Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Sangue greco: Harmony Destiny
Sangue greco: Harmony Destiny
Sangue greco: Harmony Destiny
E-book174 pagine2 ore

Sangue greco: Harmony Destiny

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Rimasto vedovo, il principe Mikos Colin Alexander decide di allevare la figlia lontano dalle pressioni di corte e si rifugia a Los Angeles fingendosi un uomo qualunque, in cerca di una tata. Alla sua porta si presenta Darcy Cooper, che conquista subito la piccola duchessa Iris Alexander. Ben presto, però, la florida bellezza americana conquista anche Mikos, che si ritrova combattuto tra il dovere verso il suo paese e quella che sente essere la sua nuova famiglia. Ma quando Darcy scoprirà che il suo capo è il sovrano di un regno greco, riuscirà a perdonarlo per averle mentito? Sarà disposta a seguirlo e a regnare al suo fianco?
LinguaItaliano
Data di uscita20 lug 2016
ISBN9788858952337
Sangue greco: Harmony Destiny

Leggi altro di Jules Bennett

Autori correlati

Correlato a Sangue greco

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Sangue greco

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Sangue greco - Jules Bennett

    successivo.

    1

    Le curve, gli occhi verdi così espressivi, i capelli castani che avevano lo stesso colore del suo scotch preferito: tutto contribuì a sferrare un colpo basso, di quelli che Mikos Colin Alexander non sperimentava da anni. Di certo non era il genere di donna che si era aspettato di trovare alla porta.

    Donna? No, non poteva avere più di vent'anni. Sembrava appena uscita da un servizio fotografico di una di quelle popolari riviste per adolescenti: con la sua maglietta rosa, i jeans attillati e i sandali bianchi, non era certo l'immagine che aveva in mente quando aveva cercato una tata online.

    Lo strillo arrabbiato di Iris lo indusse a focalizzare l'attenzione sullo scopo di quell'incontro. La donna alla porta spostò immediatamente lo sguardo dal suo viso alla bambina che reggeva in braccio.

    «Oh, va tutto bene, piccolina.» La sua voce, così dolce, così gentile, attirò l'attenzione di Iris. «Perché piange una bella principessa come te?»

    Principessa. Colin soffocò una smorfia: quell'estranea non poteva sapere quanto fosse appropriato il termine. Erano a Los Angeles, non sull'isola di Galini, uno Stato così piccolo che nessuno sapeva dove si trovasse, tantomeno che aspetto avessero i membri della famiglia reale. Ed era proprio per quel motivo che si trovavano negli Stati Uniti.

    Il desiderio di sfuggire alla propria discendenza lo aveva accompagnato per tutta la vita, ma non era mai stato così forte come dopo l'incidente che l'aveva quasi ucciso. Con quello, il fallimento del matrimonio, la morte improvvisa di Karina e il suo status di principe vedovo, i media c'erano andati a nozze. A casa non aveva trovato un momento di pace e aveva avuto bisogno di allontanarsi da tutto, di rimettersi in sesto... senza la certezza di un ritorno.

    Ora più che mai desiderava l'indipendenza, per sé e per la figlia.

    «Mi scusi.» Tendendo la mano, la ragazza gli fece un ampio sorriso radioso. «Sono Darcy Cooper. Lei deve essere il signor Alexander.»

    Darcy. La donna con cui aveva scambiato e-mail, con la quale aveva parlato al telefono. La donna che aveva quasi ingaggiato senza neanche vedere, grazie alle pregevoli referenze e alla comprovata esperienza dell'agenzia.

    Na pari i eychi. Dannazione.

    Che cosa era successo alla donnina rotondetta con tanto di chignon da nonna che aveva visto raffigurata sul sito? Gli era stato assicurato che per occuparsi di sua figlia avrebbero mandato la proprietaria dell'agenzia; quella bellezza formosa per niente al mondo poteva essere a capo della Loving Hands Childcare Agency. Forse avevano mandato qualcun'altra all'ultimo minuto.

    Colin spostò la figlia nervosa sull'altra anca; le ripercussioni dell'incidente tornavano sempre a farsi sentire. «Non mi aspettavo una persona come lei.»

    Inarcando un sopracciglio, la ragazza piegò la testa mentre il sorriso le illuminava il volto. Lo percorse con lo sguardo, senza dubbio catalogando i pantaloncini corti, la maglietta e i capelli scompigliati. «Allora siamo in due.»

    Quegli occhi verdi scintillanti erano fissi nei suoi. Lo stava prendendo in giro? Nessuno osava farlo, eccetto suo fratello.

    Gli strilli acuti di Iris divennero più intensi. Tra la mancanza di sonno e il dolore costante alla schiena e alla gamba, gli era passata la voglia di cercare di essere il padre dell'anno. Il fatto che non avesse altra scelta che chiedere aiuto lo irritava a dismisura; l'unico motivo per cui aveva ceduto era la figlia: i suoi bisogni dovevano venire prima dell'orgoglio, ed era per questo che ora si ritrovava davanti una tata.

