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Lo scandalo della Stagione: Harmony History
Lo scandalo della Stagione: Harmony History
Lo scandalo della Stagione: Harmony History
E-book249 pagine4 ore

Lo scandalo della Stagione: Harmony History

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Info su questo ebook

Londra, 1815
Miss Cassandra Furnival è stata rovinata anni prima da una fuga d'amore finita male. Adesso però ha la possibilità di riscattarsi agli occhi del ton grazie all'intervento della madrina, che le concede di prendere parte alla Stagione. Il suo ritorno in società non è visto di buon occhio dal colonnello Nathaniel Fairfax, che a suo tempo aveva avuto un ruolo importante nello scandalo in cui era stata coinvolta. Nathaniel è sicuro che Cassandra sia tornata in città per portare scompiglio ed è deciso a impedirglielo. Ma la graduale scoperta della sua personalità forte e combattiva, unita a un'incantevole innocenza, mette a dura prova tutte le certezze di Nate, che adesso ha un'unica priorità: riabilitare la reputazione della donna di cui si è innamorato.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2020
ISBN9788830514560
Lo scandalo della Stagione: Harmony History
Autore

Annie Burrows

Sposata, con due figli, ha messo a frutto la sua laurea in letteratura inglese e la sua incredibile fantasia nel creare avvincenti storie d'amore ambientate nei più diversi periodi storici.

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    Lo scandalo della Stagione - Annie Burrows

    successivo.

    1

    Cassandra premette il naso contro la finestra mentre la carrozza su cui viaggiava Miss Henley varcava a tutta velocità il cancello di ingresso.

    «Puoi allontanarti, adesso» l'apostrofò zia Eunice dal tavolo da taglio al quale stava lavorando. «Se n'è andata.»

    E insieme a lei se n'erano andati anche tutti gli splendidi abiti che Cassandra e le sue zie avevano contribuito a creare, lavorando spesso fino a tarda notte, negli ultimi mesi.

    Chissà se Miss Henley avrebbe indossato per un ballo quel bellissimo abito di mussola bianca con i nastri color pervinca di cui Cassandra si era innamorata, oppure se, una volta giunta a Londra, lo avrebbe scartato a favore di una creazione curata da una delle sarte più alla moda della capitale? In fondo aveva fatto lo stesso anche con Cassandra, mettendola da parte non appena ne aveva avuto la possibilità. Miss Henley non si era neppure sporta dal finestrino della carrozza per rivolgerle un cenno di saluto, così come avrebbe fatto Cassandra se fosse stata al suo posto e Miss Henley fosse stata la giovane che si era fatta venire i calli alle mani lavorando a qualsiasi ora del giorno e della notte pur di consegnarle in tempo i vestiti promessi.

    Una pesante, seppur invisibile coltre di tristezza parve scendere a gravarle sulle spalle al pensiero dello sforzo compiuto per approntare il guardaroba che Miss Henley avrebbe indossato durante la Stagione. Di lei aveva ammirato il modo in cui aveva tenuto testa alla madre, la quale avrebbe voluto affidarla a una sarta più rinomata, con un laboratorio a Exeter.

    «Non voglio altri che la mia cara amica Miss Furnival» aveva obiettato Miss Henley. «Sarà lei a cucire gli abiti che indosserò in città, perché così, ogniqualvolta indosserò un vestito che lei ha cucito per me, avrò la sensazione di averla con me nello spirito, e mi sentirò meno sola.»

    Quell'affermazione aveva toccato una corda nell'animo di Cassandra, che non era stata capace di gestire al meglio quel sentimento.

    «Non sarai sola» aveva obiettato brusca Lady Henley, la madre. «Ci sarò io con te, e ci sarà anche tuo padre.»

    «Sì, lo so, ma non ci saranno amiche della mia età» aveva protestato Miss Henley, imbronciata. «Saranno tutti così sofisticati da farmi sentire come una ragazzotta di campagna, e io...» Le si erano riempiti gli occhi di lacrime, il che aveva fatto capitolare Lady Henley.

    «Così almeno risparmieremo sulle spese» aveva affermato osservando il soggiorno del cottage in cui le zie di Cassandra conducevano la loro attività. «E questo, ne sono certa, farà piacere a tuo padre. Senza contare che ci risparmieremo anche tanta fatica per viaggiare fino a Exeter ogniqualvolta dovrai fare una prova. E sia, gattina mia, faremo a modo tuo.»

    «Ragazzina viziata» aveva borbottato zia Cordelia quando le due Henley se n'erano andate.

