In due sotto l'albero (eLit): eLit
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Hannah Bernard
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In due sotto l'albero (eLit) - Hannah Bernard
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1
«Ma certo!»
Erin riconobbe lo sconosciuto che era entrato nella camera degli ospiti dopo aver acceso la luce, non appena questi si avvicinò al letto sotto cui lei si era nascosta. Trattenne il respiro quando l'uomo si coricò facendo cigolare le molle della rete. Non era un topo d'appartamento, né un bruto stupratore: si trattava semplicemente di Nathan Chase.
Poteva tirare un sospiro di sollievo, solo che a quel punto diventava difficile trovare il modo di uscire da quell'imbarazzante situazione. Sulla sua testa c'era il mitico Nathan Chase e lei se ne stava sdraiata sotto il letto coperta da un semplice asciugamano e con una salvietta attorcigliata intorno ai capelli ancora bagnati.
Che stupida che sono stata!, imprecò tra sé e sé.
Si era ricordata che sua cognata Sally l'aveva avvertita all'ultimo momento dell'arrivo del fratello, che avrebbe dovuto rimanere solo una notte. Le aveva assicurato che molto probabilmente non si sarebbero neppure incontrati, dal momento che lui sarebbe arrivato nella notte e sarebbe ripartito il mattino dopo molto presto. Era quello che lei si era augurata, non avendo nessuna voglia di incrociare lo strano fratello di Sally a cui non era mai importato nulla della famiglia.
Avrebbe dovuto capirlo immediatamente che si trattava di lui, anziché sgattaiolare fuori della doccia non appena sentiti i passi sulle scale. Dopo aver lanciato qualche accidente contro suo fratello Thomas e la moglie Sally, che le avevano chiesto di dare un'occhiata alla casa durante il loro viaggio, aveva pensato bene di infilarsi sotto il letto della camera degli ospiti. Pensando a un ladro, immaginò che avrebbe fatto in fretta a rovistarla, dal momento che era quasi vuota; inoltre, in caso di necessità, lei avrebbe sempre potuto uscire sul tetto passando dall'abbaino.
Non era però un ladro come aveva creduto.
Erin osservò attentamente le gambe dell'uomo: indossava jeans neri e calze scure con disegnati dei... sì, erano proprio dei coniglietti! Alzò gli occhi al cielo al pensiero che un famoso fotoreporter portasse simili indumenti. La prima impressione confermava l'opinione che si era fatta di lui: era sicuramente un bambino un po' troppo cresciuto, nonostante girasse da anni il mondo per fotografare tragedie di portata internazionale.
Non le rimaneva che sbucare fuori, salutarlo e defilarsi velocemente in camera sua. Esitò per un attimo nel totale silenzio della stanza, chiedendosi quale poteva essere il modo migliore per uscire fuori senza farci una figura troppo imbarazzante. Magari se la sarebbe cavata con un semplice scusi..., dopo avergli leggermente toccato la caviglia per attirare la sua attenzione.
Immaginava che la figura sarebbe stata davvero brutta, considerando che lei aveva addosso solo un asciugamano; non avrebbe fatto una buona impressione e rischiava di fargli prendere un colpo per lo spavento.
Sicuramente andrà a fare la doccia, ipotizzò poi pensandolo reduce da un volo intercontinentale, o quanto meno, andrà in bagno. Avrebbe avuto così modo di uscire senza essere vista. Si rassegnò ad attendere ancora qualche minuto, cercando di rilassarsi stendendosi sul freddo pavimento.
Poco dopo lui si alzò ed Erin sorrise, suo malgrado, compiaciuta. In realtà l'uomo si sfilò semplicemente i pantaloni buttandoli in un angolo, poi si tolse le calze e tornò a stendersi pesantemente sul materasso, che sembrò quasi caderle addosso cigolando rumorosamente.
Accidenti! Non sta collaborando per niente. Sembrava non essere soggetto ai bisogni fisiologici di tutti gli esseri umani; non le rimaneva che strisciare fuori, col rischio di spaventarlo, e farci la figura dell'idiota.
