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Le 101 partite che hanno fatto grande il Napoli
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Le 101 partite che hanno fatto grande il Napoli
E-book420 pagine4 ore

Le 101 partite che hanno fatto grande il Napoli

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Info su questo ebook

I gol, le azioni, i protagonisti, i ricordi indelebili della storia azzurra

In questo libro sono raccolte le 101 partite più importanti e simboliche della storia del Napoli. Non solo le gare delle vittorie degli scudetti, della coppa UEFA o degli altri trofei; ma anche le partite più spettacolari, quelle che hanno segnato il cammino del club o quelle che per i tifosi restano nella memoria per decenni. Sono presenti anche quegli incontri che hanno rappresentato una tappa fondamentale per la storia del Napoli: gli esordi nei vari stadi, la promozione in A, la prima volta in C… A ogni partita è affiancato il tabellino del match e nel commento non si dà risalto unicamente alle azioni e ai gol, ma è raccontato l’intero contesto del campionato e del periodo storico. Le emozioni che suscitò negli spettatori, le dichiarazioni più interessanti dei protagonisti, ma anche note di colore, aneddoti e curiosità. Quello che emerge è un’unica grande passione: gli azzurri sono tornati nel calcio che conta, e sono tornati da protagonisti.

Tra le 101 partite:
25 settembre 1927 • Napoli-Reggiana 4-0
“La prima vittoria della storia”
18 gennaio 1953 • Napoli-Juventus 3-2
“Smacco alla Vecchia Signora”
7 ottobre 1984 • Napoli-Como 3-0
“Prime firme del sinistro immortale”
10 maggio 1987 • Napoli-Fiorentina 1-1
“E la storia volle una data”
17 maggio 1989 • Stoccarda-Napoli 3-3
“La Coppa Uefa si colora d’azzurro”
4 febbraio 2017 • Bologna-Napoli 1-7
“Un incredibile festival del gol”
23 settembre 2018 • Torino-Napoli 1-3
“Il Napoli di Ancelotti”
Giampaolo Materazzo
è nato a Napoli nel 1972. Vive e lavora nei Campi Flegrei. Ha scritto per la Newton Compton 101 gol che hanno fatto grande il Napoli.Dario Sarnataro
è nato a Napoli nel 1975. Voce dei programmi sportivi di Radio Marte, collabora con «Il Mattino» e segue professionalmente le vicende del Napoli calcio dal 1996.Insieme hanno pubblicato 1001 storie e curiosità sul grande Napoli che dovresti conoscere, Il romanzo del grande Napoli, I campioni che hanno fatto grande il Napoli, Il Napoli dalla A alla Z, Forse non tutti sanno che il grande Napoli... e Le 101 partite che hanno fatto grande il Napoli.
LinguaItaliano
Data di uscita5 nov 2018
ISBN9788822726681
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    Le 101 partite che hanno fatto grande il Napoli - Giampaolo Materazzo

    Ricordi più lontani nel tempo:

    dalle origini al Napoli olandese

    immagine

    Luís Vinício

    1. La prima vittoria

    in campionato della storia

    Napoli-Reggiana 4-0

    25 settembre 1927

    Campionato di Divisione Nazionale 1927-28, girone A – 1ª giornata

    Napoli – Stadio Arenaccia

    napoli: Pelvi, De Martino, Pirandello, Catapano, Ghisi, Cassese, Innocenti P., Innocenti G., Tosini, Sallustro, Gariglio. Allenatore: Steiger

    reggiana: Agazzani, Vacondio, Vannini, Cornetti, Bottazzi, Bezzecchi, Benatti, Bajardi, Mistrali, Casanova, Maselli. Allenatore: Zsigsmond

    arbitro: Mangano di Milano

    marcatori: 55' e 57' Tosini, 61' Innocenti G., 83' Sallustro

    A oltre un anno dalla fondazione, arrivò finalmente la prima vittoria in campionato del Napoli.

