Affascinata dal principe: Harmony Destiny
Di Kristi Gold
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Kristi Gold
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Anteprima del libro
Affascinata dal principe - Kristi Gold
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Persuading the Playboy King
Silhouette Desire
© 2004 Kristi Goldberg
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-850-6
Prologo
Il principe Marcel Frederic DeLoria aveva una passione per le auto veloci e per il senso di libertà che provava eseguendo curve a gomito su strade tortuose. Eppure, il piacere più grande gli proveniva da curve ben più pericolose, quelle che si potevano ammirare sul corpo di una donna. Apprezzava ogni sfumatura delle esponenti del gentil sesso, i loro sguardi, il loro profumo, la loro innata intelligenza e, in definitiva, la sfida insita nella loro conquista.
Ma per quanto amasse le donne, detestava gli addii e per questo motivo aveva sempre evitato i legami sentimentali. Tuttavia, quella sera, un inevitabile addio incombeva su di lui come una ghigliottina pronta a recidere rapporti consolidati in quattro anni di assidua frequentazione.
Solo qualche ora prima, Marc aveva conseguito il diploma di laurea ad Harvard e si accingeva ad abbracciare la propria indipendenza.
Non aveva alcuna voglia, tuttavia, di staccarsi dai suoi due migliori amici, lo sceicco Dharr Halim, erede al trono del suo paese, e Mitchell Edward Warner III, figlio di un senatore americano, a sua volta destinato a perseguire la carriera del padre.
Erano tre uomini condizionati dal loro rango, uniti da un’amicizia sincera che era cresciuta e si era rafforzata durante quei quattro anni di università trascorsi insieme.
Il chiasso dei festeggiamenti filtrava attraverso la porta chiusa dall’esterno, una gioiosa baldoria che segnava la fine di un’epoca.
La fine della loro giovinezza.
Il terzetto aveva scelto di non partecipare alla festa e si era invece rinchiuso nell’appartamento condiviso durante gli anni dell’università, dove avevano fondato la loro confraternita conversando di cultura, di eventi mondiali e delle loro consuete avventure nell’aggirare gli onnipresenti paparazzi. Oltre che, naturalmente, del loro argomento preferito, le donne.
Quella sera, però, tra loro prevaleva un insolito silenzio.
Era come se tutti quegli argomenti importanti avessero perso di significato alla luce di ciò che li attendeva l’indomani, un futuro che nessuno poteva prevedere al di là delle aspettative delle rispettive famiglie.
Marc sprofondò sul comodo divano e appoggiò i piedi sul tavolino situato davanti a lui.
Dharr sedeva regalmente sulla poltrona reclinabile di pelle marrone bruciato, proprio di fronte a Marc, senza il tradizionale copricapo arabo che di solito gli avvolgeva la testa, ma con l’innata aria da leader di sempre.
Mitch aveva optato per l’abituale seduta a gambe incrociate per terra, la schiena appiattita contro la parete. Indossava un paio di jeans e gli immancabili stivali, un tipo di abbigliamento che spiccava tra la folla come una corona sulla testa di un mendicante.
Sebbene fossero ragazzi diversi fra loro, condividevano il peso della notorietà, ragion per cui organizzavano spesso quelle solitarie riunioni a tre, per sfuggire alle pressioni dei media.
Mitch accantonò la rivista che stava sfogliando da quando erano arrivati e prese la bottiglia di pregiato champagne francese, dono del fratello di Marc, il re. «Abbiamo già brindato al nostro successo. Ora, suggerisco un brindisi al nostro lungo celibato.» Si riempì di nuovo il bicchiere, poi fece lo stesso con quelli di Dharr e di Marc.
Dharr sollevò il suo calice. «Approvo il brindisi.»
Con lo champagne in mano, Marc si fermò a riflettere su un’idea, una sorta di rilancio alla proposta dell’amico che avrebbe acceso senza dubbio l’interesse degli altri. «Io propongo una scommessa.»
