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Resa incondizionata: Harmony Collezione
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Resa incondizionata: Harmony Collezione
E-book154 pagine2 ore

Resa incondizionata: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

I Re di Russia 2/4
Clienti, donne, soldi... Lo spietato amministratore delegato Sev Derzhavin è un maestro nell'ottenere qualunque cosa, o chiunque voglia! Dopo essere stato rifiutato da bambino, ha giurato a se stesso che non avrebbe mai più provato quella sensazione. Così, quando la sua assistente personale rassegna le dimissioni, Sev non può resistere alla sfida di convincerla a restare...

Naomi Johnson deve andarsene prima di cedere all'attrazione che prova per il suo capo mettendo a repentaglio la carriera e il proprio cuore. Ma durante il loro ultimo viaggio a Dubai, Sev le fa una proposta che lei non ha la forza di rifiutare: godersi un po' di straordinari... tra le sue braccia!
LinguaItaliano
Data di uscita21 ott 2019
ISBN9788830505704
Resa incondizionata: Harmony Collezione
Autore

Carol Marinelli

Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.

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    Anteprima del libro

    Resa incondizionata - Carol Marinelli

    successivo.

    Prologo

    «Sei inglese?»

    Naomi guardò dall'altra parte di una grande e immacolata scrivania Sevastyan Derzhavin che sfogliava, con poco entusiasmo, il suo curriculum. Aveva già capito che non le avrebbe dato il posto. Quindi adesso era solo questione di trovare un modo cortese di congedarla. Quello che non sapeva era che Sevastyan non era tipo da finezze sociali.

    «Sono nata qui e mio padre abita a New York» rispose. «Per cui sono in regola...»

    «Non ti stavo chiedendo questo» la interruppe lui scuotendo la testa. «Non mi interessa la burocrazia. È il tuo accento che mi ha incuriosito. Da quanto sei qui?» volle sapere continuando a sfogliare il curriculum.

    «Dodici giorni.»

    «E alloggi in un albergo?»

    «Solo finché non troverò una sistemazione, cosa che si sta rivelando più difficile del previsto.»

    Sev alzò lo sguardo e notò che era arrossita. Era così da quando aveva pronunciato il suo nome. O forse il suo incarnato era perennemente rosso?

    «Credevo avessi detto che tuo padre vive...»

    «Sua moglie ha appena avuto un bambino» lo interruppe Naomi.

    «Allora non ti biasimo.»

    «Scusi?» chiese lei.

    Sev si irrigidì. Era la terza volta che pronunciava quella parola.

    «Non ti biasimo per non voler stare con tuo padre se in casa c'è un neonato che piange.»

    Lei non rispose, limitandosi a deglutire e lui si rese conto che probabilmente era il genitore a non volere che la figlia stesse con la nuova famiglia. Era arrivato il momento di dirle che stavano perdendo tempo.

    Personalmente era un uomo che stava alla larga dalle emozioni. La sua passione erano i computer. E i libri. Non la gente.

    Era inutile dilungarsi. La donna che aveva di fronte non sarebbe mai potuta diventare la sua assistente personale e per un motivo ben preciso: Naomi Johnson aveva una di quelle personalità dolenti che lo irritavano.

    Una delle ultime parole d'inglese che aveva imparato era stata scusi e la usava molto raramente. Naomi, invece, l'aveva pronunciata due volte ancor prima di sedersi. E adesso lo aveva fatto di nuovo.

    «Non credo che funzionerà» le annunciò.

    «Signor Derzhavin...»

    «Sev» la corresse lui. «Non sono un professore» aggiunse guardandola nei suoi seri occhi marrone. Era evidente che Naomi avesse fatto un grosso sforzo per quel colloquio. L'ostello in cui alloggiava era una bettola, però si era presentata con un tailleur adeguato, anche se leggermente stretto, pensò soffermandosi sulle sue curve. I capelli neri erano legati dietro la nuca e sembrava... Gli ricordava qualcosa, o meglio, qualcuno, ma non aveva voglia di esaminare di chi, o cosa, si trattasse. «Senti Naomi, sei qualificata e per avere venticinque anni hai fatto molta esperienza. Il colloquio è andato bene, ma...» La vide agitarsi nervosa così decise di liquidarla in modo gentile. «Hai parecchi hobby: leggere, cavalcare, il balletto e il teatro. È tutto okay, ma il fatto è che l'unico hobby che può avere la mia assistente personale è il sottoscritto.»

