Persuasione milionaria: Harmony Collezione
Di Kim Lawrence
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Info su questo ebook
Kim Lawrence
Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.
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Persuasione milionaria - Kim Lawrence
successivo.
1
Sergio Di Vittorio attraversò la piazza che, tuttavia, non si zittì al suo passaggio. Ma quando l'anziano aristocratico entrò nel salone del lussuoso albergo trasformato in casinò, si diffuse un senso di aspettativa fra i presenti mentre lui avanzava elegantemente, scortato da due alte figure. Il più massiccio dei due uomini rimase all'ingresso, l'altro invece seguì il suo datore di lavoro a rispettosa distanza.
Raoul era appoggiato a una colonna di marmo, e le sue labbra sensuali si incurvarono in un sorriso ironico, ma non privo di affetto, quando vide l'entrata in grande stile di suo nonno.
Con la coda dell'occhio stava osservando un uomo di mezza età, gli occhi pieni di eccitazione febbrile, che continuava a buttare soldi al tavolo della roulette. Era un po' come osservare lo schianto di un'auto, ormai era solo questione di contare quante vittime innocenti avrebbe trascinato con sé... una moglie? Un figlio?
Raoul fissò il brandy che teneva in mano. A ciascuno la sua droga, pensò con pigra tolleranza. Si voltò, e un tenue sorriso comparve sulle sue labbra quando si ritrovò automaticamente a raddrizzare la schiena, mentre suo nonno si avvicinava. Le vecchie abitudini non muoiono mai. Il vecchio aveva sempre imposto loro la postura corretta, così come la sua opinione su molte cose.
Non era poi così sorprendente che il suo unico figlio, il padre di Raoul e Jamie, si fosse sparato un colpo in testa quando l'entità dei suoi debiti di gioco era diventata pubblica.
Sergio avrebbe potuto coprire lo scandalo e pagare i debiti del figlio, il cui ammontare era una sciocchezza per lui ma, al contrario, aveva scelto di non intervenire, lasciando che imparasse a camminare da solo e a essere un uomo.
Se ne sarà mai pentito?
Lui ne dubitava. La sicurezza di Sergio non lasciava spazio a dubbi. In gioventù Raoul aveva concentrato tutta la sua rabbia sul padre, perché era difficile per un bambino poter capire un tale livello di autodistruzione.
Persino l'età adulta non era riuscita a cancellare l'amarezza e i ricordi dell'infanzia, ma per lui c'era sempre stato Jamie, il fratello maggiore che aveva combattuto le sue battaglie, finché Raoul non era stato abbastanza grande per farlo da solo.
Mentre la sua mente vagava indietro nel tempo, riuscì persino a sentire le dita calde di suo fratello stringersi alle sue, mentre suo nonno gli dava la notizia.
Quell'episodio era scolpito nella sua memoria: una sola lacrima era caduta lungo la guancia di suo fratello, lentamente, come al rallentatore.
Ricordava persino il ticchettio di un orologio sul muro mentre la voce profonda del nonno spiegava loro che avrebbero dovuto vivere con lui d'allora in poi.
Confusione e paura gli avevano serrato lo stomaco, il dolore acuto di un singhiozzo gli era rimasto bloccato in gola per il disperato bisogno di compiacere suo nonno. Aveva risparmiato le lacrime per la solitudine del suo cuscino.
Raoul scacciò quei pensieri e tornò al presente, le labbra una linea dura, così come lo sguardo concentrato sul bicchiere che alzò in un muto saluto a chi non c'era più. Con il passare degli anni, il cuscino era stato sostituito dal brandy. O, forse, aveva definitivamente perso la capacità di piangere.
Le lacrime non gli avrebbero restituito suo fratello.
«Ci sei mancato alla veglia.» Sergio inclinò la testa, seguendo lo sguardo di suo nipote verso il tavolo della roulette. «Hai deciso di ripercorrere le orme di tuo padre?»
«Dicono che la personalità affetta da dipendenza possa essere ereditaria» mormorò Raoul.
Sergio rispose al commento con una delle sue inimitabili scrollate di spalle.
«Ho considerato anche quella possibilità.»
La franca ammissione strappò una risata dura dalla gola di Raoul. «Certamente.»
