Poker a Las Vegas (eLit): eLit
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Colleen Collins
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Poker a Las Vegas (eLit) - Colleen Collins
successivo.
1
Devi essere proprio disperato per sposarti nella capitale del vizio, commentò tra sé con aria sconsolata Drake Hogan, lasciandosi alle spalle la cappelletta con tanto di aria condizionata e andando incontro a un torrido pomeriggio di luglio in quel di Las Vegas. Il calore saliva dal cemento del marciapiede sin nelle suole delle scarpe di vernice nera tirate a lucido. Si sbottonò la giacca dello smoking e ringraziò il cielo di aver partecipato a un matrimonio come testimone e non come sposo. Professione scapolo, d'altron de, era scritto nel suo codice genetico.
Si liberò della giacca, gettandosela con noncuranza sulle spalle, e diede un'occhiata a Liz, novella sposa del suo amico, in stravagante abito bianco dalle proporzioni decisamente minime e stivali, anch'essi candidi, che le arrivavano una spanna sopra al ginocchio. La ragazza balzò cavalcioni sulla Harley, tutta rosa e dalle cromature luccicanti. Con una pacca sul sedile posteriore invitò il marito Russell ad accomodarsi. «Salta su, bello! È ora di cominciare la nostra fantastica luna di miele a Las Vegas.»
Lui obbedì, noncurante della calura opprimente. E Drake si convinse che, tra le tante controin dicazioni che il matrimonio possedeva, c'era anche quella di rendere chiunque insensibile a qualsiasi condizione atmosferica.
«E ricordati» lo salutò Russell, «la prossima volta tocca a te!»
«Deve ancora nascere la donna che mi incastrerà» replicò lui senza mezzi termini.
Russell gli puntò un dito contro il petto con fare minaccioso. «Ricordati le mie parole, amico. Sento che presto, molto presto, incontrerai quella che ti manderà letteralmente k.o.!»
Russell sogghignò, si aggrappò alla vita di Liz, la Harley ruggì e si lanciò con un gran stridore di gomme nel traffico caotico di Las Vegas.
«Sì...» Drake fece eco, tutto solo, alle parole dell'amico. «Voglio proprio vedere chi mi manderà k.o... Forse se rinascerò pugile...»
Si voltò a osservare un'ultima volta la cappelletta dove il suo amico si era appena lasciato mettere il laccio al collo. Sulla porta di ingresso, laccata e multicolore, campeggiava un'insegna al neon dalle parole molto significative: Il Capoli nea dell'Amore.
E il capolinea dei divertimenti, della spensie ratezza, della libertà, commentò tra sé Drake. Sollevò lo sguardo sul Las Vegas Boulevard, detto anche lo Strip.
La Harley era già scomparsa dalla visuale, inghiottita da una fiumana di auto che attraversavano e percorrevano gli otto chilometri del viale a sud della città: un ininterrotto fluire di hotel, motel e casinò, a quell'ora del giorno ancora illuminato dal sole accecante del deserto del Nevada. Un deserto che circonda la città, paragonabile a una vera e propria oasi scintillante e rumorosa. Non per niente, Las Vegas è considerata il regno assoluto dello sfarzo, del gioco d'azzardo, del divertimento.
E dei matrimoni troppo facili. Ormai la mia è una specie in via d'estinzione, si consolò Drake.
Si arrotolò le maniche della camicia e pensò di festeggiare quella condizione privilegiata con un bel calice di Chablis. Pregustando l'idea, si guardò intorno. Passò in rassegna le insegne degli innumerevoli locali che con i loro neon invitavano i turisti ad approfittare di mirabolanti attrazioni, dalle slot-machines alle showgirls in topless. Sorrise tra sé e sé. Non era intenzionato né a rischiare il proprio denaro con le prime, né con le seconde.
