La tentazione dell'infermiera: Harmony Bianca
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Fiona McArthur
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
La tentazione dell'infermiera - Fiona McArthur
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Sydney Harbour Hospital: Marco’s Temptation
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Giacomo Boraschi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-683-7
1
Marco D’Arvello si fermò in una pozza di luce sulla passerella sospesa e guardò le navi nel porto di Sydney. Non era certamente la vista che di solito si godeva da un ospedale. Avrebbe voluto avere il tempo di visitare quel paese, ma doveva eseguire il maggior numero possibile di operazioni prima di ripartire per un altro incarico.
Quella era la sua vita. E non avrebbe mai voluto cambiarla.
Tornò a concentrarsi sulla lista che teneva in mano. Ostruzione urinaria fetale. Si poteva intervenire con una fetoscopia, pensò mentre entrava nella suite che gli avevano assegnato. Poiché nella sala d’attesa mancavano le sedie, i pazienti dovevano aspettare nell’ufficio. Non era la soluzione ideale, ma la splendida vista sul porto compensava ogni disagio.
«Buongiorno, Marlise.»
La segretaria arrossì. «Buongiorno, dottor D’Arvello.»
«Chiamami pure Marco» la invitò lui, poi si sedette sull’orlo della scrivania e sbirciò lo schermo del computer. «Dimmi, Marlise, è già arrivata la signorina Cooper?»
Marlise puntò un dito affusolato sullo schermo. «Sì. Da circa dieci minuti.»
«Bene.»
Non c’era tempo per chiacchierare. Marco detestava perdere tempo.
Quando entrò nell’ufficio, i suoi nebulosi pensieri di una probabile operazione intrauterina svanirono mentre la signorina Cooper si girava a guardarlo. Bellissima! Il sole le danzava sui capelli d’oro come i battelli sulle piccole onde del porto e i calmi occhi verdi ricambiarono il suo sguardo mentre lui attraversava la stanza e tendeva la mano.
Lei depose sul tavolino la grossa borsa che teneva sulle ginocchia insieme con una più piccola, quindi si alzò. Due borse? Marco le trascurò per concentrarsi sulla mano affusolata che lei gli porgeva e finalmente si ricordò di respirare. Le dita della signorina Cooper erano fredde e sicure. Marco si costrinse a lasciarle scivolare dalla propria stretta.
Il viso esprimeva serenità e simultaneamente una certa vulnerabilità. Com’era possibile? La paziente era più grande di quanto si fosse aspettato, probabilmente sulla trentina... l’età perfetta. E pur aspettando un bambino, aveva una figura da top model.
Marco consultò gli appunti per avere il tempo di riordinare i propri pensieri, ma si scoprì ancora più confuso. Ventisei settimane di gravidanza? «Non mi sembra molto... ehm... incinta.»
Santo cielo, da quando aveva cominciato a esprimersi in modo così poco professionale?
Emily Cooper sbatté le palpebre. Non le avevano detto che il nuovo medico di Ostetricia e Ginecologia sembrava un re gitano. Aveva i capelli troppo lunghi, troppo neri e meravigliosi occhi color cioccolato. Così credeva che lei aspettasse un bambino? Cercò di rimanere seria. «Non sono incinta.»
Una volta poteva bastare, pensò.
Non aveva relazioni da tempo immemorabile. Le tremavano a tal punto le gambe che dovette sedersi, ma una volta dominata dall’alta statura del medico si sentì come una nana affamata di sesso. Un pensiero insidioso le balenò nella mente: se dovessi fare sesso, lo farei con un uomo come lui. Una fantasia del tutto insolita per una donna che di solito pensava soltanto al lavoro e alla famiglia.
Per fortuna il medico andò a sedersi dietro la scrivania e lei respirò di sollievo. «Ma è qui per un’operazione all’utero, vero?»
Un delizioso accento italiano. Il suono le accarezzò le orecchie come una dolce melodia.
Marco fissò il foglio che teneva in mano. Poteva capire senza difficoltà le più complesse sequenze della microchirurgia, ma questo sfuggiva alla sua comprensione. Non soltanto l’improvvisa ribellione dei suoi ormoni sessuali, ma la sua inspiegabile felicità per il fatto che la signorina Cooper non fosse incinta. Era tutto molto strano. Forse, con la scrivania fra loro due, il suo cervello avrebbe ripreso a funzionare.
Prima che lei potesse rispondere, un rumore di passi precedette l’arrivo di una giovane donna. Allora Marco capì.
«Come hai potuto cominciare senza di me, mamma?»
Sciocco! Marco avrebbe voluto battersi una mano sulla fronte. Notò la somiglianza mentre la figlia incinta di ventisei settimane entrava nell’ufficio con aria imbronciata e prendeva l’altra borsetta dal grembo della madre.
«Mi scusi, signorina Cooper.» Marco sorrise e tese la mano. «Sono Marco D’Arvello.» La ragazza gli strinse la mano senza troppo entusiasmo. «Dobbiamo ancora cominciare.» Si rivolse a Emily. «E mi scusi anche lei, signora Cooper.»
La figlia si accigliò e gettò un’occhiataccia a sua madre. «Siamo entrambe signorine. La mamma si chiama Emily e io Annie. La nostra famiglia ha un debole per i figli illegittimi.»
Emily. Marco cercò di restare impassibile mentre avrebbe voluto interporsi fra quella piccola peste e la sua povera madre. Respirò di sollievo quando vide che Emily ignorava lo sfogo della ragazza. Certo, le faccende della famiglia non lo riguardavano. Allora perché si sentiva così coinvolto?