«Siete riusciti entrambi a sottrarvi alla vergogna, ma tu sei un drogato di adrenalina, proprio come diceva Ja...» L'uomo anziano si bloccò e deglutì a fatica più volte prima di riuscire a continuare. «Tuo fratello ha sempre detto che... che tu...»
Incapace di guardare suo nonno lottare per mantenere il controllo, Raoul finì la frase per lui. «... che se non mi fossi ammazzato scalando montagne, di certo sarei morto alla guida di una delle mie automobili.»
Per un momento la voce di suo fratello suonò così reale che quasi si voltò in attesa di vedere il suo viso sorridente e familiare. Sei un drogato di adrenalina, fratellino, e uno di questi giorni ti ammazzerai...
Ma era stato Jamie a morire, non perché avesse preso una curva troppo velocemente, ma perché la vita era stata a dir poco ingiusta. L'ironia della sorte fu come un pugno nello stomaco.
Gli ci vollero alcuni secondi prima di potersi fidare della stabilità della propria voce e continuare. «Non mi sarei mai aspettato di vederti in luoghi squallidi come questo, ma devo ammettere che sai come fare un'entrata a effetto.» Era vero. Persino a ottant'anni, Sergio Di Vittorio era una figura imponente, vestito sempre di nero, con i capelli striati d'argento lunghi fino al colletto.
«Al funerale hanno chiesto di te.»
Raoul abbassò la testa. Suo nonno era alto circa un metro e ottanta, con petto ampio e spalle larghe, ma lui era di almeno dieci centimetri più alto sin da quando aveva quindici anni. Ancora non riusciva a farci l'abitudine, gli sembrava ingiusto, quasi irrispettoso, dover guardare in basso per parlare con suo nonno.
«Bella festa, non trovi?» Si appoggiò con la schiena alla colonna, così da sembrare meno alto. Quando sei diventato così dannatamente vecchio?
Non c'era nulla come un funerale in grado di rendere una persona consapevole della propria mortalità e di quella dei propri cari... quei pochi rimasti.
Scacciò via quel pensiero oscuro e bevve un altro sorso di brandy, che però non riuscì ad alleviare il gelo che avvolgeva il suo corpo, un freddo che non aveva nulla a che fare con la temperatura nella stanza.
«Dobbiamo parlare» affermò Sergio.
Raoul non aveva mai reagito bene agli ordini. Ma quello era suo nonno, così ignorò quanto il comando lo irritasse, lasciando che la propria attenzione venisse catturata dalle urla dell'uomo di mezza età al banco della roulette. Non capì se fossero di gioia o di disperazione.
«Raoul!» tuonò Sergio.
Lui si riscosse e tornò a voltarsi verso suo nonno.
«Noi stiamo parlando.»
«In privato.» Seccato, Sergio gli fece un gesto indicandogli di seguirlo.
Una volta che la porta della stanza privata fu chiusa, il vecchio non perse tempo.
«Tuo fratello è morto.»
Gli vennero in mente svariate risposte sarcastiche, ma tenne la bocca chiusa. Era stato lui a scoprire il corpo senza vita di suo fratello sul pavimento della cucina, e quell'immagine non voleva ancora andarsene dalla sua vista. Un aneurisma, avevano detto.
«Sei qui per dirmi che la vita va avanti?»
«Non per tutti. Io sto morendo.»
Raoul, che fino a quel momento aveva camminato avanti e indietro per la stanza davanti alla finestra drappeggiata da tende di velluto, si voltò di soprassalto, combattendo il desiderio infantile di coprirsi le orecchie con le mani. Dopo un attimo di silenzio scrollò le spalle e si lasciò cadere sul divano di pelle.
«Stiamo morendo tutti.»
O solo le persone che lui amava?
Chiuse gli occhi e iniziò a contare mentalmente... La madre che aveva conosciuto a malapena, suo padre, suo fratello, sua moglie... no! Lei non contava. Non aveva amato Lucy, alla fine.
«Si tratta di cancro» continuò suo nonno. «Inoperabile. La loro più grande speranza è che io viva per altri sei mesi.» Lo annunciò senza emozione. «Sebbene io abbia sempre diffidato dei medici.»
