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I miei guai con le donne (eLit): eLit
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E-book153 pagine2 ore

I miei guai con le donne (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Caro Mr. Real, solo tu mi puoi capire. Mi chiamo Ben e sono un avvocato di successo. La mia vita sarebbe perfetta, se non fosse per... le donne! Intendiamoci, io le adoro ma, quando hai una ex moglie e una ex fidanzata che non ne vogliono sapere di uscire dalla tua vita, le cose si mettono male. E poi c'è Rosie Myers. È una specie di giornalista, bellissima, e mi soffia sempre il posto auto in ufficio. Credi che per noi ci sia un futuro?



Caro Ben, cosa diresti se ti svelassi che Mr. Real in realtà è...?
LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2017
ISBN9788858968703
I miei guai con le donne (eLit): eLit
Autore

Colleen Collins

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    I miei guai con le donne (eLit) - Colleen Collins

    successivo.

    1

    La madre di Rosalind Myers, detta Rosie, le aveva predetto che un giorno sarebbe riuscita ad arrivare in ritardo anche al suo funerale. Rosie cercava di non prestare caso a quei pensieri troppo morbosi e imboccò il vicolo con la sua utilitaria senza fare caso al bordo del marciapiede.

    Una canzone rock risuonava dalla radio facendo vibrare le casse malandate dell'impianto, ma Rosie si sentiva stranamente calma. Tutto grazie al fatto che aveva finalmente preso in affitto una delle aree del parcheggio del palazzo dove lavorava. Sapere di non dovere girare a vuoto per ore prima di trovare un buco libero per lasciare l'auto è qualcosa che ti cambia la vita. Adesso sapeva che la sua macchina sarebbe stata parcheggiata a pochi metri dall'ingresso e poteva anche permettersi di partire da casa con i minuti contati. In quella bella e frizzante mattina assolata lei sarebbe riuscita a sedersi alla sua scrivania di redattrice pochi minuti dopo le otto. Anche Paige, il suo capo, ne sarebbe stata davvero felice.

    Sgranocchiando l'ultimo boccone della sua barretta dietetica, Rosie diede un'occhiata all'orologio di plastica che aveva appeso al cruscotto con un po' di nastro adesivo. Erano già le otto. Be', perlomeno il suo ritardo si sarebbe contenuto entro il quarto d'ora, nella peggiore delle ipotesi.

    Imboccò a tutta velocità il viale d'accesso al cortile interno del palazzo e fece una smorfia di dolore nel sentire lo specchietto sfregare per l'ennesima volta contro il muro. Non aveva certo tempo per fermarsi a piangere su piccoli inconvenienti come quello, e senza esitare sterzò verso il suo parcheggio personale. Si sentiva come se stesse per vedere un caro amico.

    Qualcosa di simile a un lampo di gelosia le fece corrugare la fronte quando intravide una lunga e lucente berlina occupare il suo prezioso rettangolo di cemento. Non riusciva a credere ai suoi occhi.

    Tirò il freno a mano e scese dalla macchina, accorgendosi solo un secondo troppo tardi di avere messo il piede proprio in una pozzanghera, dovuta al temporale di qualche ora prima. Si schizzò inevitabilmente: dal vestito di lino bianco sembrava che avesse appena assistito a un incontro di lotta nel fango. Dubitava però che qualcuno dei suoi colleghi della rivista Uomini veri avrebbe mai potuto credere a una scusa come quella. Per non parlare di Paige. Adesso avrebbe dovuto cercare parcheggio e il piccolo ritardo si sarebbe trasformato in un disastroso ritardo.

    Lanciò un'altra occhiata alla splendente berlina che occupava il suo parcheggio. Chinando la testa un po' di lato riuscì a leggerne la targa: 10L1T1G0.

    Io litigo. «Non hai idea di quando dovrai litigare con me, tesoro» borbottò stringendo i denti.

    Le finestre della redazione si affacciavano proprio su quel lato del palazzo. Uomini veri occupava interamente i primi due piani dell'edificio mentre al terzo avevano la propria sede un'assicurazione, qualche commercialista e, se non ricordava male, lo studio di un avvocato.

    «Adesso ho capito chi sei» mormorò passandosi una mano sul mento. Sì, sarebbe arrivata al lavoro con un tremendo ritardo prima che fosse riuscita a trovare un altro angolo di cemento su cui lasciare la sua fedele quattro ruote. Ma non importa più ormai se arrivo tardi in ufficio. Comunque non mi voglio togliere il piacere di andare a guardare negli occhi questo farabutto.

