Passione per gli affari: Harmony Destiny
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Annette Broadrick
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Passione per gli affari - Annette Broadrick
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Man Means Business
Silhouette Desire
© 2006 Annette Broadrick
Traduzione di Giuseppe Biemmi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-622-0
1
«Tutti ai propri posti! Boss in arrivo! Boss in arrivo!»
A dispetto della malinconica giornata invernale di fronte alla quale si era svegliata Chicago, Jodie Cameron sorrise tra sé per il modo bizzarro in cui l’addetta alla reception la informava che il suo capo era giunto in ufficio.
«Grazie, Betty.» Jodie aprì un file al computer, si scostò dal viso una ciocca di capelli sfuggita allo chignon che portava all’altezza della nuca e rimase in attesa.
Jodie aveva il sospetto che Dean Logan stesse tramando qualcosa. Lavorava per lui da cinque anni e non era mai arrivato in ritardo al lavoro. Anzi, solitamente quando lei metteva piede in ufficio lo trovava già in postazione.
Per questo, quando non lo aveva trovato alla sua scrivania, aveva persino controllato la sua agenda per vedere se per caso avesse degli impegni fuori città, ma lui non aveva annotato nulla. Le era venuto anche il dubbio che avesse deciso di non presentarsi al lavoro; d’altronde era venerdì e domenica sarebbe partito per una breve vacanza di una settimana. Ma la cosa non le era sembrata verosimile. L’avrebbe senz’altro chiamata per avvisarla.
Questa sarebbe stata la prima pausa che Dean si concedeva da quando aveva iniziato a lavorare per lui, e lei non vedeva l’ora di avere finalmente l’opportunità di dedicarsi al lavoro arretrato, riordinare l’archivio, sistemare con criterio i file sparsi nel proprio computer senza essere interrotta in continuazione.
Se non altro, con il suo stringato annuncio, Betty le aveva già fatto capire che il capo non era del migliore degli umori. Non che Dean fosse in genere particolarmente cordiale, ma quella mattina doveva essere peggio del solito. Poco male: avrebbe stretto i denti. Si trattava solo di far passare quella giornata, poi finalmente sarebbe stata tranquilla per un po’.
Jodie attese alla scrivania che lui facesse il suo ingresso in ufficio.
Dean era un geniale uomo d’affari, che aveva lavorato sodo per mettere in piedi la sua solida attività di fornitura di sistemi di sicurezza. Ciò che aveva realizzato negli ultimi quindici anni, oltre che inorgoglirlo, avrebbe dovuto garantirgli un sorriso perenne, eppure era sempre tremendamente serio. Per quel che ricordava, non lo aveva mai sentito ridere.
Non era certo quello che si poteva definire un tipo gioviale.
Fisicamente, più che il titolare di una società dal fatturato milionario, il suo capo sembrava un affermato giocatore di football americano.
Il suo volto pareva scolpito nel granito e il naso, a causa di una frattura procuratasi in un momento non meglio specificato della sua vita, era leggermente schiacciato. Insomma, nonostante le sopracciglia marcate e gli occhi di un penetrante grigio-azzurro, di sicuro non avrebbe mai potuto essere annoverato fra gli scapoli più sexy d’America.
Non che il suo aspetto vagamente truce frenasse in qualche modo le frotte di ragazze che gli ronzavano attorno. Al contrario. La sua ultima fiamma si chiamava Rachel Hunt. Uscivano insieme da quasi tre mesi ormai, il che per lui costituiva una specie di record.
Jodie sapeva subito quando Dean cominciava a frequentare una donna perché la incaricava di spedire mazzi di fiori, ordinare regali, prenotare ristoranti e, a volte, si faceva persino scappare alcuni commenti su questa o quell’altra signorina.
Oh, Dean era un tipo con i piedi per terra. Sapeva che la maggior parte delle donne era più interessata alla sua posizione e alle sue conoscenze che a lui. Così si era abituato ad ascoltare senza batter ciglio fasulle confessioni di amore eterno, alle quali puntualmente seguivano richieste di impegni più seri o addirittura proposte di matrimonio, che lui, ovvio, si guardava bene dall’accettare.
