Il chirurgo e l'ereditiera: Harmony Bianca
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Melanie Milburne
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Anteprima del libro
Il chirurgo e l'ereditiera - Melanie Milburne
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Sydney Harbour Hospital: Lexi’s Secret
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Rita Orrico
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-051-3
1
Quale modo peggiore di incappare nel proprio ex?
Era rimasto soltanto un posto libero nel parcheggio sotterraneo dell’ospedale ed era riservato al personale medico. Benché tecnicamente Lexi non avesse il diritto di occuparlo, non essendo né un medico né un’infermiera, la tentazione di accaparrarsi l’ultimo spazio tra una costosa berlina e una scintillante auto sportiva fu troppo forte e lei non si sforzò nemmeno di vincerla. Fu solo quando aprendo la portiera sentì il rumore del metallo che urtava contro altro metallo che lo vide.
Lui era seduto al posto di guida, le lunghe dita strette intorno al volante con tanta forza che le sue nocche erano bianche. Lo sguardo che le lanciò avrebbe potuto incenerirla. Lexi si accorse della smorfia improvvisa che gli corrugò i tratti, come se vederla fosse stato per lui come ricevere un pugno nello stomaco.
Lei provò la stessa cosa nell’incontrare lo sguardo di quegli occhi color caffè. Fu come se una morsa si chiudesse intorno al suo cuore, togliendole il respiro.
Un incontro del tutto inaspettato.
Nessun avviso, nessuna preparazione. Perché nessuno l’aveva informata che Sam era di nuovo in Australia? Ma soprattutto, perché nessuno le aveva detto che lavorava al Sydney Harbour Hospital? Non c’era altra ragione plausibile per il fatto che usava quel parcheggio, a meno che, come lei, non stesse barando anche lui.
E a proposito di barare, Lexi si disse che quello era il momento buono per sfoderare il suo talento nella dissimulazione. Non per niente mezza città la considerava una maestra di fascino.
Con un movimento fluido scese dalla macchina e gli regalò un sorriso smagliante. «Ciao, Sam» esordì, «come te la passi?»
Sam Bailey scese a sua volta, richiudendo la portiera con un tonfo che più o meno riassumeva la sua personalità: deciso e dritto al punto.
«Alexis» replicò lui. Niente come stai?, o piacere di rivederti. Neanche un semplice saluto, soltanto il suo nome intero che nessuno usava mai, neppure suo padre quando era arrabbiato o sua madre in preda ai fumi dell’alcol.
Il sorriso di Lexi si mantenne ampio con grande sforzo e la sua mano che stringeva la tracolla della borsa ebbe un tremore. «Che cosa ti porta qui? Un paziente forse?»
«Esatto» replicò lui. «E tu?»
«Oh, io sono qui spesso» ribatté Lexi spostando il peso del corpo da un tacco altissimo all’altro. «Mia sorella Bella entra ed esce dal reparto con regolarità. L’ultima volta è stata ricoverata un paio di settimane fa per un’altra infezione toracica. È in lista per un trapianto, ma dobbiamo aspettare che l’infezione regredisca.»
Lexi era consapevole del fatto che stava blaterando, ma cos’altro poteva fare? Cinque anni prima aveva creduto che lei e Sam avessero un futuro insieme. Il loro legame era stato improvviso, ma intenso. Lei aveva sognato di trascorrere la vita con lui, ma Sam l’aveva tagliata fuori dalla propria con crudele freddezza, senza degnarsi di dirle addio o fornirle una spiegazione. Rivederlo in quel modo, senza preavviso, faceva riemergere emozioni che aveva seppellito tanto nel profondo da essersi quasi dimenticata della loro esistenza.
Quasi...
«Mi dispiace» mormorò lui, gettando un’occhiata al proprio orologio da polso.
Per Lexi quel gesto fu come ricevere un’ulteriore pugnalata: non avrebbe potuto essere più esplicito sul fatto che non voleva avere nulla a che fare con lei. Come poteva essere così distante, dopo l’appassionata intimità che avevano condiviso? La loro relazione non aveva significato niente per lui?
«Non sapevo che fossi tornato da... ovunque tu fossi andato» commentò. «Ho sentito che hai ottenuto una borsa di studio per l’estero. Dove sei andato?»
