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Faccia a faccia (eLit): eLit
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E-book261 pagine3 ore

Faccia a faccia (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO

43 Light Street 7
Si è svegliata in un ospedale e non sa qual è il suo nome. Tutti la chiamano signora Hollingsworth, ma lei non crede di essere quella donna; e poi la informano che sta aspettando un bambino, eppure lei ignora chi possa essere il padre. L'unica presenza reale, in quel momento, è l'uomo che l'ha salvata, Mike Lancer. Insidiata da mille domande, sa che deve scoprire la verità, ma non sa a chi o a che cosa credere...
LinguaItaliano
Data di uscita1 mar 2019
ISBN9788858999530
Faccia a faccia (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    Faccia a faccia (eLit) - Rebecca York

    successivo.

    1

    Justine Hollingsworth poteva anche permettersi il lusso di giocare con gli investigatori privati che assumeva, pensò Mike Lancer. Era una delle prerogative delle persone ricche quella di decidere a proprio piacimento se sciupare i propri soldi o farne buon uso.

    Mike era fermo all'angolo tra Light Street e Lombard Street. Guardando la figura snella della donna che si allontanava, si chiese se lei non l'avesse sentito quando l'aveva chiamata. Quell'eventualità era piuttosto improbabile, visto che era a non più di cinquanta metri da lui. Forse, rifletté Mike, la sua voce si era persa nel rumore del traffico che intasava la strada sotto il picchiettio incessante della pioggia battente.

    Il passo della donna non rallentò mentre si dirigeva verso il parcheggio coperto. Mike scattò al suo inseguimento, aggirando un furgone parcheggiato in seconda fila. Riuscì a raggiungere il marciapiede dal lato opposto della strada giusto in tempo perché un taxi lo schizzasse passando dentro una pozzanghera. Imprecando, Mike si guardò le gambe dei pantaloni inzuppate di pioggia mista a fanghiglia.

    «Justine! Justine Hollingsworth!» chiamò.

    Sotto l'ombrello, la testa della bella rossa non si voltò e Mike provò un moto di rabbia. L'aveva vista uscire dal palazzo dov'era il suo ufficio. Poteva darsi che fosse arrivata con un'ora di anticipo rispetto al loro appuntamento e, non trovando nessuno, avesse deciso di vendicarsi facendo finta di non averlo sentito. Mike scosse la testa, pensando che era una possibilità molto remota. Ancora non aveva capito esattamente la natura del lavoro che lei gli aveva offerto. Il mercoledì prima si era rivolta a lui e l'aveva assunto per un incarico misterioso di cui non gli aveva ancora rivelato i particolari.

    L'unica cosa che Mike aveva capito con certezza era che Justine Hollingsworth lo attraeva moltissimo. Si sentiva quasi un personaggio di un giallo ambientato negli anni Cinquanta: l'investigatore ammaliato dal fascino torbido di una bella cliente che finiva per ritrovarsi a galleggiare a faccia in giù nelle acque del porto con una pallottola nella schiena.

    La fissò intensamente, chiedendosi se per caso non si fosse sbagliato e avesse scambiato un'altra donna per la Hollingsworth, a causa dell'ombrello che le copriva in parte il viso e le nascondeva a tratti i capelli rossi e ondulati. Ma Justine Hollingsworth, raggiunto ormai il riparo del parcheggio, chiuse l'ombrello e si voltò in direzione di Mike, permettendogli di vedere bene il suo viso perfetto come un cammeo. Gli zigomi alti e i lineamenti eleganti erano inconfondibili, pensò Mike. Erano gli stessi che apparivano con regolarità sulla pagina di cronaca mondana del giornale locale di Baltimora da otto anni, cioè da quando aveva sposato un famoso multimilionario, il costruttore Kendall Hollingsworth. Di solito era vestita come se stesse partecipando a una sfilata di moda; Mike notò che invece quel giorno era abbigliata in modo piuttosto modesto, con un impermeabile da grandi magazzini stretto in vita, scarpe basse e niente trucco.

    Mike si accorse anche che aveva l'atteggiamento di una persona prossima alle lacrime. Teneva le spalle curve e si era portata una mano alla bocca, come per soffocare un singhiozzo. Provando un inquietante impulso di preoccupazione che non gli era abituale, Mike si chiese cosa le fosse successo per sconvolgerla a tal punto. Justine Hollingsworth era una donna che poteva benissimo badare a se stessa, con o senza il suo aiuto.

