La sposa in fuga: Harmony Collezione
Di Sara Craven
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Info su questo ebook
Sara Craven
E' nata nel Devon ed è cresciuta in mezzo ai libri, in una casa nei pressi del mare. Ora vive nel Somerset.
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Anteprima del libro
La sposa in fuga - Sara Craven
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
His Wedding-Night Heir
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2005 Sara Craven
Traduzione di Gloria Fraternale Garavalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-230-7
1
Stava correndo fra le ombre della notte. Aveva il fiato corto e le gambe che le dolevano, ma non poteva fermarsi. E non osava guardarsi indietro.
Doveva procedere, andare avanti. Doveva correre. Doveva...
Cally Maitland si mise seduta ansimante, destata dal suono della sveglia che la riportava alla realtà di un nuovo giorno. Allungò la mano e spense il fastidioso strumento, poi si lasciò andare sul cuscino, cercando di schiarirsi la mente.
Mio Dio, perché quel sogno?
Ma ovviamente lo sapeva già, perché lo aveva fatto altre volte.
Era una tiepida giornata di maggio, tuttavia avvertiva un gelo nell’aria che la spinse ad avvolgersi le braccia intorno al corpo.
«È arrivato il momento di andarmene» sussurrò fra sé e sé.
Si alzò dal letto, passandosi una mano fra i capelli. Guardandosi allo specchio constatò che aveva le borse sotto gli occhi, e il pigiama a fiori che aveva comprato al mercato cadeva sul suo corpo esile senza un minimo di grazia.
Non si riconosceva più. Era come un’aliena rispetto alla ragazza gioiosa e spensierata che era stata diciotto mesi prima. Quella persona era sparita per sempre.
Una smorfia di dolore si disegnò sul suo viso, ma non aveva tempo per compiangersi. Kit l’aveva chiamata la sera prima per convocarla a una riunione straordinaria quella mattina al Centro per l’Infanzia, e non poteva tardare.
Prese della biancheria pulita e andò a farsi la doccia nel bagnetto situato in un angolo della stanza in cui abitava.
Il proprietario aveva fatto una divisione sommaria della zona giorno e notte, ricavando una piccola cucina su una parete, convinto che questo gli desse il diritto di definirlo un appartamento, ma era e restava un misero monolocale.
Non era il suo ideale di sistemazione, ma era abbordabile ed era l’ultimo posto in cui chiunque si sarebbe mai sognato di cercarla, e questa era la sola cosa che le importava.
In più, se ne sarebbe andata senza rimpianti, anche se non poteva dire lo stesso per Wellingford.
L’aveva scelta per lo stesso motivo che l’aveva convinta a optare per l’appartamento. Era una cittadina piccola e anonima, situata accanto a un fiumiciattolo senza attrattiva. Uno sfondo neutro dove confondersi per pensare al suo futuro a lungo termine.
Mai avrebbe creduto che le sarebbe piaciuta, né che lì sarebbe stata felice, eppure era successo.
C’erano giorni in cui quasi dimenticava il motivo per il quale si era rifugiata lì. Quasi.
E ora era giunto il momento di andarsene. Si era trattenuta già un mese più del dovuto e non poteva rischiare di restare ancora, altrimenti avrebbe cominciato a sentirsi a casa e questo era pericoloso. Doveva continuare a muoversi, a nascondere le proprie tracce.
Anche se forse non ce n’era realmente bisogno. Non c’erano prove che la stessero cercando, come aveva temuto. Magari si agitava per nulla. Eppure il suo istinto sembrava metterla in allarme. Altrimenti, perché quei sogni?
Comunque, c’erano dei validi motivi per lasciare Wellingford.
Il lavoro che tanto l’aveva appassionata non esisteva più, e alla fine della settimana avrebbe ricevuto l’ultima busta paga dagli Hartley.
Non riusciva ancora a credere che Genevieve Hartley fosse morta. Le era sempre sembrata indomabile, eterna. Anche a distanza di sei settimane, Cally si immaginava quasi di scorgere la macchina nel giardino della Riva dei Cacciatori e all’interno la sorridente signora Hartley.
