Conquista interessata: Harmony Destiny
Di Emilie Rose
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Emilie Rose
Confessa che il suo amore per i romanzi rosa risale a quando aveva dodici anni e sorprendeva sua madre a nasconderli ogni volta che lei entrava nella stanza.
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Anteprima del libro
Conquista interessata - Emilie Rose
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Wedding His Takeover Target
Silhouette Desire
© 2010 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Rita Pierangeli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-228-0
1
«Hai detto che era urgente. Eccoci qui» disse Gavin Jarrod lunedì mattina, precedendo il fratello maggiore, Blake, nell’ufficio di Christian Hanford. Non il migliore dei modi per iniziare la settimana.
L’avvocato aspettò che si fossero seduti prima di parlare. «Vi ringrazio per essere venuti. Purtroppo, le notizie non sono buone.»
Gavin lanciò un’occhiata rassegnata al fratello. «Non è una sorpresa. Dalla morte di nostro padre, cinque mesi fa, non c’è stata una sola notizia buona, a partire dalla sua richiesta che ognuno di noi mettesse da parte la propria vita e la propria carriera per trascorrere un anno al Jarrod Ridge se non volevamo perdere la nostra eredità.»
«La questione riguarda il tuo progetto e le licenze necessarie per costruire il bungalow da te progettato sulla proprietà del resort.»
Gavin si sforzò di nascondere la frustrazione. Era tipico del loro padre tentare di controllare le loro esistenze dalla tomba con richieste postume.
«Qual è l’intoppo? È il primo di novembre. Dobbiamo scavare le fondamenta prima che il terreno geli.»
«Non potete ottenere le licenze perché la terra non fa parte della proprietà di vostro padre.»
«Che cosa?» esclamarono all’unisono Gavin e suo fratello, sorpresi.
Blake si protese nella sedia. «L’area si trova all’interno della proprietà dei Jarrod. Come è possibile che non ci appartenga?»
Christian estrasse una mappa aerea del Jarrod Ridge dalla cartelletta che aveva davanti e la allargò sulla scrivania. Indicò una X su un appezzamento di tre ettari delimitato in rosso.
«Questo è il punto dove volete costruire. Quando abbiamo cercato gli atti, abbiamo scoperto che vostro nonno aveva trasferito la proprietà di questo lotto a Henry Caldwell cinquanta anni fa.»
Gavin frugò nel cervello, per cercare di ricordare se quel nome gli diceva qualcosa, ma senza successo. Aveva trascorso ad Aspen i primi diciotto anni della sua vita, ma non aveva più motivo di conoscere la gente del posto. Era fuggito dalla città e da un padre dispotico quando era partito per il college, dieci anni prima, ed era tornato soltanto quando non aveva potuto evitarlo. Affermare che lui e suo padre non andavano d’accordo sarebbe stato un vero e proprio eufemismo. «Chi diavolo è Caldwell?»
«Possiede lo Snowberry Inn, un bed and breakfast che esiste da quando c’è il Jarrod Ridge.»
«Perché il nonno gli avrebbe venduto una miniera abbandonata?» La miniera era stata uno dei nascondigli preferiti di Gavin quando era ragazzino. Lui e i fratelli avevano passato ore e ore a esplorarne le gallerie, e al liceo vi aveva portato le ragazze con cui usciva.
«La vera domanda è, perché qualcuno avrebbe avuto interesse a comprarla?» ribatté Blake. «Non c’è argento a sufficienza per giustificare i costi di estrazione.»
«È questa la parte interessante. Nelle mie indagini, ho scoperto che vostro nonno non ha venduto l’area. L’ha puntata a una partita di poker e ha perso.»
Gavin rimase senza fiato per la sorpresa. «La ricompreremo.»
«Buona fortuna» gli augurò Christian. «Nei nostri archivi ci sono numerose lettere che dimostrano come vostro padre abbia tentato di riacquistarla più di una decina di volte nel corso degli anni. Caldwell si è sempre rifiutato di vendere.»
Blake si lasciò andare contro lo schienale della sua sedia, più rilassato di quanto avrebbe dovuto essere dopo quella rivelazione. «I progetti per un bungalow destinato agli ospiti di maggiore riguardo del resort sono già pronti. L’impresa edile è già stata contattata e abbiamo già ordinato i materiali perché non avevamo motivo di aspettarci un simile intoppo. Dovremo scegliere un’altra località.»
«No» protestò Gavin. «Se sono condannato a sprecare altri sette mesi qui, non rinuncerò all’unico posto di cui conservo buoni ricordi. Convincerò Caldwell a vendere.»
