L irresistibile segretaria: Harmony Destiny
Di Joanne Rock
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Dove ci sono potere e ricchezza, ci sono segreti. A volte intrecciati in un'unica famiglia.
Jager McNeill's non ha mai nemmeno pensato di crearsi una famiglia, tutte le sue energie sono convogliate nell'impero che ha costruito insieme ai suoi fratelli. Questo fino alla comparsa di Delia Rickard, la sua provocante segretaria. Da quel momento, infatti, le cose hanno assunto una prospettiva completamente differente.
La chimica e il desiderio tra loro devono però fare i conti con le pretese della famiglia McNeill's, oltre che con il carattere risoluto della donna, ma forse un viaggio in una Manhattan imbiancata e un bacio sotto il vischio sapranno convincere Delia della sincerità dei sentimenti di Jager.
Joanne Rock
Laureata in letteratura inglese, prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura di romanzi sia storici sia contemporanei ha lavorato in televisione e in pubblicità, ed è stata attrice, fotomodella e persino insegnante.
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L irresistibile segretaria - Joanne Rock
successivo.
1
Il sole riverberava sul blu acceso dell'oceano, pieno di barche a vela che beccheggiavano sulle acque placide. Per Delia Rickard, la pittoresca scena significava una cosa soltanto: era la giornata perfetta per chiedere l'aumento.
Mentre si affrettava verso il porticciolo di Le François, Martinica, Delia si ripeté le proprie ragioni come un mantra. Da un momento all'altro avrebbe incontrato il principale. Il padre aveva un disperato bisogno del suo aiuto e questo significava che avrebbe dovuto pretendere quell'aumento. La sua natura tranquilla e le sue ottime capacità organizzative la rendevano brillante nel proprio mestiere, tuttavia a volte costituivano un ostacolo quando si trattava di farsi valere.
Era da sei mesi che non vedeva Jager McNeill. Sarebbe rimasto colpito dai cambiamenti che aveva apportato al porticciolo di famiglia e alla magione coloniale dove da un anno faceva le veci di direttrice generale, oltre a svolgere il proprio compito di sua assistente personale?
Per mesi aveva lavorato sodo per guadagnarsi la fiducia di Jager. Le aveva affidato l'incarico come favore personale - non era neanche laureata - dimostrando di credere in lei più di chiunque altro in vita sua.
Sulle prime, per lei era stato sufficiente impegnarsi al massimo per ripagarlo dell'opportunità che le aveva concesso. Ora, però, considerata la mole di lavoro e di ore che gli dedicava per gestire entrambe le proprietà e per svolgere i compiti che le assegnava, sapeva che era arrivato il momento di rivedere la questione stipendio.
Quell'anno il padre non poteva permettersi di pagare le tasse sulla terra di famiglia e Delia doveva aiutarlo. L'ex fidanzato aveva cercarlo di sottrarle l'eredità con l'inganno e lei non aveva alcuna intenzione di concedere ai suoi soci senza scrupoli la possibilità di strappare la terra al padre. Purtroppo, a meno che non guadagnasse di più, casa Rickard sarebbe stata messa all'asta prima della primavera.
Delia scartò una famiglia che stava caricando la borsa-frigo su una barca a vela mentre si affrettava verso la Capitaneria. L'aveva appena raggiunta quando gli occupanti di uno dei nuovi super-yacht fecero partire la musica a un volume che andava ben oltre quello concesso dal regolamento, preannunciando un altro party al tramonto.
«Cyril?» chiamò facendo capolino nel piccolo ufficio e alzando la voce per farsi sentire. «Novità sull'arrivo del signor McNeill?»
Il capitano si voltò verso di lei. «Il suo idrovolante è appena ammarato. Si è imbarcato sullo schiff un attimo fa.»
«Grazie.» Gli rivolse un sorriso veloce prima di lanciare un'occhiataccia allo yacht del party, augurandosi che i festaioli portassero la loro barca assordante al largo per qualche ora.
«Sai perché Jager vuole incontrarci qui?» le domandò Cyril.
Anche Delia si era interrogata sul motivo di quella richiesta. Perché il principale voleva mettersi al lavoro appena sbarcato dall'aereo, dopo essere stato lontano da casa per oltre sei mesi?
La famiglia McNeill aveva attraversato un anno difficile. I tre fratelli, Jager, Damon e Gabriel, si erano tutti trasferiti a Los Altos Hills, California, per avviare la loro azienda high-tech nella Silicon Valley. La start-up di software era stata creata da Damon, ma i due fratelli avevano ruoli fondamentali nella gestione. Poco dopo il trasferimento, Damon si era sposato. Era sua intenzione restare sulla costa occidentale, una volta che l'attività fosse ben avviata, mentre Gabe e Jager sarebbero tornati a Martinica, dove la famiglia possedeva un resort e un porticciolo, oltre alla villa coloniale che a volte affittavano per esclusivi soggiorni aziendali.
