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Il segreto del milionario: Harmony Destiny
Il segreto del milionario: Harmony Destiny
Il segreto del milionario: Harmony Destiny
E-book177 pagine2 ore

Il segreto del milionario: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Come posso restare con un uomo che non fa altro che mentire?
Nonostante sappia che Conrad Huges le spezzerà il cuore, Jayne non può fare a meno di sposarlo. Lui è uno dei più potenti proprietari di casinò di Monte Carlo, e il poker face è la sua specialità. Ovvio che sia riuscito a convincerla della sua buona fede. Ma quando le assenze di lui diventano sempre più frequenti e ingiustificabili, Jayne decide di andarsene per sempre. Conrad, però, non è affatto d'accordo e ha un asso nella manica che gli farà vincere quell'ultima partita.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2020
ISBN9788830517356
Il segreto del milionario: Harmony Destiny
Autore

Catherine Mann

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il segreto del milionario - Catherine Mann

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    All or Nothing

    Harlequin Desire

    © 2013 Catherine Mann

    Traduzione di Giuseppe Biemmi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-735-6

    1

    Monte Carlo, Casino de la Méditerranée

    Non capitava tutti i giorni che una donna scommettesse il suo anello di fidanzamento con tanto di diamante giallo da cinque carati a un tavolo della roulette. Ma a Jayne Hughes non era venuto in mente un modo migliore per fare uscire il suo cocciutissimo marito dalla posizione di stallo in cui si era rinchiuso.

    Aveva lasciato ripetuti messaggi a Conrad, dicendogli di mettersi in contatto con il suo legale, e lui li aveva ignorati. In seguito, il suo avvocato aveva chiamato quello di Conrad, senza alcun risultato. Così le carte dovevano ancora essere firmate.

    Mentre Jayne si apriva un varco nella calca degli scommettitori per raggiungere il tavolo della roulette, il pugno le si richiuse attorno all’anello di fidanzamento che Conrad le aveva regalato sette anni prima. Dato che era il proprietario del Casino de la Méditerranée, se Jayne fosse stata sfortunata nella sua puntata azzardata, l’anello sarebbe tornato in suo possesso. Tutto o niente. Era conscia che doveva perdere per vincere. Per dare un taglio netto a questa storia e non sentirsi più il cuore infranto.

    Jayne puntò l’anello sul settore di velluto corrispondente al 12 rosso. L’anniversario della loro rottura cadeva proprio il 12 di gennaio, ovvero di lì a una settimana. Avevano passato separati tre dei sette anni trascorsi dal matrimonio. A questo punto, Conrad doveva essere riuscito per forza ad accettare il fatto che tra loro fosse finita, in modo che potessero procedere ciascuno per la propria strada.

    Dei suoni familiari riecheggiavano sotto il soffitto a cupola, grida e risate di gioia mescolate a esclamazioni più o meno sconfortate. Jayne aveva considerato quelle pareti ricoperte di affreschi come la sua casa per i quattro anni in cui avevano vissuto insieme come marito e moglie. Per questo si muoveva a suo agio in quel luogo, anche se era cresciuta in una dimora assai più modesta a Miami. L’attività odontoiatrica di suo padre aveva consentito loro un tenore di vita se non proprio privilegiato, sicuramente più che decoroso. Naturalmente, sarebbero stati molto meglio se suo padre non avesse nascosto loro di avere una seconda famiglia.

    In ogni caso, le finanze dei suoi genitori erano lontane anni luce dall’opulenza che si respirava in questo regno della mondanità.

    Tornando al suo anello, era una creazione unica di Van Cleef & Arpels che l’aveva abbagliata quando ancora credeva alle favole.

    Ma Cenerentola ormai aveva lasciato il palazzo. La scarpetta di vetro di Jayne era finita in frantumi insieme al suo cuore. Il Principe Azzurro non esisteva. Avrebbe dovuto pensarci lei a plasmare il proprio destino e a prendersi cura della sua vita.

    Facendo un cenno al croupier incaricato di far girare la ruota, spinse avanti l’anello, mettendolo esattamente al centro del settore del 12 rosso. Il dipendente del casinò si sistemò il papillon e corrugò la fronte, guardando alle spalle di Jayne e concedendole solo un secondo per tornare sui suoi passi prima di...

    Conrad.

    Senza nemmeno doversi voltare, lei avvertì la sua presenza alle proprie spalle. E questo non era affatto giusto. Perfino dopo tre anni di separazione, senza aver più posato gli occhi su di lui una sola volta, il suo corpo lo riconosceva ancora. Lo voleva. Sotto all’abito di seta beige, le venne la pelle d’oca, e la mente le tornò a quando avevano passato un intero weekend a fare l’amore con la brezza del Mediterraneo che si intrufolava dalla portafinestra del balcone.