    In quel preciso momento, al contrario, aveva un'aria fragile e vulnerabile; gli ricordò un fiore esposto a un violento temporale senza possibilità di scampo. Vederla così turbata gli rendeva difficile resistere all'attrazione che provava per lei. Mike si era detto che provare un debole per una cliente era pericoloso e che avrebbe fatto meglio a evitare di farsi coinvolgere nei problemi di una donna come quella.

    Fu tentato di voltarle le spalle e tornare in ufficio. Si disse che non aveva bisogno dei suoi soldi né della scintilla di attrazione che lei innescava in lui con la sua prepotente e sensuale femminilità. Però, in contraddizione con gli ammonimenti della propria coscienza, affrettò il passo per raggiungerla prima che salisse in macchina e andasse via.

    Mike si addentrò nelle viscere scure del parcheggio immerso nella penombra e vide, d'un tratto, un tizio con i capelli scompigliati e una tuta da lavoro stazzonata apparire improvvisamente da dietro una colonna di cemento. L'uomo era sulla cinquantina, aveva il viso rugoso e l'aria di un barbone. Mike tentò di tranquillizzarsi dicendosi che probabilmente era un senzatetto che usava il parcheggio coperto come dimora. Però l'uomo, invece di ritrarsi nell'ombra, avanzò mettendosi alle spalle di Justine Hollingsworth. Dieci a uno che mirava alla sua borsetta, si disse Mike.

    «Ehi, amico!» lo apostrofò lui allungando il passo. «Non pensarci neppure» lo minacciò stringendo i pugni, con il viso cupo e il corpo rigido, pronto ad aggredirlo.

    L'uomo si voltò con un'espressione piena di paura. Per pochi secondi lui e Mike si fronteggiarono e si misurarono come due pugili prima di un combattimento. Poi il potenziale scippatore, data la situazione critica, preferì darsela a gambe.

    Quei pochi secondi di distrazione avevano permesso alla donna di scomparire dalla vista di Mike. Con l'orecchio teso, guardò le file di macchine ferme nel parcheggio. Sentì il rombo di un motore che veniva avviato e, poco dopo, vide un'auto blu venire nella sua direzione, con Justine Hollingsworth al volante.

    Mike si disse che lei non avrebbe potuto in alcun modo evitare di notarlo. Era fermo ai margini della corsia di passaggio delle macchine. Quando lei gli passò davanti, Mike s'irrigidì. Per una frazione di secondo i loro occhi s'incontrarono ma lei non ebbe alcuna reazione. Si diresse verso il gabbiotto del parcheggiatore, dove si fermò. Consegnato il tagliando, pagò e svoltò a destra immettendosi in Light Street.

    Mike udì un'altra macchina che si accendeva. Ebbe appena il tempo di togliersi dal bordo della carreggiata che un'auto grigia, con a bordo due uomini, gli saettò davanti a tutta velocità. La macchina si fermò di scatto per pagare il pedaggio, facendo stridere i freni, poi girò bruscamente a destra. Mike cercò di convincersi che avessero preso la stessa direzione di Justine solo per una coincidenza, ma il suo infallibile istinto di segugio gli diceva che era il contrario.

    Si precipitò a prendere la sua macchina e vi salì, irritato con se stesso perché il suo sesto senso lo spingeva a seguire Justine Hollingsworth sotto quell'acquazzone. Si disse che l'unico motivo era il desiderio di scoprire il perché del bizzarro comportamento della Hollingsworth. Si piegò in avanti sul volante, strizzando gli occhi per cercare di vedere meglio malgrado la pioggia battente. I tergicristalli non riuscivano a scostare abbastanza in fretta la massa d'acqua per permettergli di tenere d'occhio l'auto blu in mezzo al traffico caotico di mezzogiorno. Per poco non la perse nei pressi di Camden Yards, un attimo prima che Justine Hollingsworth svoltasse di nuovo dirigendosi a nord lungo Charles Street.

    Mike notò che la donna guidava distrattamente ed eseguiva le manovre con l'impeto improvviso di un autista impazzito, che non sapeva quale direzione prendere. Decisamente c'era sotto qualcosa, si disse sempre più convinto. Justine Hollingsworth non gliela raccontava giusta.

