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La piccola casa delle farfalle
La piccola casa delle farfalle
La piccola casa delle farfalle
E-book446 pagine6 ore

La piccola casa delle farfalle

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Info su questo ebook

Abby Field adora il suo lavoro nella bellissima riserva naturale di Meadowsweet. E, tra tutti quei panorami incantevoli, il suo preferito in assoluto è la Casa delle farfalle: si tratta di una casa deliziosa ma in rovina, abbandonata da anni. Abby ci passa davanti quasi ogni giorno e coltiva il sogno di riuscire a rimetterla in sesto. Quando un famoso programma televisivo elegge una località rivale come set per la nuova stagione, Meadowsweet è a rischio: serve un piano per contrastare il drastico calo di visitatori e attrarne di nuovi. Ma Abby, al momento, è molto distratta dall’arrivo di un fastidioso vicino. Jack Westcoat è uno scrittore in cerca di ispirazione, ha un vero caratteraccio ed è terribilmente affascinante… Se vuole davvero salvare la riserva e non avere rimpianti, Abby dovrà riuscire a trovare al più presto un’idea per sistemare le cose. Se solo Jack non occupasse ogni suo pensiero... 

Ci sono luoghi che sanno cullare la nostra anima

«Un libro che appassiona, sa emozionare e regala buonumore.»
Heat

«Se questo libro fosse un fenomeno atmosferico, sarebbe uno splendido raggio di sole.»
Heidi Swain

«Un romanzo che ti scalda il cuore. Abby e Jack mi mancheranno da morire.»

Cressida McLaughlin
È cresciuta nella campagna londinese con un gatto chiamato Lawrence d’Arabia, circondata dai libri. Ha studiato inglese all’Università di East Anglia e adesso vive a Norwich con suo marito David. Quando non scrive passa il tempo libero leggendo, tornando a Londra o esplorando il meraviglioso litorale di Norfolk. Se volete saperne di più su Cressy contattatela su Twitter o Facebook. Sarà felice di conoscervi!
LinguaItaliano
Data di uscita7 giu 2019
ISBN9788822735157
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    Anteprima del libro

    La piccola casa delle farfalle - Cressida McLaughlin

    EN.jpg

    Indice

    PARTE PRIMA. IL CORO DELL’ALBA

    Prologo

    Capitolo uno

    Capitolo due

    Capitolo tre

    Capitolo quattro

    Capitolo cinque

    Capitolo sei

    Capitolo sette

    PARTE SECONDA. GLI INSEPARABILI

    Capitolo otto

    Capitolo nove

    Capitolo dieci

    Capitolo undici

    Capitolo dodici

    Capitolo tredici

    Capitolo quattordici

    PARTE TERZA. CANTO AL TRAMONTO

    Capitolo quindici

    Capitolo sedici

    Capitolo diciassette

    Capitolo diciotto

    Capitolo diciannove

    Capitolo venti

    PARTE QUARTA. DUE GOCCE D’ACQUA

    Capitolo ventuno

    Capitolo ventidue

    Capitolo ventitré

    Capitolo ventiquattro

    Capitolo venticinque

    Capitolo ventisei

    Capitolo ventisette

    Epilogo

    Ringraziamenti

    narrativa_fmt.png

    2363

    Titolo originale: The House of Birds and Butterflies

    Copyright © Cressida McLaughlin 2018

    All rights reserved

    Originally published in the English language by HarperCollins Publishers Ltd.

    under the title The House of Birds and Butterflies © Cressida McLaughlin 2018

    The author asserts the moral right to be identified as the author of this work.

    Traduzione dalla lingua inglese di Giada Fattoretto

    Prima edizione ebook: agosto 2019

    © 2019 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-3515-7

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di The Bookmakers Studio editoriale s.r.l.s.

    Cressida McLaughlin

    La piccola casa

    delle farfalle

    OMINO.jpg

    Newton Compton editori

    A Kate Bradley, grazie per aver creduto in me.

    Parte prima

    Il coro dell’alba

    Prologo

    Il vento autunnale frusciava tra gli alberi e la costruzione sembrava sospirare. La casa georgiana era ancora bella con il suo intonaco giallo, i bianchi pilastri su ogni lato del portone a due battenti, un vialetto di ghiaia e una fontana fuori uso da tempo. Il sole settembrino faceva brillare in modo invitante l’erba alta di quello che un tempo doveva essere stato un prato ben curato.

    Ma i neri cancelli in ferro battuto erano chiusi e arrugginiti, e un lucchetto malconcio e una catena aggiungevano un ulteriore strato di protezione. La casa era rimasta disabitata per oltre quindici anni e, dietro la facciata elegante, le crepe si allargavano, i solidi mattoni e l’intonaco si sbriciolavano per l’incuria e lasciavano spazio a edere e nidi d’uccello.