    «E tuttavia, la loro è un'ordinazione enorme» aveva precisato la sempre pragmatica zia Eunice. «Senza contare che Sir Barnabas sarà certamente lesto nei pagamenti.»

    «È l'unico vantaggio nell'avere un vicario di tendenze evangeliche» aveva ribattuto zia Cordelia. «Farebbe piovere fuoco e fiamme su chiunque arrecasse danno a una qualsiasi delle pecorelle del suo gregge trascurando di pagare loro il dovuto.»

    «Soprattutto se le pecorelle in questione sono due zitelle di buona famiglia costrette dalle circostanze a guadagnarsi da vivere con il cucito» aveva aggiunto sfacciata zia Eunice.

    A Cassandra tremarono le labbra quando la carrozza di Miss Henley sparì oltre una curva. Chissà se la sua giovane occupante avrebbe davvero pensato a lei, durante le gite in calesse nei parchi londinesi, o nel corso dei picnic che il ton avrebbe organizzato sulle rive erbose del fiume?

    Probabilmente no, rifletté sospirando.

    «Voglio solo guardare» rispose con ritardo al commento di zia Eunice, tirando su con il naso, «finché non avranno superato il ponte.» Le ci sarebbe voluto ancora qualche minuto per sbarazzarsi di quell'espressione dolente che non aveva alcuna voglia di mostrare alle zie, dato che sarebbe stata una manifestazione di terribile ingratitudine.

    «Non riuscirai a vederle quando attraverseranno il ponte» la corresse zia Eunice, ma venne subito zittita da zia Cordelia.

    «Forse riuscirà a vedere i bauli ammassati in cima alla carrozza.»

    Già, i bauli! Eccoli là! Cordelia li vide proprio in quel momento, mentre la carrozza superava il ponticello sul fiume Teene. Li avevano colmati di splendide creazioni che Miss Henley avrebbe indossato a Londra... Londra, una città in cui Cassandra non era mai stata e che probabilmente non avrebbe mai visitato, anche se era un'esperienza che tutte le ragazze della sua età e del suo rango consideravano un diritto acquisito.

    Lei, però, aveva rinunciato a tale diritto quando aveva commesso l'errore fatale.

    «Lasciala in pace, Eunice» commentò zia Cordelia. «Non dev'essere facile guardare quella piccola peste partire per la capitale, mentre la nostra Cassy...»

    ... mentre la vostra Cassy è stata talmente stupida da lasciarsi ingannare da un bel viso e da una giubba rossa.

    Oh, cielo! Ecco che ricominciavano a tremarle le labbra.

    Infilò una mano nella tasca del grembiule alla ricerca di un fazzoletto e si asciugò gli occhi con gesto furtivo. Non voleva che le zie si accorgessero delle lacrime che suo malgrado le erano salite agli occhi. Avrebbero finito per credere che non era felice del suo destino, il che sarebbe stato terribilmente... sleale nei loro confronti. Già, perché se non ci fossero state loro ad accoglierla in casa e a darle un lavoro onesto, chissà dove sarebbe andata a finire e, quel che era peggio, come sarebbe stata costretta a guadagnarsi da vivere.

    Tirò su con il naso e scacciò quei pensieri dalla mente. Simili orrori le erano stati risparmiati, e solo grazie al fatto che le zie l'avevano accolta in casa, cosa che perfino sua madre e il suo patrigno avevano rifiutato di fare, affermando che la sua presenza avrebbe arrecato disonore e vergogna alla famiglia e alla reputazione del fratello più piccolo.

    In effetti anche zia Cordelia, che non era proprio una zia, bensì una lontana cugina di sua madre, le aveva aperto la porta con una certa riluttanza, ma di certo non per via delle azioni di Cassandra.

    «È da tempo che non abbiamo più una vita in società» aveva affermato con il consueto tono brusco. «Da quando siamo venute a vivere insieme quaggiù. Se resti con noi, è probabile che il resto della famiglia ti volti le spalle, mia cara, perché ti considereranno... come dire... contaminata dalla nostra...»

    «... eccentricità» aveva concluso zia Eunice quando zia Cordelia si era ritrovata un po' a corto di parole.

    «Già. E questa è la definizione più gentile con cui hanno descritto il nostro accordo.»

    All'epoca, Cassandra non aveva compreso il significato di quelle parole, così si era limitata a rispondere che per lei non avrebbe fatto differenza, dato che comunque la sua famiglia, come le aveva spiegato con ostile chiarezza il patrigno, rifiutava di aver ancora a che fare con lei.