    La donna al volante dell'auto blu si asciugò gli occhi con il dorso della mano, poi frugò nella borsetta aperta sul sedile anteriore. Finché era in strada aveva cercato di contenersi per non dare spettacolo, ma ora, al riparo nella sua auto, non era più riuscita a trattenere le lacrime.

    La sua vita era un disastro, pensò sconsolata. Aveva commesso il tragico errore di concedere la sua fiducia a un uomo che non la meritava. Incapace di soffocare un singhiozzo disperato, pensò che fino a non più di due mesi prima era stata relativamente felice nella piccola nicchia che si era scavata nel mondo. Si era impegnata al massimo delle sue possibilità per conquistarsi una posizione stabile e serena, ma ora la sua vita stava sprofondando intorno a lei, come una casa costruita sulle sabbie mobili. Non poteva neppure cercare d'indovinare come sarebbe stato il suo futuro. Alla pari del suo passato, era avvolto da una fitta nebbia impenetrabile.

    I volti dei suoi genitori le apparvero davanti agli occhi, insinuandosi nei suoi pensieri confusi. Ricordando l'affetto che l'aveva legata a loro e i preziosi insegnamenti che le avevano impartito, si disse con amarezza che era quasi meglio che non fossero lì, altrimenti avrebbero visto che razza di pasticcio aveva combinato.

    Cercando di mettere a tacere la propria coscienza che le suscitava considerazioni dolorose, si guardò intorno nel tentativo di mettere a fuoco il quartiere attraverso la cortina di pioggia che la circondava. Con un tuffo al cuore si rese improvvisamente conto di non avere idea di dove si trovasse. Si era immessa su una strada a più corsie e a veloce scorrimento che aveva ai due lati degli alti muri di pietra. Era in macchina ormai da una ventina di minuti, ma non aveva la più pallida idea di dove fosse diretta.

    La sua confusione era il simbolo del suo smarrimento interiore, si disse. Neppure nella vita quotidiana sapeva dove sarebbe andata a finire.

    Diversi autotreni la sorpassarono velocemente, scuotendo la sua auto e sollevando alti schizzi che peggioravano la visibilità. Impaurita, rallentò, chiedendosi cosa le fosse preso per avventurarsi su una superstrada con quel tempo. Nella foschia che avvolgeva la carreggiata davanti a lei, vide un cartello che segnalava l'uscita di Falls Road.

    Mise la freccia e si spostò a destra, senza accorgersi di essere tallonata da Mike. Lui continuava a tenerla d'occhio, notando con cupa soddisfazione che i suoi sospetti erano giusti. Difatti anche i due uomini con l'auto grigia stavano percorrendo la stessa strada. Da molto tempo Mike aveva smesso di credere alle semplici coincidenze, tanto più che in quel caso la targa degli inseguitori era provvidenzialmente schizzata di fango in modo da rendere impossibile ogni identificazione.

    Si avvicinò per cercare di decifrare qualche numero o lettera ma l'auto balzò in avanti, accelerando. Rimasto indietro, si sforzò di non perdere di vista la macchina che seguiva Justine in direzione di Falls Road. La strada si dirigeva verso un ponte su un fiumiciattolo, ingrossato per le piogge abbondanti. Mike notò che l'acqua saliva sugli argini, torbida e impetuosa come il temporale che infuriava in cielo.

    Un furgone lo sorpassò; andava troppo veloce per una strada così stretta e tortuosa con quel tempo. Le ruote centrarono in pieno una grossa pozzanghera, investendo il parabrezza di Mike con una cortina di acqua fangosa. Momentaneamente accecato, azionò il tergicristalli alla massima velocità e frenò. Quando riuscì a recuperare la visibilità, si rese conto che la sua preda si era allontanata dietro una curva.

    Lei stava per accendere la radio, nella speranza che la musica potesse alleviare almeno in parte la tensione, quando colse con la coda dell'occhio un movimento inatteso e repentino. Guardò velocemente alla sua sinistra e trasalì. Una grossa auto grigia l'aveva affiancata sulla rampa d'uscita e aveva continuato a tallonarla sulla stretta strada piena di curve. Ora incombeva su di lei, incalzante, mentre si avvicinavano al ponticello.

    Si disse che forse era qualcuno che andava di fretta e lei gli era d'intralcio perché guidava troppo lentamente. Sperando che la sorpassasse, sollevò leggermente il piede dall'acceleratore, ma anche l'altra macchina rallentò, spingendola ancora più a destra.