    Si ergeva ancora orgogliosa su Meadowgreen, il paese di cui un tempo era stata il cuore pulsante, e sulla riserva naturale di Meadowsweet, e lo stato di decadimento in cui versava era nascosto da alte mura di mattoni rossi. Ma l’erba, i rovi e gli arbusti proliferavano, perché non c’era nessuno a domarli. La villa sarebbe stata presto invasa dalla natura, ridotta all’ombra della dimora di un tempo.

    Una Range Rover rosso rubino superò le mura per entrare in paese, rallentando come se il guidatore si fosse perso, poi svoltò a destra lungo una stretta strada costeggiata da alberi. Verso l’angolo sud della casa, nel punto in cui la strada principale di Meadowgreen intersecava una via di accoglienti villette a schiera, una giovane donna con i capelli biondo scuro raccolti in una coda inspirò l’aria pulita di campagna e cominciò a camminare, un bell’husky che le trotterellava accanto.

    All’improvviso l’aria si riempì del canto degli uccelli: il coro dei merli, l’acuto, ripetitivo richiamo di un fringuello, il cinguettio di un gruppo di storni. Se qualcuno ci avesse fatto caso avrebbe notato il riverbero del sole pomeridiano in una delle finestre al piano superiore, o avrebbe sentito l’improvvisa folata di vento che mise sull’attenti ogni filo d’erba, come se Swallowtail House si stesse risvegliando.

    Capitolo uno

    Il pettirosso è un uccellino marrone dal petto rosso, che spesso viene raffigurato sulle cartoline natalizie. È molto socievole, e gli piace raggiungerti mentre sei in giardino a fare qualsiasi cosa, soprattutto se stai sotterrando quella che diventerà la sua cena. Il suo è un canto bellissimo e frizzante che si fa notare, proprio come il suo petto sgargiante.

    Annotazione dal taccuino di Abby

    Abby Field si trovava fuori dalla riserva.

    Non sapeva come fosse successo, ma il minuto prima stava percorrendo il sentiero boschivo poco conosciuto, intenta a trovare il punto perfetto dove posizionare la scultura della coccinella, l’ultima creatura della sua caccia al tesoro naturale, e quello successivo si era fatta largo tra i rami del sambuco riverso a terra, ritrovandosi davanti al cancello di Swallowtail House, a rimirare quell’edificio imponente e disabitato. Come sempre, si allungò per guardare all’interno delle enormi finestre, come se potesse scoprire com’era stata la vita di Penelope molti anni prima.

    Non sapeva perché fosse finita lì in quel momento, deviando dal suo percorso e allontanandosi dalla riserva naturale, ma qualcosa in quell’edificio bellissimo e deserto la attirava, e non solo perché apparteneva al suo capo ed era disabitato da più di quindici anni. Si chiese se ci fossero ancora dei mobili, o se le ampie stanze fossero state spogliate di tutto tranne che delle ragnatele. Ogni giorno, quando andava e tornava dal lavoro, passava davanti al cancello principale della casa e riusciva a immaginare le file di auto che un tempo l’avevano varcato. Ma adesso era chiuso, assicurato da un enorme lucchetto.

    La casa poteva anche essere abbandonata, ma Penelope Hardinge era ancora determinata a tenere alla larga la gente.

    La tenuta di Meadowsweet era di sua proprietà, e la maggior parte adesso era composta dalla riserva naturale. Solo Swallowtail House, adiacente alla riserva ma isolata dietro il suo muro di mattoni rossi, era off limits. I residenti di vecchia data di Meadowgreen avevano raccontato ad Abby le storie più disparate, ma sembrava che Penelope e il marito Al avessero creato la riserva subito dopo il matrimonio, che Al fosse morto improvvisamente sedici anni prima e che l’allontanamento di Penelope da Swallowtail House fosse stato altrettanto repentino.

    L’aveva abbandonata come se fosse infestata, comprando una delle case stile Tudor sulla proprietà Harrier, a cinque minuti d’auto dal paese, lasciando che l’enorme villa georgiana soccombesse alla natura che lei e il defunto marito amavano così tanto. Da allora aveva gestito la riserva di Meadowsweet con pugno fermo, senza mostrare alcun cedimento, anche se ormai aveva una sessantina d’anni.

    Negli ultimi diciotto mesi Abby ne aveva fatto parte. Aveva trovato un lavoro che la appassionava e, anche se di tanto in tanto subiva le conseguenze dell’insoddisfazione di Penelope e a volte sentiva la sicurezza venirle meno in presenza della donna, capiva perché Penelope dovesse essere così severa, soprattutto adesso che la riserva era in pericolo.