    Quando le parlò, l’alito di Conrad le accarezzò l’orecchio. «Se vuoi delle fiches per giocare, le trovi alla tua sinistra, mon amour

    Amore mio?

    Difficile. Più probabile che la considerasse una sua proprietà. «Invece, tu gli incartamenti relativi al divorzio li trovi dal mio avvocato.»

    Era infermiera geriatrica. Non una principessa con mille grilli per la testa.

    «Perché mai dovrei separarmi da te visto che sei ancora così attraente da poter sciogliere il sangue nelle vene di un uomo?» Un leggero spostamento fece sì che le si avvicinasse fino a quando il suo calore le risultò tangibile almeno quanto il desiderio... e la rabbia, che le stavano montando dentro.

    Jayne girò su se stessa per porglisi di fronte, preparandosi a sostenere l’impatto del suo incontestabile fascino.

    Il solo guardarlo le rimescolò lo stomaco. La indispettiva il modo in cui il suo corpo gli reagiva. Perché mai mente e ormoni non riuscivano a essere in sintonia?

    I capelli corvini brillavano sotto gli imponenti lampadari di cristallo e lei ne ricordava benissimo la consistenza, sorprendentemente soffice e goduriosa al tatto. Aveva passato parecchie notti a osservarlo dormire e ad accarezzargli la chioma. Conrad non dormiva molto, soffriva d’insonnia, come se non potesse allentare il controllo che esercitava sul mondo circostante nemmeno per riposare un po’. Così lei aveva tenuto in gran conto quei rari momenti in cui aveva potuto guardarlo senza essere soggiogata da quei suoi occhi di un incredibile castano dorato.

    Le donne lo fissavano e sussurravano tra loro ogni volta che Conrad Hughes passava loro accanto. Perfino adesso non cercavano nemmeno di nascondere le occhiate manifeste di apprezzamento. Era più che bello nel suo smoking, così come lo era in jeans e T-shirt, con quel suo stile spavaldo e tenebroso. Sebbene fosse newyorkese purosangue, aveva l’aspetto vagamente esotico di un aristocratico italiano uscito da un altro secolo.

    Ed era anche di un’indicibile arroganza.

    Conrad raccolse il diamante da cinque carati dal velluto del tappeto da gioco, e lei ebbe solo il tempo di esalare un respiro strozzato prima che lui glielo spingesse nel palmo, facendole richiudere le dita attorno all’anello.

    «Conrad» sbottò lei, cercando di ritrarre il braccio.

    «Jayne» la schernì lui di rimando, continuando a stringerle la mano fino a farle affondare il diamante nella pelle. Quindi si guardò attorno. «Questo non è il posto adatto per un ricongiungimento.»

    Conrad si incamminò e, dato che continuava a tenerle la mano, lei non ebbe altra scelta che quella di seguirlo in mezzo al brusio che regnava nella sala. Delle facce familiari si stagliarono nella massa dei vacanzieri, ma lei non poté soffermarsi a conversare amabilmente, come era solita fare in passato.

    I casinò di suo marito costituivano un punto di incontro per l’élite, reali compresi. Secondo le ultime stime, Conrad ne possedeva una mezza dozzina sparsi in giro per il mondo, ma il Casino de la Méditerranée era sempre stato il suo preferito. Vi si respirava un’atmosfera d’altri tempi grazie a macchine e tavoli da gioco dall’aria vintage, i cui meccanismi interni però erano aggiornati al più avanzato stato dell’arte.

    La gente veniva al Casino per restar fedele alla tradizione e frequentare le sale da gioco indossando smoking firmati Savile Row e abiti da sera di Christian Dior. Diamanti e ogni altro genere di gioielli brillavano un po’ ovunque, senza dubbio provenienti dagli atelier di Cartier, Bulgari o da oreficerie artigiane di alto livello. Il suo anello con diamante da cinque carati era senza dubbio notevole, ma non era certo niente di straordinario per il Casino de la Méditerranée.

    I suoi tacchi a spillo produssero un ticchettio sempre più rapido sul pavimento di marmo mentre la borsetta nera le scivolava fino al gomito per la fretta. «Fermati immediatamente!»

    «Non ho bisogno di riprendere fiato, grazie.» Più ostinato che mai, lui si arrestò solo quando furono davanti all’ascensore dorato, che gli consentiva l’accesso ai suoi alloggi personali. A questo punto, pigiò il tasto di chiamata.

    «Dio mio, sei sempre il solito sarcastico, arrogante pallone gonfiato» lo accusò lei, sbuffando.

    «Be’, accidenti.» Lui le passò un braccio attorno alle spalle. «Questo non me l’avevi mai detto. Grazie per avermi onorato della grande considerazione che hai per me.»

    Jayne si liberò del suo braccio con una scrollata di spalle e puntò i tacchi. «Non intendo salire nella tua suite.»