    Con il cuore in gola, strinse forte il volante. Osò lanciare un'altra breve occhiata a sinistra e notò che l'uomo seduto accanto al conducente dell'auto grigia la stava fissando. La sua espressione torva le fece gelare il sangue nelle vene. Nella frazione di secondo in cui i loro sguardi s'incrociarono, lei capì che stava provando gusto nel vederla in preda al panico.

    Con le ruote di destra toccò la spalletta del ponte e l'auto sbandò pericolosamente. Faticò moltissimo per mantenere il controllo del veicolo che slittava sull'asfalto viscido. Tutto avvenne così in fretta che ebbe appena il tempo di reagire istintivamente. Inchiodò i freni ma si accorse subito di aver commesso un errore fatale.

    Freneticamente girò il volante, tentando di riportare l'auto sulla carreggiata, ma la vettura impazzita non rispondeva più ai comandi. La strada le andò incontro sempre più velocemente piegandosi in una brusca curva a gomito. Aveva la netta impressione di correre a capofitto verso la tragedia.

    Mike aveva accelerato e imboccò il ponte appena in tempo per scorgere l'auto grigia scomparire in lontananza e la macchina di Justine sbandare violentemente e dirigersi verso il punto in cui la barriera di protezione terminava in un pendio.

    La vettura della donna slittò e prese velocità, planò superando il terrapieno e piombò direttamente nelle acque gelide e tumultuose del fiumiciattolo. Lei aveva fatto il possibile per evitare l'impatto con la spalletta del ponte, ma si era diretta verso una sorte ancora peggiore. Nessuna delle sue manovre disperate sembrava avere alcun effetto sul veicolo ormai incontrollabile. Il tempo parve rallentare in una serie infinita di fotogrammi terrorizzanti. Aveva l'impressione di guardare alla moviola se stessa mentre precipitava nel torrente gonfio e limaccioso.

    Tra l'auto e l'acqua non si frappose alcun ostacolo ad arrestare la sua folle corsa verso il disastro. Lei sentì un urlo agghiacciante nelle orecchie e capì di aver gridato mentre la massa grigia si apriva per accoglierla. L'urto improvviso la fece sbattere violentemente contro il volante, poi l'oscurità l'avvolse.

    Mike vide l'auto di Justine precipitare nel fiume e chiamò subito il soccorso stradale con il cellulare. In tono concitato, diede sommariamente le indicazioni per raggiungere il posto mentre la macchina veniva lentamente inghiottita dall'acqua torbida e spumeggiante.

    Frenò di colpo appena superato il ponte e scese di corsa dall'auto. La pioggia fitta lo inzuppò da capo a piedi mentre correva giù per il pendio del terrapieno, seguendo le tracce lasciate dalle ruote della macchina di Justine. Il veicolo era ormai una sagoma indistinta nella foschia che si levava dal fiume. Avvicinandosi alla riva, Mike vide che l'auto si era fermata in equilibrio precario, piegata su un fianco con il muso conficcato nell'acqua.

    Senza perdere tempo si avventurò nel ruscello solitamente poco profondo, notando con preoccupazione che la corrente si era fatta piuttosto sostenuta. Avrebbe potuto spazzarlo via se non fosse stato attento. Giunto in prossimità dell'auto, scorse all'interno una testa riversa sul volante, mentre il livello dell'acqua torbida saliva rapidamente nell'abitacolo. In fretta si tolse il giaccone di pelle e si girò gettandolo con forza verso la riva. La corrente mulinava tutt'intorno, possente. Mike fece una smorfia sentendo che stava perdendo la sensibilità alle gambe per il freddo. Afferrò la maniglia della portiera e tirò con tutte le sue forze, ma inutilmente. L'auto era chiusa dall'interno.

    Cominciò a tempestare il vetro di pugni, chiamando Justine, ma lei non rispose e non si mosse di un millimetro. Mike fece un profondo respiro e si chinò, tuffando il braccio in acqua mentre con l'altra mano si reggeva all'auto. Frugò il fondo fangoso a tastoni fino a quando non trovò una grossa pietra. La liberò dalla melma e colpì forte il vetro più volte, fino a quando non lo mandò in frantumi.

