La proposta del capo (eLit): eLit
Di Wendy Warren
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Info su questo ebook
Licenziata!
Nina Baxter è furiosa. Dopo anni di onorato servizio le hanno dato il benservito. Come se non bastasse il suo ex datore di lavoro, l’affascinante David Hanson, le sta chiedendo di fargli da assistente personale e trasferirsi da lui. Accettare e poi...
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Anteprima del libro
La proposta del capo (eLit) - Wendy Warren
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:
The Boss And Miss Baxter
Silhouette Special Edition
© 2006 Harlequin Books S. A.
Traduzione di Leonora Sioli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-958-6
1
«Giura che non dirai a nessuno quello che ho fatto.»
«È il nostro segreto. Te lo prometto» affermò Nina Baxter sorridendo all’amica ed ex collega.
Il sorriso era decisamente forzato, data la situazione, ma le parole, almeno, erano sincere.
Con i pugni chiusi affondati nelle tasche, Nina guardò Carolyn Ahearn aprire le imponenti porte di legno massiccio della Hanson Media Group, sentendo il cuore rimbombarle nelle orecchie.
Aveva varcato quell’ingresso un milione di volte negli ultimi tredici anni. Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, ma non le era mai capitato di andare alla Hanson la domenica.
E non le era mai capitato nemmeno di sentirsi così nauseata entrando in ufficio, neanche durante la gravidanza.
«Vado da Noah a bere un cappuccino» le disse Carolyn. «Ci impiegherò circa venti minuti. Pensi che ti possano bastare?»
Nina annuì. «Ci vediamo qui.» Prese la mano dell’amica. «Ti sono infinitamente riconoscente, Carolyn. Mi dispiace di averti disturbata durante il fine settimana. È solo che non ce la facevo a...»
«Lo so, non ti preoccupare» la rassicurò Carolyn. «Avrei potuto trovarmi io nella tua situazione. È tutta una questione di fortuna.»
«Già. E purtroppo questo non è il mio momento fortunato.»
Era stata licenziata venerdì e le avevano detto che avrebbe potuto tornare lunedì per prendere tutte le sue cose. Solo che le sarebbe piaciuto salutare i suoi ex colleghi con una certa dignità, possibilmente senza aggirarsi per l’ufficio carica di cianfrusaglie e con gli occhi appannati dalle lacrime, con il rischio di inciampare e ritrovarsi a gambe all’aria! Per questo aveva pensato di chiedere aiuto a Carolyn, e liberare la scrivania la domenica.
«Vai pure a bere il tuo cappuccino» le rispose, cercando di calmarsi. «E prendi anche una briosce in mio onore.»
«Certo, per te è facile parlare così. Quando sei stressata dimagrisci, io invece mi abbuffo e ingrasso come una balena! Ci vediamo dopo, allora» e se ne andò.
Rimasta sola, Nina attraversò la hall, superando il bancone della reception dietro cui, sulla parete, campeggiava una vistosa H dorata, e si fermò nell’open-space dove si trovavano le scrivanie delle segretarie.
La Hanson Media Group era stata la sua seconda casa per tanto tempo. La prima volta in cui era entrata in quell’edificio aveva solo diciannove anni, infatti, ed era ancora meravigliosamente, spaventosamente ingenua. Si era sposata da poco, aspettava il suo primo figlio e stava vivendo un momento magico. Non poteva immaginare, ovviamente, che cosa avesse in serbo per lei il destino.
Fermandosi davanti a quella che era stata la sua scrivania, passò lentamente le dita sullo schienale della sedia.Qualsiasi imprevisto avesse sconvolto la sua vita, aveva sempre avuto quella sedia su cui sedersi e quella scrivania su cui lavorare. La Hanson Media Group era stata la sua ancora di salvezza quando il suo matrimonio era naufragato, perché le aveva dato la possibilità di essere indipendente e di mantenere i suoi figli da sola.
E adesso era tutto svanito.