Da qui il notevole numero di donne che, susseguendosi, andavano e venivano dalla sua vita.
Ma spesso Jodie era stata in grado di intravedere un velo di solitudine nei suoi occhi. A un certo punto, molto prima che lei cominciasse a lavorare per la sua azienda, Dean doveva avere preso la decisione di non permettere a nessuno di avvicinarsi troppo a lui. Jodie lo trovava molto triste. Non che gli avesse mai fatto capire che lo commiserava. No, si limitava ad ascoltarlo quando aveva bisogno di parlare o di sfogarsi, tenendo per sé le proprie opinioni.
Naturalmente, nessuno avrebbe mai creduto una cosa simile, dato che Jodie era nota per esprimere sempre e a qualunque costo il suo parere, anche se non richiesto. Al pensiero di tutte le occasioni in cui sua sorella l’aveva rimproverata per la sua lingua lunga si lasciò scappare un sorriso.
Dean si muoveva con passo felpato e, con il tempo, lei si era abituata a vederselo comparire di colpo sulla soglia dell’ufficio. Come adesso.
«Buongiorno...»
«No, non è decisamente una buona giornata.» Dean si arrestò di fronte alla sua scrivania, si sfilò una busta dalla tasca interna della giacca e gliela porse. «Questi non mi servono più» dichiarò, avviandosi verso il suo studio personale. «Ti spiacerebbe portarmi del caffè? Ho un tremendo mal di testa.»
«Subito» rispose distrattamente lei, prendendo la busta e sbirciando al suo interno. Conteneva i biglietti aerei per le Hawaii che aveva ordinato lei stessa per Dean e Rachel. Che Rachel avesse cambiato idea all’ultimo momento?
Jodie si alzò per andare al distributore automatico di caffè, riempì la grossa tazza di Dean, sempre pronta sul ripiano vicino, e raggiunse il principale nel suo studio.
Dean se ne stava in piedi con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, impegnato a scrutare fuori dalla finestra. Lei posò il caffè sulla scrivania e si accomodò in quella che di solito era la sua sedia.
«Cosa è successo, Dean?»
Lui non le rispose subito. Guardò invece la neve che cadeva fitta poco più in là del suo naso, soffermandosi su qualche occasionale fiocco che veniva a sbattere contro i vetri. Lei attese.
Dopo qualche istante di silenzio, lui si voltò e prese posto dietro alla scrivania, allungando la mano per prendere il caffè. «Hai un’aspirina?»
«Certo.» Lei andò al piccolo bar nascosto dietro a una porta scorrevole e gli versò un bicchiere di acqua, poi prese un flaconcino di aspirina e posò il tutto di fronte a lui.
Era davvero di pessimo umore, con in volto il cipiglio severo con cui in affari era in grado di mettere in soggezione anche lo speculatore più spietato. Non c’era da stupirsi se la gente si metteva sempre sulla difensiva al suo cospetto. Ma Jodie si era convinta che lui non si rendesse nemmeno conto dei suoi modi burberi.
Quando aveva iniziato a lavorare per lui, l’avevano informata di essere solo l’ultima di una lunga serie di segretarie: quella che l’aveva preceduta aveva gettato la spugna dopo poche settimane. Brutto segno, nulla da dire.
In ogni caso, aveva voluto tentare: sapeva di essere ben temprata, era cresciuta con tre fratelli e lei e sua sorella avevano dovuto imparare presto a farsi rispettare dai rappresentanti dell’altro sesso. Il tempo, le aveva dato ragione.
Dopo qualche momento di silenzio, Dean la guardò con espressione interrogativa. «Perché sei qui?»
«Lavoro qui» rispose lei, impassibile.
Lui chiuse gli occhi. «Scusa. Il mio umore non è dei migliori.»
Davvero? Non se n’era affatto accorta! Comunque, si era scusato. Forse avrebbe fatto bene a evidenziare la giornata sul calendario.