    Nella stagione 1927-28, il giovanissimo Napoli di Ascarelli affrontò la Divisione Nazionale – ovvero l’antenata della Serie A – con altro impeto e con diversi mezzi rispetto al primo campionato della sua storia (1926-27), nel quale aveva messo insieme 17 sconfitte e un pareggio; solo il buon piazzamento nella Coppa coni con il nuovo allenatore Bino Skasa aveva consentito di evitare la retrocessione, e per meriti sportivi gli azzurri erano stati ammessi al successivo torneo. L’allenatore della stagione 1927-28 fu lo svizzero Steiger, che ben presto tuttavia lasciò spazio ai due giornalisti Mario Argento e Felice Scandone, che insieme all’ex giocatore Giovanni Terrile guidarono la squadra alla salvezza, evitando la retrocessione con 15 punti in venti partite. Eppure l’inizio era stato ottimo: prima giornata di campionato, allo stadio Arenaccia, e prima vittoria, contro la Reggiana. Era il 25 settembre del 1927, il Napoli schierava un giovane Attila Sallustro e Pippone Innocenti, due tra i calciatori che poi avrebbero fatto la storia del club azzurro. Innocenti era stato il primo marcatore della storia del calcio partenopeo, segnando nel 4-1 subìto dal Genoa il 17 ottobre del 1926; una vittoria schiacciante, come raccontarono le cronache dell’epoca, anche se proprio contro l’avversario meno forte della contesa. Ma un primo successo doveva esserci, e fu accolto con clamore ed entusiasmo dai tifosi accorsi per vedere il nuovo Napoli, rinforzato dagli arrivi di Ghisi, Tosini e Gontrano Innocenti. Non sembri strano trovare nella formazione degli azzurri anche un certo Pirandello, solo omonimo del grande commediografo siciliano, ovviamente. Pirandello era un buon terzino che, povero lui, morì di choc anafilattico a Roma nel 1928, in occasione di una partita.

    Torniamo però a Napoli-Reggiana: si gioca in una bella giornata di settembre, gli azzurri passano in vantaggio con un tiro da fuori di Tosini. Il raddoppio, ancora di Tosini, sembra mettere fine alla contesa, anche se a quei tempi i risultati erano spesso roboanti, con il calcio, per quanto ai primordi, votato all’offensiva più che alla difensiva. Terzo gol di Gontrano Innocenti e poi finalmente il sigillo del giovane (non aveva ancora compiuto vent’anni) Sallustro, che sarebbe diventato una delle stelle del Napoli e il primo idolo della tifoseria. Basti pensare che l’allenatore Steiger l’avrebbe voluto mettere fuori squadra e invece fu lui, qualche giornata dopo, a essere sollevato dall’incarico. Di Sallustro bisognerebbe ricordare la straordinaria cinquina segnata, guarda un po’, proprio contro la Reggiana nella stagione successiva. Era il 12 maggio 1929 e la sfida è appunto ricordata per l’impresa leggendaria del Veltro: il fuoriclasse azzurro mise a segno ben cinque reti, risultando devastante per l’avvilita difesa ospite. Il Napoli, che era passato in vantaggio già al 3' con Buscaglia, quell’incontro lo vinse per 6-2. In visibilio la migliaia di tifosi azzurri presente alla partita, testimone della prova sensazionale del loro idolo, che in quella stagione segnò ben 22 reti. Tornando a Napoli-Reggiana del 1927, quella contro gli emiliani fu anche la prima rete di Attila a Napoli (che aveva già segnato nella stagione precedente ma a Milano, contro l’Inter).