    «Be', quel tizio non ha voce in capitolo, in casa nostra» aveva affermato risoluta zia Cordelia. «Non è altro che un vecchio libertino che ha sposato tua madre soltanto per i soldi. In quanto agli altri... Si sono lavati le mani anche del mio caso, tanti anni fa, quando rifiutai di sposare il balordo che avevano scelto per me e mi trasferii a vivere con la mia cara amica. E in fondo non è per questo che ti sei rivolta a me, mia cara?»

    Cassandra aveva annuito.

    «Resterai con noi per qualche tempo, che ne dici? Così avremo modo di verificare se possiamo andare d'accordo.»

    Si erano trovate molto bene tutte insieme.

    Cassandra si soffiò il naso. Anche se non proprio felice, poteva almeno definirsi soddisfatta del proprio destino. Per le zie non era mai stata una fallita, una delusione, né un peso. Al contrario, l'avevano fatta sempre sentire utile e preziosa nella gestione della casa, soprattutto per via della sua bravura nel cucito.

    In giornate come quella, tuttavia, quando le nuvole sembravano lasciar finalmente spazio ai primi timidi raggi di sole e i narcisi riuscivano a spuntare tra la brina che ancora ricopriva il terreno, portando a tutti un senso di rinnovata speranza, Cassandra si sentiva particolarmente incline ai rimpianti.

    Ecco perché non si sforzò di chiacchierare con le zie, almeno finché non fu certa di potersi controllare, e preferì restare dov'era, incollata alla finestra che si affacciava sul giardino davanti alla porta e sul viottolo che alla fine si ricongiungeva con la strada per Londra.

    Quando si soffiò il naso per la quarta e ultima volta, tuttavia, le parve di vedere una carrozza percorrere il ponticello sospeso sopra il fiume.

    «Oh!» esclamò a quel punto. «A quanto pare Miss Henley ha dimenticato qualcosa. Anzi, no. Non mi sembra la sua carrozza, quella che si dirige da questa parte sopra il ponte. Non ci sono bauli sul tetto. E poi... Oh! Dovreste vedere i cavalli! Ce ne sono quattro, e tutti grigi!» E tutti avevano un'altezza al garrese decisamente superiore a quella della pariglia mista che utilizzava di tanto in tanto Sir Barnabas.

    Il tintinnio delle forbici abbandonate sul tavolo le annunciò che zia Eunice si era alzata per raggiungerla alla finestra.

    «Ha proprio ragione, Cordelia. È un tiro da far invidia. E per giunta con uno stemma sulla portiera!» esclamò quando la carrozza si fermò accanto al cottage.

    «Uno stemma?» Stavolta fu il turno di zia Cordelia di accantonare il lavoro per raggiungerle al bovindo. «E cosa può mai fare, una persona di simile rango, in un luogo tanto remoto come Market Gooding? Soprattutto da questa parte.» Poiché il viottolo lungo il quale sorgeva il loro cottage si trovava a metà strada tra Henley Hall e la strada per Londra.

    «Si saranno persi, senza dubbio» ribatté zia Eunice quando la carrozza si fermò proprio davanti al loro cancello. «Ecco, vedete?» aggiunse nell'indicare uno dei lacchè balzare a terra dal suo posto sul retro della carrozza e dirigersi verso il cancello. «Viene a chiedere indicazioni.»

    «Tu dici? E allora per quale motivo l'altro è andato ad aprire la portiera e sta abbassando il predellino?» le fece eco zia Cordelia.

    Tutt'e tre le donne zittirono alla vista della gran dama che scese dalla carrozza, appoggiandosi con aria regale al braccio del domestico.

    «Una dama come quella non scenderebbe dalla carrozza per chiedere indicazioni a chi abita in un cottage come il nostro» sentenziò zia Cordelia.

    «Forse è una nuova cliente» azzardò Cassandra mentre il lacchè afferrava il manicotto e le pellicce che la dama stava per far cadere a terra.

    «Ne dubito» obiettò zia Cordelia. «Nessuna dama di così alto lignaggio rischierebbe mai di rovinare la propria immagine facendo acquisti da una sarta di provincia.»

    Zia Eunice palpitò di indignazione nel sentir denigrare in quel modo il suo talento creativo. «Io sarei in grado di vestirla con altrettanto raffinata eleganza» brontolò.