«America.»
Lei sollevò un sopracciglio, determinata a controbattere i suoi modi taciturni con finta allegria. «Wow, straordinario. Gli Stati Uniti sono il massimo, c’è così tanto da fare e da vedere. Scommetto che sei stato l’invidia di tutti i tuoi compagni specializzandi.»
«Sì» replicò lui, gettando un’altra occhiata all’orologio.
Lo sguardo di Lexi ricadde sul polso abbronzato di lui, esposto per un momento alla vista sotto la camicia azzurra che indossava. Il suo stomaco si strinse. In passato quelle lunghe dita avevano tenuto i polsi di lei in una stretta appassionata che l’aveva lasciata senza fiato anche nelle ore a venire. Ogni istante della loro rovente storia di due settimane era impressa a fuoco nella sua memoria e rivederlo riportò alla vita sensazioni che lei credeva ormai morte.
Abbassò lo sguardo sulla sua bocca, le labbra finemente cesellate che si erano impossessate delle sue con straordinaria perizia.
Lexi ricordava ancora il sapore di lui: menta fresca e qualcosa d’altro, qualcosa di virile che associava soltanto a Sam. Ricordava persino la sensazione delle loro lingue intrecciate, il modo irresistibile in cui lui aveva esplorato ogni recesso della sua bocca, reclamandone il possesso.
Eppure, l’aveva lasciata senza neanche una parola di commiato.
Lexi sollevò di nuovo lo sguardo sul volto di lui. Nell’incontrare i suoi impenetrabili occhi scuri, provò uno strano sfarfallio, come se un uccellino spaventato fosse intrappolato dietro le sbarre delle sue costole. Aveva una mezza idea del dolore che le aveva causato, di ciò che lei aveva passato per causa sua?
Lexi si sforzò di deglutire mentre ripensava alla straziante decisione che aveva dovuto prendere. Anche se avesse mai trovato il coraggio per dirglielo, sarebbe stato del tutto inutile. Sam non poteva nemmeno lontanamente comprendere quanto era stata dura per lei, giovane e incinta e senza nessuno a cui rivolgersi. Non si era sentita pronta per diventare madre e interrompere la gravidanza le era sembrata l’unica soluzione possibile.
«Devo andare» annunciò Sam a quel punto. «L’amministratore delegato mi aspetta.»
Lexi lo fissò per un lungo momento senza parlare. «Lavorerai qui?» gli domandò alla fine.
«Sì.»
«Qui allo SHH?»
«Sì.»
«Non nel settore privato?»
«No.»
«Rispondi mai a una domanda con più di una parola?»
«Occasionalmente.»
Lexi piegò le labbra in un mezzo sorriso quando avrebbe voluto urlare. «Perché non sono stata informata?»
«Non lo so.»
«Wow, erano tre.»
«Tre cosa?» ripeté lui, aggrottando la fronte.
«Parole» replicò lei. «Magari possiamo fare qualcosa per accrescere il tuo repertorio. Che cosa farai qui?»
«Lavorerò.»
Lexi sollevò gli occhi al soffitto. «Intendevo perché qui? Perché non in uno studio privato dove potresti fare soldi a palate?» Perché non in un posto molto lontano dove io non sia costretta a vederti tutti i giorni e ricordare che perfetta stupida sono stata?
«Me l’hanno chiesto.»
«Straordinario, hai usato ben quattro parole. Facciamo progressi, di questo passo tra un paio di mesi comporrai una frase intera.»
«Adesso devo proprio andare, scusami» tagliò corto lui. «Erano cinque parole, nel caso tu stia ancora tenendo il conto.»
Lei sollevò il mento. «Lo sto tenendo.»
Sam guardò in quegli occhi azzurri e fu come tuffarsi nelle acque rinfrescanti dell’oceano dopo aver attraversato il deserto più caldo e arido della Terra. La sua bocca morbida e vagamente imbronciata era del genere che supplicava di essere baciata. Gli bastava guardarla per ricordare il sapore di quelle labbra e quanto eccitanti sapevano essere. Quanto ai suoi capelli color platino erano sempre spettinati, ma in modo artistico, come se il look appena uscita da sotto le lenzuola fosse intenzionale. Il pensiero di Lexi sotto le sue lenzuola risvegliò parti del suo corpo che date le circostanze era meglio mettere a dormire. Non che ci fosse stato solo il letto; lui ricordava bene anche la scrivania, la parete della camera, una coperta stesa sull’erba...
