilometri più a nord, fondando poi Roma.

    8. Chi era la madre di Romolo e Remo, secondo la leggenda?

    La madre dei gemelli Romolo e Remo, secondo la consolidata leggenda della fondazione di Roma si chiamava Rea Silvia. Amulio e Numitore erano insieme sul trono del Lazio – un posto troppo piccolo per due re – quando Amulio scacciò il fratello Numitore per poter regnare da solo, uccidendone tutti i figli, meno una: Rea Silvia, appunto, che risparmiò solo con la condizione che non generasse e diventasse quindi sacerdotessa della dea Vesta. L’espediente non funzionò: Rea Silvia rimase comunque incinta – secondo la leggenda per intervento diretto del dio Marte – e generò due gemelli, i quali appena nati furono da Amulio sottratti alla madre e affidati alle acque del Tevere a bordo di una precaria zattera. Che una volta arenatasi sulle rive del fiume (nei pressi dell’Isola Tiberina), furono trovati e allattati da una lupa (secondo la leggenda) o meglio da una donna vera, che rispondeva al nome di Acca Larentia, chiamata lupa a causa del suo carattere indomito e selvaggio.

    9. Romolo e Remo conobbero le loro vere origini?

    Secondo la leggenda sì. Una volta cresciuti nel villaggio di capanne ai piedi del colle Palatino, qualcuno raccontò loro di come erano arrivati fin lì. Decisero allora di tornare ad Alba Longa, uccisero Amulio e rimisero sul trono il loro nonno, Numitore, poi – continua la leggenda – tornarono nel luogo dove la loro zattera si era arenata e decisero di erigere lì la loro nuova città. Sorse tra i due un litigio sul nome da dare. Scelsero dunque di risolvere la questione, gareggiando su chi di loro avesse visto più uccelli, sporgendosi dalla sommità dei due colli, l’Aventino e il Palatino. Remo ne vide sei dall’Aventino, Romolo dodici dal Palatino. La città dunque, era deciso, si sarebbe chiamata Roma. Con l’aiuto di due buoi scavarono un solco e cominciarono a costruire un muro di fondazione, giurando che nessuno l’avrebbe impunemente oltrepassato. Ma il primo a infrangere il divieto fu proprio Remo che, afflitto per la sconfitta, ne frantumò un pezzo con un calcio. Romolo, senza pietà, eseguì prontamente il giuramento e lo uccise con un badile.

    Romolo e Remo osservano il volo degli uccelli. Incisione rinascimentale.

    10. Quali furono le cause che determinarono il successo

    della posizione di Roma?

    Ve n’erano molte. Era un luogo del tutto ideale per fondarvi una città. Era piuttosto vicino al mare – una decina di chilometri, allora – ma non così tanto da essere così al riparo dalle scorrerie dei pirati sulla costa. Era protetto dalle alture collinari che garantivano anche – essendo in parte di tufo – la possibilità di scavare antri e caverne adatte sia al nascondimento che alla conservazione delle merci. Il braccio di fiume che divideva la nuova città dal mare era inoltre facilmente navigabile. Il fastidio e il pericolo della malaria dovuta al ristagno delle acque era superabile costruendo le abitazioni sulla sommità dei colli, il che garantiva anche di poter osservare direttamente dall’alto l’arrivo di eventuali nemici. L’unica cosa che mancava in questa prima comunità, fondata quasi esclusivamente da agricoltori maschi, era la componente femminile, le donne. Da qui l’ulteriore sviluppo della leggenda, secondo cui Romolo e i romani, indetta una festa aperta ai popoli vicini, i sabini (o quiriti), con il loro capo Tito Tazio, provvidero a rapirne le donne, il che scatenò una rappresaglia dei sabini e un successivo patto di non belligeranza che portò a una alleanza romani-quiriti sancita da un accordo tra Romolo e Tito Tazio che permise alle donne sabine di restare a Roma. Una leggenda che forse nasconde la verità di un patto tra i due popoli in funzione anti-etrusca. Gli etruschi erano infatti il pericolo più serio e grave per la neonata città destinata a un grandioso avvenire.

    11. Quanto durò l’alleanza tra Romolo e Tito Tazio?

    Fino alla morte di Tito Tazio che avvenne in circostanze misteriose, intorno al 745 a.C., probabilmente in una imboscata che gli fu tesa dalle gentes di Laurentum (corrispondente più o meno alla odierna Castel Porziano) per vendicare il fatto che i loro ambasciatori venuti in pace fossero stati maltrattati dai parenti di Tazio. Il potere in questo modo tornava pienamente nelle mani di Romolo, il quale ebbe notevoli difficoltà ad affrontare le sciagure che si abbattevano sulla neonata città (pestilenze, alluvioni) alla quale nel frattempo cercò di assicurare i principi primari di convivenza e di cittadinanza mutuati dalla costituzione di Atene, con la prima distinzione tra patricii (cioè i capi delle grandi famiglie) con i loro congiunti e la plebes, cioè l’insieme dei semplici cittadini.