    Abby chiuse gli occhi per ripararli dal sole settembrino e si mise in ascolto dei rumori che la circondavano. Il vento soffiava attraverso il bosco, le foglie ballerine che ricordavano il ritmico infrangersi delle onde sulla sabbia. Un pettirosso intonava il suo canto inconfondibile e gorgogliante, e Abby si chiese se fosse il piccolo che nelle ultime settimane si posava sul davanzale accanto alla reception della riserva, la curiosità che vinceva sulla paura verso gli esseri umani. Era un batuffolo, le piume mai del tutto appiattite, come se non avesse imparato a lisciarle, e lei e Rosa lo avevano chiamato Bob. Ma non era sicura che si sarebbe allontanato così tanto dal suo territorio, e la riserva era piena di pettirossi che deliziavano i visitatori con i loro cori gioiosi.

    Da qualche parte, tra l’erba incolta del prato, proveniva il trillo melodico di un usignolo. Poteva trattarsi di una capinera o di un beccafico, i cui gorgheggi erano così simili che ancora adesso Abby faticava a distinguerli.

    Aprì gli occhi, diede le spalle alla casa e si voltò verso i sentieri tracciati nella riserva naturale. Si chiedeva spesso se Penelope ci tornasse mai, se passeggiasse per le stanze della sua vecchia casa e lo trovasse rilassante, o se la morte del marito avesse contaminato per sempre quel luogo nei suoi ricordi.

    Abby non sapeva perché la attraesse, ma da quando si era trasferita in paese si era ritrovata spesso a fissare quella casa tranquilla, come se contenesse le risposte alle domande che ancora non riusciva a formulare.

    La farfalla a coda di rondine o macaone da cui prendeva il nome, la Swallowtail appunto, non era tipica del Suffolk settentrionale, dato che viveva esclusivamente nella regione dei laghi e dei fiumi di Norfolk, ed era di per sé una cosa intrigante. Si chiese se all’epoca in cui era stata costruita la casa le popolazioni di quelle grandi farfalle gialle fossero state più diffuse; come molte altre specie, si stavano estinguendo a causa della costante espansione degli esseri umani. Stephan, che gestiva il bar della riserva, le aveva detto che da quando avevano cominciato a tenere dei registri a Meadowsweet erano state avvistate solo due farfalle a coda di rondine, probabilmente da visitatori europei. In un certo senso, questo aggiungeva un tocco di ulteriore mistero alla casa.

    Infilando le gambe snelle tra il sicomoro abbattuto e l’intrico di rovi, sbucò in un angusto sentiero che conduceva a quello boschivo. La prima volta che le avevano fatto visitare la riserva Abby aveva notato la casa e, man mano che scopriva sempre più dettagli sulla sua storia, aveva deciso che quando Penelope e Al ci avevano vissuto quella doveva essere stata la strada che percorrevano per arrivare al vecchio centro per i visitatori. Pensò che l’albero a terra fosse addirittura stato lasciato lì di proposito, per scoraggiare le persone a dirigersi verso l’edificio abbandonato.

    Una volta rientrata entro i confini della riserva, tornò a concentrarsi sul suo lavoro, sul luogo che adesso avrebbe dovuto salvare impegnandosi al massimo.

    Meadowsweet non era l’unica riserva naturale che si affacciava sulle lagune e sui canneti nei dintorni di Reston Marsh, nel Suffolk settentrionale. Ma se Penelope era la proprietaria di Meadowsweet, la riserva naturale di Reston Marsh era gestita da un’organizzazione benefica. Il fatto che fossero così vicine non era mai stato un problema fino a quel momento; gli habitat andavano protetti e, anche se l’esperienza dei visitatori a Meadowsweet era meno raffinata, questo non li aveva frenati dal recarsi lì per godersi le passeggiate, il clima e la natura. Ce n’era per tutti i gusti, come diceva sempre Stephan, e ad Abby piacevano i sentieri meno ordinati che percorreva ogni giorno, la sensazione che la natura fosse sempre sul punto di prevalere su tutto.

    Ma a Meadowsweet non c’era un comitato che prendesse decisioni, che testasse collettivamente le idee. Penelope teneva tutto per sé, e né un gentile incoraggiamento né la forza avrebbero potuto persuaderla a cedere. Nessuno era ancora riuscito a capire come scalfire quella sua solida corazza d’integrità morale.

    E adesso la riserva era in pericolo. Negli ultimi mesi le visite erano diminuite, l’umidità estiva non dava una mano, e di recente altri nuvoloni neri si stavano addensando sulla proprietà, cosa che secondo Abby aveva a che fare con la riunione del personale indetta da Penelope per quella mattina.

    Aveva quasi finito. La coccinella era l’ultimo pezzo da sistemare lungo il sentiero, una nuova attività che aveva ideato per le comitive scolastiche previste per l’autunno. Trovò una radice particolarmente nodosa, ben visibile dall’ampio sentiero che si faceva largo nel bosco e ci posizionò la coccinella, annotandone l’ubicazione nel blocco per gli appunti che portava sempre con sé. Le sculture erano state create da un’artista locale, Phyllis Drum, ricavate da ramoscelli e legate con dello spago. La preferita di Abby era il riccio; Phyllis doveva averci messo ore, forse giorni, per realizzarne gli aculei.