    2. La prima volta all’Ascarelli

    Napoli-Juventus 2-2

    23 febbraio 1930

    Serie A 1929-30 – 18ª giornata

    Napoli – Stadio Vesuvio (Ascarelli)

    napoli: Cavanna, Vincenzi, Innocenti, De Martino, Roggia, Zoccola, Perani, Vojak, Sallustro, Mihalich, Buscaglia. Allenatore: Garbutt

    juventus: Combi, Mortarotti, Caligaris, Bigatto, Viola, Varglien, Munerati, Barale, Zanni, Cesarini, Orsi. Allenatore: Aitken

    arbitro: Turbiani di Ferrara

    marcatori: 3' Munerati, 15' Orsi, 60' e 64' Buscaglia

    Da sempre, quasi inevitabilmente, c’è una eco bianconera nelle voci che si affollano intorno al Napoli. È un rituale che si ripete da quando esiste il calcio sulle rive del Golfo. Sarà perché contro la compagine piemontese si sono spesso infranti, nell’arco dei decenni, i sogni di vittoria azzurri (gli ultimi, recentissimi, nel campionato 2017-18) o forse perché agli appuntamenti importanti per la storia del club partenopeo l’avversario è spesso la Juventus. Per esempio, proprio due partite contro i bianconeri hanno inaugurato sia lo stadio Ascarelli che il San Paolo, il primo nell’ormai lontanissimo 23 febbraio 1930 – e del secondo parleremo più avanti.

    Lo stadio, in realtà, fu battezzato come stadio Vesuvio, ma questo nome durò soltanto qualche settimana: unico stadio di proprietà nella storia del Napoli, fu costruito tra la fine del 1929 e l’inizio del 1930 per volere dell’allora presidente Giorgio Ascarelli e quando l’illuminato imprenditore – che durante la partita di inaugurazione si era mescolato tra la folla, lontano dalle luci della ribalta – morì, a soli trentacinque anni, nemmeno tre settimane dopo lo stadio gli venne intitolato a furor di popolo. Così nacque l’Ascarelli di Napoli.

    La partita tra Napoli e Juventus fu combattuta e vide i bianconeri protagonisti di un ottimo primo tempo e gli azzurri rispondere alla grande nella ripresa. I due gol bianconeri vennero siglati da Munerati e Orsi: al 15' il risultato era di 0-2 e l’incontro sembrava aver preso una piega netta a favore degli ospiti. Invece, pian piano, l’organizzazione degli uomini di Garbutt, spinti dalla voglia di non sfigurare davanti al proprio pubblico, riuscì a riequilibrare le sorti della gara. Il Napoli nella ripresa sfiancò gli avversari fino a farli capitolare due volte. In entrambe le occasioni fu Buscaglia a scuotere la rete bianconera: al 60', dopo un batti e ribatti in area, sul lato sinistro, il motorino della squadra azzurra piazzò il colpo del momentaneo 1-2; solo quattro minuti più tardi, agendo da ala destra, di nuovo Buscaglia scagliò un violento pallone, carico d’effetto, che sorprese Combi per il sospirato pareggio.

    Alla partita era presente Vittorio Pozzo, che non era solo il commissario tecnico della Nazionale ma anche un attento cronista per «La Stampa» di Torino. Ebbene, Pozzo rimase estremamente colpito dai diciottomila tifosi che affollavano le gradinate del nuovo impianto partenopeo. Così descrisse la gioiosa folla napoletana:

    Un pubblico caldo, entusiasta e schietto quant’altro mai. Il pubblico del nord al confronto è gelido; il pubblico del nord è scettico e critico in paragone. L’esperienza gli ha tolto calore e spontaneità. Il pubblico di Napoli è, viceversa, così genuino, così aperto e così privo di sottintesi nelle sue manifestazioni, da lasciare impressionati. Quello che lo spettatore di questa città prova e sente è godimento ed è sofferenza al cento per cento. Il pubblico napoletano è uno spettacolo a sé.