    Era quello che voleva, no? Essere libero da servitori e dai media, e da tutte quelle persone pronte a farsi avanti per crescere la sua bambina al posto suo, tenendola però sotto le luci della ribalta. Accidenti, in quella casa passava pure da solo l'aspirapolvere, oltre a svolgere altri lavori domestici come fare le pulizie e portare fuori l'immondizia. Il fratello sarebbe morto dalle risate se l'avesse visto con in mano uno spazzolone per lavare il pavimento.

    Non aveva importanza, perché era negli Stati Uniti per ritrovarsi come uomo, non come principe. Per riscoprire quella parte di sé che temeva di avere perduto.

    Desiderava solo, per sei mesi, essere libero da qualsiasi tipo di incombenza di Stato. Era stanco di stare a palazzo, dove la compassione compariva come per magia sul volto di tutti quelli con cui entrava in contatto. , era vedovo, ma quello che molti non sapevano era che lui e la moglie erano separati da mesi, prima della morte di Karina; avevano mantenuto un matrimonio di facciata per salvaguardare le rispettive reputazioni.

    Falsità. Quella parola, bene o male, riassumeva la situazione. Colin invece voleva la libertà, voleva vedere come se la sarebbero cavata lui e Iris senza essere accuditi e riveriti ventiquattro ore al giorno. Aveva promesso al fratello, re Stefan, che sarebbero rimasti negli Stati Uniti solo per sei mesi, il lasso di tempo massimo concesso a un membro della famiglia reale per restare lontano dalla patria per motivi personali. Dopodiché Colin avrebbe dovuto decidere se rinunciare al titolo di principe Mikos Colin Alexander di Galini, oppure tornare sull'isola e riprendere il proprio posto accanto al fratello.

    Colin era il primo in linea di successione nel caso fosse successo qualcosa al re; se avesse rinunciato alla propria posizione, la corona sarebbe passata al cugino, di sicuro più portato a inseguire gonnelle e a finire sui giornali scandalistici che a governare un paese. Era questa considerazione che lo faceva sentire in colpa, ogni volta che ci pensava.

    Colin aveva perso temporaneamente il titolo quando aveva sposato Karina, perché lei era divorziata. Il regno aveva leggi arcaiche, e lui non aveva avuto né la voglia, né la forza di combattere contro quella tradizione.

    Ora che la moglie era morta, però, era tornato sotto i riflettori, sempre puntati sulla famiglia reale, che gli piacesse o no. E la figlia era nella successiva generazione, il che la rendeva automaticamente una duchessa. L'intera situazione era alquanto ingarbugliata; in aggiunta a ciò, avrebbe dovuto affrontare anni di conseguenze ramificate se avesse deciso di rinunciare al titolo.

    Colin voleva essere un padre presente, attivo. Il fatto, però, di essere in un paese straniero, di doversi ancora adeguare al nuovo stile di vita, e quel dannato handicap fastidioso lo avevano costretto ad ammettere di aver bisogno di un po' di aiuto. La sistemazione a breve termine gli avrebbe fatto capire se sarebbe stato in grado di prendersi cura da solo di Iris e se lui e la figlia avrebbero dovuto restare in America.

    Quando la bambina inarcò la schiena, urlando come se qualcuno le avesse portato via il suo bene più prezioso, istintivamente Darcy si protese verso di lei. Senza chiedere il permesso, le asciugò le lacrime dagli occhi e dolcemente gliela tolse dalle braccia.

    «Coraggio, coraggio» cominciò a rassicurarla accarezzandole la schiena e facendola sobbalzare piano piano. «Neanche a me piacciono molto i lunedì mattina.»

    Colin incrociò le braccia sul petto mentre la ragazza continuava a parlare alla figlia di diciotto mesi, con quel suo tono calmo e rilassante. , come se potesse funzionare. Iris strillava tanto che non riusciva nemmeno a sentire la voce dell'estranea.

    Darcy le strofinò di nuovo un dito sulle guance bagnate. A poco a poco, la bambina cominciò a calmarsi mentre lei continuava a parlare con lo stesso tono suadente, senza mai alzare la voce per superare quella di Iris. Colin osservò la figlia fissare l'estranea.

    Nel giro di un paio di minuti, Iris aveva smesso di agitarsi e aveva cominciato a tirarle la coda; portandosi alla bocca quei ciuffi morbidi, la bambina inspirò, singhiozzò e alla fine parve tranquillizzarsi del tutto.

    «Oh, no.» Colin fece per sottrarre la ciocca di capelli alla figlia, ma Darcy lo bloccò.

    «Va tutto bene» gli assicurò con la stessa voce delicata che aveva usato fino a pochi istanti prima con Iris. «I bambini si mettono tutto in bocca. Le assicuro che sono puliti.»

    Colin rimase a guardare mentre la bambina le tirava i capelli. Darcy si limitò a ridere e a sollevare la mano per bloccare il gesto. «Non così forte, piccolina. Sono attaccati.»