Dharr e Mitch si scambiarono un’occhiata, poi indirizzarono i loro sguardi sull’amico.
«Che genere di scommessa, DeLoria?» gli chiese Mitch.
«Be’, dal momento che siamo tutti d’accordo che il matrimonio non fa per noi, perlomeno non nell’immediato futuro, io suggerirei di restare fedeli a questo nostro proposito, scommettendo che saremo ancora scapoli tra dieci anni.»
«E se così non fosse?» domandò Dharr.
Marc vedeva un solo modo per garantire il successo della scommessa. «Ci obbligheremo a rinunciare al nostro bene più prezioso.»
«Dovrei rinunciare al mio stallone?» Mitch torse il viso in una smorfia, come se avesse ingoiato qualcosa di disgustoso. «Sarebbe un colpo durissimo.»
Dharr fece un’espressione ancor meno entusiasta allorché il suo sguardo si posò sul dipinto di donna appeso alla parete dietro la testa di Mitch. «Immagino che nel mio caso io dovrei rinunciare al mio adorato Modigliani, ma devo ammettere che privarmi di quel nudo mi causerebbe non poco dolore.»
«È proprio questo il punto» argomentò Marc. «La scommessa perderebbe di significato se la posta in gioco non fosse così importante.»
Mitch lo scrutò con sospetto. «D’accordo, DeLoria. Qual è allora il bene prezioso che metti in gioco tu?» volle sapere.
Marc ci pensò un solo istante prima di rispondere: «La Corvette».
«Rinunceresti alla tua amata automobile?» Mitch era incredulo.
«Certo che no. So già che vincerò la scommessa.» E così sarebbe stato, perché Marc DeLoria detestava perdere, tanto più se ciò significava rinunciare a qualcosa a cui teneva moltissimo.
«Se è per questo, anch’io» dichiarò Dharr deciso. «Dieci anni sono un lasso di tempo adeguato prima di essere costretto ad accettare un matrimonio di convenienza al fine di assicurare un erede al trono.»
«Non c’è nessun problema neppure per me» aggiunse Mitch ridendo. «Intendo rifuggire dal matrimonio a tutti i costi.»
Dharr sollevò un’altra volta il bicchiere. «Tutti d’accordo, allora?»
Mitch accostò il suo calice a quelli di Dharr e Marc, producendo un tintinnare festoso. «D’accordo.»
E così, i tre moschettieri dei tempi moderni suggellarono il loro patto secondo il leggendario motto tutti per uno, uno per tutti.
Marc innalzò il suo bicchiere. «Che la scommessa abbia inizio.»
Era sicuro di vincerla. Avrebbe saputo resistere con estrema facilità alla tentazione costituita da qualunque donna avesse tentato di legarlo a sé in una scialba esistenza di coppia. Non aveva motivo di sposarsi, nessun dovere o ragione di stato che gli imponessero di prendere moglie.
C’era una sola cosa che Marc detestava più del matrimonio: l’idea di governare il suo paese. Ma in virtù del suo ordine di nascita, il principe Marcel Frederic DeLoria non avrebbe dovuto soffrire la disgrazia di diventare re.
1
Nove anni dopo
Marcel Frederic DeLoria era diventato re.
Kate Milner lo conosceva solo come Marc, un ragazzo dal fascino indiscutibile. Era stato uno studente di biologia per sua stessa ammissione non particolarmente brillante, ragion per cui lei gli aveva offerto il suo aiuto durante il loro primo anno all’università di Harvard. E ora Marc era il sovrano di Doriana, un piccolo paese dell’Europa.
Incredibile.
Naturalmente, il fatto che lei ora si trovasse in uno di quei castelli da favola, a migliaia di chilometri da casa, e si accingesse a rivederlo dopo tanti anni, le pareva altrettanto inverosimile. Per questo continuava a sorridere.
Il suo sorriso si dissolse all’istante quando lui comparve in fondo al magnifico atrio, accompagnato da un impettito e raffinato gentiluomo di mezza età.