    3. Il leggendario Napoli di Garbutt

    Napoli-Ambrosiana 2-1

    28 gennaio 1934

    Serie A 1933-34 – 20ª giornata

    Napoli – Stadio xxviii Ottobre

    napoli: Cavanna, Vincenzi, Castello, Colombari, Buscaglia, Rivolta, Visentin, Vojak, Sallustro, Rossetti, Ferraris. Allenatore: Garbutt

    ambrosiana: Ceresoli, Agosteo, Allemandi, Faccio, Viani, Pitto, Frione, Serantoni, Meazza, Demaría, Levratto. Allenatore: Weisz

    arbitro: Mastellari di Bologna

    marcatori: 1' e 69' Vojak, 78' Viani

    Il Napoli più forte della prima metà del secolo scorso è stato senza dubbio quello allenato da William Garbutt nella stagione 1933-34. Alla fine di quel campionato gli azzurri, per la prima volta nella loro storia, piazzandosi al terzo posto in classifica centrarono la qualificazione alla Coppa Mitropa. E pensare che all’undicesima giornata la squadra aveva racimolato solo 9 punti ed era terzultima. Poi una decisa inversione di tendenza dovuta anche alla società, che decise di agire di polso nei confronti di alcuni calciatori distratti da vicende personali, cambiò le sorti di un’annata destinata al perpetuo ricordo: i ragazzi di mister Garbutt inanellarono una serie di risultati utili consecutivi, con dieci vittorie e tre pareggi, e ciò permise al Napoli di rimanere a pochi punti dalla vetta per tutto il girone di ritorno di quel torneo. In campo era uno spettacolo: la linea difensiva comandata da Cavanna, Vincenzi e Castello (che cominciò a sostituire con frequenza Innocenti, ormai più che trentenne) appariva inespugnabile; in mediana soprattutto Colombari e Buscaglia garantivano filtro in fase difensiva e fosforo in fase offensiva; in attacco, tra Rossetti, Ferraris, Vojak e Sallustro, si orchestrava il pallone alla perfezione e si segnavano gol bellissimi.

    Mentre Sallustro, il Veltro, non giocò la sua migliore stagione, Vojak invece fu sempre determinante nell’incredibile serie di partite utili del Napoli. Una di queste si giocò il 28 gennaio 1934 allo stadio xxviii Ottobre, visto che l’Ascarelli doveva essere vestito di cemento fascista per ospitare alcune gare dei Mondiali che si sarebbero svolti in Italia quell’estate (quelli vinti dalla Nazionale di Vittorio Pozzo). Gli ospiti dell’Ambrosiana Inter, sulla cui panchina sedeva la leggenda Árpád Weisz, guidavano la classifica di Serie A e tra le proprie file presentavano, tra gli altri, il più forte calciatore italiano di tutti i tempi: Giuseppe Meazza. Su Napoli quel pomeriggio si scatenò un diluvio che rese il terreno di gioco pesante e scivoloso, e anche per questo la partita fu caratterizzata più dalla foga agonistica che dalle giocate funamboliche. Vojak, però, disponeva sia di classe che di ferocia sportiva, e quella volta riuscì a portare gli azzurri in vantaggio nemmeno trenta secondi dopo il fischio d’inizio: l’attaccante istriano cominciò l’azione lanciando sulla fascia Visentin; cross di quest’ultimo per la testa di Sallustro, che vedendo il compagno di reparto smarcato la toccò morbidamente; tiro al volo di prepotenza e palla nell’angolo alla sinistra del portiere nerazzurro. Il Napoli di Garbutt si muoveva sul campo come un sol uomo, coprendo gli spazi e opponendosi con sapienza alle rabbiose folate offensive della prima linea ambrosiana. A detta di Arturo Collana, che quella partita la raccontò per «il Littoriale» (così era chiamato il «Corriere dello Sport» durante il ventennio fascista), Vincenzi e Buscaglia giganteggiarono sul rettangolo verde, ora controllando gli avversari, ora esprimendo una rara sicurezza nella costruzione del gioco. A circa venti minuti dalla fine dell’incontro, quando la pioggia fittissima aveva ormai reso il prato una distesa di fango, ancora Sallustro regalò un perfetto assist a Vojak e di nuovo il pallone superò il portiere alla sua sinistra. Il 2-0 non tramortì definitivamente gli ospiti, perché qualche minuto più tardi Viani accorciò le distanze per il 2-1 finale: doppietta di Vojak e Napoli proiettato tra le stelle di quel campionato.