L’orgoglio, la sicurezza, la voglia di guardare avanti. Era tutto svanito in un attimo, a causa della crisi che aveva travolto l’azienda, imponendo forti tagli del personale.
Nina sentì una vampata di calore. Si tolse allora il cappotto, il cappello e si mise subito al lavoro.
Aprì la grande borsa che aveva portato con sé e cominciò a liberare la scrivania. Infilò le due fotografie dei suoi figli, la sua biro preferita, un bloc-notes a forma di ippopotamo e tutto il resto...
Fece molto rapidamente, senza soffermarsi sui vari oggetti, finché non le capitò in mano il finto trofeo che le aveva regalato sua figlia l’anno prima, dopo che era stata in ufficio con lei per un giorno, con la scritta Migliore segretaria del mondo.
Era stata una giornata memorabile. Si era sentita così importante vedendo Isabella che la guardava con quello sguardo ammirato.
All’improvviso si accorse che le tremavano le mani. Ficcò allora in borsa il trofeo e continuò a mettere via le proprie cose, sempre più velocemente.
Era così arrabbiata!
Non era colpa sua se la Hanson era in crisi. Non era colpa di nessuna delle persone che erano state licenziate. Ma ovviamente ai grandi capi non importava nulla degli impiegati.
Maledizione!
In preda a un attacco di rabbia, afferrò la prima cosa che le capitò tra le mani e la scaraventò contro la porta dell’ufficio di David Hanson.
Sicuramente lui si stava divertendo, mentre i suoi ex dipendenti si domandavano come sarebbero arrivati alla fine del mese, ora che avevano perso il lavoro.
Non contenta, afferrò un altro oggetto, e lo gettò contro la stessa porta. Poi ne prese un altro e un altro ancora e fece seguire a ogni lancio un’imprecazione.
Certo, quello sfogo non le avrebbe certamente restituito il lavoro ma, se non altro, per qualche istante, la fece sentire più leggera.
«Ma che diavolo...»
David Hanson sollevò lo sguardo dal documento che stava esaminando per guardare verso la porta chiusa del proprio ufficio.
Inizialmente aveva pensato che qualcuno stesse bussando, anche se gli era parso strano visto che era domenica. Ora però si rese conto che in realtà qualcuno stava scagliando degli oggetti contro la porta.
Senza fermarsi a riflettere, dunque, andò ad aprire e per poco non venne decapitato da un bollitore da viaggio...
«Santo cielo!»
Con un rapido movimento, schivò fortunatamente l’oggetto e quando si raddrizzò si trovò faccia a faccia con una donna dai folti capelli biondi, che stava per scagliargli addosso un piccolo cactus.
«Ferma!» le ordinò. «Si può sapere che cosa diavolo sta facendo?»
La donna rimase pietrificata.
Osservandola con più attenzione, David notò che aveva un’aria familiare.
Un momento.
In effetti gli sembrava proprio di conoscerla. «Signorina... Baxter?»
Lei abbozzò un sorriso impacciato. «Sì.»
Si era lasciato ingannare dai riccioli ribelli e dall’abbigliamento sportivo. La signorina Baxter, infatti, indossava in genere completi formali, come le altre segretarie, e portava i capelli raccolti. «Che cosa sta facendo?»
«Io... stavo liberando la scrivania.»
«Davvero?» si meravigliò lui, guardando gli oggetti sparpagliati sul pavimento.
«Sì... signore.»
Dopo avere vissuto i tre mesi più difficili della sua vita lavorativa, David avrebbe dovuto essere preparato ad affrontare qualsiasi nuovo imprevisto. Il comportamento della signorina Baxter, però, lo lasciò decisamente spiazzato.
Possibile che non si fosse mai reso conto di avere assunto una squilibrata?
Poi però gli fu tutto più chiaro.
Ovvio. La signorina Baxter doveva essere una delle vittime di tutti i guai che aveva combinato suo fratello.
A questo pensiero sentì infittirsi il mal di testa che lo tormentava ormai da giorni. A quanto pareva non gli era più concesso avere un po’ di pace. Nemmeno la domenica.