    Non riusciva a crederci. Iris aveva pianto per tutta la notte ed era stata irascibile da quando l'aveva tolta dalla culla. In che modo era riuscita, quella donna, a calmarla nel giro di pochi minuti? Con una coda di cavallo?

    Darcy le picchiettò un dito sul nasino prima di riportare l'attenzione su di lui. «Posso entrare?»

    Imbarazzato per la propria maleducazione, Colin si fece da parte per lasciarle spazio. Mentre gli sfilava accanto, fu avviluppato da un lieve profumo fruttato che gli stuzzicò il naso.

    Se aveva pensato che fosse attraente vista dal davanti, dovette ammettere che da dietro era un vero spettacolo. Quella donna sapeva come dar forma a un paio di jeans.

    Doveva essere più vecchia di quanto aveva pensato inizialmente, perché solo una donna poteva avere quelle curve, e sentirsi così a proprio agio nel proprio corpo. Aveva avuto l'impressione che tutte le donne di Los Angeles volessero un corpo da top model, e per averlo fossero disposte a ricorrere all'aiuto del silicone; Darcy Cooper l'aveva, e le sue curve erano tutte naturali.

    Stringendo i denti, Colin fece un virtuale passo indietro. Avrebbe fatto meglio a concentrarsi. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era prendere le misure a una potenziale tata. Doveva essere colpa della mancanza di sonno, se i suoi pensieri erano deragliati in quella direzione; era l'unica spiegazione per quell'improvviso attacco di libidine. La moglie era l'ultima donna con cui era andato a letto, ed era successo prima dell'incidente quasi mortale che aveva avuto due anni prima. Tra quello, la bambina, la separazione dalla moglie e la morte di quest'ultima... il sesso non era stato certo una priorità.

    Anni prima era stato il principe playboy dell'isola di Galini, ora invece la sua vita girava intorno a pannolini, bambole, e lo sforzo di camminare senza zoppicare. Oh, e le mansioni domestiche.

    Eppure una bella estranea si era presentata alla sua porta solo pochi momenti prima, e già provava un moto di eccitazione. Non riusciva a decidere se essere sollevato per il fatto di non essere morto, oppure infastidito perché il sesso era l'ultima cosa per cui avesse tempo da perdere.

    Al telefono, avevano stabilito che il colloquio avrebbe avuto un'impronta molto pratica, più che altro per capire se Iris avrebbe legato con la futura tata; tuttavia, Colin non aveva contattato altre candidate, perché nessun'altra agenzia poteva vantare le stesse credenziali.

    Darcy era arrivata da cinque minuti. Come poteva pensare che vivesse in casa sua per sei mesi, se l'attrazione aveva già assunto il controllo dei suoi pensieri? Aveva una vita già abbastanza complicata, senza bisogno di metterci in mezzo una storia di sesso senza sbocchi.

    Colin osservò Darcy mentre gironzolava per il soggiorno, dondolando la bambina sull'anca come se la conoscesse da tempo; quando Iris ricominciò ad agitarsi, proprio come prima lei le accarezzò la schiena e le rivolse qualche parola sottovoce.

    Non aveva mai visto nulla del genere. Aveva tentato tutta la dannata notte di calmare la figlia.

    Karina avrebbe saputo che cosa fare. Anche se erano stati separati per quasi un anno prima che lei cadesse vittima di un improvviso aneurisma, ne sentiva ancora la mancanza. L'incidente durante la scalata lo aveva cambiato, lo aveva spinto ad allontanarla per colpa del proprio stupido orgoglio e per la paura di non essere il marito e il padre perfetto, ma una parte di lui l'avrebbe sempre amata; era stata una moglie leale e una madre straordinaria.

    Quando Darcy si chinò a raccogliere un agnello di peluche, Colin dovette stringere i pugni. Perché non riusciva a distogliere lo sguardo dai jeans tesi sul suo fondoschiena? Perché non riusciva a concentrarsi su qualcosa che non fosse quella figura tentatrice? No, quella donna non poteva restare.

    La persona di cui aveva bisogno era una donna anziana con anni e anni di esperienza, i capelli grigi e dei vestiti da monaca. Ciò di cui non aveva bisogno era una donna che riusciva a eccitarlo senza neanche provarci. Però, per la miseria, aveva calmato Iris e ci era riuscita con la pratica di un'esperta.

    «Qual è la sua routine quotidiana?»

    Colin sbatté le palpebre e fissò la donna che cercava di essere professionale, mentre i suoi pensieri si erano persi in tutt'altra direzione.

    «Routine?»

    Spingendo il peluche sotto il naso della piccola per poi tirarlo indietro, Darcy annuì senza nemmeno guardarlo. «Sì, routine: pisolini, pappe, orari in generale.»

    Dato che erano arrivati a Los Angeles solo da pochi giorni, Colin procedeva a braccio con ciò che funzionava per entrambi; si stava ancora ambientando. Per quanto fosse difficile il cambiamento, non se ne era pentito: la cosa più importante era la figlia, che amava con tutto se stesso. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per essere in grado di prendersi cura di lei senza il timore di metterla in

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1