    Una volta tornata al centro visitatori avrebbe creato la mappa e le domande che avrebbero portato intrepidi gruppi di bambini attraverso la riserva, verso quelle creature scolpite.

    Era la prima settimana di settembre e il sole picchiava ancora, brillando sulla superficie delle lagune costiere, ma l’aria era leggermente frizzante, di una limpidezza che le faceva venire nostalgia di fuochi d’artificio e falò mentre faceva scricchiolare i mucchi di foglie che arrivavano fino al polpaccio. Adorava l’autunno; il sole forte ma non soffocante, il fluttuante profumo del fogliame e la pungente dolcezza delle mele, il modo in cui ogni cosa esplodeva in uno sfavillare di colori, quasi rifiutandosi di soccombere all’inverno. Aumentò il passo, affrettandosi lungo uno dei sentieri principali della riserva e da cui si distaccavano viali che portavano all’acqua, agli aironi e all’osservatorio del martin pescatore, ai recessi della foresta e al sentiero del prato.

    Salutò una coppia con la stessa giacca a vento blu scuro, l’uomo con un treppiede appeso alla spalla e lo zaino della donna stracolmo di obiettivi.

    «Com’è la situazione all’osservatorio dell’airone?», chiese l’uomo, notando la giacca di Abby con il logo della riserva sul taschino, che raffigurava un mazzolino di ulmaria e una farfalla occhio di pavone.

    «Tra i giunchi di fronte all’appostamento più o meno mezz’ora fa c’erano una garzetta e qualche basettino».

    «Perfetto. Allora andiamo prima lì. Grazie».

    «Si figuri», disse Abby, e li salutò con la mano.

    Il centro visitatori era un edificio rotondo dal soffitto alto, in legno e vetro, con le enormi finestre regolarmente pulite che lasciavano intravedere il tempo all’esterno. Era stato costruito appena diciotto mesi prima ed era accogliente, moderno ed ecologico. All’interno era diviso in quattro sezioni che ad Abby ricordavano quelle di Trivial Pursuit. L’ufficio di Penelope, il magazzino e la cucina formavano una fetta, la reception e il banco informazioni un’altra, il negozio di souvenir la terza e la caffetteria di Stephan era la quarta, che portava all’esterno verso un’area erbosa con tanto di tavoli da picnic che davano sulle lagune.

    Quando Abby entrò, Rosa si trovava alla reception, elegante in un ampio top verde acqua, i ricci neri e ribelli scostati dal volto grazie a una grande forcina a forma di farfalla. Consegnò i pass giornalieri a due uomini in abiti mimetici con in spalla imponenti cannocchiali.

    «Tanto da fare?», le chiese Abby dopo che i due furono usciti con la cartina fornita da Rosa.

    «Non molto», ammise lei, sollevando le spalle in un sospiro. «Ma è ancora presto. E questa settimana in tanti tornano a scuola e al lavoro, quindi è normale che ci sia più calma del solito».

    «Certo», disse Abby, spronandosi a sua volta con falso entusiasmo. «Aspetta qualche giorno e vedrai quanta gente».

    «Lo spero proprio», disse una voce alle sue spalle. Era tranquilla, ma tradiva una certa freddezza che le fece battere forte il cuore. «Come sta andando la caccia al tesoro?»

    «Ho posizionato tutto lungo i sentieri», disse Abby, voltandosi verso Penelope. «Devo solo finire i relativi documenti».

    «Bene». Penelope la scrutò. «Quando arriva la prima scolaresca?»

    «La settimana prossima. La settimana del rientro era troppo presto per tutti gli insegnanti con cui ho parlato, ma hanno voglia di venire finché il tempo è ancora mite. Credo non gli piaccia l’idea che i bambini se ne tornino a casa con i pantaloni tutti inzaccherati di fango».

    «E Gavin, come procede con il disboscamento dell’area attorno all’osservatorio dell’airone?».

    Abby aprì la bocca ma non riuscì a parlare, perché non sapeva che dire.

    Penelope se ne stava con le braccia incrociate sul petto minuto, i lunghi capelli grigi dalle striature bianche come le piume delle ali di un airone raccolti in una crocchia, in attesa di una risposta. Aveva usato la solita tattica, infondendo in Abby un falso senso di sicurezza, ponendole domande alle quali avrebbe potuto rispondere con facilità, per poi assestarle il colpo di grazia una volta che si fosse sentita tranquilla.

    «Sta lavorando dalle sette», rispose Rosa, salvandola. «Mi ha detto che era a buon punto quando l’ho visto, mezz’ora fa».

    «Chissà se la sua idea di buon punto coincide con la mia», disse Penelope.

    Né Abby né Rosa osarono ribattere mentre la donna arricciava le labbra e guardava verso la caffetteria, da cui provenivano il profumo di focaccine al formaggio e una scadente versione a cappella di Bat out of Hell.

