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Notte messicana (eLit): eLit
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E-book152 pagine1 ora

Notte messicana (eLit): eLit

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Info su questo ebook

È nella splendida baia di Cancún che Janine, nota scrittrice di gialli, spera di trovare l'ispirazione per il prossimo romanzo, ma non ha fatto i conti con il vicino di casa, l'affascinante Canton. E un po' per gioco, un po' per deformazione professionale o per paura di essere travolta da un'irresistibile passione, Janine inizia a raccontargli bugie e a comportarsi in modo davvero strano. Ma Canton non è un tipo a cui piacciono gli scherzi...
LinguaItaliano
Data di uscita2 mar 2020
ISBN9788830511002
Notte messicana (eLit): eLit
Autore

Diana Palmer

Stella indiscussa nel firmamento degli "autori rosa", Diana Palmer ha al suo attivo un centinaio di romanzi e la presenza, da qualche anno a questa parte, nella prestigiosa New York Times Bestselling List, una certificazione di eccellenza in ambito editoriale!Le sue storie toccano il cuore delle lettrici con atmosfere intriganti e sensuali, e con personaggi a tutto tondo, delineati con maestria e grande intensità.Alle spalle di Diana, un passato di giornalista, lavoro che ha svolto per sedici anni, prima del passaggio al mondo dei romanzi rosa. Le sue passioni, tuttavia, non si esauriscono con la scrittura; donna dai mille interessi, si dedica alla famiglia, non trascura l'impegno nelle associazioni assistenziali ed è riuscita a ritagliarsi del tempo per lo studio, arrivando alla soglia dei quarantanove anni alla laurea con lode. Non avere il tempo per annoiarsi: questo sembra essere il motto di Diana Palmer.

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    Anteprima del libro

    Notte messicana (eLit) - Diana Palmer

    successivo.

    1

    «Era una notte buia e tempestosa...»

    Gli occhi verdi di lei fulminarono il ragazzino che si era affacciato alla porta intonando la trita litania con voce sepolcrale.

    Lui scrollò le spalle. «Be', tutti incominciano un romanzo giallo in quel modo, Janie» disse Kurt Curtis alla sorella maggiore con un sorriso.

    Esasperata, Janine si passò la mano tra i corti capelli neri, rileggendo in un borbottio le poche parole che apparivano sullo schermo del computer. «Io no» rispose con aria assente. «Per questo motivo ne vendo tanti.»

    «Diane Woody» citò lui. «Creatrice della famosa eroina omonima della serie più venduta.» Il ragazzino fece una smorfia. «Ma perché diavolo usi il tuo pseudonimo per la protagonista principale? Non è un po' ridondante?»

    «È stata un'idea dell'editore. Ma non puoi farmi queste domande più tardi?» borbottò lei. «Altrimenti mi si blocca l'ispirazione.»

    «Ma se ti ho appena dato un suggerimento fantastico!» le ricordò con un sorriso molto luminoso. Era un ragazzino rosso di capelli e con gli occhi azzurri, così diverso da lei che molti non li credevano fratelli. Kurt era il ritratto del nonno paterno. Colpa dei geni recessivi, amavano ripetere spesso i genitori, archeologi di mestiere.

    Adesso loro stavano partecipando a nuovi scavi: per questo motivo Janine si trovava a Cancun e cercava di lavorare mentre Kurt la faceva impazzire. Dan e Joan Curtis, entrambi professori all'Università dell'Indiana, erano nello Yucatàn, nella costa antistante all'isola di Cancun, per ricerche archeologiche. Come anche l'isola, lo Yucatàn era ricco di testimonianze Maya e proprio lì era appena stato scoperto un sito di quella civiltà apparentemente intatto: perciò i Curtis avevano chiesto un periodo di aspettativa all'università per condurre un sopralluogo. Giudicando poco saggio portare con loro in quel clima subtropicale Kurt, convalescente da una brutta tonsillite, lo avevano affidato a Janine, per la quale avevano affittato una bella casa sulla spiaggia: lì avrebbe potuto lavorare e badare al fratellino. Kurt ora si era rimesso e ai compiti di Janine si era aggiunto quello di seguirlo nello studio.

    La sua unica consolazione era il messaggio arrivatole tramite posta elettronica sul computer: il padre le comunicava che il sito Maya era di determinante importanza e che gli scavi andavano benissimo.

    Tuttavia non le spiaceva vivere in quella bella casa di fronte al mare di cui poteva ascoltare il respiro continuo. Il rumore della risacca le dava ispirazione, di solito: sempre che Kurt non fosse nei paraggi per aiutarla, naturalmente.