    Emise un sospiro di sollievo; aveva fatto appena in tempo, dato che il viso di Justine stava già scomparendo sott'acqua. Infilò una mano nel varco che aveva aperto e afferrò Justine per i capelli, tirandole il viso fuori dall'acqua. Aveva gli occhi chiusi e il suo volto era pallido come alabastro. Una ciocca di capelli bagnati, rosso cupo, le attraversava la fronte come una cicatrice ancora fresca.

    Quando tentò di estrarre il corpo esanime dall'auto, Mike si rese conto che Justine era legata con la cintura di sicurezza. Si sporse all'interno della vettura e cercò il fermo per farlo scattare. Dopo averla liberata, la tirò via con un enorme sforzo. Justine era un peso morto e minacciava di trascinarlo con sé sott'acqua. Lui la strinse forte e lottò strenuamente contro la corrente, cercando di avvicinarsi lentamente a terra. Appesantito dal corpo di Justine, riuscì infine a guadagnare la riva malgrado avesse i muscoli doloranti per lo sforzo e gli arti insensibili per il freddo.

    Alla fine riuscì a estrarre la donna svenuta dall'acqua e l'adagiò sulla riva. Accostò l'orecchio alla sua bocca per controllare che respirasse ma non sentì nulla. Le mise una mano sul petto e, con sollievo, sentì che il cuore batteva ancora. Justine aveva le labbra violacee e il colorito terreo. Premette lievemente sul mento per socchiuderle le labbra e le fece la respirazione bocca a bocca, contando i secondi mentre soffiava aria tra le sue labbra gelide.

    Gli venne in mente un ricordo che in quel contesto aveva del grottesco. Quando Justine era entrata nel suo ufficio e si era seduta davanti a lui accavallando le lunghe gambe affusolate, il suo primo pensiero era stato che gli sarebbe piaciuto baciarla. In tali frangenti, Mike non poteva proprio rallegrarsi di essere riuscito a realizzare il suo desiderio.

    In lontananza sentì delle sirene che si avvicinavano. Justine tossì e tutta l'attenzione di Mike tornò a concentrarsi su di lei. Notò che le labbra non erano più tanto blu e si concesse un mezzo sorriso. La girò su un fianco e le batté sulla schiena. Sputacchiando e tossendo, Justine rigurgitò acqua e tentò di respirare di nuovo normalmente, anche se il fiato le usciva ancora in rantoli.

    Sopra di loro, a livello della strada, si udì il suono di una frenata improvvisa. Pochi secondi dopo due uomini scesero lungo l'argine trasportando una barella. Uno s'inginocchiò accanto a Justine mentre l'altro avvolse una coperta intorno alle spalle di Mike che, rabbrividendo, se la strinse addosso.

    «Ce la fa a venire fino all'ambulanza a piedi?» gli chiese un infermiere.

    «Non si preoccupi per me» disse Mike battendo i denti. «Sto bene.»

    «Venga in ospedale a farsi dare un'occhiata. Deve farsi fare un'iniezione antitifica e l'antitetanica. Queste acque sono luride.»

    Rassegnato, Mike annuì e guardò Justine che, sdraiata sulla barella, lo guardava a sua volta. Nei suoi occhi azzurri lesse un misto di gratitudine e smarrimento che gli strinse il cuore. In quell'attimo fuggevole si chiese se non l'avesse giudicata male. Forse Justine Hollingsworth non era solo bella, ma nascondeva anche un'anima sotto il suo corpo da favola.

    Jack Ordway imprecò a denti stretti mentre si girava per controllare la situazione attraverso il lunotto posteriore dell'auto grigia. Lenny Ezrine, il conducente, scuoteva la testa, accigliato.

    Dietro di loro, lungo Falls Road, il traffico si era bloccato per l'arrivo di un'ambulanza che si era fermata vicino al punto in cui la macchina era precipitata nel fiume.

    All'incrocio successivo, Lenny svoltò in una strada secondaria di un quartiere residenziale, fece una veloce inversione di marcia e tornò ad attraversare il ponte nel senso opposto, guidando piano per osservare la scena. Vide due infermieri portare una donna su una barella e caricarla sull'ambulanza.

    «Sei stato uno stupido!» inveì Jack.

    «Ehi, amico, bada a come parli!» s'indignò Lenny. «Se ben ricordi, mi hai detto tu di speronarla.»

    «Qual è l'ospedale più vicino?»

    «Mount Olive.»

    «Andiamo a controllare come sta.»

    «Probabilmente meglio di noi...» borbottò Lenny. «Sai bene che se non troviamo quelle

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