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Un eroe per la mamma: Harmony Collezione
Un eroe per la mamma: Harmony Collezione
Un eroe per la mamma: Harmony Collezione
E-book184 pagine2 ore

Un eroe per la mamma: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Imponente e coraggioso, Sean Devaney non esita a gettarsi tra le fiamme di un vecchio palazzo vittoriano per trarre in salvo una giovane madre e suo figlio. Poiché Deanna Blackwell e il piccolo Kevin hanno perso tutto nell'incendio, Sean decide di aiutarli ma senza lasciarsi coinvolgere. L'uomo infatti è convinto che l'amore non duri e ha scelto di non correre rischi. Deanna e Kevin però sembrano aver incrinato questa certezza... Se è un edificio a bruciare, Sean è pronto a correre qualunque rischio. Ma se è il suo cuore a incendiarsi, sarà abbastanza audace da affrontarne le conseguenze?

LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2014
ISBN9788858921128
Un eroe per la mamma: Harmony Collezione
Autore

Sherryl Woods

With her roots firmly planted in the South, Sherryl Woods has written many of her more than 100 books in that distinctive setting, whether in her home state of Virginia, her adopted state, Florida, or her much-adored South Carolina. Sherryl is best known for her ability to creating endearing small town communities and families. She is the New York Times and USA Today bestselling author of over 75 romances for Silhouette Desire and Special Edition.

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    Anteprima del libro

    Un eroe per la mamma - Sherryl Woods

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Sean’s Reckoning

    Silhouette Special Edition

    © 2002 Sherryl Woods

    Traduzione di Silvana Mancuso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5892-112-8

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    I resti della fatiscente casa vittoriana bruciavano ancora e gli occhi di Sean Devaney pungevano per il fumo. Faceva parte del corpo dei vigili del fuoco di Boston da dieci anni, eppure non si era ancora abituato al dopo: la stanchezza, la disidratazione, la puzza.

    Era giovane e idealista, quando si era arruolato. Voleva essere un eroe, adorava l’ondata di adrenalina a ogni chiamata. Salvare vite era stato un elemento importante, ma lo era stato anche il pericolo e il brivido di rischiare la propria pelle per fare qualcosa di utile. Sembrava che nella sua vita non avesse fatto altro.Adesso che l’adrenalina svaniva, desiderava solo una doccia calda e almeno sedici ore di sonno.

    Il padrone di casa era maledettamente fortunato che nessuno fosse rimasto ucciso, perché, con tutta probabilità, l’incendio era stato causato dall’impianto elettrico obsoleto e sovraccarico. Sperava che avesse un’assicurazione per affrontare le cause che gli affittuari, che avevano perso quasi tutto, avrebbero intentato.

    «Ehi, Sean» gridò sorridente il collega, Hank DiMartelli, indicandogli qualcosa dietro di lui.

    Sean si voltò in tempo per vedere un bambino che si arrampicava sull’autopompa. Stava già per azionare la sirena con una precisione infallibile, quando Sean si avvicinò per afferrarlo.

    «Wow, amico, penso che qui abbiano già sentito abbastanza sirene» disse Sean, tirandolo via dal camion.

    «Ma voglio farlo» protestò il piccolo con un’espres-sione cocciuta. Con i capelli castano chiaro tenuti dritti dal gel, sembrava uno di quei ragazzini di banda.

    «Un’altra volta» rispose Sean, deciso. Lo posò a terra e fu sorpreso quando non se ne andò subito. Rimase invece lì con quell’espressione incorreggibile e continuò a lanciare sguardi furtivi alla cabina del camion. Sean ebbe l’impressione che il bambino avrebbe ritentato l’impresa, a meno che lui non avesse chiuso il camion per evitarlo.

    «Allora» disse, sperando di distoglierlo dalla fissa per la sirena, «come ti chiami?»

    Il bambino lo guardò con un’espressione seria. «Non dovrei dirlo agli estranei» rispose automaticamente, come se ripetesse una lezione.

    Sean odiava dover contraddire quel consiglio saggio, ma voleva anche sapere a chi appartenesse il bambino e perché si aggirasse tutto solo nella scena di un incendio. «Di solito, sarei d’accordo» lo rassicurò. «Ma a me puoi dirlo. Sono Sean, un pompiere. I poliziotti e i pompieri sono brave persone. Puoi sempre venire da noi, quando sei nei guai.»

    «Ma io non sono nei guai» rispose, mantenendo un’espressione cocciuta. «E poi, la mamma ha detto di non dirlo a nessuno, tranne quando per lei va bene.»