Blake storse la bocca. «Vuoi riuscire là dove nostro padre ha fallito?»
Gavin sorrise. Suo fratello sapeva bene che non era nel suo carattere rinunciare a una sfida. «Non mi dispiacerebbe fare meglio del vecchio. È probabile che si rivolterà nella tomba quando ci riuscirò.»
«Se ci riuscirai» puntualizzò suo fratello.
«Ce la farò.» Avendo due fratelli gemelli maggiori di lui, che si erano spesso coalizzati contro di lui, Gavin aveva sviluppato una predisposizione alla cocciutaggine, dote che l’aveva aiutato a raggiungere i massimi livelli nel suo campo.
Blake prese il portafoglio dalla tasca e ne estrasse una banconota che posò sulla scrivania. Gavin colse un bagliore dorato al dito del fratello. Che cosa diamine era? Non poteva essere quello che sospettava che fosse. Ma prima venivano le cose importanti. La miniera.
«Scommetto un centone che non ce la farai» lo sfidò Blake. «Può darsi che papà fosse un emerito rompiscatole, ma era un astuto uomo d’affari. Se ci fosse stato un modo per riprendersi quel terreno, l’avrebbe trovato.»
Scuotendo la testa, Gavin aggiunse una banconota di pari valore. «Accetto. Se c’è una cosa che ho imparato studiando ingegneria è che c’è una soluzione per ogni problema, se sei disposto a pagare il prezzo. Devo soltanto scoprire qual è il prezzo di Caldwell e il terreno sarà nostro.»
«Ehi» chiamò Gavin prima che Blake potesse salire sulla sua auto, fuori dallo studio di Christian. «Che cosa significa quell’affare al tuo dito?»
Blake sorrise, con l’aria soddisfatta di chi ha appena vinto alla lotteria. «Samantha e io ci siamo sposati a Las Vegas.»
Fu come se Gavin avesse ricevuto un pugno allo stomaco. «Credevo che ci foste andati per lavoro.»
«Non questa volta. Ci siamo andati per sposarci. Ne informeremo la famiglia stasera.»
«Sei fuori di testa?»
Blake lo guardò dritto negli occhi. «Sì. Per la felicità.»
«Samantha lavora per te da anni, e tu non ti sei mai accorto di lei in quel senso. Anzi, hai sempre sostenuto che non bisogna mai mescolare gli affari con il piacere.»
Blake arrossì. «Che cosa posso dire? Sono stato un po’ lento di comprendonio.»
«L’hai fatto perché non volevi perderla come assistente, giusto?»
«La nostra storia è iniziata così, ma adesso c’è molto di più. Ne sono innamorato.»
Gavin scoppiò a ridere, ma poi si rese conto che Blake parlava sul serio. «Stai scherzando, vero?»
«No. L’amore è l’unico motivo per fare un passo simile.»
Non nel mondo di Gavin. Nel suo mondo l’amore era qualcosa da evitare come la peste. «Stai dicendo che il tuo amore per Samantha... è del genere finché morte non vi separi?»
«Proprio così.»
Blake sembrava felice. Come aveva potuto succedere? In un modo o nell’altro, l’euforia non sarebbe durata a lungo. Suo fratello era un maniaco del lavoro non meno di lui, una cosa che le donne odiavano. E quando ne avevano abbastanza di sentirsi sole, facevano le valigie e se ne andavano. «È incinta?»
«No, che io sappia, ma non mi dispiacerebbe se lo fosse.»
«Avete un contratto prematrimoniale?»
«Non è una mia preoccupazione.»
«Blake, non sapevo che tu fossi cieco o stupido.»
«E non lo sono. Anzi, adesso vedo chiaramente per la prima volta. Samantha è l’unica donna che desidero e di cui mi fido.»
Povero babbeo illuso.
«È un rischio che corri pur sapendo che la perdita della mamma ha fatto impazzire nostro padre?»
«Sarei ancor più pazzo se fossi troppo vigliacco per tentare di far funzionare questo matrimonio.»
«Non c’è verso di convincerti a chiedere l’annullamento?»
«No.» L’espressione di Blake diceva a chiare lettere: Non t’impicciare. «Anzi, ti suggerirei di rinunciare. Ricordi, a te Samantha piace.»
«Come tua assistente, sì, è molto brava, forse la migliore che tu abbia mai avuto. Ma un matrimonio?» Gavin simulò un brivido.
«Sì, il matrimonio. Dovresti provarlo.»