Cercò di concentrarsi sulla più giovane delle due donne.
«Allora parliamo di sua figlia, Annie.» Accennò all’altra sedia. «Si accomodi, così potremo cominciare.»
Emily represse un sospiro e simultaneamente il bisogno di farsi vento con la mano. Avrebbe voluto sprofondare nella moquette finché l’aria condizionata non le avesse rinfrescato le guance. Perché il lato diabolico di Annie era affiorato proprio in quel momento? Una parte segreta che lei non riconosceva. Da quando aveva perso la bisnonna, sua figlia era emotivamente instabile, timorosa per il bambino e furibonda contro il mondo intero.
Anche Emily era furibonda, ma in realtà sentiva la mancanza della deliziosa fanciulla che Annie era stata fino a due mesi prima.
La nostra famiglia ha un debole per i figli illegittimi. Un’osservazione a dir poco imbarazzante, pensò Emily. Ora poteva scordare ogni fantasia di fare sesso con il bel medico italiano. Al pensiero trasse un sospiro ironico e all’improvviso non desiderò più sprofondare nella moquette. Poteva concentrarsi sulla realtà del momento.
Era una fortuna, perché sembrava che stessero procedendo senza di lei.
«Ci sono tre tipi di operazioni fetali. Una che pratichiamo soltanto con un ago. Un’altra assomiglia a un cesareo, poiché operiamo direttamente il feto anestetizzato che togliamo dall’utero per poi inserirlo nuovamente.»
I progressi della medicina erano incredibili, pensò Emily osservando il viso del medico. L’espressione era intensa e appassionata, segno che il dottor D’Arvello conosceva bene l’argomento di cui parlava. Durante la procedura il team doveva essere sicuramente calmo e rilassato. Sembrava tutto molto facile... troppo per essere vero.
«Più l’incisione praticata sull’utero è larga, più aumentano i rischi di un travaglio prematuro» continuò Marco. «A volte, per operare il bambino, conviene aspettare che sia venuto alla luce.»
Annie si morsicò il labbro. «Allora dobbiamo aspettare che la mia bambina sia nata?»
«Questo dipende dal problema fetale. La sua bambina ha sei mesi e mezzo, troppo piccola per rischiare un parto prematuro ma troppo grande per rimandare l’intervento senza rischiare un danno irreversibile. Così non ci resta che la terza opzione.» Marco prese una grossa busta piena di ecografie e accese il visore sulla parete. Madre e figlia si avvicinarono alla sorgente di luce. «Nel suo caso preferisco la fetoscopia. Gli strumenti si controllano guardando uno schermo e non sono più larghi di una matita.»
«Oh, fantastico.»
«Senza dubbio.»
Il sorriso di Marco parve illuminare tutta la stanza ed Emily fu tentata di togliere gli occhiali da sole dalla borsetta. Probabilmente il fatto di lavorare soprattutto di notte la rendeva ipersensibile alla luce.
Il medico italiano puntò un lungo dito. «La sua bambina ha un’ostruzione al collo della vescica.» Circondò la chiazza nera della vescica sull’ecografia. «In altre parole, l’urina stenta a uscire e le reni si sono gonfiate a causa della ritenzione di liquido. Avrei preferito operare prima per scongiurare ogni rischio.»
Emily si sentì in dovere di dare una spiegazione. «Abbiamo scoperto da poco che mia figlia è incinta. Questa è la sua prima ecografia dall’inizio della gravidanza. È stato uno shock.»
A dir poco e non soltanto per la gravidanza. Certo, la scoperta che Annie aveva commesso il suo stesso errore era sconvolgente, ma non quanto la scoperta che il bambino era a rischio.
Emily si sentiva profondamente protettiva nei confronti di quel minuscolo membro della famiglia. Aveva già cominciato ad amare quel piccolo esserino che compariva nelle ecografie.
«Bene. Allora fisseremo al più presto la data dell’operazione. Credo potremo eseguirla per mezzo della fetoscopia.» Marco sorrise ad Annie. «Gli strumenti sono sottili, così occorrerà soltanto una piccola incisione.» Sbirciò le due donne da sotto le scure sopracciglia. «Domani?»
«Domani?»
Avvertendo l’angoscia nel tono di Annie, Emily prese la sua mano e la strinse leggermente. «Direi di sì. Perché rimandare? Per il bene della bambina, dobbiamo intervenire al più presto.» Guardò l’uomo al quale aveva affidato il futuro di Annie e della bimba. In qualche modo, il suo maschio profilo le comunicò la certezza che valeva la pena di rischiare. «Le reni della bambina sono già danneggiate gravemente?»
Marco scrollò le ampie spalle e incontrò il suo sguardo, poi entrambi guardarono Annie. «Lo sapremo dopo l’operazione. Con un po’ di fortuna, il volume del fluido amniotico aumenterà mentre la vescica si svuota. Sarà un buon segno. Due mesi dopo la nascita, eseguiremo qualche test per avere una risposta definitiva.»
Gli occhi di Annie, verdi come quelli di sua madre, lo stavano fissando. «Così la procedura non comporta rischi per la mia bambina?»
Ah. La ragazza cominciava a capire e a quel proposito Marco poteva rassicurarla. «Ho già eseguito molte fetoscopie. Per quanto non siano esenti da rischi... l’anestesia della madre, i sedativi che somministriamo al bambino perché non soffra, il travaglio prematuro di cui le ho parlato prima... assicurano al feto una miglior qualità di vita con reni sane invece che gravemente danneggiate.»
Annie deglutì a fatica