I loro programmi però erano finiti gambe all'aria quando la novella sposa di Damon era stata rapita. Tutta l'attenzione di Damon si era concentrata sul ritrovare la moglie, il che aveva lasciato a Jager e Gabe la responsabilità di condurre l'azienda ai suoi primi passi.
Otto mesi dopo il rapimento, nonostante il pagamento del riscatto Caroline McNeill non era ancora stata liberata. Il suocero di Damon aveva dedotto che la richiesta di riscatto fosse stata una truffa e che Caroline se ne fosse andata di sua spontanea volontà, ma Damon si rifiutava di accettare quella teoria, anche se la polizia non aveva indagato oltre. A quel punto, Damon aveva lasciato il paese e di lui si erano perse le tracce. Per salvare la compagnia del fratello prima che le voci sull'instabilità della gestione ne facessero crollare il valore, Jager aveva offerto la start-up a potenziali clienti. Sperava di riuscire a venderla il più presto possibile.
«Non ho capito perché vuole visitare prima il porto» rispose Delia, lo sguardo fisso sull'acqua per anticipare l'arrivo di Jager. «Può essere che, dopo l'anno che hanno dovuto superare in famiglia, il lavoro sia l'unica cosa che li fa andare avanti.»
Qualche tempo prima qualcuno aveva minacciato la sua famiglia e Delia non era mai riuscita a scordare quel momento. Poteva quindi immaginare il dolore che avevano dovuto affrontare i fratelli McNeill.
«Spero solo che non decida di vendere anche il porticciolo» ammise Cyril prima di rintanarsi nell'ufficio, lasciandole una nuova preoccupazione da aggiungere alla lista.
Era già un problema dover chiedere l'aumento. E se Jager avesse deciso di liquidare tutte le proprietà che aveva a Martinica?
Il battito della ripetitiva musica tecno che strepitava dagli altoparlanti sul ponte dello yacht la accompagnò mentre si affrettava sul molo alla massima velocità che le consentivano i sandali con i tacchi alti.
L'imbarcazione era attraccata a Le François da tre giorni e Cyril aveva già dovuto riprendere i proprietari per il baccano e le feste.
«Scusate» chiamò Delia verso la prua, almeno tre metri sopra la sua testa. Agitò le braccia per cercare di attirare l'attenzione di qualcuno. Una manciata di ospiti in costume oziava tra i divanetti imbottiti e il bar, mentre dei bambini scorrazzavano sul ponte, strillando e giocando a inseguirsi. «Ehi!»
Delia indietreggiò di un passo per farsi vedere. Lei stessa riusciva a stento a sentire la propria voce, era ovvio che gli altri fossero del tutto ignari della sua presenza. Si guardò alle spalle per prendere le misure, consapevole che i moli si restringevano in testa, dove attraccavano i battelli più grandi.
Riportò l'attenzione sullo yacht giusto in tempo per vedere uno dei ragazzini - una bambina in un copricostume bianco svolazzante - perdere l'equilibrio vicino alla balaustra. Il suo grido squarciò l'aria appena prima che finisse dritta in acqua sollevando un alto spruzzo.
Atterrita, senza sapere se qualcun altro avesse notato l'incidente, Delia si precipitò sul bordo del molo. Scalciò via i sandali e tolse il telefono dalla tasca del semplice prendisole che indossava, senza mai togliere gli occhi dalle increspature che la caduta aveva provocato. Si tuffò e cominciò a muovere le braccia per andare più a fondo.
L'acqua salata le bruciò gli occhi quando cercò di aprirli, i capelli le si ingarbugliavano davanti al viso mentre girava la testa a destra e a sinistra alla vana ricerca della piccola vittima.
La paura le tolse il fiato fin troppo presto. Cominciarono a bruciarle i polmoni, e a girarle la testa. Tornando in superficie, prese una lunga boccata d'aria prima di tornare a immergersi, costringendosi ad andare ancora più a fondo, agitando le gambe, finché non sentì qualcosa solleticarle la mano tesa. Si sforzò ancora più giù, ma non riuscì ad afferrare il tourbillon di bianco che aveva scorto nell'acqua.
Fu a quel punto che un altro nuotatore le passò accanto, sfrecciando come se indossasse le pinne da sub. Anche se aveva la vista distorta dall'irritazione del sale, capì immediatamente che il nuovo arrivato aveva individuato la macchia bianca verso la quale anche lei si protendeva. Pur con il petto che minacciava di implodere per la mancanza di ossigeno, rimase sott'acqua abbastanza a lungo per assicurarsi che il soccorritore avesse recuperato la bambina.
Grazie al cielo.