    «Certo che sì, mia cara» la blandì zia Cordelia. «Se solo potessi procurarti tutto quel velluto, in quella identica tonalità di azzurro, e se lei ti chiedesse di farlo. Ma non lo farebbe mai, vero?»

    «Staremo a vedere» obiettò l'altra quando sentì bussare alla porta, e a quel punto tutt'e tre le donne corsero ad assumere varie pose industriose mentre Betty, la cameriera, andava ad aprire.

    Anche se Cassandra tese le orecchie per cogliere qualche brandello della conversazione che si stava svolgendo nell'ingresso, la barriera della spessa porta di quercia le impedì di ascoltare. E anche le zie, che si limitavano a brandire gli attrezzi del mestiere ma in realtà erano protese nella stessa direzione, assunsero la sua medesima aria delusa.

    Alla fine, però, la porta si spalancò, e la dama vestita di velluto entrò nel soggiorno, quasi trasportata su una nuvola di profumo esotico. Era un bene che tutte l'avessero vista arrivare, altrimenti sarebbero rimaste sedute a bocca aperta ad ammirare quella visione di raffinata eleganza, scortata da due lacchè tanto alti da sfiorare il soffitto con la testa.

    Per fortuna tutt'e tre riuscirono ad alzarsi e a tributare alla gran dama un deferente inchino, ma con l'aplomb necessario a comunicare che erano avvezze a intrattenere dame di simile lignaggio.

    La nobildonna le fissò per un istante, quindi spalancò le braccia e si diresse verso Cassandra.

    «Cara!» esclamò avvolgendola in un profumato abbraccio. «Ti ho trovata, finalmente!»

    Le zie le scoccarono un'occhiata interrogativa, che Cassandra ricambiò stringendosi nelle spalle, dato che non aveva la più pallida idea del perché quella nobildonna l'avesse abbracciata chiamandola cara.

    «Vi chiedo scusa» mormorò dunque districandosi dall'abbraccio della doma, «ma temo mi abbiate scambiata per qualcun'altra.»

    La donna inclinò la testa da una parte e ammiccò. «Non siete forse Miss Cassandra Furnival, figlia di Julia Hasely, terzogenita del Conte di Sydenham?»

    «Ebbene sì, ma...»

    Un sospiro melodrammatico accompagnò il gesto sconfortato con cui la dama scosse il capo. «Avrei dovuto immaginare che mi avevi dimenticata. In fondo eri soltanto una bambina, l'ultima volta che ci siamo trovate nella stessa stanza.» Detto ciò, si sfilò i guanti, che uno dei lacchè si affrettò a raccogliere. «Il che è accaduto il giorno del tuo battesimo» aggiunse guardandosi intorno, come se fosse alla ricerca di qualcosa. «Tua madre era una mia grande amica» aggiunse dirigendosi verso una delle poltrone riservate alle clienti. «Una grandissima amica» puntualizzò, prendendo posto. «Io» annunciò quindi rivolgendole un sorriso smagliante, «sono la tua madrina.»

    «Vostra Grazia!» Cassandra sussultò, quindi crollò a sedere nel rendersi conto che quella gran dama era davvero arrivata fin là per cercare lei. La Duchessa di Theakstone, la sua madrina, era l'unica persona della sua vita passata con cui ancora intratteneva una corrispondenza, sebbene limitata a qualche biglietto augurale per Natale e per il suo compleanno.

    La duchessa rise della sua espressione allibita. «Mi rendo conto di averti colta di sorpresa, mia cara.»

    Sorpresa? A dir poco.

    «Non mi hai mai chiesto aiuto, anche se spesso avrei dovuto darti una mano. Certo, sarebbe stato impossibile quando Theakstone era in vita.» Una smorfia seccata le distorse le labbra, mentre Cassandra continuava a fissarla, perplessa.

    «Oh, mia cara, mi sembri incredula» riprese la duchessa con un sorriso. «Come se non ti fossi mai aspettata il mio aiuto.»

    «Ah...» Ebbene, no, anche se quell'idea sembrava offendere la duchessa. «In verità, no. Non mi sarei mai permessa di sperare tanto, considerando che neppure mia madre era disposta a perdonarmi, dopo che ho commesso il mio errore fatale. E non si tratta soltanto di questo...»

    «Ah, no? E di cosa si tratta, precisamente?» domandò la duchessa in tono glaciale.

    «Ecco, è solo che voi... voi... Be', immagino che mia madre sia molto più vecchia di voi. Di sicuro lo sembrava, l'ultima volta che l'ho vista, sei anni fa. Per questo non capisco come possiate essere amiche.»

