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L ultimo principe di Dahaar: Harmony Collezione
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L ultimo principe di Dahaar: Harmony Collezione
E-book162 pagine2 ore

L ultimo principe di Dahaar: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

La dinastia del deserto 1/2
Un regno di intrighi, scandali e segreti.


Per riportare l'ordine a Dahaar e stroncare le voci che lo definiscono il Principe Folle, Ayaan Al Sharif accetta di compiere il proprio dovere fino in fondo e di sposare Zohra Naasar.


Zohra ne sa qualcosa di doveri! Già una volta l'hanno privata della libertà e non permetterà che accada di nuovo. Per questo cercherà di convincere Ayaan a non sposarla, rifiutandosi di andare a letto con lui. Anche se il principe suscita in lei una passione che non aveva mai sperimentato prima...


Ayaan potrà anche aver accettato l'assurda richiesta di Zohra, ma sa che questo potrebbe essere l'unico impegno che non è in grado di mantenere.

LinguaItaliano
Data di uscita20 giu 2018
ISBN9788858983218
L ultimo principe di Dahaar: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    L ultimo principe di Dahaar - Tara Pammi

    successivo.

    1

    Stordirsi con il sonnifero e precipitare in un beato oblio? O rassegnarsi a un sonno tormentato con il conseguente attacco di follia?

    Fare violenza al corpo o torturarsi la mente?

    Una scelta che Ayaan bin Riyaaz Al Sharif si trovava di fronte ogni sera quando il tramonto dava spazio alla notte.

    Dopo otto mesi di lucidità, e il termine era poco appropriato, ogni volta non sapeva che scelta operare.

    Quella sera era propenso al sonnifero.

    Era l'ultima notte in cui era ospite a Siyaad, lo stato confinante con il suo, il Dahaar. Meglio stordirsi.

    L'hai fatto anche ieri notte, gli sussurrò una vocina all'orecchio. Una voce che somigliava molto a quella di suo fratello, che aveva trascorso innumerevoli ore a dargli coraggio.

    Uscito dalla doccia si asciugò, poi infilò un paio di pantaloni da tuta. Quella sera aveva corso per ben tre ore, con una falcata che gli aveva incendiato i muscoli. Il corpo era ormai una massa infuocata.

    Per sicurezza si era limitato a percorrere il perimetro illuminato del palazzo e ogni volta che aveva scorto una guardia, sia del suo paese sia di Siyaad, il respiro si era fatto più regolare.

    Tornato in camera, diede un'occhiata al flacone di sonnifero sul tavolino da notte. Due compresse e sarebbe sprofondato nell'oblio.

    L'idea era infinitamente attraente. Che importava se il giorno dopo sarebbe stato intontito e con la bocca riarsa?

    Sarebbe trascorsa un'altra notte senza incidenti, senza un episodio. Un'altra notte in cui avrebbe accettato la sconfitta, la propria impotenza nella battaglia contro la mente.

    Sconfitta...

    Si rigirò tra le mani il flacone, quasi percependo l'amaro sapore delle pillole sulla lingua.

    Un alito di brezza s'insinuò dalla portafinestra muovendo le tende. Nell'ultima ora era scesa la notte, il calore della sera temperato dalle sue dita fredde.

    Notti quiete e pacifiche non gli erano amiche. Notti quiete e pacifiche in un luogo estraneo erano sufficienti a metterlo in ginocchio, a ridurlo a un codardo inutile.

    Era ancora uno squallido codardo, timoroso della propria ombra.

    Una furia impotente s'impossessò di Ayaan, che gettò sul pavimento il flaconcino facendolo rotolare sotto un mobile antico.

    A quel rumore seguì una calma irreale, il silenzio che lo ricopriva come una coltre fresca.

    Prese il telecomando e accese il televisore sulla parete opposta. Aveva chiesto specificatamente che nella camera degli ospiti ci fosse un grande televisore. Trovando una partita di calcio alzò al massimo il volume, tanto che il suono gli riverberava tutt'intorno. Ben presto avrebbe avuto l'emicrania, ma accoglieva volentieri il dolore fisico, anche se di questo passo sarebbe morto prima di raggiungere i trent'anni.

    Spense le luci.

