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Uno sceicco dal passato: Harmony Jolly
Uno sceicco dal passato: Harmony Jolly
Uno sceicco dal passato: Harmony Jolly
E-book156 pagine1 ora

Uno sceicco dal passato: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Un romantico tramonto tra le dune del deserto,
lo scenario perfetto per una storia d'amore da
Mille e una Notte.

Quando lo sceicco Idris Delacour diventa il nuovo re di Dalmaya, scopre che il precedente sovrano, suo cugino, era in attesa di un erede da una madre surrogata. Per garantire la successione al bambino decide di sposare la donna, ignaro che si tratti di Saskia Harper, con cui ha avuto una relazione e che ha abbandonato anni prima. Idris non sa che la vita di Saskia è cambiata per sempre il giorno stesso in cui l'ha lasciata, da allora la giovane non ha più potuto permettersi di essere la ragazza frivola di un tempo. Anche se non ha mai smesso di amarlo...
LinguaItaliano
Data di uscita19 set 2018
ISBN9788858987384
Uno sceicco dal passato: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Uno sceicco dal passato - Jessica Gilmore

    successivo.

    1

    Aveva detto che sarebbe arrivato nel giro di dodici ore, ma in fin dei conti ne erano passate appena otto da quella sconvolgente telefonata, quando Idris Delacour fece il suo ingresso nella sala buia e cupa del Consiglio di Stato. I suoi occhi erano nascosti dietro un paio di lenti scure, al riparo dal sole abbacinante che lo aveva accolto all'aeroporto nonostante fosse ancora mattina presto. Si fermò mestamente vicino al posto vuoto in fondo al lungo tavolo e, toltosi gli occhiali da sole, osservò i quattro uomini dall'espressione affranta che si erano alzati al suo arrivo. Portavano tutti gli abiti bianchi lunghi fino ai piedi e i copricapi dello stesso colore che caratterizzavano la corrente conservatrice del governo di Dalmaya, rendendo particolarmente stridente il contrasto con i pantaloni scuri e la camicia grigia di Idris, così moderni e occidentali in confronto.

    Fece un cenno agli uomini e attese che si fossero seduti, prima di prendere posto sullo scranno di legno intagliato, ravvisandone ogni curva, ogni irregolarità. Un trono che non avrebbe mai dovuto spettargli. Un ruolo cui avrebbe rinunciato con immenso piacere. Si schiarì la gola. «Salam

    Gli altri risposero al saluto e lui si affrettò a continuare: «Siete proprio sicuri che non si tratti di un errore?».

    «È escluso, Vostra Altezza Reale.»

    Idris rabbrividì nell'udire quel titolo, ma c'erano cose più gravi e importanti di cui occuparsi rispetto al suo indesiderato diritto a salire al trono di Dalmaya. «Sono morti entrambi?»

    «Il re e Sua Altezza la regina, sì.»

    «Terrorismo?» Idris conosceva già la risposta. Aveva posto la stessa domanda durante la telefonata che aveva messo a soqquadro il castello solo otto ore prima ed era stato ampiamente informato e aggiornato sia durante il viaggio verso l'aeroporto sia dopo l'atterraggio del jet privato.

    «Dobbiamo indagare ulteriormente, è ovvio» rispose l'uomo alla sua destra. Si trattava del generale Ibrahim Al Kouri, il capo della sicurezza di Dalmaya. «Ma pare proprio da escludere. Sembra che sia stato semplicemente un tragico incidente.»

    Semplicemente? Un modo piuttosto singolare per descrivere l'annientamento di un'intera famiglia. La metà migliore della famiglia di Idris. «Cosa è successo? L'auto è uscita di strada?»

    Il generale scosse la testa. «Il re e sua moglie tornavano da un'escursione e credo che Sua Maestà abbia voluto sfidare le guardie nelle auto di scorta.» Fece una pausa. «Non sarebbe stata la prima volta.»

    Ovviamente no. Fayaz amava competere, dimostrare di essere un vincitore di per sé, non solo per il privilegio della sua nascita.

    Il generale Al Kouri continuò con la stessa voce catatonica, lo shock sembrava aver sgonfiato la sua abituale pompa militare. «La strada era pianeggiante e non c'era traffico, avrebbe dovuto essere abbastanza sicuro, invece pare che Sua Maestà o l'altro autista abbiano perso il controllo del mezzo. Le auto si sono urtate con violenza. Non ci sono superstiti. Sul luogo dell'incidente ci sono dei periti, presto dovremmo avere più informazioni.» Guardò gli appunti. «Quattro dei miei agenti sono rimasti coinvolti nell'incidente.»