    «Vi voglio nel mio ufficio tra cinque minuti». Si voltò e si allontanò, richiudendosi con forza la porta alle spalle.

    Rosa appoggiò i gomiti sulla scrivania. «Perché la sopportiamo?»

    «Penelope non è così male. Avrebbe il potenziale per essere amichevole... è solo che è stata per conto suo per così tanto tempo che si è dimenticata come si fa».

    «Ma non è sola, giusto? La sua vita è la riserva, e noi siamo tutti qui. Tu, io e Stephan, Gavin e Marek, i volontari, i visitatori abituali. Probabilmente vede più persone lei ogni giorno di quante ne vedano altre sessantenni. I miei genitori non hanno la sua stessa vita sociale e sono sempre contenti».

    «I tuoi non sanno cosa significhi la parola tristezza».

    Abby li aveva incontrati svariate volte da quando aveva cominciato a lavorare a Meadowsweet, ed erano le persone più allegre che avesse mai conosciuto; vivevano in un accogliente bungalow a Stowmarket, una città del Suffolk. La madre giamaicana di Rosa rideva sempre per qualcosa, e suo padre aveva accolto Abby a braccia aperte, era un tipo molto socievole. Abby non poteva fare a meno di provare una fitta di nostalgia e invidia per il fatto che Rosa avesse una famiglia così amorevole vicina a lei. Certo, Abby aveva Tessa, sua sorella, ma non era come avere dei genitori affettuosi.

    «I miei non danno mai niente per scontato», disse Rosa, «ed è il modo migliore di vivere la vita. Penelope ha questa tenuta, le case: Peacock Cottage e questo bellissimo edificio che potrebbe essere una meraviglia e invece sta cadendo a pezzi. E lei se ne va in giro con l’aria di una che ha mangiato una prugna andata a male».

    «Già», convenne Abby, sporgendosi sul bancone della reception e abbassando la voce. «Ma la riserva è in pericolo, vero? Sappiamo a cosa serve la riunione».

    Rosa sospirò per l’esasperazione. I suoi occhi scuri avevano uno sguardo acuto, curioso. Aveva trascorso parecchi anni a Londra, a lavorare come addetta agli acquisti per un grande magazzino, ed era tornata nel Suffolk quando sua madre aveva avuto un infarto, dal quale per fortuna si era ripresa quasi del tutto. Un negozio di souvenir in una riserva naturale era di sicuro un passo indietro, ma Rosa aveva detto ad Abby che le piaceva poterci mettere la sua impronta personale, e i prodotti che aveva procurato da quando era a Meadowsweet erano di buona qualità e piacevano molto.

    «Magari non sarà così orribile», disse. «Forse ci stiamo fasciando la testa per niente».

    Abby si strinse nelle spalle, sperando che l’amica avesse ragione senza crederci nemmeno per un secondo.

    Dieci minuti dopo, mentre Deborah, una dei volontari, sostituiva Rosa alla reception, Abby, Rosa, Stephan e il direttore Gavin erano seduti nell’ufficio di Penelope, su delle sedie stipate tra la porta e la scrivania alla quale lei sedeva serena, gli occhi grigi risoluti.

    «Credo sappiate perché ho indetto questa riunione», disse, senza preamboli.

    «Per l’iniziativa della Wild Wonders», rispose Stephan, e Rosa gli lanciò un’occhiata.

    «Stellina d’oro per te, amico». Gavin, che indossava una salopette, accavallò un ginocchio sull’altro.

    «Grazie, Gavin», disse Penelope. «E Stephan. Sì, hai ragione. Mi hanno confermato che la Wild Wonders ha scelto la riserva naturale di Reston Marsh come sede che ospiterà le loro riprese l’anno prossimo».

    Seguì un sospiro collettivo, un senso di triste ineluttabilità, ma il cuore di Abby cominciò a galoppare.

    «Anno?», chiese d’impulso, perché anche se si era aspettata cattive notizie questa era ancora peggio. «Faranno delle riprese qui per un intero anno

    «Devono avere materiale per tutte le stagioni, no?», disse Gavin. «Merda».

    «Non c’è bisogno che vi dica», continuò Penelope, «che non è una buona notizia per Meadowsweet. Se da un lato non si tratta del settore in cui c’è più competizione e molti dei nostri visitatori frequentano entrambe le riserve, l’attrazione esercitata dalla Wild Wonders sarà notevole. Va in onda in prima serata, e da quello che ho capito trasmetteranno in diretta due volte la settimana, grazie a parecchi strumenti online: webcam, social media. Dobbiamo essere quanto più possibile dinamici».

    «In che senso?», chiese Rosa.