Raoul si alzò in piedi, il rifiuto si riverberava in ogni muscolo del suo corpo teso. «È impossibile.» I loro sguardi, entrambi scuri e striati da macchioline d'argento s'incontrarono e, subito dopo, lui deglutì.
«Mi dispiace.» Strinse i denti al pensiero di quanto inadeguata dovesse essere quell'affermazione.
Ma Sergio si limitò a scacciare quel commento con un gesto distratto della mano. «Ciò che conta, per me, è la continuità della nostra famiglia. Sai bene di cosa sto parlando.»
Dannazione, non questo, non adesso!
«Tuo fratello non ci avrebbe mai dato un erede.»
Raoul non rispose. Quella era la cosa più vicina all'ammettere l'omosessualità di Jamie. Non si era mai riferito a Roberto, il fidanzato da lungo tempo di suo fratello, se non come a un suo amico.
«Il corpo di Jamie non è ancora freddo e tu...» Ma la sua pelle era come marmo quando... Raoul si schiarì la voce. «Non possiamo aspettare?»
«Il tempo è un lusso che non posso concedermi.» Sergio osservò suo nipote trasalire e fece un passo avanti, posandogli le mani sulle spalle. «Ho atteso, concedendoti del tempo dopo che Lucy è morta.» Il nipote abbassò lo sguardo e serrò la mascella. «Ma devi andare avanti.»
«Io sono andato avanti.»
«Non sto parlando di andare a divertirti in giro» ribatté suo nonno disgustato.
Quell'inaspettato riferimento alle sue abitudini spazzò via gli ultimi residui di alcol dal suo cervello. «Non ci sono dubbi riguardo la diagnosi?»
«No.»
«Scusa» ripeté ancora una volta Raoul, consapevole che qualsiasi contatto fisico o emotivo non sarebbe stato apprezzato.
«Sarà tutto tuo» cominciò Sergio, per poi aggiungere, prima che il bagliore di rabbia negli occhi scuri di suo nipote potesse trasformarsi in fiamme, «che ti piaccia o no. Sarai un uomo potente. E il potere comporta delle responsabilità» lo avvertì.
Non era il momento di puntualizzare che molti già lo consideravano un uomo potente. Mentre Jamie aveva scelto di lavorare per suo nonno, dopo Harvard lui era entrato in uno studio legale di New York e con le sue sole forze aveva fatto carriera. Pochi anni dopo, infatti, aveva ormai uffici in molte delle più importanti capitali del mondo con una lista di clienti tra cui aziende e individui tra i più ricchi del pianeta. A un certo punto, aveva smesso di essere un avvocato civilista ed era diventato un manager.
«E ricchezza, ovviamente. Ma, cosa molto più importante, tu dovrai portare avanti il nostro nome.»
«Questo è il momento in cui dici qualcosa come se volessi fare felice un povero vecchio morente?»
«Esatto.»
«Bene, siamo arrivati alle minacce morali.» Parlò senza risentimento, dopotutto si rendeva conto del punto di vista logico di suo nonno.
«Probabilmente non vedrò mai i miei pronipoti.»
Raoul abbassò lo sguardo, non aveva mai scorto quel luccichio negli occhi del vecchio. Sospirò.
«Ma ho abbastanza tempo per vederti sposare la donna che ti darà dei figli. Non puoi ritrovare ciò che hai avuto con Lucy ed è il momento che tu lo accetti.»
Un'immagine gli sfiorò la mente, un viso sorridente, bello e perfetto, l'immagine che il mondo aveva conosciuto di sua moglie... Ritrovare? Solo un pazzo avrebbe voluto riavere la vita infernale che lui aveva vissuto con quella donna tossica e ricattatrice.
Il suo matrimonio non era bastato a farlo diventare un misogino. Gli piacevano le donne, ma il problema era che quando si lasciava coinvolgere emotivamente, non riusciva a fidarsi del proprio giudizio. Era sempre errato.
Così, quando suo nonno lo aveva accusato di andare in giro a divertirsi, non si era del tutto sbagliato. Il sesso occasionale soddisfaceva i suoi più bassi istinti.
«Nessuna