    Sean represse un sospiro. Non poteva certo contraddirlo. «Va bene, allora, dov’è la tua mamma?»

    Il piccolo scrollò le spalle. «Non lo so.»

    Sean si sentì gelare il sangue. Di colpo aveva di nuovo sei anni e aspettava che la madre andasse a prenderlo il primo giorno di scuola. Non era mai andata. In realtà, quello fu il giorno in cui i suoi genitori sparirono da Boston e dalla sua vita. Poco dopo, lui e due dei suoi fratelli furono dati in affido, separati per sempre. Solo di recente, Sean era stato ritrovato da Ryan, il fratello maggiore. Ma non aveva idea di cosa ne fosse stato del fratello minore, Michael, o dei due gemelli, che apparentemente erano spariti insieme ai genitori.

    Si sforzò di tornare al presente e guardò nei grandi occhi castani, cercando un segno del panico provato da lui quel terribile giorno, ma il piccolo sembrava perfettamente sereno per l’assenza della madre.

    Mettendo da parte la propria reazione impulsiva per la situazione, gli chiese: «Dove abiti?».

    «Abitavo lì» rispose, indicando l’edificio incendiato.

    I pensieri di Sean iniziarono a correre veloci. Avevano ispezionato ogni stanza alla ricerca di vittime dell’incendio iniziato a metà pomeriggio e divampato per due ore, era impossibile che la madre del bambino fosse dentro.

    «La mamma era a casa, quando è scoppiato l’incen-dio?» chiese con un tono pacato per non spaventarlo.

    «Non credo. Io sto con Ruby, quando torno da scuola. Lei vive lì.» Indicò un altro edificio dietro di loro. «A volte la mamma torna molto tardi. Poi mi porta a casa e mi rimbocca le coperte, anche se sto già dormendo.»

    Il bambino, senza volere, continuava a fare leva sulla sensibilità di Sean che avvertì un’altra ondata di rabbia. Come poteva una madre lasciare un bambino alla cura di estranei mentre lei se ne andava in giro di notte? Che razza di irresponsabile era? Se c’era una cosa in grado di far degenerare l’indole solitamente mite di Sean era proprio un genitore negligente.

    «E Ruby è nei paraggi?» chiese, e per evitare di far trasparire l’opinione sempre più bassa che aveva della madre, riuscì perfino a mantenere un tono neutro.

    Il bambino annuì con la testa e indicò in fondo alla strada. «Ruby non ha il telefono, perché costa troppo. È andata al negozio all’angolo per chiamare la mamma e dirle che cosa è successo. Io sono andato con lei, ma poi sono tornato indietro per vedere il camion.»

    Fantastico! Pure la babysitter lo aveva lasciato solo. L’unica cosa che gli impediva di chiamare i servizi sociali era la propria esperienza schifosa in merito. Tanti bambini traevano beneficio dall’essere dati in affido, purtroppo Sean non era stato tra quelli.

    Decise di conoscere meglio la situazione, prima di fare un passo drastico che poteva cambiare la vita al bambino. Lo guardò negli occhi. «Allora, che ne dici se ti chiamo Mikey? Avevo un fratellino di nome Mike. Me lo ricordi. Anche lui era molto avventuroso.»

    «Non è il mio nome» rispose il piccolo.

    Sean aspettò mentre lui esitava. Probabilmente stava valutando la possibilità che lo avrebbe lasciato tornare sull’autopompa se fossero stati in rapporti di amicizia.

    «Credi davvero che la mamma non si infurierà se ti dico come mi chiamo?» chiese, preoccupato.

    «Sono sicuro che ti dirà che potevi farlo, visto che sono un pompiere» lo rassicurò Sean. «Potresti dirmi solo il tuo nome di battesimo, almeno.»

    Il bambino corrucciò la fronte. «Okay» disse infine, illuminandosi. «Puoi chiamarmi Seth, allora.»

    Sean trattenne un sorriso per la concessione riluttante. «Va bene, Seth, perché non ci sediamo lì sul marciapiede e aspettiamo che torni Ruby?»

    Seth lo guardò entusiasta. «Posso andare a chiamarla. Probabilmente vuole conoscerti. È davvero bella e cerca sempre un fidanzato nuovo. Sei sposato?»

    «No, e penso che sia meglio aspettare qui» rispose Sean, pregando di essere protetto dalla troppo disponibile Ruby e dal suo paraninfo soldo di cacio. «Allora, Seth, non mi hai detto nulla di tuo papà. È al lavoro?»