Sperava tanto che i morti non potessero vedere i vivi. Si augurava che la signora Hartley non sapesse ciò che i suoi orrendi figli e le loro prodighe mogli avevano fatto del suo sogno per la Riva dei Cacciatori, prima ancora che il suo corpo fosse stato seppellito. Tutte quelle speranze, i progetti e il duro lavoro erano stati spazzati via. E molte persone avevano improvvisamente scoperto di doversi cercare un altro posto in cui vivere.
Non sarebbe dovuto succedere, ovviamente. Le intenzioni della signora Hartley erano state ben altre. Aveva creduto che i suoi intenti per la Riva dei Cacciatori sarebbero sopravvissuti alla sua morte. Era stata dall’avvocato per effettuare le necessarie modifiche al testamento, ma aveva avuto un infarto prima di riuscire a firmare tutti i documenti.
I residenti avevano sperato che i suoi desideri sarebbero stati rispettati, dato che la donna li aveva manifestati chiaramente ai suoi figli, così si erano recati al funerale per dimostrare l’affetto e la considerazione per quella donna che li aveva sempre appoggiati, ma erano stati completamente ignorati dai familiari.
Cally aveva interpretato quella freddezza come un cattivo presagio e i suoi timori purtroppo si erano rivelati fondati.
Nel giro di due settimane, tutti gli inquilini avevano ricevuto la notifica di sfratto, e la Riva dei Cacciatori era stata venduta per lavori di valorizzazione. Chiaramente gli abitanti si erano ribellati, ma in base alla legge non avevano alcun diritto. I loro contratti con la signora Hartley erano tutti verbali, e gli affitti troppo bassi. A totale distruzione delle loro speranze, era stato anche aggiunto che alcune case dovevano essere ancora ristrutturate, e potevano benissimo essere considerate non agibili.
La ragazza trattenne lacrime amare. Si era davvero affezionata all’anziana signora, e la sua morte era stata un duro colpo a livello personale.
Per l’ennesima volta, qualcuno che amava veniva tragicamente portato via. E, di nuovo, lei si ritrovava a vagare in un limbo.
Genevieve Hartley era stata la prima persona che aveva conosciuto quando era giunta a Wellingford.
Era seduta al bar della stazione e stava guardando gli annunci di lavoro, quando uno l’aveva colpita in modo particolare. Assistente amministrativa, esperta di computer, cercasi per progetto alloggi per Centro per l’Infanzia. Entusiasta e determinata, capace di prendere decisioni in autonomia.
Un’ora più tardi, si era ritrovata nell’elegante salotto della signora Hartley per un colloquio.
Lo sguardo di ghiaccio e i modi autoritari dell’anziana signora non l’avevano spaventata. Cally era abituata a vecchi despoti. Aveva trascorso quasi tutta la sua vita con uno di loro!
Era rimasta seduta impassibile, rispondendo alle domande della donna con tranquillità. Le aveva fornito le sue referenze, soprattutto come cameriera e commessa, e aveva aggiunto che si era presa una sorta di anno sabbatico per viaggiare e accettare qualsiasi lavoro le fosse stato proposto.
«Ma hai lavorato con i computer? Mi serve qualcuno che sappia elaborare testi, tenere dati e supervisionare i lavori di ristrutturazione. Inoltre, dovrà fungere da tramite tra i costruttori, gli inquilini e il comune.» La donna si era interrotta, sorridendo teneramente. «I miei inquilini alla Riva dei Cacciatori non hanno avuto una vita facile e questo li rende piuttosto guardinghi, perciò a volte la situazione può diventare alquanto... diciamo esplosiva. Mi serve qualcuno in grado di affrontare i problemi prima che diventino seri.»
Cally aveva esitato per un attimo. «Ho seguito un corso di informatica durante l’ultimo anno di scuola.»
«Che scuola era?»
Glielo aveva comunicato e la donna aveva annuito. «Davvero? Allora propongo un paio di settimane di prova per entrambe le parti. Potresti anche renderti conto che alcuni degli inquilini rappresentano un problema troppo grande.»
Non mangiare è un problema ancora più grande, aveva pensato la ragazza.
«Oltre all’aspetto amministrativo, dovrai svolgere un turno al Centro per l’Infanzia, soprattutto come aiuto al bar.» La donna le aveva rivolto un sorriso inaspettatamente dolce. «Quindi la tua esperienza passata può tornarti utile, mia cara.»