Chablis? Ci ripensò. No, aveva bisogno di qualcosa di forte. Dopotutto, era a Las Vegas, la capitale del vizio. Doveva scolarsi qualcosa che gli facesse girare la testa e gli sconvolgesse la mente, come omaggio alla sua condizione privilegiata di scapolo. Qualcosa come...
Patatrac!
Qualcosa, anzi qualcuno gli era piombato ad dosso. Udì un grido, mentre tentava di riacquistare l'equilibrio. Qualcosa di bianco, impalpabile e spumeggiante gli annebbiava la vista. Cercò un appiglio per non cadere. Strinse le dita intorno a... capelli? Inspirò. Profumo... di rose.
Quello stesso profumo lo accompagnò nella rovinosa caduta sul marciapiede. Sul duro, rovente asfalto.
Spalancò la bocca, in cerca di ossigeno. Non fu facile, visto che un corpo, sopra di lui, lo soffocava sino a togliergli il respiro. Allora scostò dal volto una massa di ciocche per ritrovarsi da vanti agli occhi altri due grandi occhi color nocciola, sgranati e lucenti.
«Io... mi dispiace» furono le uniche parole che Drake sentì balbettare. «Mi... mi fa male il ginocchio.»
E Drake stava per ribattere, seccatissimo, che a lui faceva male tutto il corpo, ma per sollevarsi l'altra persona fece leva con un gomito sul suo stomaco. Lui rimase senza fiato dal dolore, mentre sentiva l'asfalto agire come un ferro caldo che gli appiccicasse la camicia alla schiena.
Finalmente quella specie di valanga umana si alzò in piedi, e Drake si accorse che era una ragazza. Questa cominciò a saltellare sul posto, come se avesse fretta ma non sapesse dove andare. Lui si sollevò su un gomito, raccolse la giacca e rimase a osservare la figura della sconosciuta che gli balzellava di fronte. Senza dubbio, il ginocchio non le faceva più male. Drake abbassò lo sguardo sui piedi scattanti e un particolare lo sconvolse. Credette, a prima vista, che le scarpe da ginnastica fossero state spruzzate di una polvere magica. Ma a un più attento esame, si rese conto che erano rivestite di strass. Lasciò scorrere lo sguardo sulle gambe. Non aveva mai visto gambe così lunghe e snelle. E abbronzate, anche! Gambe che non la smettevano un attimo di muoversi.
«Saranno qui a momenti!» si allarmò la ragazza, agitando le mani.
Alzandosi in piedi, Drake proseguì l'esame della sconosciuta studiandone il vestito. Strati su strati di tulle, impreziositi da una miriade di strass che, senza dubbio, facevano pendant con le scarpe.
«Saranno qui... chi?» riuscì appena a mormorare Drake.
«Presto! Dobbiamo fare qualcosa!» Lo sguardo, disperato, vagò tutt'attorno fino ad arrestarsi sul Capolinea dell'Amore. «Bene! Entriamo e... sposiamoci!»
Sposiamoci?
Drake era già bell'e pronto nello smoking, lei in quell'abito da sposa spaziale. Il suo delicato profumo di rosa gli giunse alle narici come una eau de mariage. L'intera faccenda puzzava di bruciato. Drake sollevò le mani in segno di difesa e indietreggiò verso l'unica cosa dal nome femminile che occupasse il suo cuore: la Corvet te d'epoca.
«È... è stato un piacere averti conosciuta, ma... devo scappare» balbettò allontanandosi furtivamente. Non fare movimenti improvvisi. Potrebbe piombarti addosso un'altra volta e trascinarti all'altare.
«Loro... loro mi uccideranno.»
Drake si fermò.
«Ti prego» lo implorò. «Ho bisogno di aiuto.»
Quella preghiera non lo lasciò indifferente. La sua coscienza gli impediva di voltare le spalle a una donna in difficoltà.
La signorina Scarpine Magiche aveva final mente smesso di agitarsi ed era lì, di fronte a lui, gli occhioni scuri luccicanti e colmi di lacrime.
