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Due cuori e un ufficio: Harmony Jolly
Due cuori e un ufficio: Harmony Jolly
Due cuori e un ufficio: Harmony Jolly
E-book163 pagine2 ore

Due cuori e un ufficio: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo? Certo. Provare per credere!
Polly Rafferty, CEO ed erede della prestigiosa casa di moda Rafferty, è abituata ad affrontare e risolvere anche le emergenze più stravaganti. Ma trovare uno sconosciuto addormentato e mezzo nudo nel suo ufficio, al rientro delle vacanze, è troppo anche per lei, ed è stato sicuramente lo shock a spingerla a rubargli un bacio prima di svegliarlo gettandogli addosso un bicchiere d'acqua. Non appena scopre che quell'uomo altri non è che Gabe Beaufils, il suo nuovo vice, mantenere il segreto su ciò che ha appena fatto diviene ancora più importante, anche se sembra che lui sia consapevole di ogni cosa...
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2020
ISBN9788830512580
Due cuori e un ufficio: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Due cuori e un ufficio - Jessica Gilmore

    978-88-3051-258-0

    1

    La mia lista segreta dei desideri

    Nuotare nuda in mare

    N.B.: in acque calde e azzurre, non nel Mare del Nord

    Dormire sotto le stelle

    Fare sesso sulla spiaggia

    N.B.: un qualcosa di coinvolgente, non l'avventura di una notte

    Bere un autentico Margarita

    Innamorarmi a Parigi

    Polly lesse la lista per l'ultima volta, sentendo la joie de vivre abbandonarla e il vecchio, familiare mantello di rispettabilità e responsabilità posarsi di nuovo sulle sue spalle. Avvertì un senso di pesantezza, ma forse c'era da aspettarselo dopo tre mesi di assenza.

    Tre mesi, cinque desideri. E ne aveva realizzati quattro, il che non era male. Quella sensazione di malinconia si allentò per un attimo, mentre dei flash dell'ultimo periodo colpivano la sua mente. Poi ritornò di nuovo la tristezza.

    Cosa le stava succedendo? Ci mancava solo che si mettesse a riscrivere la lista con una penna rossa, decorandola con cuoricini rosa e farfalle e per poi fissarla sulla parete accanto a un poster ricoperto da baci di rossetto di un gruppo musicale famoso negli anni della sua adolescenza.

    Polly afferrò la pagina dalla sua agenda e, senza pensarci nemmeno un secondo, la strappò. Era il momento di riportare i suoi tre mesi sabbatici a qualcosa di più appropriato per una manager, capo di una società con un giro d'affari multimilionario.

    Mordicchiò l'estremità della penna per un attimo e poi stilò un nuovo elenco.

    Lista dei desideri

    Fare un viaggio alle Isole Galapagos

    Vedere l'aurora boreale

    Percorrere il Cammino Inca

    Scrivere un libro

    Vedere le tigri in libertà

    Due già realizzati, tre da concretare e tutti assolutamente rispettabili. Nemmeno un granello di sabbia...

    La lussuosa auto si fermò, riportandola al presente, lontano da pericolosi ricordi. «Eccoci arrivati, signorina Rafferty. È sicura di non volere andare prima a casa?»

    Polly sollevò lo sguardo dalla sua agenda ed emise un sospiro alla vista dell'imponente edificio in pietra dorata che si estendeva per tutto l'isolato. Era a casa. Era tornata al famoso grande magazzino fondato dal suo bisnonno. Non si sarebbe aspettata di rivederlo, soprattutto come proprietaria di tutto quello che aveva davanti agli occhi.

    Fissò le grandi vetrine che affiancavano gli iconici gradini in marmo, il cuore traboccante di amore e di orgoglio. Ogni vetrina raccontava una storia e vendeva un sogno. La Rafferty offriva tutto, soddisfaceva i desideri di chi aveva i soldi per poterseli permettere.

    «Qui va bene, Petyr, grazie. Ma, per favore, provvedi a mandare i miei bagagli a Hopeford e chiedi al servizio portineria di fare lavare e stirare la mia biancheria.»

    Non sarebbe voluta entrare portando con sé lo zaino che conteneva pareo, bikini, scarponi da montagna, non importa quanto prestigiose fossero le loro marche. Polly aveva passato una notte produttiva in un hotel di Miami per tornare a essere la signorina Rafferty dopo la spensierata esperienza di viaggiatrice con lo zaino in spalla, e il tutto era stato possibile grazie a un po' di shopping, un'accurata manicure e una messa in piega.

    Era di nuovo lì, ed era pronta.