    Per la prima volta il bambino parve afflitto. Gli tremò il labbro inferiore. «Non ho il papà» disse triste. «Se n’è andato tantissimo tempo fa, quando ero ancora piccolo. Adesso ho quasi sei anni. Be’, solo a marzo. So che ci vuole molto tempo ancora, ma avere sei anni sarà forte, perché andrò in prima.»

    Sean cercò di seguire la conversazione. Non sapeva che cosa dire alla notizia che il padre lo aveva abbandonato, ma sembrava che a Seth non importasse. Continuava a parlare, raccontando dettagli della sua vita.

    «La mamma dice che papà mi voleva bene, ma Ruby dice che era un brutto figlio di non so cosa.» Lo guardò speranzoso. «Pensi che la mamma abbia ragione?»

    Sean fu sopraffatto da vecchie sensazioni e represse una sfilza di imprecazioni. «Ne sono sicuro» lo rassicurò. «Come potrebbe un papà non voler bene a un bambino fantastico come te?»

    «Allora perché se n’è andato?» chiese giustamente.

    «Non lo so» rispose in tutta onestà. Anche da una prospettiva adulta, era una cosa che non capiva, nel caso di Seth come nel proprio. Gli disse ciò che gli era stato detto migliaia di volte. «A volte accadono cose inevitabili, e certe volte non scopriamo mai perché.»

    Sean sospirò. Lui di certo non lo aveva scoperto. E fino a quando Ryan non era ricomparso nella sua vita, si era detto che non gli interessava. Tanto che aveva fatto di tutto per non essere trovato e, pur rimanendo a Boston, aveva deliberatamente tenuto un basso profilo. Sarebbe stato difficile trovarlo per chiunque lo avesse cercato. Così, quando nessuno aveva bussato alla sua porta, si era detto che era stato solo perché era impossibile trovarlo, e non aveva dovuto affrontare la possibilità che nessuno si fosse preso la briga di farlo.

    A quanto pareva, anche Ryan si era chiuso in se stesso, fino a quando si era innamorato di Maggie, che lo aveva spinto a cercare la famiglia che aveva perso. Le difese di Sean non erano bastate a impedire a un investigatore determinato di trovarlo, così aveva capito che i genitori molto probabilmente non si erano mai dati la pena di provarci. In genere, riusciva a convincersi di non soffrirne, ma, in casi come questo, le ferite facevano male anche più di vent’anni prima.

    Proprio quando stava per cedere a un attacco di commiserazione disdicevole, una donna dai capelli rossi vestita da cameriera giunse correndo dalla strada con un’espressione frenetica. Era accompagnata da una bionda sexy in jeans attillati e tacchi a spillo.

    «Mamma» urlò Seth, scattando in piedi e correndo dritto verso la piccola donna rossa.

    Lei lo prese in braccio, lo coprì di baci e poi lo esaminò da capo a piedi. «Cosa ci fai qui, ometto?» gli chiese, l’espressione severa. «Sai che non devi andare da nessuna parte a meno che Ruby non sia con te.»

    «Sono venuto a vedere l’autopompa» rispose, e indicò in modo accusatorio Sean, che si era alzato per avvicinarsi. «Però non mi ha fatto giocare con la sirena.»

    La donna si voltò verso Sean e tese la mano. «Sono Deanna Blackwell. Grazie per averlo sorvegliato. Spero che non abbia dato fastidio.»

    «Sean Devaney» disse, rigido. Davanti a quei grandi occhi castani pieni di sincerità, Sean non riuscì a fare la ramanzina che aveva preso forma nella sua testa. Prima di poter dire qualcosa, l’altra donna si fece avanti e, provocante, gli lasciò scivolare una mano sul braccio. Il muscolo si irrigidì al tocco, ma, a parte questo, Sean rimase praticamente immune all’invito.

    «Sono Ruby Allen, la babysitter» disse, seducente. «Ho sempre desiderato conoscere un vero pompiere.»

    Deanna roteò gli occhi a quelle parole. «La scusi» la giustificò. «Fondamentalmente è innocua.»

    Tanti uomini avrebbero ceduto al fare seducente di Ruby, ma Sean non era neanche tentato. Di solito, frequentava donne intelligenti, indipendenti, che non cercavano un futuro. Ruby aveva la disperazione scritta in faccia. Poteva anche agire come se volesse solo un’avventura, ma l’istinto - e l’osservazione innocente di Seth - suggerivano altrimenti.

    Deanna Blackwell era tutta un’altra storia. Con quei lineamenti fragili e i grandi occhi accentuati da riccioli ramati, tagliati in uno stile senza fronzoli, sembrava innocente quanto il figlio. La mamma playgirl che si era aspettato era invece un angelo con occhiaie di stanchezza. Questa sì che era

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