Le pareti a specchio, che riflettevano bagliori di luce dai candelabri di cristallo, sembravano rimpicciolirsi a mano a mano che lui si avvicinava con incedere sicuro e controllato. I capelli erano dello stesso biondo dorato di un tempo, solo un po’ più lunghi, notò Kate.
Sembrava più imponente di come lo ricordava, con il torace più ampio e le spalle più larghe avvolti in una camicia aderente blu marina che metteva in risalto i bicipiti poderosi. Indossava un paio di jeans scoloriti che evidenziavano i fianchi stretti e le cosce solide, proprio il genere di abbigliamento dei tempi dell’università, osservò lei con sorpresa. Dopotutto, era un nobile, no?
Misericordia!
Si aspettava per caso di vederselo comparire davanti parato di mantello di ermellino e corona tempestata di gemme? E magari con uno scettro stretto in mano, al posto degli occhiali da sole? Che sciocca ad aver pensato una cosa simile.
Quantomeno, però, si sarebbe aspettata che si presentasse in un costosissimo abito sartoriale piuttosto che in quel look casual, finto trasandato, tanto magnificato dai virtuosi fusti sulle patinate riviste di moda femminili.
Non che se ne lamentasse.
Quando lui si fermò a qualche passo di distanza, Kate fu letteralmente catturata dall’eccezionale alone di potere che emanava dalla sua figura e, in tutta risposta, il cuore prese a pulsarle a un ritmo accelerato. Si sforzò di mantenere il contegno quando il suo sguardo incontrò quello degli occhi color cobalto di lui, occhi che non esprimevano più la spensieratezza di un tempo. Scorse in essi una nota indistinta, inafferrabile, di malinconia.
C’era qualcosa di radicalmente mutato in Marc, che andava oltre l’aspetto fisico.
Kate non comprese se lui l’avesse riconosciuta. Il suo atteggiamento distante non le fornì alcuna indicazione in proposito. Ma, in fondo, perché avrebbe dovuto? Anche lei era molto cambiata... e si augurava in meglio.
L’accompagnatore del re si arrestò di colpo e si esibì in un lento e pomposo inchino. «Dottoressa Milner, sono Bernard Nicholas, primo aiutante di Sua Maestà» si presentò in tono formale.
«Piacere di conoscerla» lo salutò Kate, frenando un illogico istinto a inchinarsi e optando, invece, per un semplice sorriso.
Il signor Nicholas rivolse la propria attenzione al silenzioso re.
«Maestà, ho il piacere di presentarle la dottoressa Katherine Milner, l’ultima candidata per il posto di medico nel nostro ospedale.»
Marc avanzò e le tese la mano, che lei accettò con leggera esitazione. «Benvenuta a Doriana, dottoressa Milner. La prego di scusare il mio abbigliamento. Non ero stato avvisato del suo arrivo.»
La sua voce era come Kate la ricordava, con quel netto accento europeo così seducente e sofisticato, solo più profonda. Tuttavia, non sembrava affatto felice dell’incontro, poiché non accennò neppure a un sorriso. In effetti, la sua cortesia pareva piuttosto forzata.
Considerata l’ora e il suo viso non ancora rasato, lei non poté fare a meno di chiedersi se, per riceverla, non avesse dovuto lasciare la compagnia di una donna o, verosimilmente il letto di una donna.
A ogni modo, le sue attività in quel senso non dovevano riguardarla.
Eppure, la sensazione di quelle dita forti strette attorno alle proprie era talmente prepotente da riportarle alla memoria quel genere di consapevolezza familiare a una donna un tempo innamorata di quell’uomo. Ma Marc DeLoria non era un uomo comune. Non lo era mai stato. E di certo non serbava memoria di quel periodo trascorso insieme.
Kate decise che aveva semplicemente bisogno che qualcuno glielo rammentasse. «È bello rivederti, Maestà.»
A quel tono confidenziale,