    12. Quando e come morì Romolo?

    Le circostanze della morte di Romolo, il primo re dei romani, sono avvolte nella leggenda, anche perché come fondatore della città, il suo mito si consolidò nei secoli successivi equiparando la sua sorte e la sua persona a quella di uno degli dèi.

    La tradizione vuole che Romolo sia morto nel 716 a.C. all’età di cinquantacinque anni, dopo ben trentasette anni di regno (in parte condiviso con Tito Tazio), in circostanze del tutto particolari: mentre cioè sulla città si manifestò dapprima un’eclissi di sole e poi un violento temporale, egli, mentre passava in rassegna l’esercito, letteralmente scomparve nel nulla nel luogo chiamato Palus Caprae, ovvero palude delle capre. Sembra vi fu anche la testimonianza di uno dei soldati che lo vide ascendere al cielo.

    Questa leggenda, fra l’altro, secondo diverse interpretazioni, sarebbe alla base dell’esistenza dell’oculus al centro della volta del Pantheon, monumento che fu realizzato molti secoli dopo (nel 27 a.C.) da Agrippa proprio per ricordare (anche) il punto dove Romolo era morto e dove (attraverso il simbolo dell’oculus) era asceso al cielo.

    13. Com’era Roma alla morte di Romolo? Cosa mangiavano

    e in cosa credevano i romani di allora?

    C’è da considerare che ai tempi, ovviamente, non si poteva parlare ancora in nessun modo di un popolo romano. La popolazione che viveva nei confini della nuova città e nelle zone limitrofe apparteneva almeno a tre ceppi diversi: quello etrusco, probabilmente preesistente agli altri due, visto che gli etruschi già da tempo avevano fondato diversi villaggi a sud dell’Etruria e in specie sulla costa tirrenica; quello sabino e quello latino. Di conseguenza anche le usanze e le credenze erano diverse. Ciascuno, ad esempio, adorava il proprio dio, o il proprio pantheon di dèi. In particolare, tutte le autorità, in quell’epoca, si instauravano e facevano forza con l’ausilio di qualche divinità e della religione. E di solito in questo pantheon a mettere ordine era il sovrano di turno, come accadde con Numa Pompilio che successe a Romolo come secondo re di Roma, il quale privilegiò la ninfa Egeria, asserendo che essa lo visitava in sogno ogni notte, per trasmettergli i compiti di governo. Dal punto di vista delle usanze alimentari, i romani di allora si nutrivano soprattutto di cereali – farro, spelta e orzo soprattutto – che erano il frutto della loro modesta agricoltura, e degli animali che allevavano – bovini, ma soprattutto ovini e suini.

    14. Chi erano gli etruschi?

    C’è ancora un alone di mistero intorno alle origini di questo grande popolo, che secondo una corrente della storiografia moderna arrivò addirittura dall’Asia Minore nel ix secolo a.C. a bordo di navi, sbarcando e colonizzando l’Italia centrale tirrenica (fra l’altro il nome Tirreno significava anticamente etrusco) e poi espandendosi fino alla pianura padana, nell’attuale Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, lasciando notevoli tracce archeologiche del suo passaggio. Si trattava comunque di una stirpe di eccezionali mercanti e abilissimi costruttori, visto che le loro città fondate sulla costa e all’interno – Veio, Perugia, Tarquinia, Ceri, Arezzo – erano molto più moderne ed efficienti rispetto ai villaggi latini dell’epoca. Credevano in un dio chiamato Tinia che si manifestava con fulmini e tuoni e ad altre dodici divinità minori.

    Non dimentichiamo poi che secondo il mito tramandato da Virgilio, gli etruschi furono nemici dei romani – o quantomeno dei loro progenitori, cioè dei latini – ancora prima della fondazione di Roma. Al termine della battaglia tra gli etruschi – guidati dal re Mezenio e i latini, alleati con gli esuli troiani – battaglia nella quale fu ucciso Enea, il Tevere fu segnato come il confine naturale tra latini ed etruschi.

    Ma il destino – come abbiamo già visto – era quello che i due popoli si confondessero tra di loro, al punto tale che gli ultimi tre re di Roma – Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo – erano etruschi. Il preludio di quella che diventò presto una fortissima rivalità decisiva per il futuro della nuova città.

    15. È vero che gli etruschi costruirono la Cloaca Maxima, la prima fognatura di Roma, che fra l’altro è ancora esistente?

    No, tecnicamente non si può affermare che fu costruita dagli etruschi. Ma sicuramente i romani dell’epoca sfruttarono abbondantemente l’esperienza della sapiente ingegneria etrusca, la più sviluppata dell’epoca, introducendo l’innovazione dell’arco a volta che rendeva la costruzione più solida e resistente. La costruzione dell’opera avvenne sotto il primo dei re etruschi di Roma, Tarquinio Prisco nel vi secolo a.C. e fu una delle prime grandi opere di urbanizzazione della città. La Cloaca Maxima, la più antica fognatura urbana funzionante, collegava la Suburra attraverso il Velabro e il Foro Boario con il Tevere, dove scaricava le sue acque in prossimità del Ponte Emilio, oggi chiamato dai romani Ponte Rotto, e ancora oggi è possibile scorgerne l’arco finale sul muraglione sotto le pendici

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