    «Felicity me lo ha già spiegato» ribatté Naomi. Il primo colloquio che aveva fatto con la sua attuale assistente personale non le aveva lasciato dubbi sul tipo di impegno richiesto.

    Il talento di Sevastyan Derzhavin nel campo della cyber security era riconosciuto a livello mondiale. Ma era anche un ricco playboy e aveva un'agenda particolare che gestiva la sua assistente, insieme al suo jet ed elicottero privati. Sì, le avevano detto esattamente cosa avrebbe comportato il suo ruolo.

    Sevastyan era arrogante, insensibile e spremeva i suoi dipendenti sul lavoro, però pagava molto bene. Dal tono di Felicity aveva capito che poteva esserci un motivo personale per quell'improvviso posto vacante.

    Sev posò il suo curriculum sulla scrivania, segno che il colloquio era terminato.

    «Aiuterebbe se le dicessi che ho mentito riguardo ai miei hobby?» gli domandò lei.

    «Probabilmente no. Comunque spiegati meglio.»

    «Certo, mi piacciono il balletto e il teatro, ma non li pratico e non salgo a cavallo da quando avevo quattordici anni...»

    «E la lettura?»

    «Leggo a letto.»

    Sev aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi saggiamente la richiuse, ricacciando indietro una battuta inappropriata.

    Era evidente che lei si era subito accorta dell'imbeccata che gli aveva dato perché era arrossita di nuovo.

    «Be', non posso decidere del tuo tempo in camera da letto» le disse. «Però ti avverto: se mai decidessi di offrirti questo incarico, la maggior parte del giorno sarà dedicata a me e a gestire la mia vita. Non avrai nemmeno l'opportunità di leggere il tuo oroscopo.»

    «Non credo a quelle cose.»

    «Comunque scommetto che lo leggi.»

    «È rilevante?» ribatté Naomi.

    Era più tosta di quanto sembrava. Sev la studiò attentamente, notando a stento le sue labbra piene dal momento che la sua attenzione era attratta dai suoi intensi occhi marrone.

    A quell'accurato esame, lei riconsiderò il suo bisogno di quel lavoro. Non la preoccupavano le dodici, o diciotto ore al giorno, bensì il fatto che ne avrebbe trascorse la maggior parte con lui.

    «Vedo che sei fidanzata» commentò Sev lanciando un'occhiata all'anello che portava al dito.

    «Di nuovo. È rilevante?» gli domandò infastidita Naomi.

    «In realtà sì, perché dovresti avere un fidanzato davvero comprensivo per reggere la richiesta che farò del tuo tempo.»

    «Be', il mio fidanzato non è qui con me a New York. Comunque...» Naomi esitò qualche istante, poi decise che se per qualche miracolo le avesse offerto quel lavoro, lei non lo avrebbe accettato. Fino a dodici minuti prima il suo mondo era stato complicato, però ordinato. Aveva mandato un messaggio a suo padre, suggerendogli d'incontrarsi a pranzo dopo il colloquio. Aveva appena messo in borsa il cellulare quando Sevastyan Derzhavin era uscito dal suo ufficio chiamando il suo nome.

    «Naomi.»

    Era bello, con i capelli scuri e la pelle chiara. Malgrado l'abito immacolato aveva l'aspetto di uno appena uscito da un club alle cinque del mattino. Non si era sbarbato e la cravatta era allentata. Gli occhi grigio scuro erano leggermente gonfi. Non le aveva sorriso, limitandosi a farle solo un cenno nella direzione del suo ufficio.

    E quando le aveva chiesto, con il suo profondo accento russo, della sua giornata, lei aveva dovuto chiedergli di ripetere di nuovo la domanda talmente era andata in estasi. Con il passare dei minuti Sev era diventato sempre più sexy e lei sempre più... eccitata.

    All'improvviso Naomi desiderò alzarsi e andarsene da lì. Sono una donna fidanzata, avrebbe voluto dirgli. Come osa farmi sentire in questo modo? No, non voleva quel lavoro.

    «Non parli una seconda lingua» controllò Sev.