    Idris si portò una mano alla fronte, quelle parole gli rimbombavano in testa. Gli pareva di vedere la scena come se l'avesse davanti agli occhi: Fayaz che rideva procedendo a zig zag col quattro per quattro sulla grande strada sabbiosa, incoraggiato dalle urla di Maya, sua moglie e sovrana. A che punto quelle urla erano diventate grida di paura? O forse tutto era finito troppo velocemente perché qualcuno potesse rendersi conto di come sarebbe andata a finire? Era quello che sperava. Sì, sperava che avessero riso e gridato di gioia fino alla fine: li avrebbe ricordati così. Felici e pieni di vita.

    «Mi dispiace. Ti prego di trasmettere le mie condoglianze alle famiglie degli agenti e di accordare loro una pensione di Stato a titolo di compensazione.»

    Il generale annuì e Idris si rivolse all'uomo alla sua sinistra, ministro dell'interno nonché suo zio. «E adesso cosa succederà?»

    Lo Sceicco Malik Al Osman spostò il suo tablet su un lato del tavolo. I suoi occhi erano pesanti, le spalle incurvate come se non potesse sopportare il peso di quella responsabilità. «Abbiamo tenuto segreta la notizia dell'incidente perché non avevamo ancora certezze circa le sue cause, ma, ora che sei qui, daremo l'annuncio ai media e al Parlamento. I funerali si svolgeranno questa sera dando inizio al periodo di lutto ufficiale.»

    Idris annuì. «E poi?»

    Lo Sceicco Ibrahim intervenne: «Vostra Maestà conosce il contenuto del testamento di vostro nonno. Sua Altezza lo Sceicco Fayaz Al Osman e la sua discendenza hanno ereditato il trono di Dalmaya, ma qualora non avesse prodotto eredi, allora il regno spetterebbe di diritto a voi e ai vostri figli».

    Ovviamente Idris lo sapeva. Tecnicamente aveva sempre saputo di essere l'erede legittimo di Fayaz. Ricordava ancora lo shock – uno shock che si mescolava a una tiepida accettazione – quando il testamento e le ultime volontà di suo nonno erano stati resi pubblici, cementandolo fermamente nella famiglia. Tuttavia, la prospettiva di diventare re gli era parsa così lontana e improbabile che non aveva mai pensato che sarebbe stato effettivamente chiamato a farlo. Fayaz era già sposato al momento della morte di suo nonno e sua moglie era giovane e in piena salute. Non c'era motivo di dubitare che avrebbero ben presto avuto molti figli che sarebbero passati davanti a Idris sulla linea della successione al trono.

    Inoltre, nonostante il decreto del nonno, Idris sapeva che la sua salita al trono non sarebbe stata delle più ortodosse. I suoi diritti al trono erano matrilineari, e a Dalmaya nessun sovrano aveva mai ereditato il trono per via materna. Non solo, ma il nome di sua madre era sinonimo di scandalo a Dalmaya, e come se non bastasse, forse ancor più inaudito, suo padre era francese. Il popolo di quel Paese avrebbe mai accettato il figlio di una simile coppia come sovrano?

    Eppure non era questo il punto. Il suo vigneto, il castello e i suoi esportatori di vino erano l'unico regno di cui Idris aveva bisogno. Amava profondamente Dalmaya, ma non aveva intenzione di vivere lì, né tantomeno di governare il Paese. Non era casa sua.

    «Il testamento di vostro nonno...» riprese il generale, ma con la coda dell'occhio Idris colse uno sguardo speculativo sul volto dello zio.

    «Cosa ne pensi, Sceicco Malik?» chiese sentendo crescere nel petto una speranza mescolata alla stanchezza e al dolore che lo consumavano. Sapeva quanto suo nonno avesse faticato per mantenere il regno al sicuro, per modernizzarlo, per introdurre l'assistenza sanitaria e l'istruzione. Avrebbe potuto rinunciare a quella eredità solo se ci fosse stata un'altra opzione. Del resto la famiglia Al Osman era molto numerosa. Doveva per forza esserci qualcuno di adatto e qualificato cui Idris avrebbe potuto consegnare la corona con la coscienza pulita.

    Suo zio lo stava fissando. «Vostra Eccellenza, non ci sono dubbi che Fayaz sia morto senza lasciare eredi: il regno vi spetta di diritto. Tuttavia un bambino c'è...»

    Idris sbatté le palpebre. Aveva visto Maya solo pochi mesi prima e non gli aveva parlato di una gravidanza. Inoltre se così fosse stato, Fayaz lo avrebbe informato subito, giusto?

    «Un bambino?» Il resto dei presenti sembrava confuso quanto lui. «Quale bambino?»