La paura che l'aveva sostenuta fino a quel momento scivolò via. Arrivò il sollievo, insieme a un'incredibile stanchezza. Ora che riuscì a tornare a galla, poté a stento mandare aria ai polmoni da tanto era esausta, mentre attraverso gli occhi doloranti vedeva la bambina che veniva issata sul molo.
A quel punto, però, fu Delia a ritrovarsi nei guai. Annaspando, ingoiando acqua, agitò le braccia alla cieca, per aggrapparsi alla fiancata dello yacht, o a qualsiasi altra cosa...
«Ehi, ehi!» Una profonda voce maschile le risuonò nell'orecchio nello stesso istante in cui due braccia forti le si avvolsero intorno alla vita. «Tranquilla.»
Solo a quel punto si rese conto di aver ferito il soccorritore: il braccio che la sorreggeva sanguinava per tre graffi superficiali. A mano a mano che l'aria ricominciava a ossigenare il cervello, le tornò anche la lucidità.
La musica era stata spenta. Gli unici rumori erano i mormorii delle voci che arrivavano dal porticciolo.
Adocchiò la bambina sul molo, con il copricostume inzuppato, già circondata dai familiari. Una donna del luogo, che viveva in una casa galleggiante ed era un'infermiera in pensione, si era inginocchiata accanto a lei e la sosteneva con delicatezza mentre lei tossiva acqua.
Il sollievo tra i presenti era palpabile, e Delia provò la stessa immensa gratitudine che le fece rilassare le spalle.
Il che le fece appoggiare i seni sul braccio che la circondava. Collassò contro un corpo maschile che sembrava fatto di acciaio. Il prendisole le avvolgeva come un'alga le gambe, rendendola improvvisamente consapevole del fatto che il bikini bagnato era l'unica cosa che la separava da lui.
«Stai bene, Delia?» La voce all'orecchio era familiare, l'aveva sentita quasi ogni giorno nel corso dell'ultimo anno, anche se era da settimane che non lo vedeva di persona.
Il suo capo. Jager McNeill.
«Bene» farfugliò, terminando la parola con un colpo di tosse.
Ovviamente, era sciocco sentirsi in imbarazzo, perché si era tuffata in acqua per salvare una bambina. Eppure, era terribilmente a disagio con il vestito sollevato intorno alla vita proprio il giorno in cui voleva presentarsi nella maniera più professionale possibile.
E poi, l'aveva graffiato.
Gli aveva tossito addosso.
Se un tempo non avesse avuto una cotta per lui, magari in quel momento non si sarebbe sentita fremere dalla testa ai piedi. Tuttavia temeva che se avesse tentato di allontanarsi da lui per sfuggire a quelle sensazioni, avrebbe potuto affogare. Era sorpresa da quanto si fossero allontanati dal molo, nella ricerca della bambina. Dietro di loro, notò lo schiff che Cyril aveva mandato per prelevare Jager dall'idrovolante. Doveva essere arrivato nel momento stesso in cui lei si era tuffata in acqua.
«Tieniti alle mie spalle» la esortò lui, spostandosi in modo da trovarsi di fronte a lei. «Ti porto a riva.»
Naso a naso con lui, Delia lo fissò in quegli occhi azzurri come l'acciaio. Negli ultimi due anni pensava di essersi abituata al suo aspetto. I suoi capelli scuri e la mascella definita erano in splendido contrasto con quegli incredibili occhi azzurri. Negli ultimi mesi i capelli gli erano cresciuti, come se andare dal barbiere fosse stato l'ultimo dei suoi pensieri. Tuttavia il modo in cui le ciocche bagnate gli si arricciavano intorno al collo non faceva che aumentare il suo fascino.
Così da vicino, aveva il vantaggio di percepire la potenza dei muscoli di quel corpo atletico. Sentendo la temperatura che si innalzava, sprofondò nell'acqua fredda per nascondere la propria reazione.
«Posso farcela.» Scosse il capo, spruzzando tutt'intorno goccioline d'acqua dai capelli bagnati. «Ho solo bisogno di riprendere fiato.»
Cercò di scostarsi da lui, ma Jager non fece che stringere la presa.
Oh santo cielo.
Sentire il calore del suo petto attraverso i vestiti bagnati le suscitò un desiderio che non avrebbe dovuto provare.
Ciliegina sulla torta, il reggiseno a fascia che indossava era scivolato sul ventre, dov'era del tutto inutile.
«Accontentami» la esortò lui, la voce controllata come i suoi movimenti. «Sei esausta e il molo è più lontano di quanto sembri.» Le afferrò una mano per piazzarsela su una spalla, dopodiché, voltandole la schiena, le sistemò l'altra mano sull'altra spalla.
Cominciò a nuotare verso il porto con bracciate misurate, trascinandola dietro di sé. L'acqua si increspava intorno a loro in piccole onde. Delia sentiva ogni contrazione dei suoi muscoli sotto i propri palmi. Stringendo