    «Incrementando i numeri e la nostra visibilità», disse Penelope. «Dobbiamo rendere Meadowsweet allettante per una giornata all’aperto almeno quanto Reston Marsh, se non di più, e farci maggiore pubblicità. Siete tutti esperti in un certo campo, e dovete mettervi a ragionare. Abbiamo bisogno di visitatori che tornino più e più volte. Non sarà facile, ma dato che siamo una piccola riserva che non può contare su entrate regolari, noi, in questa stanza, siamo gli unici che possono fare la differenza».

    Abby si passò le dita sulle labbra. Fino a quel momento gli eventi che aveva organizzato erano stati piuttosto canonici: passeggiate nella riserva e attività per le scolaresche, osservazione delle stelle e pipistrelli, lezioni su gufi e rapaci, percorsi didattici in cui poter osservare varietà di farfalle. Le iniziative avevano avuto un buon seguito, ma non erano uniche, accattivanti, innovative. Forse era arrivato il momento di iniziare a pensare in modo un po’ più radicale.

    «Io qualche idea ce l’ho», disse. «Pensavo che…».

    «Eccellente, Abigail». Penelope incrociò il suo sguardo. «Mi consola che tu abbia delle idee. Dopotutto i visitatori e le attrattive sono di tua competenza, quindi hai una responsabilità maggiore. Ma non parlarmene adesso, non è il momento per discuterne in gruppo. Adesso andate e poi tornate tutti da me con delle proposte scritte, partiremo da lì. Voglio vedere un cambiamento quasi istantaneo».

    Fece loro cenno di andarsene, e tutti si alzarono piano, trascinando le sedie sul pavimento e dirigendosi verso la reception dove Abby prese il posto di Deborah in attesa che arrivassero dei visitatori.

    «Me l’aspettavo», disse tristemente Stephan.

    Rosa scosse la testa. «Io ho qualche idea, ma il mio resterà comunque un negozietto in una riserva naturale indipendente, non ci sarà un programma televisivo nazionale a fargli pubblicità».

    «È questo lo spirito giusto», disse Gavin, dandole un colpetto scherzoso sulla spalla. «Sono sicuro che Penelope cerca proprio un atteggiamento disfattista come il tuo».

    «Dobbiamo solo vivacizzare un po’ il tutto», disse Abby. «Cercare nuovi modi per attrarre la gente che di solito non sceglierebbe mai Meadowsweet per una giornata all’aria aperta. E se riuscissimo a incrementare le iscrizioni annuali, allora saremo già sulla strada giusta per vincere la battaglia».

    Il sorriso di Stephan era incerto. «Esatto, Abby. E io posso darmi da fare con le ricette, ampliare i gusti delle ciambelle».

    «Vedi?», disse Abby. «Esponi qualche linea di articoli in più nel negozio, Rosa, e concentrati sul catalogo online. È così che facciamo soldi anche senza che entri nessuno da quella porta. Ci sono tante piccole cose che possiamo fare».

    Quello che stava chiedendo Penelope era semplice. Dovevano attrarre più visitatori, vendere loro più ciambelle e involtini di salsiccia, farli andar via con le borse piene zeppe di tazze, guide turistiche e scatole di cibo per uccellini. Ognuno aveva il proprio compito, ma, come le aveva ricordato Penelope, Abby aveva una doppia responsabilità, perché se non fosse riuscita ad accrescere la popolarità della riserva allora la caffetteria avrebbe anche potuto vendere i migliori fagottini al formaggio del mondo, ma non ci sarebbe stato nessuno a mangiarli.

    Cercò di non farsi prendere dal panico. Qualche passeggiata e qualche iscritto in più sarebbero davvero riusciti a fare la differenza contro un programma televisivo? In soli diciotto mesi aveva iniziato a sentire Meadowgreen come casa sua e la riserva naturale di Meadowsweet e chi ci lavorava come il suo rifugio e la sua famiglia. Non voleva che qualcosa minacciasse il piccolo mondo idilliaco che si era creata.

    Quel silenzio era cupo e, mentre Stephan andava a controllare i vassoi di biscotti d’avena e Rosa tornava al negozio, Abby vide entrare un ragazzo dai capelli chiari e una camicia a quadri azzurri e bianchi.

    «Salve», disse, superando la reception e dirigendosi verso i binocoli prima che lei potesse rispondergli.

    «Ciao, Jonny», gridò Rosa.

    «Oh, ehi». Jonny si voltò incerto, come se Rosa fosse l’ultima persona che si aspettava di vedere nel negozio.

    Abby stava quasi per scommettere su quando quel tizio avrebbe davvero comprato un paio di binocoli, poi però decise che era un pensiero crudele. Erano i clienti abituali a tenere in piedi la riserva, anche se la maggior parte comprava solo un pass giornaliero e una fetta di dolce alla carota anziché un paio di binocoli da trecento sterline con lenti ad alta trasmissione e prismi a tetto.

    «Devo riempire le mangiatoie degli uccelli», disse Abby a Gavin, che si era appoggiato al bancone accanto a lei e stava facendo un aeroplanino di carta con una cartina della riserva.