Forse si addormenta subito, sperò. Coraggio, Erin, sarà questione di qualche secondo al massimo. Stirò le gambe sentendole formicolare, rassegnata a rimanere in quella scomoda posizione ancora per un po'. Venne scossa da un brivido lungo la schiena, ma si convinse che si trattava dell'aria fresca che entrava dalla finestra semiaperta; dopotutto aveva ancora il corpo umido.
Cercò poi di concentrarsi sul respiro di Nathan per capire se era già sprofondato nel sonno, ma non riuscì a capirlo e iniziò a innervosirsi. L'uomo non si era più mosso da quando si era steso e non aveva dato più segni di vita, però lei non aveva la certezza che si fosse addormentato. Se solo russasse un pochino... Passò ancora del tempo e non sentendo nessun rumore, decise allora che lui doveva per forza essere caduto tra le braccia di Morfeo. Un centimetro alla volta, sgusciò fuori, fissando la porta chiusa da cui filtrava la luce del corridoio. Speriamo abbia il sonno pesante, altrimenti lo scatto della serratura potrebbe svegliarlo. Una volta in piedi si voltò verso l'uomo, che si girò dall'altra parte borbottando qualcosa. Sembra proprio che dorma sodo. Poi si ricordò della finestra aperta e pensò che sarebbe stata una via di fuga più facile.
Nathan si rigirò ancora verso di lei e i raggi della luna gli illuminarono il volto. Lei rimase immobile, poi riprese molto lentamente ad avvicinarsi alla finestra, sollevò l'anta e, scavalcandola, sgattaiolò sul tetto, voltandosi solo un attimo per assicurarsi che lui non si fosse svegliato. Per fortuna a quell'ora, in strada, non c'era nessuno.
Era una di quelle sere di novembre in cui stare fuori sul tetto nel Maine, al gelo della notte, non era certo il massimo, ma lei sorrise soddisfatta per essere riuscita senza problemi nella sua impresa. Richiuse piano l'anta e fece per muoversi verso il terrazzino, ma si accorse che l'asciugamano era rimasto incastrato nel telaio della finestra. Diede un piccolo strattone, però perse l'equilibrio e rischiò di cadere.
All'improvviso una mano sbucata dal nulla l'afferrò trattenendola miracolosamente.
Non è possibile! Sembra un film, pensò allora Erin rendendosi conto che l'asciugamano le si era arrotolato su sino alle ascelle. Sicuramente doveva essere uno spettacolo niente male per chi la stava trattenendo con la mano. Riuscì ad afferrare il bordo della finestra e a mettersi in ginocchio, sistemandosi come meglio poteva la salvietta intorno al corpo, poi alzò gli occhi verso l'uomo che la fissava in silenzio.
È proprio lui! Eccolo lì, Nathan Chase, famoso fotoreporter sempre in prima linea, nonché fratello cinico ed egoista di Sally. Non le era mai capitato di incontrarlo prima, anche se lo aveva visto nella fotografia di dieci anni prima che faceva bella mostra sul tavolino del salotto di sua cognata. Naturalmente in quel momento era troppo buio per rendersi conto se era cambiato rispetto a quell'immagine di anni prima; riusciva tuttavia a intravederne i pettorali muscolosi e i capelli arruffati dal cuscino durante il sonno. Prima di parlare fece un respiro.
«Ehm... salve. Come va?» pronunciò tutto d'un fiato porgendogli la mano. «Sono la sorella di Thomas. Tu devi essere Nathan.»
Lui continuò a osservarla incredulo e divertito nello stesso tempo, cosa che l'imbarazzò ulteriormente facendola scoppiare in una risatina isterica.
«Scusa... posso rientrare?» riuscì poi a biascicare. Sicuramente lui l'aveva presa per una pazza.
Nathan si stava domandando se quella visione era solo frutto dei suoi sogni. Si era appena addormentato quando aveva udito dei rumori vicino alla finestra e si era svegliato. Tutto si sarebbe aspettato tranne una ragazza seminuda sul tetto, al chiaro della luna, intirizzita per il gelo della notte. L'aiutò a rientrare. Lei aveva le mani ghiacciate e lui gliele trattenne per riscaldarle mentre la ragazza si rimetteva in piedi.