    Molti azzurri brillarono nel corso di quella stagione, ma per i Mondiali fu convocato soltanto Beppe Cavanna, come secondo portiere. Árpád Weisz, l’allenatore dell’Ambrosiana, dieci anni più tardi sarebbe morto nel campo di concentramento di Auschwitz. Ad Arturo Collana, pioniere del giornalismo italiano, fu intitolato trent’anni dopo lo stadio del Vomero.

    4. Questione di Sentimenti

    Napoli-Modena 2-1

    17 maggio 1942

    Serie A 1941-42 – 26ª giornata

    Napoli – Stadio Partenopeo (Ascarelli)

    napoli: Sentimenti II, Cassano, Berra, Milano, Pretto, Gramaglia, Busani, Solbiati, Cadregari, Verrina, Menti. Allenatore: Vojak

    modena: Sentimenti IV, Rossi, Galli, Malinverni, Magotti, Braga, Neri, Robotti, Barbon, Spadoni, Capra. Allenatore: Girani

    arbitro: Bellè di Venezia

    marcatori: 67' (rig.) Verrina, 71' Busani, 85' (rig.) Sentimenti IV

    C’era la guerra a quel tempo. L’Europa bruciava in quell’assurdo conflitto che sarebbe passato alla storia come seconda guerra mondiale. In tutte le grandi città del vecchio continente piovevano bombe sulla popolazione civile e Napoli fu tra le più colpite: nel 1942 erano già abbondantemente cominciati i raid aerei da parte delle potenze Alleate, che di lì alla fine della guerra avrebbero causato oltre venticinquemila vittime.

    Anche se all’orizzonte potevano scorgersi i bagliori delle bombe, sulla penisola italica si continuava a giocare a calcio, per distrarsi e per continuare a sperare. Le partite magari si disputavano nelle ore del mattino, o comunque molto prima del tramonto, visto che le incursioni aeree prediligevano l’oscurità della notte. Ma si giocava.

    Quando mancavano cinque giornate alla fine del campionato, all’Ascarelli si presentò il Modena. Azzurri e canarini erano gli ultimi della classe e a fine torneo entrambe le compagini sarebbero retrocesse in Serie B, ma quella gara, che si disputò il 17 maggio del 1942, va comunque ricordata per un episodio unico nella storia del Napoli: a difendere i pali delle due squadre c’erano due fratelli, Arnaldo e Lucidio Sentimenti. Il primo, che sugli almanacchi è ricordato come Sentimenti II, all’epoca aveva ventotto anni, era alla sua ottava stagione in azzurro, veniva da Bomporto, un piccolo paese della bassa modenese, e si era fatto adottare da Napoli, che non avrebbe più lasciato fino alla fine del suo cammino terreno (1997). Dall’altra parte c’era Sentimenti IV, penultimo fratello di una famiglia che aveva regalato al calcio ben cinque talenti; era più giovane – allora aveva ventidue anni – e di lì a qualche mese sarebbe passato alla Juventus, dove avrebbe scritto pagine memorabili di storia bianconera. Il Napoli, guidato da Vojak in panchina, andò in vantaggio al 67' con un calcio di rigore trasformato da Verrina e pochi minuti dopo raddoppiò con Busani, che in quella stagione risultò il miglior marcatore azzurro con 8 reti all’attivo. A cinque minuti dalla fine, l’arbitro Bellè fischiò un rigore per il Modena. Poiché il Sentimenti del Napoli veniva da una striscia positiva impressionante in quanto a rigori parati (qualcuno dice sei, qualcun altro giura nove), nessun calciatore con la casacca gialla se la sentiva di presentarsi sul dischetto del penalty. Fu allora che dall’altra parte del rettangolo di gioco l’altro portiere, il fratello minore Lucidio, cominciò a correre verso l’area napoletana. Arnaldo, che aveva sventato i bolidi di straordinari campioni come Meazza, Piola o Bernardini, quando vide chi lo avrebbe sfidato ci rimase un po’ male. Lucidio gli disse di scansarsi oppure gli avrebbe piegato le mani; infatti il numero 1 azzurro non riuscì a opporsi al tiro violento dell’improvvisato goleador. Qualcuno riferisce che avrebbe rincorso per il campo il fratello minore ricoprendolo di insulti, nell’ilarità dei presenti; ma forse questa è una favola che si è diffusa così, per celia e per sorridere un po’. Giusto un sorriso: un arcobaleno luminoso in un tempo grigio e terrificante.