    «Oh, mia cara! Tu sì che sai dire le cose nel modo migliore!» Lady Theakstone rise, deliziata. «Sono certa che noi due andremo molto d'accordo» soggiunse slacciandosi i nastri del cappellino che zia Eunice si precipitò a raccogliere prima che uno dei due lacchè rischiasse di sgualcirlo.

    «Vi ringrazio» pronunciò a quel punto la duchessa. «E non soltanto per esservi presa cura del mio cappello, ma anche della mia figlioccia. Sono così felice che abbia trovato ricovero presso due dame tanto compassionevoli.» Quindi le osservò attenta, dando modo a Cassandra di procedere alle presentazioni.

    «Questa è mia zia Cordelia... cioè, Miss Bramstock» si corresse arrossendo.

    «Ah!» esclamò la duchessa. «Dunque siete voi, che avete causato tanto trambusto quando avete rifiutato la proposta di matrimonio di Hendon per mettere su casa con la vostra compagna di scuola.» Detto ciò, si volse a osservare zia Eunice, che sollevò il mento con aria belligerante.

    «E questa è zia Eunice» si affrettò ad aggiungere Cassandra, augurandosi in quel modo di evitare un confronto tra le due donne. «O almeno, io la chiamo così.»

    «Perché le sei affezionata» concluse la duchessa. «Il che non è affatto sorprendente, dato che ha fatto per te ben più di quanto abbiano fatto tutti i tuoi parenti di sangue.»

    Quel commento sortì un immediato effetto pacificatore su Eunice, la quale ringraziò, protestando di non aver fatto poi tanto.

    «C'è un posto in cui i miei ragazzi» domandò in quel mentre la duchessa indicando i giganteschi lacchè, «possano rinfrescarsi?»

    «Si capisce!» esclamò zia Cordelia, ricordando di colpo i propri doveri di padrona di casa e, dopo aver chiamato Betty, le ordinò di portare i ragazzi in cucina, di occuparsi di loro e poi di servire il tè in salotto. Quindi tornò a sedersi con la loro ospite.

    «Adesso che siamo sole» cominciò la duchessa, «posso arrivare al punto. Come ho già detto, voi signore avete svolto un lavoro esemplare, prendendovi cura della mia figlioccia, ma adesso serve un personaggio di rango che la tiri fuori dal guscio, non concordate?»

    «Tirarmi fuori dal guscio?» ripeté Cassandra. «Non è possibile! Io sono rovinata, almeno agli occhi della società, se non nei fatti. Il mio patrigno lo ha fatto capire chiaramente a tutti, il giorno in cui mi ha impedito di mettere piede in casa sua, quando sono tornata per spiegare che...»

    «Sì. E ha fatto capire chiaramente anche che ti avrebbe lasciata senza un penny, quasi fosse un gesto di cui andare orgogliosi» osservò la duchessa.

    «Già. Neppure mia madre ha detto una parola in mia difesa.»

    «Povera creatura! Era così intimidita da quel bullo che ha sposato, da non osare neppure fiatare.»

    «No, certo» commentò Cassandra, meravigliandosi della chiarezza con cui la duchessa aveva descritto gli eventi di qualche anno prima.

    «E tuttavia» seguitò Lady Theakstone, «se io mettessi in giro la voce che non fu altro che un complotto da lui ordito per strapparti l'eredità, in molti oggi sarebbero pronti a crederci. Perché è bene che tu sappia, mia cara, che dal giorno in cui ti ha sbattuta fuori di casa ha rivelato il suo vero carattere, attirando su di sé l'avversione generale.»

    «Oh, Vostra Grazia, ma non può essere vero!» protestò Cassandra. «Certo, non dico che non abbia colto la possibilità di arraffare la mia eredità. So bene che è quel genere d'uomo, ma non potrebbe aver costruito uno scandalo a mie spese. Sono stata io a fuggire con un soldato, di sicuro ne siete a conoscenza, e poi sono tornata a casa senza averlo sposato...»

    La duchessa sollevò una mano per zittirla. «Sono lieta che tu sia tanto sincera con me, mia cara, ma non potrai certo ricostruirti una reputazione andando in giro a raccontare la verità in questi termini.»

    Cassandra ebbe un tuffo al cuore. Era veramente possibile scrollarsi di dosso la disgrazia che ancora le aleggiava sul capo e ritrovare un posto nella buona società, tornare a essere rispettabile?

    Forse sì, ma... a quale prezzo? «Non voglio mentire per convincere

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