    Janine si sentiva nervosa anche perché era settembre, il periodo di coda della stagione degli uragani: quello era stato un anno particolarmente perturbato. Un esperto l'aveva definito l'anno dei venti assassini. Poetico. E spaventoso. Fino a quel momento non avevano avuto motivo di preoccuparsi troppo, ma Janine pregava perché non vi fossero altri uragani. Dopotutto, era quasi ottobre.

    «Hai notato i nostri nuovi vicini?» le domandò Kurt. «C'è un uomo alto, dall'aspetto severo e una ragazzina della mia età. Lui non è mai in casa e lei sta seduta sul portico fissando l'oceano.»

    «Sai bene che non ho tempo per i vicini» mormorò lei, lo sguardo fisso sullo schermo.

    «Non ti fermi mai ad aspirare il profumo dei fiori?» chiese Kurt disgustato. «Andrà a finire che diventerai una vecchia zitella di questo passo.»

    «Sarò una vecchia zitella ricca» replicò con aria assente facendo scorrere le pagine del video. «E poi, c'è Quentin.»

    «Quentin Hobard» borbottò il ragazzino alzando le mani. «Dio mio, Janie, quello insegna storia antica!»

    Lei lo fulminò con lo sguardo. «Insegna storia medioevale, soprattutto il periodo del Rinascimento. Se soltanto una volta o l'altra gli dessi ascolto, potresti scoprire quanto sia ferrato al riguardo.»

    «Ne ho voglia quanto di rivivere il periodo della Santa Inquisizione!» sbottò lui.

    «Non è stato così terribile come suggeriscono i vecchi film» disse lei, raddrizzandosi per dedicargli tutta la sua attenzione.

    «Io la penso di più come i Monty Python» replicò Kurt, nominando il suo programma televisivo preferito. Si alzò mettendosi in posa. «Nessuno sfugge alla Santa Inquisizione!»

    Anche Janine alzò esasperata le mani. «Non puoi imparare la storia da un programma televisivo inglese!»

    «Ma certo che si può!» Kurt si chinò in avanti con un sorriso. «Vuoi sapere la vera storia dei cavalieri? Per le armature dei cavalli usavano gusci di noci di cocco...»

    «Non voglio sentire!» esclamò lei coprendosi le orecchie. «Lasciami lavorare o saremo entrambi condannati a morire di fame.»

    «Ma figurati» la contraddisse fiducioso. «Ci sono sempre i diritti d'autore.»

    «Dodici anni e sei già il mio consulente finanziario!»

    «Ho imparato tutto da te. Sono precoce, soprattutto considerando il fatto che sono figlio di scienziati.»

    «Saresti precoce solo se fossi il figlio più piccolo di due Neanderthaliani.»

    «Sapevi che il vocabolo Neanderthaliano proviene dal tedesco?»

    Lei sollevò una mano con sguardo minaccioso. «Non ho bisogno di lezioni di filologia, grazie! Ho solo bisogno di pace e quiete

    «D'accordo, d'accordo: ho recepito il messaggio! Andrò a pescare qualche serpente marino.»

    Lei non si disturbò nemmeno a guardarlo. «Molto bene. Se ne prendi uno, strilla. Verrò a scattare le foto.»

    «Se ne prendessi uno, potrebbe tornarti utile.»

    «Certo. Con la tua fortuna, ti mangerebbe e io sarei condannata a vagare per l'eternità sulla spiaggia con una lanterna in mano alla tua disperata ricerca.»

    «Risparmia lo spirito per il tuo libro!»

    Con una smorfia, Kurt aprì la porta a vetro.

    «Chiudila!» strillò lei. «Stai facendo uscire tutta l'aria fresca.»

    «Che Dio non voglia!» ansimò Kurt. Si voltò a guardarla con occhi brillanti. «Ehi, mi è appena venuta un'idea. Sai come potremmo instaurare un clima assolutamente fresco? Potremmo convincere tutti ad accendere al massimo l'impianto di condizionamento e a lasciare porte e finestre aperte...»

    Janine gli tirò dietro un taccuino: Kurt si chinò per evitarlo e uscì a razzo dalla porta richiudendosela alle spalle. Poi scese verso la spiaggia.

    Infilò le mani in tasca e raggiunse la casa dei vicini: una ragazzina pelle e ossa era seduta sul portico. Indossava una felpa con cappuccio, ma senza maniche, e un cappellino degli Atlanta Braves al contrario. I piedi nudi erano appoggiati alla balaustra, lo sguardo fisso verso l'oceano.

    «Ehi!» la chiamò.

    Lei lo fulminò con lo sguardo.

    «Che ne dici di andare a pescare serpenti di mare?» le propose.