    Saskia si stiracchiò osservando la magnifica vista. Il cielo, così blu e luminoso da risultare quasi doloroso, si rispecchiava nella infinity pool oltre le porte di vetro a soffietto e nel mare poco più lontano. Un'altra meravigliosa giornata in paradiso, e se solo fosse riuscita a sollevarsi da quel divano dannatamente comodo e a sfidare il calore per i dieci secondi necessari a uscire dalla villa climatizzata e immergersi nella piscina, avrebbe sicuramente nuotato. Dopotutto, la piscina era l'unico posto in cui si sentiva davvero a suo agio: il peso del corpo era sostenuto dall'acqua, il ventre era meno pesante.

    Le sue mani scivolarono sul pancione per accarezzarlo. Mancavano solo sei settimane. Non che attendesse con troppa impazienza ciò che la aspettava alla fine di quella scadenza, a dispetto delle lezioni private quotidiane di yoga preparto, dell'ostetrica personale e della suite extra lusso già prenotata per il lieto evento e in attesa del suo arrivo. Nient'altro che il meglio per facilitare la venuta al mondo del nuovo Principe ereditario o della Principessa di Dalmaya.

    Stiracchiandosi di nuovo, Saskia avvertì un dolore alla schiena. Anche con le cure migliori, la gravidanza restava l'esperienza più scomoda che avesse mai avuto. Non fare la bambina viziata, si disse sollevandosi faticosamente e dirigendosi verso la porta. Era al sicuro, ben nutrita, curata e, cosa più importante, anche Jack lo era. Una volta che il neonato fosse stato consegnato all'amore e alle cure dei suoi genitori, lei e suo fratello minore sarebbero potuti tornare alla loro vita di tutti i giorni, ma perlomeno adesso avrebbe potuto offrire a Jack l'infanzia che meritava. E lei avrebbe finalmente ripreso fiato.

    Certo. Saskia fece un altro passo, quindi si fermò per ritrovare l'equilibrio. Equilibrio. Era quello che le mancava. Oltre alla punta delle dita dei suoi piedi. Una nuotata e poi si sarebbe messa a lavorare sulla relazione che aveva lasciato in sospeso così a lungo. Grazie a Fayaz e Maya avrebbe avuto i soldi per tornare all'università, però, se fosse riuscita a terminare il primo anno a distanza, le sarebbero rimasti più soldi per una casa... e per Jack.

    Slacciando il prendisole di cotone che indossava sull'enorme costume da bagno, Saskia aprì la porta e fu aggredita da una temperatura soffocante. Si affrettò come poté e si sedette accanto all'ampia scalinata che portava alla profondità fresca e rilassante della piscina, mettendo a mollo le gambe. Sedersi sul pavimento senza aver bisogno di un carrello elevatore per rialzarsi: uno dei semplici piaceri perduti che aspettava con impazienza.

    «Scusa, piccolino» mormorò con la mano nuovamente appoggiata al ventre. «Sei stato davvero molto bravo e tranquillo fino a questo momento, ma credo che adesso stia diventando un po' troppo scomodo per entrambi. Inoltre devi essere impaziente di incontrare la tua mamma e il tuo papà, non è così? Loro non vedono l'ora di conoscerti.»

    Per usare un eufemismo. Fayaz e Maya avevano seguito ogni tappa di quella gravidanza. Avevano registrato delle storie con la voce di Maya, in modo che questa fosse immediatamente familiare al piccolo subito dopo la nascita e andavano a trovarla non appena avevano un minuto libero. «La tua mamma si trasferirà qui con noi la settimana prossima così potrà stare con te ogni minuto, finché non potrà portarti a casa. Sarà davvero meraviglioso, non credi?»

    Lasciare quella immensa e lussuosa villa sarebbe stato un peccato, d'altronde Saskia aveva molta voglia di ritrovare le sue amiche e di poter approfittare della compagnia di qualche adulto. Fayaz e Maya avevano preferito che nessuno sapesse di quella gravidanza surrogata, e così era rimasta confinata lì dentro fin dal suo arrivo a Dalmaya, sette mesi prima. E per quanto lussuosa potesse essere, la villa le era sembrata una prigione. Una prigione che si era autoimposta, certo, ma pur sempre una prigione.

    Si immerse nell'acqua con un brivido di piacere. Le era stato detto di non fare troppi sforzi fisici, così nuotò lentamente. Per quanto eccitata potesse essere all'idea di iniziare una nuova vita, certi aspetti di quella prigione le sarebbero comunque mancati. Dubitava che avrebbe nuovamente nuotato in una infinity pool e sulla sua testa ci sarebbe nuovamente stato il cielo grigio di Londra anziché quel blu terso e senza una nuvola. Saskia si mise sulla schiena e si lasciò galleggiare con gli occhi chiusi.

    Non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasta lì, a crogiolarsi nel

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