«Da quanto lavori per me?»
«Cinque anni.»
«Perché?»
«Perché cosa?»
«Se sono una persona tanto sgradevole, perché mi sopporti?»
«Chi ha detto che sei una persona sgradevole? Io per esempio, ti trovo estremamente gradevole... a condizione che si faccia a modo tuo» replicò spensieratamente lei.
«Rachel dice che tutti quanti in questo ufficio sono terrorizzati da me. Tu però non lo sei.»
«È questo che ti preoccupa tanto stamattina?»
«No.»
«Ti importa ciò che pensano di te le persone in ufficio?»
«No. Be’, eccetto te. Tu cosa pensi di me?»
Lei si appoggiò allo schienale della sedia e considerò la risposta. Finalmente, lo guardò negli occhi e disse: «Penso che tu sia un uomo brillante solo... poco tollerante con gli altri. Hai saputo trasformare praticamente da solo questa azienda in una società leader del settore, ignorando chi ti metteva in guardia dal correre certi rischi e seguendo invece solo il tuo istinto».
«Mmh.»
Dean prese l’aspirina e bevve l’acqua. Poi si portò alle labbra la tazza e sorseggiò il caffè.
Rimasero senza fiatare per qualche altro istante.
«Ieri sera Rachel mi ha mollato» annunciò di punto in bianco Dean.
Lei non poté nascondere la sua sorpresa. Doveva essere stato un brutto colpo. Di solito, era lui a dare il benservito ogni volta che una donna pretendeva più di quanto fosse disposto a offrire.
«Ha rinunciato a venire con te alle Hawaii?» chiese lei con evidente incredulità.
Lui fece una smorfia. «Per la verità, non mi ha nemmeno dato il tempo di farle la sorpresa dei biglietti aerei. Mi ha subito informato che non voleva rivedermi mai più.»
Quell’ammissione la colse alla sprovvista. «Oh. Non avevo afferrato che il viaggio fosse una sorpresa.»
«Be’, invece sì. Ma alla fine quello sorpreso sono stato io.»
«Cosa diamine è successo?»
«Ieri sera ho scordato che avevamo dei biglietti per l’opera. Ho lavorato fino a tarda ora per smaltire alcune pratiche che avevo sulla scrivania e ho dimenticato l’impegno a teatro.»
«Accidenti.»
«Quando sulla strada di casa ho controllato i messaggi di Rachel al cellulare, ero già in ritardo di un’ora al nostro appuntamento.»
«Ahi-ahi-ahi.»
«Quando sono arrivato da lei, era inviperita. Ho sottolineato che, se ci sbrigavamo, avremmo potuto arrivare prima dell’intervallo. In fin dei conti, non è che ignorassimo la trama. Tuttavia, a quel punto, l’opera non le interessava più.» Lui si passò una mano sul viso. «Mi ha buttato fra le braccia una sacca con le cose che avevo lasciato nel suo appartamento da quando abbiamo iniziato a frequentarci e mi ha intimato di andarmene.»
«Rachel era ovviamente fuori di sé in quel momento» intervenne Jodie. «Perché non la chiami oggi e le dici del viaggio che avevi in programma? Sono sicura che una volta che saprà della sorpresa ti perdonerà.»
Lui iniziò a scuotere il capo prima ancora che lei avesse terminato di parlare. «Non farò nulla del genere. Ha messo bene in chiaro che non voleva più avere a che fare con me, quindi perché dovrei disturbarmi a farlo?» La bocca gli si piegò agli angoli. «Sono disposto ad ammettere che da questa storia il mio ego ne è uscito un tantino ammaccato e che ieri sono tornato a casa con la coda fra le gambe ma, se lei sostiene che fra noi è finita, be’, credo di poterlo accettare.»
Lui annuì in direzione della busta che Jodie aveva posato nuovamente sulla scrivania. «Quindi» concluse, facendo spallucce, «quelli non mi servono più».
Oh, santo cielo. Si era ripromessa di non dare mai il proprio parere, a meno