    Quando gli occhi si abituarono all'oscurità, andò a letto. Un forte disagio gli risalì lungo la spina dorsale, concentrandosi poi alla nuca. Serrò le mani a pugno, focalizzandosi sul semplice atto di respirare. Voleva che la mente capisse, che smettesse di ancorarlo alle sue paure costringendolo a nutrirsene.

    Il sonno lo assalì con forza, un oblio ingannevole che lo privava del controllo, riducendolo a un animale rannicchiato per il terrore.

    Zohra Katherine Naasar Al-Akhtum percorse lentamente il corridoio in direzione della suite degli ospiti, nell'ala estrema del palazzo.

    I passi non producevano alcun suono sul pavimento di marmo, ma il cuore le batteva forte nel petto e a ogni passo i piedi rallentavano.

    Erano le undici e mezzo di notte. Sarebbe dovuta essere a letto, invece che intenta ad aggirarsi in quell'ala del palazzo vietata alle donne. Non che avesse mai dato importanza alle regole di palazzo. Semplicemente non aveva mai avuto la necessità di recarsi in quell'ala.

    E adesso... non aveva scelta.

    Drizzò la schiena e proseguì decisa.

    Il fatto di non aver incontrato una guardia fino a quel momento, invece di tranquillizzarla, le dava una certa ansia. Era stato semplice raggirare una cameriera per farsi dire quale suite fosse stata assegnata all'illustre ospite.

    E adesso eccola lì, di fronte a una porta massiccia di quercia intagliata. Ebbe l'impressione che una mano ghiacciata le percorresse la spina dorsale.

    Al di là di quella porta c'era l'uomo che avrebbe avuto tra le mani il suo destino e la sua vita, se non avesse fatto qualcosa per impedirlo.

    E lei non poteva proprio accettarlo. Se poi avesse dovuto rispondere del proprio comportamento... pazienza.

    Trasse un profondo respiro e aprì la porta. Il soggiorno era silenzioso, illuminato dal chiarore lunare. Ma dalla camera da letto... fuoriusciva lo schiamazzo di una partita di calcio.

    Possibile che il principe stesse dando un party mentre lei era madida di sudore al pensiero del proprio futuro?

    Raddrizzando le spalle si avviò verso la camera. C'erano lampi intermittenti di luce e il suono era forte al punto da assordare.

    Poi lo sguardo si posò sull'enorme televisore sulla parete opposta. E si rese conto che in camera non c'era nessuno.

    Aggrottando la fronte si guardò intorno alla ricerca del telecomando. Quel fracasso era sufficiente a far impazzire una persona in un attimo.

    Alla fine lo trovò sul comodino. Velocemente spense il televisore.

    Nel silenzio percepì un altro suono che fino a quel momento le era sfuggito. Un suono che le provocò dei brividi. E poi di nuovo. Un pianto soffocato dalle lenzuola. Un gemito sofferto, bloccato in gola. Zohra rabbrividì a quella sofferenza così palese.

    L'istinto le suggeriva di andarsene il più velocemente possibile, così si avviò verso la porta.

    L'aveva quasi raggiunta quando sentì di nuovo quel gemito che proveniva dal letto, un gemito di pura sofferenza. Questa volta non era bloccato in gola, non era neppure soffocato, ma terribilmente toccante nella sua intensità.

    Una sofferenza che s'insinuava in lei, portandola a condividere quell'angoscia. L'agonia di quel gemito... Non l'avrebbe mai dimenticata.

    Guardandosi intorno si avvicinò al letto e, nella fretta, per poco non inciampò nel comodino mentre scostava le lenzuola di seta.

    Il sangue le scorreva gelido nelle vene intanto che cercava di scorgere il viso dell'uomo.

    Per un attimo rimase a studiarlo. Aveva gli occhi chiusi, la fronte aggrottata e le mani che stringevano spasmodicamente le lenzuola.

    Ai lati della bocca delle rughe, una lacrima solitaria sulla guancia, la fronte madida di sudore. Era gelido al tatto. L'uomo si lasciò sfuggire un altro gemito.

    Fu travolta da un'ondata di impotenza. Scrollandosela di dosso, afferrò l'uomo per le spalle, pur sapendo che muoverlo sarebbe stato impossibile. Con una forza che la sorprese, riuscì a insinuare le mani sotto le sue spalle, ma subito il braccio dell'uomo scattò.