    5. Un pareggio contro il mito

    Napoli-Torino 2-2

    15 dicembre 1946

    Serie A 1946-47 – 12ª giornata

    Napoli – Stadio della Liberazione

    napoli: Chellini, Romagnoli, Berra, Pretto, Andreolo, Rosi, Busani, Di Costanzo, Benedetti, Verrina, Barbieri. Allenatore: Sansone

    torino: Piani, Ballarin, Martelli, Castigliano, Maroso, Grezar, Ossola, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris. Allenatore: Ferrero

    arbitro: Gemini di Roma

    marcatori: 13' Gabetto, 64' Andreolo, 73' Busani, 84' Gabetto

    La seconda metà degli anni Quaranta, in ambito calcistico, ebbe un solo colore: quello granata. Il Torino di Valentino Mazzola, Ossola e Gabetto non solo vinse cinque scudetti consecutivi dal 1943 al 1949, ma diventò nell’immaginario collettivo una delle squadre più forti di ogni tempo. Una squadra che per dieci undicesimi, in qualche occasione, si vestì d’azzurro per onorare anche i colori della Nazionale italiana. Vederli all’opera era un’esperienza unica; tanta e tale era la superiorità nei confronti degli avversari che per riuscire a vincere a volte era sufficiente quello che si definiva il quarto d’ora granata: quindici minuti nei quali tutti e undici i calciatori giocavano al meglio delle proprie possibilità, rifilando anche due o tre gol alla malcapitata squadra che li affrontava.

    Una volta, però, allo stadio della Liberazione il Napoli non solo riuscì a frenare le furie del Toro, ma addirittura, per gran parte della gara, sembrò poter avere la meglio. Era il 15 dicembre 1946 e l’aria era sferzata da un vento fortissimo che spesso condizionava la traiettoria del pallone, soprattutto sui lanci lunghi. Un’imprevista variante climatica che era più sfavorevole agli azzurri che ai granata: questi ultimi, infatti, erano abituati alle corte geometrie palla a terra, mentre la manovra del Napoli ogni tanto aveva bisogno di palloni che scavalcassero il centrocampo del Torino.

    Il primo tempo si concluse con il risultato di 0-1. Era stato Gabetto, attaccante torinese anche di nascita, a portare in vantaggio la sua squadra, sfruttando un’indecisione del portiere azzurro Chellini. Nella ripresa tutto cambiò, tranne il vento. Al 64' Andreolo, su calcio di punizione, scagliò un violento pallone verso la porta granata e pareggiò le sorti dell’incontro. Andreolo, che di quel Napoli era una delle colonne portanti, era un fortissimo centrocampista nato in Uruguay e naturalizzato italiano che prima di approdare in azzurro era già un monumento del calcio, avendo vinto quattro scudetti con il Bologna e il Mondiale del 1938 con l’Italia. Trascorsero meno di dieci minuti e Busani, per gli azzurri, fu il più lesto a raccogliere un pallone respinto dalla traversa e a infilarlo alle spalle del portiere Piani. Sembra che il boato prodotto dai ventimila presenti sulle gradinate dello stadio fu così forte che scese dalle pendici della collina fino in città. A pochi minuti dalla fine della partita di nuovo Gabetto riportò il Torino in parità. Per descrivere il gesto tecnico del centravanti granata si ritagliano qui le parole di Fulvio Bernardini (altro gigante della storia del calcio, prestato in qualche occasione al «Corriere dello Sport»):

    Un gol, quello del pareggio finale, che solo lui poteva realizzare, con la rovesciata tipica che chiameremo alla Gabetto: corpo completamente sollevato, gambe in squadra, e piede che schiaffeggia la palla con l’esterno.