    Lei inarcò le sopracciglia, poi gli sorrise e tutto il suo volto mutò. Si alzò e lo raggiunse. Era bionda, con due luminosi occhi azzurri.

    «Stai scherzando, vero?» gli chiese.

    Lui scrollò le spalle. «Hai visto qualcuno catturare qualche serpente di mare, qui intorno?»

    «Non da quando sono scesa dall'aereo.»

    «Fantastico!» esclamò con un sorriso, facendo risaltare le lentiggini.

    «Fantastico?»

    «Se nessuno lo ha preso, vuol dire che è ancora qui!» sussurrò indicando il mare. «Pensa se ne trovassimo uno! Almeno i resti. Potremmo vendere la foto a peso d'oro.»

    «Una bella idea!»

    «Certo... magari potremmo costruirne uno, se solo sapessi come fare...»

    «Be', con uno strofinaccio» azzardò lei. «Un pesce morto. Qualche pezzetto di carne. Piume. Un tubo di gomma per annaffiare e tinta grigia.»

    Un'anima gemella: Kurt toccò il cielo con un dito. «Sei un genio!»

    Lei gli sorrise. «Mio padre sì che è un genio. Lui mi ha insegnato tutto quello che so.» Sospirò. «Ma se facciamo questo scherzo, verrò messa sottochiave per il resto della mia vita. Quindi, penso che rinuncerò, tuttavia...»

    Lui fece una smorfia. «So che cosa intendi dire: anch'io non la passerei liscia. I miei genitori mi manderebbero alla scuola militare.»

    «Davvero?»

    «Mi minacciano ogni volta che mi metto nei guai. Il collegio non mi dispiace, ma odio le divise.»

    «Anch'io, a meno che non si tratti delle uniformi di baseball. Sai, quest'anno i Braves vinceranno il campionato.»

    Lui le rivolse una lunga occhiata pensierosa. «Be', vedremo.»

    «Sei un tifoso dei Braves

    A lui non era mai molto interessato il baseball, ma sembrava importare a lei. «Certo» disse.

    Lei ridacchiò. «Mi chiamo Karie.»

    «E io Kurt.»

    «Piacere di conoscerti.»

    «Anche per me è un piacere.»

    Camminarono lungo la spiaggia per un paio di minuti. Poi lui si fermò di botto. «Sai dove trovare uno strofinaccio?»

    Beatamente, ignorando che il fratello avesse trovato la complice ideale per raddoppiare la sua potenzialità di combinare disastri, Janine riempì lo schermo del computer con tutti gli elementi che avrebbero costituito l'intelaiatura ideale per una nuova storia di mistero. Alcuni libri si scrivevano praticamente da soli. Altri erano muli recalcitranti. Questo sembrava far parte dell'ultima categoria. Inoltre lei aveva la mente stanca.

    «Avrei bisogno di un po' di ispirazione» sospirò.

    Purtroppo in televisione non c'era qualcosa degno di essere guardato. Soprattutto perché era quasi tutto in spagnolo.

    Spense l'apparecchio. Il guaio di quel viaggio era la perdita del suo programma preferito: una serie settimanale di fantascienza. Le piacevano tutti i personaggi, tuttavia il suo preferito era l'arrogante e a volte indisponente capitano alieno: il cattivo della situazione. Negli ultimi tempi aveva trascorso tutto il suo tempo sospirando verso di lui invece di dedicarsi al lavoro per cui veniva pagata. Per questo motivo aveva accettato di venire a Cancun con i genitori e il fratellino: per sfuggire all'uomo dal fascino sinistro che stava distruggendo la sua carriera!

    «Basta adesso!» borbottò tra sé e sé. «Mio Dio, sembra quasi che sia tornata una scolaretta, pronta a prendersi cotte per il primo professore!»

    Si alzò e cominciò a percorrere la stanza a lunghi passi. Mangiò qualche biscotto. Digitò ancora qualche parola sul computer. Alla fine il sole cominciò a tramontare e Janine iniziò a rendersi conto della mancata ricomparsa del fratello.

    Guardò l'orologio: possibile che Kurt avesse perduto la nozione del tempo? Janine si accigliò: se Kurt avesse tardato sarebbe dovuta andare a cercarlo. E questo era decisamente un guaio: lei non conosceva una parola di spagnolo!

    E neppure Kurt, in quel paese straniero, era in grado di farsi capire. Nessuno dei due aveva ereditato la facilità ad apprendere le lingue dei genitori. Janine riusciva al massimo a esprimersi decentemente in tedesco, ma niente più. E mentre l'inglese veniva ampiamente parlato negli alberghi e nei luoghi turistici, per la strada era tutt'altra cosa. Molti dei locali di Cancun parlavano ancora il Maya e consideravano

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