Escluso. Lui e Trevor erano gli unici fratelli che avevano evitato di accoppiarsi negli ultimi mesi. «Suppongo di non poter fare altro che augurarti buona fortuna e dirti che puoi contare su di me quando ne avrai bisogno.»
«Per raccogliere i pezzi? È un servizio di cui farò volentieri a meno, credimi.»
«Te lo auguri, forse.»
«Lo so. Samantha è l’unica donna per me.»
Gavin aprì la bocca per continuare a discutere, poi si rimangiò le parole. Blake era infatuato ed era probabile che avesse il cervello in tilt per il troppo tempo passato a letto. Lui non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea. Il meglio che poteva fare era sperare che, fallito il matrimonio, Samantha non si sarebbe portata via un pezzo del Jarrod Ridge.
L’aspetto dello Snowberry Inn era modesto tanto quanto quello del Jarrod Ridge era opulento, decise Gavin mentre esaminava il grande edificio vittoriano dopo averne fatto il giro. Il bed and breakfast aveva un fascino accogliente che ricordava il boom minerario di Aspen degli anni 1880, mentre il resort soddisfaceva le esigenze di ospiti facoltosi.
Aprì la portiera del suo lussuoso SUV Cadillac nero e i colpi irregolari di un martello, impugnato da mani inesperte, lo accolsero mentre scendeva dalla vettura. Perlustrando la strada nei due sensi, decise che il luogo non si prestava a critiche. Gli ospiti potevano raggiungere con facilità le gallerie d’arte e le boutique del centro commerciale o i rinomati ristoranti che si affacciavano sul Roaring Fork River.
Gavin seguì il viale che serpeggiava tra pioppi ormai spogli e arbusti di verdi viburni con i loro frutti bianchi che scintillavano al sole pomeridiano. Sembrava che fosse passata un’eternità da quando lui e i suoi fratelli raccoglievano manciate di quelle piccole bacche per usarle come munizioni per le loro fionde ogni volta che riuscivano a sottrarsi all’occhio di falco del padre.
Anche se la struttura della locanda sembrava solida, le assi avrebbero avuto bisogno di una mano di vernice verde. La ringhiera gialla traballò appena sotto la sua mano mentre saliva i gradini che portavano alla veranda anteriore. La sua offerta avrebbe permesso a Caldwell di eseguire qualcosa di più di semplici lavori di cosmesi.
Piuttosto che suonare il campanello, Gavin seguì il rumore dei colpi girando intorno all’ampia veranda che correva lungo la facciata e il lato dell’edificio, sperando di trovare Caldwell. Scoprì invece che a maneggiare il martello era una donna che indossava una giacca a vento rossa e che, inginocchiata, gli dava le spalle. Era rosso anche il berretto che copriva una testa di lunghi capelli mossi che le scendevano sulle spalle. Nessun dubbio che non fosse Henry Caldwell.
«Ahi. Dannazione» gridò una voce femminile. Il martello cadde con fracasso sulle assi del pavimento.
«Tutto bene?»
La donna scattò in piedi e si girò, stringendo il pollice della mano sinistra nella destra. Grandi occhi di un azzurro luminoso incontrarono i suoi.
«Chi è lei?» La voce tradiva il dolore.
«Gavin Jarrod. Ha bisogno di aiuto?»
«Sta cercando una camera?» chiese la donna, ignorando la sua domanda.
«No. Sono qui per parlare con Henry Caldwell.»
Gavin fece un inventario mentale della persona che gli stava di fronte. Tra i venti e i venticinque anni. Pelle morbida, chiara. Di statura superiore alla media e probabilmente, a giudicare dalle lunghe gambe fasciate in un paio di jeans, snella sotto il parka. In breve, bella, e valeva la pena approfondirne la conoscenza.
Quindi valutò il problema, un chiodo conficcato per metà allo scopo di fissare la ringhiera alla colonna. «Lasci fare a me.»
Si chinò a raccogliere il martello – troppo pesante per lei – e conficcò il chiodo con un solo colpo. «Ecco fatto.»
«Grazie» borbottò lei di malumore. Sempre tenendo la mano dolorante stretta contro il corpo, accettò con l’altra il martello che lui le porgeva.
«Mi permetta di darle un’occhiata.» Gavin le prese il polso ed esaminò il pollice. Sotto l’unghia, che era priva di smalto, non si vedevano tracce di sangue.
Il calore della sua pelle morbida ebbe uno strano effetto sul battito cardiaco di Gavin. Single? L’anulare era nudo. Le strofinò il palmo con il pollice.
Con un sussulto, lei ritrasse di scatto la mano.
Peccato.