«Tu sei Erin, allora» osservò poi con la voce ancora impastata dal sonno, «la bibliotecaria.»
Continuò a guardarla incredulo, pensando che la donna non avesse assolutamente l'aria di un topo da biblioteca.
«Ehm, Nathan... devo scusarmi per l'abbigliamento non proprio adatto all'occasione, ho anche lasciato gli occhiali in camera mia. Sai, ero sotto la doccia...»
Lui immaginò che con gli occhiali avrebbe forse assunto maggiormente l'aria della bibliotecaria.
Erin fece qualche passo in direzione della porta e uscì dal cono di luce dovuto ai raggi della luna.
«Sally mi ha parlato tanto di suo fratello maggiore. Lieta di conoscerti, finalmente.»
«Anche per me è un onore. Forse avrei dovuto prestarle più attenzione quando mi raccontava di te» mormorò lui, «ma cosa ci facevi sul tetto, signorina bibliotecaria? So che Thomas è un po' strano, però non penso proprio che abbia piazzato una doccia lì fuori sul tetto.»
«Be'... avevo sentito dei rumori e ho creduto che ci fosse un ladro, allora... Ma forse è meglio raccontarti tutta la storia in un altro momento. Sarai certamente stanco dopo il lungo viaggio...» Lei tentò di togliersi dall'imbarazzo e appoggiò la mano sulla maniglia della porta. Lui non sembrò tuttavia essere dell'idea di lasciarla scappare così in fretta.
«Ehi!» esclamò afferrandola per un braccio. Accorgendosi che era ancora intirizzita, le appoggiò una mano sulla spalla per cercare di trasmetterle un po' del suo calore. Il semplice contatto fu sufficiente a scatenare dentro di lui strane sensazioni; era da tempo che non sfiorava una donna, impegnato com'era stato nel suo lavoro di testimone di tristi eventi in paesi lontani. Scacciò le strane fantasie che la sua mente aveva messo in moto e cercò di ritrovare lo spirito adatto con cui affrontare la situazione. La liberò dalla presa delle sue mani e incrociò le braccia serioso.
«Credo di meritarmi una spiegazione plausibile» affermò con aria sicura. «Come faccio a essere certo che tu sei veramente Erin?»
Riuscì nel suo intento di metterla in difficoltà, dal momento che lei rimase a bocca aperta immobile davanti a lui.
«Non penserai forse che sia un topo d'appartamento? Ti sembra che indossi l'abbigliamento di un ladro?» domandò lei indicando il misero asciugamano che la ricopriva a malapena.
Nathan fece un passo indietro, squadrandola divertito da capo a piedi.
«Senti, ma non sai che hanno inventato il pigiama?» sbottò poi Erin accorgendosi che lui era praticamente nudo.
Con una rapida mossa si sfilò la salvietta da intorno ai capelli e gliela porse; una cascata di riccioli rossi le cadde allora sulle spalle. Sebbene sotto il semplice chiaro di luna, Nathan si accorse che lei era arrossita e trovò la situazione davvero eccitante.
«Non mi aspettavo certo di dover salvare una fanciulla mezza nuda in precario equilibrio sul tetto» ribatté, annodando alla vita il corto asciugamano che lei gli aveva passato, «altrimenti avrei indossato la mia armatura.» Le rivolse un sorriso malizioso.
Erin si voltò verso la porta impaziente di uscire.
Nathan si lasciò alla fine impietosire dall'espressione imbarazzata di lei e dal fatto che aveva iniziato a tremare visibilmente dal freddo. Le si avvicinò credendo che un abbraccio fosse il modo migliore per riscaldarla e le si parò di fronte spingendola contro la parete.
«Non penserai di scappare così in fretta...»
Erin fu colta in contropiede e sgranò i suoi occhioni incredula. Nathan dovette zittire quella voce dentro che lo spingeva ad allungare la mano in un atto sconveniente; riflettendo, capì che non era proprio da gentiluomini tentare di sedurre la sorella di suo cognato in una situazione del genere, nonostante la trovasse particolarmente intrigante sotto