«Chi vuole ucciderti?» le domandò.
«Mi uccideranno» ripeté lei, spiandosi intorno. «Non ho via di fuga. A meno che mi chiuda in una toilette, mi trasformi in un cactus o andiamo a sposarci... per finta, naturalmente!»
Era evidente che non ci fossero grandi alterna tive. In fondo voleva soltanto sposarsi per finta. Anche se Drake desiderava più di ogni altra cosa scappare a gambe levate da quella situazione paradossale, la povera ragazza, dall'aria tanto vulnerabile, lo faceva sentire terribilmente in colpa. Lui non aveva mai negato il proprio aiuto alle sue quattro sorelline.
Ma lei non è mia sorella. È una strana creatu ra, caduta da chissà dove, che mi vuole trascinare all'altare.
«Non mi farò mettere il laccio...» si ribellò Drake ad alta voce.
«E io non ti sto facendo una proposta di matrimonio!» Dai suoi occhi gli arrivarono fulmini e saette. «Che cosa credi? Che ogni donna sogni di avere un anello al dito? Uomini...» mormorò con disprezzo, scuotendo la testa. Girò i tacchi e salì i pochi gradini del Capolinea dell'Amore, gli strass sulle scarpe da ginnastica che mandavano bagliori e luccichii. Gli stessi bagliori e luccichii che fino a un momento prima avevano illuminato il suo sguardo.
Drake rimase un attimo a pensare cosa poteva fare. In pochi passi avrebbe potuto raggiungere la Corvette, cioè la salvezza, e lasciarsi alle spalle quella strana creatura. Ma non appena le porte della cappelletta si richiusero alle spalle della ragazza, notò due loschi figuri che gli venivano incontro sullo stesso marciapiede. Potevano essere scambiati tranquillamente per un paio di turisti, se non avessero indossato una specie di uniforme da Blues Brothers, con tanto di abito scuro e occhiali neri. L'unico tocco di originalità, e scarso buon gusto, era la camicia in perfetto stile hawaiano, sgargiante con gli enormi fiori multi colori, sotto la giacca del più bassino e tarchiatello dei due. L'altro, allampanato, indossava invece una più convenzionale camicia bianca. E si guardavano intorno, come se stessero cercando qualcuno.
La signorina Scarpine Magiche?
Nonostante il caldo torrido, Drake si sentì gelare il sangue nelle vene. Forse la ragazza gli aveva raccontato la verità. Forse era davvero in pericolo. Il suo istinto di fratello maggiore si risvegliò. Non poteva lasciarla sola, in preda a quelle canaglie.
Ostentando un'aria indifferente, si buttò la giacca sulle spalle e salì i gradini della cappelletta, canticchiando. Forse i due lo tenevano d'occhio e lo credevano uno sposino. Si sforzò di sembrare felice.
L'interno era ancora identico a prima, quando si erano sposati Russell e Liz. Gli stessi divanetti bianchi, lo stesso registro, la stessa fontanella. E il tappeto più kitsch che avesse mai visto. Un tempo forse dorato, il continuo andirivieni di centinaia di novelli sposi ne avevano smorzato ogni luccichio.
Proprio quello che succede con il matrimonio, rifletté lui. Si mise in fila dietro ad alcune coppie che attendevano il proprio turno. A dire il vero, dietro ad alcune coppie e a una ragazza dall'aria abbacchiata, fasciata in un pacchiano abito bianco ricoperto di strass.
Drake le scivolò accanto, coprendole le spalle con la giacca. «Faresti meglio a nasconderti. Ho visto due tipacci aggirarsi qui intorno con fare sospetto. Pensi di conoscerli?»
Lei si irrigidì. «Uno è piccolo e grasso?»
«Be', sì. E indossa una tremenda camicia hawaiana. Il suo amico invece era piuttosto alto. Insieme, fanno l'articolo il.»
«Sono loro» mormorò la ragazza, la voce incrinata. «Sono