    Fu l’unico pareggio del Torino in un ventaglio di dieci vittorie consecutive. A fine campionato quella fantastica squadra si sarebbe aggiudicata lo scudetto con ventotto vittorie su trentotto partite, rifilando almeno 10 punti in classifica agli inseguitori e segnando ben 104 reti. Di lì a qualche anno, la leggenda del Grande Torino si sarebbe scolpita nel cielo di Superga, nel maledetto incidente aereo del 4 maggio 1949 che avrebbe causato la morte dell’intera squadra. Vi sono decine di libri che raccontano le imprese di quei fenomeni che rimasero contro la loro volontà ragazzi per sempre, e in ognuno di questi libri c’è un ricordo commosso che proietta il Torino sul gradino più alto del tempo, nell’eternità.

    6. L’eruzione azzurra

    Napoli-Como 7-0

    29 ottobre 1950

    Serie A 1950-51 – 8ª giornata

    Napoli – Stadio della Liberazione

    napoli: Casari, Delfrati, Gramaglia, Soldani, Todeschini, Granata, Astorri, Formentin, Amadei, Bacchetti, Krieziu. Allenatore: Monzeglio

    como: Cardani, Travia, Pedroni, Gatti, Maronati, Pinardi, Migliorini, Turconi, Meroni, Rabitti, Lipizer. Allenatore: Varglien

    arbitro: Galeati di Bologna

    marcatori: 20' Todeschini, 22' Bacchetti, 28' Amadei, 30' Formentin, 31' Astorri, 60' Amadei, 66' Krieziu

    La definirono l’eruzione del Napoli. Di certo il 7-0 rifilato al Como fu uno scintillio di spettacolo e di gol, ancora oggi la più larga vittoria casalinga della storia azzurra insieme all’8-1 sulla Pro Patria della stagione 1955-56, meglio anche dei più recenti 8-2 al Pescara (nell’era Maradona) o 6-0 al Benevento (nell’era Sarri). Allo stadio della Liberazione, dinanzi a ventimila spettatori, il Napoli travolse i lariani. Azzurri – anche se per l’occasione in maglia bianca – indiavolati da subito, come il tabellino ci ricorda: tre gol tra il 20' e 28', ovvero in otto minuti; quasi un gol ogni tre minuti, in un turbinio di emozioni. E addirittura cinque reti in undici minuti, un passo travolgente, impetuoso, sottolineato alla fine da cori, sventolio di fazzoletti e accendini accesi dagli entusiasti tifosi napoletani. Gli azzurri si scatenarono dopo un’iniziale fase di studio contro un Como che ebbe – sembra strano visto il punteggio finale – un approccio buono e solido alla gara. Ma quel Napoli era un furia senza eguali, che resterà nella storia per sempre, se si pensa che la porta di Cardani, anche sul 7-0, restò un bersaglio sino alla fine della partita, e che Amadei e compagni colpirono ben quattro pali. Sarebbe potuta finire 11-0, anche qualcosa in più, e i meriti del Napoli superarono notevolmente i demeriti dei lombardi. Una sinfonia spietata, partita con il palo di Astorri all’11. Poi al 20' il primo gol: triangolazione Bacchetti-Formentin-Bacchetti e palla a Todeschini, che agganciò molto bene prima di scaraventare in rete con una conclusione potente. Il geniale Bacchetti segnò dopo appena due giri di lancette: pregevole servizio in profondità di Amadei per il numero 10, che

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