Pensando che il suo futuro lavorativo dipendeva dalle referenze che le avrebbe dato il signor Hanson, Nina realizzò che doveva assolutamente scusarsi.
Del resto non era mai stata una persona violenta e non era da lei perdere il controllo in quel modo.
«Oddio. Avrei potuto ucciderla! Sono davvero desolata» affermò, cominciando a raccogliere i libri, le biro, e tutto ciò che era disseminato sul pavimento.
Si sentiva così a disagio. Per la verità non si era mai sentita a proprio agio con il signor Hanson, infatti aveva sempre cercato di evitarlo nei tredici anni in cui aveva lavorato alla Hanson Media. Era un tipo troppo formale e distaccato. E poi era anche troppo alto. La superava di almeno venti centimetri e a lei non erano mai piaciuti gli uomini alti. Era la sua fissa. L’altezza la spaventava.
«Metterò tutto in ordine e...» solo in quel momento si rese conto che stava ancora stringendo il piccolo cactus che per poco non gli aveva buttato addosso qualche attimo prima. Fece allora per appoggiarlo da qualche parte, ma lui la precedette togliendoglielo dalle mani, e dato che la sfiorò inavvertitamente, Nina si ritrasse di scatto.
«Signorina Baxter, le consiglio di sedersi e di tranquillizzarsi» le suggerì allora David, indicandole una sedia, abbastanza lontana da lui. «Là.»
Ecco, probabilmente stava pensando che fosse completamente matta!
«Signor Hanson, solitamente non sono così» affermò lei per giustificarsi. «Mi creda. In genere sono una persona pacata. È solo che oggi... sono molto... molto...» stanca? Spaventata? Nervosa?
Cercò l’aggettivo più appropriato, ma si rese conto che ne esisteva uno solo che poteva descrivere alla perfezione la sua situazione. «È solo che sono... disoccupata.»
Appena pronunciò quella parola, le lacrime cominciarono a sgorgare copiosamente, inondandole il viso.
Maledizione, ci mancava anche questa!
Prima che David potesse dire o fare qualcosa per consolarla, lei deglutì per cacciare indietro le lacrime e ricominciò a raccogliere gli oggetti sparsi sul pavimento. «Queste non sono mie» affermò riferendosi alle graffette. «Questi invece sì» aggiunse prendendo i libri.
«D’accordo.»
Nina tornò alla propria scrivania e dopo avere infilato in borsa le sue ultime cose, si vestì frettolosamente e se ne andò.
«Signorina Baxter, aspetti...»
Ma lei, al contrario, affrettò il passo sapendo che sarebbe scoppiata di nuovo in lacrime se si fosse fermata.
Peccato che quando arrivò davanti alle porte di legno si ricordò che non aveva le chiavi per aprirle, perché le aveva tenute Carolyn.
In preda a un attacco di panico, si guardò intorno per trovare una via d’uscita. Ma sfortunatamente si accorse che esisteva un solo modo per andarsene da quell’ufficio: tuffarsi da una finestra. E in effetti, data la situazione, avrebbe anche potuto decidere di farlo.
Per fortuna, però, non fu necessario arrivare a tanto perché dopo un istante David la raggiunse e le aprì.
«Signorina Baxter, posso sapere come è riuscita a entrare?»
Nina scosse la testa.
«Signorina Baxter, io...»
Senza aspettare che lui terminasse la frase, Nina corse verso le scale e scappò via, come se fosse stata una moderna Cenerentola che fuggiva dal ballo.
Per tredici lunghi anni aveva fatto ogni giorno il proprio dovere, guadagnandosi la simpatia e il rispetto dei suoi colleghi.
Poi, un venerdì pomeriggio, l’orologio aveva inesorabilmente battuto la mezzanotte e adesso, due giorni più tardi, aveva capito che la favola era finita per sempre.
Appena Nina aprì la porta di casa, sentì un delizioso profumino di cibo.
Dopo avere raccontato a Carolyn quello che le era successo, spiegandole che