    Lei andò nel magazzino e mise sacchi di sementi, larve e mangime in un piccolo carrello, poi lo spinse fuori verso la fila di mangiatoie per uccelli appena oltre la porta principale. Era spesso stracolma di uccellini: cinciarelle, cinciallegre, pettirossi, fringuelli e verdelli. Di tanto in tanto arrivava anche una cincia bigia, o uno stormo di codibugnoli dalle piume rosa scuro e marroni e dall’acuto pigolio insistente. Piccoli gruppi di storni piombavano in picchiata, causando un paio di minuti di scompiglio per poi andarsene. Gli scoiattoli tentavano sempre la sorte, e conigli e fagiani attendevano che cadessero dei semi sull’erba sottostante.

    Spesso, ancora prima di varcare la soglia del centro, i visitatori avevano già visto più fauna selvatica di quanta ne avessero nei loro giardini, e una volta nella riserva le possibilità erano quasi infinite.

    Abby attese che un verdello maschio finisse il suo pranzo e se ne volasse via, poi si mise all’opera.

    Il lavoro come coordinatrice di attività non contemplava tutto ciò che faceva per la riserva, ma non le importava. Non c’era altro posto in cui volesse passare il suo tempo, e aveva un ruolo importante. Meadowsweet era casa sua, e se Penelope voleva che diventasse più creativa e raddoppiasse il numero dei visitatori, allora lo avrebbe fatto.

    Gavin l’aveva seguita fuori, con addosso il suo berretto da baseball con il logo della riserva, e Abby notò quanto la sua salopette fosse sporca di fango.

    «Ci ha dato una bella strigliata», le disse, parlando senza remore adesso che Penelope non poteva sentirli.

    «C’era da aspettarselo però», rispose Abby. «Erano secoli che giravano voci sulla Wild Wonders, e rinnovare un po’ la gestione non è un male, no?»

    «Potremmo parlarne più tardi davanti a un buon bicchiere da Skylark se a te e agli altri va».

    «Allora puoi uscire?»

    «Jenna porta le bambine a casa di sua madre per il tè, quindi ne approfitto».

    «Vedo chi riesco a raccattare», gli disse.

    «Fantastico. Ho sentito che a inizio settimana qualcuno ha compiuto gli anni. Dovremmo festeggiare».

    «Come hai fatto a…?», cominciò Abby, ma Gavin riappese una mangiatoia piena al suo gancio, poi sorrise e sgattaiolò via fischiettando.

    Abby tornò alle sue occupazioni, scambiando convenevoli con i visitatori che si avvicinavano dal parcheggio. Era quello il bello di lavorare in una riserva naturale: nessuno si innervosiva. Andavano lì per divertirsi, sgranchirsi le gambe e respirare un po’ d’aria fresca, avvistare una specie che amavano o scoprirne di nuove. C’erano i bambini monelli che dovevano essere tenuti a bada, ma c’erano abbastanza attrazioni in grado di catturare l’interesse di una mente giovane e curiosa.

    Nel complesso, la riserva era un luogo felice, e Abby desiderava che Penelope ne incarnasse un po’ di più lo spirito. Era sempre stata un capo severo e concreto, ma l’aveva sentita ancora più fredda negli ultimi mesi. Poteva dare la colpa alla minaccia rappresentata dalla Wild Wonders, ma aveva la sensazione che Penelope fosse preoccupata per altri motivi che non aveva condiviso con i propri collaboratori.

    D’altra parte, tutti avevano cose che volevano tenere per sé. Abby si era fatta degli amici lì, ma il pensiero che qualcuno, perfino Rosa, potesse venire a conoscenza delle sue più profonde insicurezze, dei suoi errori passati, la faceva stare male. Non si era nemmeno resa conto di aver detto a qualcuno che aveva compiuto gli anni. Voleva essere riservata, ma doveva ammettere che una bevuta al pub sarebbe stata un’idea carina.

    Lunedì, nel ponte d’agosto, Abby aveva compiuto trentun anni. Sua sorella Tessa, il marito di lei, Neil, e le loro due figlie, Willow e Daisy, le avevano organizzato un picnic nel giardino della loro moderna casa a Bury St. Edmunds. Ad Abby piaceva stare in loro compagnia. Li stava aiutando a costruire un laghetto e aveva iniziato ad annotare idee per cercare di descrivere la natura che di sicuro avrebbe entusiasmato una bambina di otto anni come Willow. Daisy, a tre anni, era ancora troppo piccola, ma Abby la teneva già sott’occhio.

    Trentun anni le erano sembrati in qualche modo una tappa più fondamentale rispetto ai trenta. Abby non aveva figli, né un marito o un fidanzato, e nemmeno un possibile amore all’orizzonte, anche se dopo l’ultima storia non si sentiva propensa a tuffarsi in una nuova relazione. Era da tanto che non divideva il letto con qualcuno a parte un grande husky dalle orecchie a punta e gli occhi azzurro ghiaccio. Raffle non avrebbe nemmeno dovuto entrare in camera da letto, ma erano bastati cinque minuti da quando l’aveva preso al canile per infrangere la regola.