    Il rumore assordante di un clacson la fece voltare di scatto e Rosie si rese conto che alle sue spalle c'era fermo già da qualche minuto un enorme camion giallo.

    «Allora, bella, ci muoviamo? O hai scelto questa strada come angolo ricreazione?» urlò l'autista agitando il braccio fuori dal finestrino.

    Ah, gli uomini. Non sanno affrontare il minimo inconveniente. Rosie si infilò dietro l'orecchio un ricciolo che le era ricaduto sulla fronte.

    «In effetti sì, capo.» Si voltò con un sorriso di sfida e salutò addirittura con la mano mentre rientrava in macchina. Aveva imparato quella tecnica di difesa attraverso l'attacco dalla convivenza con quattro cocciuti fratelli maggiori. A volte non le era rimasta altra alternativa che scappare via veloce come un fulmine. Allora immaginava di avere al suo fianco una delle tante divinità greche pronte per ogni evenienza e riusciva a convincersi di essere lei la più forte.

    Dopo essersi seduta in macchina immaginò che la dea della grazia e della pazienza le posasse la mano sul capo e salutò con un cenno del capo il furente camionista.

    «Buongiorno!» Una mano con le lunghe unghie laccate in arancione si insinuò nella porta aperta dell'ufficio di Benjamin Taylor.

    Ben sollevò con calma la tazza di caffè mentre la sua ex moglie entrava nella stanza. Le labbra di Meredith erano dello stesso colore delle sue unghie. Per un attimo si domandò se un rossetto potesse davvero avere quel colore oppure se per caso non le fosse saltato in mente di baciare uno di quei piloni di emergenza fosforescenti della polizia stradale. Meredith si era lasciata con il suo ultimo fidanzato, un certo Dexter, e forse si aggirava disperata per la città baciando qualsiasi cosa le capitasse davanti.

    Perfino il suo ex marito Ben doveva essere sempre pronto ad ascoltarla e a confortarla.

    «Non è un buon giorno, tesoro?» domandò Meredith senza capire cosa nascondesse la sua smorfia.

    «Certo» replicò senza convinzione sorseggiando il suo caffè.

    «Meno male, stavo quasi per preoccuparmi per te» aggiunse con le mani puntate sui fianchi fasciati da una minigonna vertiginosa. Tutte le volte che cambiava fidanzato reagiva vestendosi in maniera a dir poco appariscente e questa volta la colpa era di quel Dexter.

    «Sai, tesoro» continuò masticando rumorosamente una caramella, «ho visto una lampada in stile orientale che sarebbe perfetta per il tuo ufficio.»

    Ben sbuffò. Ogni volta che cambiava fidanzato a lui toccava cambiare qualcosa nel suo ufficio. In fondo non era colpa sua se aveva per ex moglie un'annoiata arredatrice d'interni. Non era tanto il fatto che gli proponesse dei cambiamenti a dargli fastidio. Il problema era che lasciava sempre a metà tutto quello che cominciava, compreso il matrimonio e l'arredamento del suo ufficio.

    «Ti ringrazio ma non ho bisogno di altre lampade qui dentro, Meredith Taylor.» In certi momenti non sopportava l'idea che lei avesse mantenuto il suo cognome anche dopo il divorzio.

    «D'accordo, Ben. Ma non hai nessun bisogno di usare quel tono di voce con me.»

    Già, il suo scatto aveva sorpreso anche lui. Ma sapeva bene che era meglio mantenere le distanze se non voleva ritrovarsi con l'ennesima tappezzeria nuova. «Mi sono scottato con il caffè.»

    Lei sbuffò indifferente. «Ti piacciono i miei capelli?»

    «Sì, certo.» Ma che cosa avevano di strano?

    «Non dici niente di questa nuova tonalità mogano?»

    Ah, ecco. «Certo, grandiosa.» Era sempre meglio non contraddirla dopo che era stata dal parrucchiere.

    Doveva avere usato un tono di voce non sufficientemente convincente perché lei lo stava già fissando con gli occhi pieni di lacrime quando all'improvviso Heather piombò nell'ufficio.

    «Meredith! Che fantastico colore hanno i tuoi capelli! Sei stupenda! Bellissima!»

    Meredith sorrise soddisfatta e si guardò intorno con un'aria trionfante.

    Heather non smetteva di sorridere. «E tu, non dici niente?»

    Ben bevve un altro sorso di caffè. «Sì, sei in ritardo.»