    Petyr le aprì lo sportello e Polly poggiò i piedi sull'asfalto, inalando un profondo respiro. I gas delle auto, il caldo, l'odore di cibo fritto. Era questa Londra in piena estate. Quanto le era mancata. Tirò giù l'orlo della gonna e si sgranchì le dita dei piedi. Le scarpe con i tacchi le stavano un po' strette dopo essere stata tre mesi scalza. Aveva portato al massimo delle ciabatte da spiaggia e calzature da trekking, ma i piedi si sarebbero presto riabituati. E anche lei. Dopotutto, questo era il suo vero sogno. Quella pausa non era stata altro che una deviazione dal suo normale percorso.

    Polly issò sulla spalla la sua nuova borsa da lavoro e si diresse verso l'ingresso principale.

    «Ciao, Rachel.»

    Era bello camminare nei consacrati corridoi, salutare il personale e vedere i nuovi impiegati sussultare appena realizzavano chi stava rivolgendo loro un'occhiata esaminatrice. Era bello vedere i dipendenti darsi all'improvviso da fare.

    Notò che nessuno osava incrociare il suo sguardo. Dovevano esserci state molte chiacchiere sulla sua brusca scomparsa, ma ciò non sembrava avere alterato la sua reputazione. Si concesse un altro breve respiro di sollievo.

    Ma era anche bello varcare la porta riservata solo al personale, essere accolta con calore dal vecchio Alf e vedere il benvenuto sul suo viso. Alf lavorava per la Rafferty da prima che nascesse il padre di Polly e aveva sempre avuto una barretta di cioccolato e una parola gentile per la bambina che seguiva suo nonno, desiderando essere coinvolta.

    Ed era piacevole essere lì, nell'atrio illuminato a giorno dove la sua assistente aveva la sua scrivania. Non che Rachel sembrasse condividere il suo entusiasmo, a giudicare dalla bocca aperta e gli occhi spalancati e dal modo in cui le sue dita tremavano mentre raccoglieva un fascio di fogli.

    «Signorina Rafferty? Noi... non l'aspettavamo ancora.»

    «Ti avevo comunicato i dettagli del mio volo» rispose in tono freddo Polly. Di certo, Rachel non era così disorganizzata. E almeno un amichevole bentornato sarebbe stato più cortese.

    Rachel lanciò un'occhiata carica d'ansia verso la porta dell'ufficio del suo capo. «Sì.» Si alzò dalla sua poltroncina, fece il giro della scrivania per posizionarsi di fronte al battente, cercando di fermare Polly. «Ma pensavo che sarebbe andata prima a casa. Non mi sarei aspettata di vederla oggi.»

    «Spero che il mio arrivo anticipato non sia un problema.» Che cosa stava nascondendo? Forse Raff aveva arredato il suo ufficio con divani in lucida pelle nera durante la sua breve permanenza come direttore. «E come puoi vedere, ho deciso di venire qui.» Polly indirizzò alla sua segretaria uno sguardo glaciale, aspettando che si spostasse.

    «Sta arrivando direttamente dall'aeroporto?» Rachel non voleva, o non poteva, incontrare i suoi occhi, ma sembrava non avere alcuna intenzione di muoversi. «Deve essere stanca e assetata. Perché non va alla mensa del personale dove provvederò a farle avere un caffè o qualcosa da mangiare?»

    «Un caffè va bene» approvò Polly. «Ma preferisco berlo nel mio ufficio. Grazie, Rachel.»

    Quest'ultima restò immobile per un lungo secondo, l'indecisione ben visibile sul suo viso prima di mettersi da parte. «Sì, signorina Rafferty.»

    Polly annuì alla sua assistente che stava ancora indugiando. Le cose erano evidentemente ritornate sotto il comando di Raff. Sperò che non ci fosse bisogno di molto tempo perché ritornassero sui binari giusti. E che anche lei vi rientrasse. Niente più passeggiate sulla spiaggia dove la sabbia era così fine da sembrare cipria sotto i piedi; niente più nuotate in acque rigeneranti, né cocktail alcolici sotto un cielo così stellato che era come essere in un universo alternativo.

    No. Era tornata al lavoro, alla routine e alla normalità, il che andava bene. Non ci si poteva dare alla pazza gioia per sempre, no?

    Lentamente Polly abbassò la maniglia cromata e aprì la porta del suo ufficio, apprezzando la sensazione del freddo metallo sotto la mano. Come tutto l'interno del grande magazzino, il pomolo era uno dei dettagli in puro stile art déco, voluto dal suo bisnonno nel 1920. La sua eredità continuava a vivere in tutti gli arredi. A lei piaceva il peso della storia che aveva sentito sulle spalle appena aveva varcato la soglia dell'edificio. Il suo nome, il suo sangue, la sua eredità.