Smettila, disse a se stesso con severità.
Lei era troppo giovane per lui in passato e a dispetto degli anni trascorsi, ora li separava un mondo di esperienze. Lexi era ancora una ragazzina ricca e viziata che faceva delle feste la sua occupazione; lui salvava le vite che dipendevano da un trapianto.
Le persone dovevano morire affinché lui potesse operare e ridare una vita normale ad altre. Quella era una consapevolezza che non lo abbandonava mai e Sam non prendeva quella responsabilità alla leggera.
Aveva lavorato a lungo e duramente per la propria carriera, aveva rinunciato a tutto pur di arrivare dove si trovava adesso. Non poteva lasciarsi distrarre da una ragazza mondana la cui decisione più cruciale nella vita era se indossare il raso o la seta.
Doveva allontanarsi da lei, proprio come aveva fatto in passato. Stavolta almeno sarebbe stata una sua scelta, non un’imposizione.
«Hai ammaccato la mia auto.» Non fu la frase più intelligente che avrebbe potuto formulare, ma aveva appena ritirato quel dannato veicolo dal concessionario.
Inoltre, era l’ennesima dimostrazione di quanto Lexi fosse irresponsabile. Non si era nemmeno preoccupata di guardare prima di aprire la portiera della propria macchina; era tipico di lei e dell’ambiente privilegiato in cui si muoveva. Non aveva la minima idea di quanto duramente la gente dovesse lavorare per ottenere le stesse cose che lei dava per scontate, che cosa volesse dire essere così poveri da non potersi permettere neppure l’essenziale, men che meno i lussi.
Un ottimo esempio poteva essere sua madre. Isolata com’era nella loro casa nel bush e in lista per un trapianto, era morta aspettando un rene. I genitori di Sam, entrambi della classe operaia, non avevano il denaro necessario per una copertura sanitaria privata. Non si erano potuti permettere nemmeno un secondo figlio dopo di lui. Sam sapeva bene cosa significasse sognare l’irraggiungibile, tendere la mano verso cose così fuori dalla portata da assumere la consistenza di bolle di sapone.
Lexi era stata un’altra bolla che gli era scoppiata tra le dita.
«Quella la chiami un’ammaccatura?» Lexi si chinò in avanti per esaminare il segno sul metallo della portiera. Sam non poté fare a meno di ammirare la vista che lei gli offriva in quella posa.
Lexi era tutta gambe e braccia e sebbene ora avesse ventiquattro anni, la si poteva scambiare per una ragazzina. Qualunque cosa indossasse sembrava sempre appena scesa da una passerella. Le lunghe gambe erano ora fasciate in un paio di pantaloni neri attillati che lasciavano scoperte le caviglie sottili. Portava un paio di scarpe dal tacco assurdamente alto, ma lui la superava lo stesso di qualche centimetro. Il top rosa acceso delineava la curva del seno piccolo ma ben fatto e il pendente di rubini e diamante che le ornava il collo avrebbe probabilmente coperto l’intero ammontare degli studi di Sam.
Aveva un profumo favoloso. L’aveva sempre avuto. Lui dovette fare uno sforzo per non avvicinare il naso alla gola di lei e inalare quell’eccitante fragranza di fiori e sandalo che conosceva così bene.
All’improvviso lei si tirò su e lo guardò negli occhi. «Il segno è a stento visibile» protestò. «Se però vuoi essere pedante a tutti i costi, pagherò per la riparazione.»
Sam sollevò un sopracciglio. «Vuoi dire che non pagherà il paparino?» ritorse.
«Ti informo che mi guadagno da vivere» ribatté lei in tono sostenuto e un piccolo broncio inconscio le apparve sulle labbra. Sam avrebbe pagato per potersi chinare in avanti e coprire quelle labbra con le proprie.
«In che modo? Dipingendoti le unghie?»
Lexi strinse gli occhi azzurri. «Sono la direttrice degli eventi qui all’SHH» rispose. «Ho