    «No.»

    «Gli inglesi sono pigri» commentò lui.

    «Scusi?»

    «Si affidano al fatto che gli altri parlino la loro lingua.»

    «Lei quante ne conosce?»

    «Cinque.»

    Perfetto, pensò Naomi. Non avrebbe avuto quel posto.

    «Quindi, dato che la maggior parte della gente usa l'inglese, sono sicuro che te la caverai» le disse lui.

    Aiuto!

    «Vorrei chiarire che mi fermerò a New York soltanto per un anno» replicò lei, sperando che a quel punto la congedasse.

    Sev si limitò a stringersi tra le spalle.

    «Per allora te ne sarai già andata. Nessuna delle mie assistenti personali è durata più di sei mesi. Tre mesi... Sì, sono sicuro che resisterai tre mesi, anche se spererei in qualcosa di più.»

    «Senta, non voglio farle perdere tempo. Felicity è stata molto chiara sul fatto che le ore di lavoro sono tante, però non mi ero resa conto che l'impegno richiesto fosse così pressante. Mi piace avere i weekend liberi...» gli spiegò lei sorridendogli. «In realtà sono negli Stati Uniti per conoscere meglio mio padre e...»

    «Avrai i weekend liberi» ribatté Sev. «A meno che non siamo in viaggio per lavoro.»

    «Inoltre non ho molta esperienza nel suo campo» aggiunse lei in modo di essere certa che non le offrisse quel posto.

    «Esperienza nel mio campo?» Sev aggrottò la fronte. Sapeva perfettamente a cosa si stava riferendo, tuttavia lo divertiva vederla agitata e confusa. «Non sono un contadino.»

    «Intendo che non so molto di cyber security

    «Se fosse così saresti un concorrente.»

    Naomi si alzò e gli porse la mano.

    «Mi spiace. Io...»

    «Parte del pacchetto è un appartamento che si affaccia su Central Park. Be', una volta che Felicity si trasferirà. È carino» la tentò lui. «A me piace vivere lì.»

    «Saremmo nello stesso palazzo?» Era sempre peggio.

    «È grande. Non preoccuparti, non busserò alla tua porta per chiedere in prestito una tazza di zucchero. È utile nel caso di riunioni al mattino presto, o la sera tardi. E fa risparmiare tempo quando viaggiamo, cosa che capita spesso. Non devo recuperarti a un altro indirizzo e poi sul tetto c'è un'elisuperficie.» Sev le rivelò anche quale sarebbe stato il budget a disposizione per il suo guardaroba.

    Naomi voleva indietro la sua vita. E voleva non aver mai visto quell'uomo.

    Ma adesso Sev voleva lei. Era succosa come un frutto proibito e poi lui adorava la parola no. La considerava un fastidioso firewall da aggirare o disattivare.

    «Grazie per avermi concesso il suo tempo» gli disse Naomi ancora con la mano allungata, che lui non strinse. «Mi scusi» ripeté di nuovo, solo che questa volta Sev non si irritò.

    Rimase seduto in silenzio e la osservò andarsene. Prese il curriculum successivo e lo lesse annoiato. La sua mente era ancora concentrata sulla ragazza con gli occhi marrone tristi, simili a quelli di un cucciolo che si aspettava di essere preso a calci, ma che sperava comunque in un gesto d'affetto.

    Allontanò quel pensiero e si alzò per andare a chiamare Emmanuel. La sala d'attesa era vuota.

    «Felicity» chiamò, ma anche la sua assistente non c'era.

    Persino la sua borsa era sparita.

    C'era un messaggio d'addio per lui sullo schermo del computer.

    Sevastyan sorrise divertito, poi le porte dell'ascensore si aprirono ed Emmanuel, probabilmente, si affrettò lungo il corridoio.

    «Sono molto dispiaciuto del ritardo, signor Derzhavin.»

    Sev aggrottò la fronte. Lo riconobbe. Gli aveva già fatto un colloquio due anni prima e adesso era di nuovo lì.

    «Di certo non sei partito con il piede giusto.»

    «Lo so, ma...»

    «Cerchiamo entrambi di non perdere il nostro tempo.»

    «Aspetti!»

    Lui non si fermò ad ascoltare le sue scuse. Tornò nel suo ufficio

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