    Si fermò per un secondo sulla soglia e prese un lungo respiro. Era finalmente suo. Ciò per cui aveva lavorato, quello che aveva sognato... quello era il suo ufficio, il suo negozio, la sua vita.

    Adesso aveva tutto ciò che, solo tre mesi prima, le era sembrato irraggiungibile. A dispetto dei quattro anni trascorsi come vice direttore e poi amministratore delegato, quando suo nonno le aveva annunciato che si sarebbe finalmente dimesso, le aveva altresì comunicato che intendeva mettere al suo posto suo fratello gemello, Raff. Lei aveva poggiato il suo tesserino magnetico sulla scrivania e, presa la borsa, se ne era andata.

    Il giorno seguente era salita a bordo di un aereo, diretta in Sud America. Aveva lasciato la sua casa, il suo gatto e la sua azienda e li aveva rimpiazzati con una frivola lista di desideri.

    Tre mesi più tardi quel ricordo aveva ancora il potere di irritarla.

    Ma eccola tornata al comando, e niente e nessuno le avrebbe messo i bastoni tra le ruote.

    Il sollievo che provò nel vedere il suo ufficio uguale a come lo aveva lasciato la pervase. I raggi del sole che filtravano attraverso i vetri colorati delle finestre alte fino al soffitto irradiavano il legno dei pannelli di rivestimento, i pavimenti di marmo e la sua bellissima scrivania in noce – la stessa commissionata dal suo bisnonno per quella stanza nel 1925 – le librerie e le fotografie, la sua chaise longue, la sua...

    Un attimo. I suoi occhi tornarono indietro, a ciò che non era mai stato lì.

    O meglio, all'uomo che non aveva mai visto.

    Polly era abbastanza sicura che si sarebbe ricordata di un esemplare maschile così bello se lo avesse lasciato addormentato sulla sua antica chaise longue quando era uscita furente dalla stanza.

    Francamente, considerato il suo umore, lo avrebbe volentieri portato con sé.

    Si avvicinò, imbarazzata per il rumore che i suoi tacchi producevano sul pavimento e osservò il nuovo elemento aggiunto.

    L'uomo era adagiato a pancia in giù; il braccio posato sulla testa rendeva visibili solo il profilo della sua mascella squadrata e una ciocca di capelli neri che ricadeva sulla fronte. Portava jeans a vita bassa, che rivelavano ogni vertebra della sua schiena nuda.

    Era una schiena abbronzata, olivastra e asciutta al punto che ogni muscolo risultava ben disegnato. Sulla parte bassa si ramificava il disegno di un albero, che raggiungeva le vertebre centrali. Polly dovette controllare l'impulso di allungare una mano e tracciare le sottili linee con le dita. Di solito lei non amava i tatuaggi, ma questo, nella sua complessità, era di una bellezza straordinaria.

    Che cosa stava facendo? Non sarebbe dovuta stare lì ad ammirare l'intruso. Quell'uomo doveva alzarsi e andarsene. Non importava quanto beatamente dormisse.

    Polly emise un colpo di tosse, breve e controllato. Ma ebbe la stessa efficacia di un ombrello nella furia di un uragano. Tossì di nuovo, questa volta più forte, in modo più irritato.

    Lo sconosciuto non si mosse nemmeno.

    «Mi scusi.» La sua voce risuonò gentile, delicata. Polly scosse la testa disgustata. Quello era il suo ufficio. Perché era così educata? «Scusi!»

    Questa volta ci fu un qualche effetto, anche se minimo: un debole mormorio mentre lui cambiava posizione, girandosi di fianco. Polly non poté fare a meno di lanciare una fugace occhiata a tutta la lunghezza di quel corpo. La parte frontale pareggiava in bellezza quella posteriore; un ciuffo di peli neri ricopriva il petto e tracciava un soffice sentiero verso i muscoli del suo addome prima di assottigliarsi in una linea che spariva nella cintola dei jeans.

    Polly deglutì, sentendo l'improvviso bisogno di un qualcosa di umido in bocca. No, si rimproverò, distogliendo lo sguardo, mentre una vampata di calore la incendiava. Solo perché quell'uomo era nel suo ufficio, non aveva il diritto di stare lì a divorarlo con gli occhi. Si guardò attorno per assicurarsi che nella stanza non ci fosse nessuno a notare la sua reazione. Era il capo, per l'amor del cielo. Doveva dare il buon esempio.

    Inoltre, quello era un posto di lavoro, non un dormitorio per uomini indecorosi, anche se attraenti, né un nascondiglio per l'ultimo fidanzato

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