    «Ma non a me, sciocco. Alla tua ex moglie, non vedi che è un vero splendore?»

    «Mai vista una donna così bella e con i capelli così mogano. Però sono le nove passate e tu sei in ritardo.»

    Ben lanciò un'occhiata nervosa a entrambe, la sua ex moglie e la sua ex fidanzata e realizzò per l'ennesima volta l'assurdità di quella situazione. Aveva trentasei anni e aveva deciso di ritirarsi dalla competizione sentimentale. Non voleva più correre nessun rischio e tutto quello di cui aveva bisogno era un buon amico con cui uscire a bere una birra di tanto in tanto. Anche se, a dire il vero, lui preferiva il vino e le tranquille partite a scacchi con il suo amico Matt. Ma poi questi si era innamorato e si era trasferito in un'altra città, in California.

    Da allora l'unica occasione per una sana discussione da uomo a uomo gli veniva fornita da una rubrica della rivista Uomini veri intitolata Mr. Real risponde. A volte, quando era rimasto da solo in ufficio e Heather era uscita per la pausa pranzo, Ben leggeva alcune delle lettere inviate a quella rubrica e provava a trovare delle soluzioni ai problemi dei lettori. Sperava solo che nessuno lo scoprisse mai a sfogliare una rivista così frivola e poco adatta a un avvocato di successo come lui.

    Quando c'era in giro qualche cliente, convinceva Heather a nascondere quello e altri giornali poco seri che lei adorava tanto. In fondo, Ben era specializzato in diritto del lavoro e doveva trasmettere la sensazione di essere una persona assolutamente affidabile e seria. Non poteva permettersi di rivelare che il suo passatempo erano le creme abbronzanti e l'ultimo modello di canna da pesca in lega superleggera.

    Heather stava ancora cercando di consolare Meredith. «Non le dici niente? Non vedi come soffre per amore?»

    Ben si passò una mano tra i capelli. «Non dirlo a me. Vorrei tanto emigrare su un altro pianeta.»

    Ricordava ancora il giorno in cui aveva incontrato Heather. Gli era bastato uno sguardo dei suoi magnifici occhi blu per non capire più niente. Gli era sembrata più bella di un angelo.

    Nel giro di un mese si erano fidanzati e lei era diventata la sua segretaria. Solo dopo poche settimane si era reso conto che l'angelo in realtà era più freddo di un iceberg e che proprio non erano fatti l'uno per l'altro. Dopo che la loro storia era finita aveva deciso comunque di non licenziarla. Era davvero brava nel suo lavoro e ormai conosceva bene i clienti.

    Certo, non aveva immaginato che le sue due ex si coalizzassero contro di lui per cercare di farlo impazzire con tutte le loro fissazioni e manie femminili.

    «Ma come fai a essere così insensibile?» insistette Heather.

    Meredith si calò ancora di più nella sua parte di vittima innocente. «Non ti è mai importato niente di me, nemmeno quando eravamo sposati.»

    Mentre fissava incredulo i due volti con espressioni che aveva già visto almeno un milione di volte comparve un terzo viso che non conosceva affatto. Un viso grazioso circondato da una folta cascata di riccioli castano rossicci, uno dei quali ricadeva sulla fronte come un'innocente spirale. Era davvero molto, molto carina. Sembrava anche molto arrabbiata.

    «È lei Benjamin Taylor?» domandò senza preamboli.

    No, io sono solo il crudele e insensibile ex di queste due dolci ragazze. «Sì.»

    «Io litigo?»

    «Non saprei. Le capita spesso?»

    Lui avrebbe potuto giurare che il ricciolo tremò mentre lei socchiudeva i suoi occhi scuri. «1-0-L-1-T-1-G-0, è la sua targa?»

    «Perché? Qualcuno ha tamponato la mia auto?» domandò preoccupato.

    «No, ma c'è mancato poco che qualcuno chiamasse il carro attrezzi per farla portare via» aggiunse lei senza nessun tipo di timore. «Quel qualcuno sono io. Lei mi ha rubato il parcheggio.»

    Meredith e Heather fissavano la ragazza infuriata con una specie di riconoscenza stampata sul viso. Era come se la sua rabbia diretta e senza troppi fronzoli avesse canalizzato anche tutte le loro energie. Ben si sentiva messo al muro e non sapeva più cosa fare.

    Com'era possibile capire le donne? Se una di loro deve andare al bagno tutte le altre la seguono. Se una di loro ti odia, tutte le altre

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