    Dato che lavorava alla riserva e faceva lunghe passeggiate al mattino e alla sera per far fare movimento al cane, Abby era in forma, snella e alta un metro e sessanta, con le curve al punto giusto. I capelli biondo scuro lunghi fino alle spalle erano spesso raccolti in una coda, usava un trucco leggero, solitamente solo un filo di mascara per incorniciare gli occhi nocciola. Essere attraente non rientrava nei suoi compiti, e il pub del paese non aveva standard molto alti.

    Mentre a fine giornata riordinava il centro visitatori, decise che una serata da Skylark con gli amici era proprio quello che le serviva. Imboccò la strada che faceva sempre per andare a casa, dato che conosceva il posto come il palmo della sua mano.

    La via d’accesso che portava dal paese di Meadowgreen al parcheggio della riserva era lunga e tortuosa, tanto che le auto dovevano rallentare e girare attorno agli alberi più grandi e a un edificio. Se Abby avesse seguito la strada ci avrebbe messo il triplo per arrivare a casa, quindi tagliò attraverso gli alberi, sbucando di fronte all’edificio attorno al quale curvava la strada: Peacock Cottage.

    Peacock Cottage faceva parte della tenuta di Meadowsweet e quindi era di proprietà di Penelope; era una casa pittoresca con il tetto di paglia e mura bianchissime, il portone blu e quattro finestre sul davanti – due al piano di sopra e due al piano di sotto – quasi fosse stata disegnata da un bambino. Era isolata, circondata su tre lati da alberi, ma i visitatori vi si imbattevano regolarmente mentre andavano o venivano dalla riserva, dato che la strada d’accesso passava vicinissima al basso cancello del cottage. Abby non sapeva chi si occupasse del vaso sospeso: non aveva mai visto nessuno entrare o uscire dalla casa, eppure appariva ancora rigoglioso.

    Si chiese quante delle persone che passavano di lì in macchina o che percorrevano i sentieri meno battuti attraverso il bosco circostante si imbattessero nel cottage e si chiedessero chi ci abitava. Forse la Signora Trovatutto della favola? La nonnina di Cappuccetto Rosso? La strega che aveva adescato Hansel e Gretel si nascondeva forse lì dentro, dietro a mura che sembravano del tutto normali agli adulti mentre la vera natura della casa fatta di dolci era visibile solo ai bambini? Abby aveva fantasticato sui più svariati tipi di abitanti, cosa che non aveva mai fatto quando sbirciava Swallowtail House, forse perché sapeva che una volta ci aveva vissuto Penelope.

    Una volta lasciatasi alle spalle il cottage, uscì dal fitto degli alberi e si ritrovò nel centro del paese di Meadowgreen. Superò l’ufficio postale e la vecchia cappella che era stata convertita in biblioteca con annesso negozio, gestita dalla vicina ficcanaso di Abby, Octavia Pilch, il cui giardino con tanto di tombe sembrava fuori luogo accanto alla bacheca con il bollettino delle notizie.

    Poi, come sempre, attraversò la strada principale e costeggiò l’alta muraglia di mattoni rossi che proteggeva la Swallowtail House e il suo giardino incolto dal resto del mondo. Visto che doveva attraversarne il cancello due volte al giorno, non capiva il bisogno di andare lì quel mattino, ma la casa l’aveva attirata, quasi avesse voluto svelarle tutti i suoi segreti.

    Riattraversò la strada e raggiunse il viale di casa, aprì il portone del numero 1 di Warbler Cottages e venne salutata da un Raffle su di giri. Era una serata mite, così si tolse il maglione con il logo della riserva, mise il guinzaglio a Raffle e lo portò a spasso, visto che né lei né il cane si stancavano mai di stare all’aperto. Passeggiare per la campagna l’avrebbe aiutata a pensare a come poter salvare Meadowsweet dalla minaccia della chiusura, cosa che fino a quel giorno non si era mai nemmeno concessa di prendere in considerazione.

    Capitolo due

    Un regolo è un uccellino paffuto come una pallina da ping pong verde-marroncino. Ha occhi grandi e un ciuffo arancione se è maschio o giallo se è femmina. Il suo canto assomiglia al suono stridulo e acuto di un pupazzo ed è sempre in movimento, come Daisy quando guarda un cartone della Disney.

    Annotazione dal taccuino di Abby

    Lo Skylark era un tipico pub di paese. Aveva pareti gialle, ma di un giallo più tenue rispetto alle mura esterne della Swallowtail House, quasi ne fosse una copia leggermente più sotto tono. All’entrata campeggiava un bel glicine – anche se per quell’anno la fioritura era già

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