    «Vorrai dire il nostro appartamento al piano attico.» Lui le sfilò l’anello di mano e glielo lasciò cadere nella borsetta che le pendeva da una spalla. «La nostra casa.»

    Casa?

    Aveva una bella faccia tosta a definirla così. Ma si rifiutò di mettersi a discutere con lui nell’atrio, dove chiunque poteva sentirli. «Va bene. Ho bisogno di parlarti. Da soli.»

    Le porte scorrevoli si spalancarono. Lui congedò con un gesto della mano l’addetto all’ascensore e la condusse all’interno della cabina dalle pareti ricoperte di specchi in cui si ritrovarono ben presto sigillati. «Se vuoi darmi i documenti, sappi che non li firmerò.»

    Già, se l’era aspettato. «Ti faccio notare che viviamo separati da tre anni. Non è possibile che tu voglia restare sposato con me.»

    «Forse volevo solo che, invece di mandarmi l’ennesimo emissario, tu avessi il fegato di venire...» agli angoli degli occhi di un castano intenso gli si formarono delle piccole rughe, «... a dirmi in faccia che sei disposta a trascorrere il resto della tua vita senza tornare a condividere lo stesso letto con me».

    Tornare a condividere un letto con lui?

    Neanche per sogno.

    Non poteva fidarsi di lui, tanto più dopo quello che era accaduto con suo padre. Si rifiutava di permettere a qualsiasi uomo di prenderla in giro e di farsi spezzare il cuore come era accaduto a sua madre. «Intendi dire condividere lo stesso letto ogni volta che ti trovi a passare in città prima di scomparire per settimane e settimane? Vedi, abbiamo discusso questa faccenda milioni di volte. Non posso dormire con un uomo che custodisce una montagna di segreti.»

    Conrad fermò l’ascensore con un diretto ben assestato alla pulsantiera e le si pose di fronte, il sorriso vagamente offuscato da una certa contrarietà. «Non ti ho mai mentito.»

    «No. Tu svicoli sempre quando non vuoi rispondere a una domanda.»

    Era un uomo scafato. Fin troppo scafato. Giocava con le parole con la stessa destrezza con cui lo faceva con il denaro. A soli quindici anni, aveva manipolato il mercato azionario con il suo vasto fondo fiduciario. Aveva rovinato più di uno sfruttatore – o squalo che dir si voglia – e aveva rischiato di finire in un centro di detenzione minorile. Grazie all’influenza della famiglia, però, aveva evitato il carcere, anche se era stato condannato da un giudice a frequentare una scuola militare che equivaleva in tutto e per tutto a un riformatorio, dove aveva imparato a incanalare le sue capacità per farsi strada legalmente nella vita.

    Oh, che Dio la aiutasse, non gli era ancora immune, si rese conto Jayne, guardandolo. Era per questo che aveva mantenuto le distanze e aveva cercato di ottenere il divorzio da oltreoceano. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso nella loro relazione si era materializzata quando si era presa un grosso spavento per via di una mammografia che aveva destato dei sospetti. Aveva avuto disperatamente bisogno del sostegno di Conrad, però non era riuscita a rintracciarlo per quasi una settimana. I sette giorni più lunghi di tutta la sua esistenza.

    I problemi di salute si erano rivelati di natura benigna, ma i timori per il suo matrimonio? Al cento per cento maligni. Per rispetto a ciò che avevano condiviso, aveva atteso che Conrad tornasse a casa. Gli aveva concesso un’ultima chance di essere onesto nei suoi confronti. Conrad, però, le aveva propinato la solita, trita storia degli affari da curare e di come dovesse avere fiducia in lui.

    Quella sera stessa se ne era andata, portando con sé un’unica valigia. Se solo avesse pensato a lasciarsi alle spalle anche gli anelli...

    Stando in piedi nei ristretti confini dell’ascensore, con l’impianto stereo che diffondeva della musica classica come sottofondo, non poté impedirsi di ripensare alla volta in cui lui l’aveva premuta contro una delle pareti a specchio e aveva fatto l’amore con lei fino a coinvolgerla in qualcosa di talmente travolgente da farle dimenticare di chiedergli dov’era stato nelle ultime due settimane.

    «Be’, Conrad? Non dici niente?»

    «Il vero problema qui non sono io. Sei tu, che non sai fidarti.» Lui passò un dito sotto la tracolla di metallo della sua borsetta nera e gliela risistemò sulla spalla. «Io non sono tuo padre.»

    Le sue parole trasformarono la passione residua in rabbia... e dolore. «Questo è un colpo basso.»

    «Mi sbaglio?»

    Lui le era così vicino che avrebbero potuto perdersi in un bacio invece che lanciarsi in quella sofferta introspezione. Jayne se ne rese conto e, anche se sapeva che non avrebbe dovuto, gli si avvicinò, desiderosa di sentire quelle labbra sulle sue. L’attrazione fu così intensa che dovette far ricorso a tutta la

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