Il compenso che le aveva offerto era ragionevole, tanto da consentirle di vivere dignitosamente, ma senza incoraggiarla a restare. E quello era stato esattamente ciò che le serviva.
Col tempo, quando si fosse liberata definitivamente del suo passato, avrebbe trovato una casa e un lavoro stabile. Fino ad allora avrebbe continuato a condurre una vita nomade, perché era più sicuro.
Quella sera stessa aveva cercato un appartamento dove trasferirsi.
Mentre si dirigeva in ufficio, Cally ammise che, in effetti, c’era bisogno di una valorizzazione della zona. Ma perché doveva andare a discapito delle abitazioni già esistenti? Le due cose non potevano coesistere?
Molte proprietà erano già state ristrutturate. La maggior parte dei lavori erano stati eseguiti dagli stessi inquilini, come atto di fede... un investimento in un futuro che ora veniva strappato loro di mano.
La signora Hartley aveva creato il Centro per l’Infanzia a sue spese. Si sapeva bene che le era costato parecchio, e da questo forse dipendeva il grande risentimento dei suoi figli. Anche perché da un paio d’anni i Grandi Magazzini Hartley erano in evidente sofferenza e in cerca di liquidi.
Be’, ora non gliene mancano di certo, pensò mordendosi le labbra. La vendita si era svolta con una tale rapidità, che era chiaro ci fosse una sfilza di compratori già in lizza. Mentre le ragazze madri e le famiglie che stavano sfrattando da lì avrebbero impiegato del tempo a trovare un’altra abitazione che fosse alla loro portata.
Cally sospirò, ma, come le aveva sempre ripetuto suo nonno, il guadagno di un uomo era la perdita di un altro.
«Cally.» La voce di una donna interruppe il corso dei suoi pensieri. Si girò e vide Tracy che si avvicinava spingendo il passeggino. «Come mai questa riunione? Kit ti ha detto niente?»
Trattenne un sospiro e rivolse un sorriso al piccolo nel passeggino. «Nulla. Ma sai, non siamo sempre insieme.»
Non faceva altro che ripeterlo, ma nessuno sembrava prenderla seriamente. Kit Matlock era il direttore del centro e l’uomo con cui lavorava più a stretto contatto. Erano entrambi soli e di conseguenza tutti facevano delle supposizioni su di loro.
E lei non poteva biasimarli. Kit ultimamente aveva palesato il suo interesse a rendere il loro rapporto più personale, e questo era un motivo in più per andarsene. Non che lui non le piacesse. Era un uomo attraente e gradevole. Ma non erano fatti l’uno per l’altra, e mai lo sarebbero stati. Cally aveva trovato una scusa dopo l’altra per declinare i suoi inviti.
Il loro appuntamento più intimo era la condivisione del pranzo nel suo ufficio al Centro per l’Infanzia. E non ci sarebbe mai stato nulla di più.
Perché non le piaceva ingannare.
«Oh!» replicò Tracy con rassegnazione. «Speravo avesse trovato una scappatoia alla legge, o qualcosa di simile, e che ne avesse parlato con te.»
La ragazza infilò le mani in tasca e si sforzò di sorridere. «Ti stai facendo un’idea sbagliata, Tracy. Kit è un caro ragazzo, ma io partirò presto. Ho trovato un altro lavoro... a Londra» concluse, colta da un’improvvisa ispirazione. Anche se non voleva mentire.
«Te ne vai?»
«Devo farlo. Tecnicamente sono disoccupata, quindi dovevo trovare un lavoro piuttosto in fretta.» Anche Kit, in effetti.
«Sta crollando tutto» commentò Tracy mestamente.
Cally si sentì in pena per lei. La casa di Tracy era stata una delle prime a essere ristrutturata. C’era un’infiltrazione nelle camere e il piccolo Brad continuava ad ammalarsi. Ora stava abbastanza bene da poter frequentare il centro, così Tracy aveva trovato un lavoro part-time al supermercato. La fortuna aveva girato per loro, ma adesso tutto veniva messo in discussione.
Erano già quasi tutti radunati nel salone, curiosi di sapere le novità.
«Scusate se vi ho fatto venire così presto» li accolse Kit quando