    La colpì sulla guancia con una forza che le fece battere i denti e quasi scivolò sul pavimento. La mascella le doleva. Deglutì il nodo che le serrava la gola e si accostò di nuovo al letto.

    Questa volta era preparata. Si mise alla testata del letto, a distanza di sicurezza dalle sue braccia, e gli posò le mani sulle guance. Con un gemito, l'uomo le afferrò i polsi.

    La stretta era violenta, ma lei la ignorò e cominciò a scuoterlo, decisa a bloccare qualunque fosse la sofferenza che lo tormentava.

    Non sopportava di sentire di nuovo quel lamento ricolmo d'angoscia. Doveva svegliarlo.

    «Sveglia, ya habibi» mormorò, come aveva fatto con suo fratello Wasim quando la sua matrigna era morta sei anni prima. «È solo un incubo.» Gli passò le mani sulle spalle nude. Continuò a ripetere le stesse parole, più a proprio beneficio che per lui, mentre l'uomo continuava a scuotere il capo a destra e a sinistra.

    «Dovete svegliarvi...» sussurrò di nuovo.

    All'improvviso l'uomo s'irrigidì e quando sbarrò gli occhi, Zohra si ritrovò a fissare il volto più bello che avesse mai visto.

    Il cuore le batté all'impazzata. I polsi sempre bloccati dalla sua stretta, seguitò a fissarlo.

    Aveva proprio degli occhi stupendi, pupille dai riflessi dorati con una tonalità di rame e bronzo. Ma non era il fantastico sguardo che le toglieva il respiro.

    Era la palese sofferenza che si notava in quelle profondità. Lui le accarezzò i polsi, quasi ad assicurarsi che lei fosse proprio lì.

    Poi chiuse gli occhi, il respiro che a mano a mano si faceva più regolare. E poi li riaprì.

    Era come se lei guardasse gli occhi di un uomo del tutto diverso.

    All'inizio lo sguardo era cauto, evidentemente incuriosito mentre le percorreva i tratti del volto, indugiando sulla sua bocca, ma alla fine tradì una furia repressa.

    Una furia che gli accese lo sguardo di una fiammata incandescente.

    La lasciò, la spinse all'indietro e lei, con un gemito, ricadde contro la spalliera del letto. Poi lui si mise in ginocchio sul materasso, i movimenti che non risentivano minimamente dell'incubo in cui si era trovato solo pochi attimi prima. «Chi sei?»

    Il tono era aspro, la voce un po' gracchiante, il che significava che aveva urlato a lungo prima che lei arrivasse.

    Zohra si sentì stringere il cuore. «State bene?» sussurrò, notando il sudore che gli imperlava la fronte.

    «Non sono affari tuoi» ringhiò lui. «Ho congedato le guardie un'ora fa. Mi era stato detto che nessuno mi avrebbe disturbato. Allora, cosa diavolo ci fai qui?»

    Per questo nessuno l'aveva fermata. E aveva alzato il volume del televisore come se avesse saputo...

    Zohra aggrottò la fronte. «Vi ho visto aggrappato freneticamente alle lenzuola. Dovevo aiutarvi.»

    «Avrei potuto farti del male.»

    Il suo viso pareva scolpito nella pietra. Solo la rabbia che gli accendeva lo sguardo diceva che era un uomo e non una delle innumerevoli statue sparse per il palazzo. «Accendi la luce.»

    Lei obbedì, il gesto stranamente maldestro. La lampada era dalla sua parte e gettava luce sufficiente perché potesse scorgere bene il suo viso.

    Ayaan bin Riyaaz Al Sharif, principe ereditario di Dahaar, non era come si era aspettata. Il Principe Folle, era così che aveva sentito sussurrare dal personale di palazzo. Ma non c'era niente di lontanamente folle nell'uomo che la fissava con uno sguardo aperto e intelligente.

    Ricordava un'unica immagine di lui. Sgranata, di otto mesi prima, quando Dahaar aveva festeggiato il suo ritorno. Per cinque anni era stato ritenuto morto, insieme al fratello maggiore e alla sorella, vittime di un brutale attacco terroristico.

    Ma non era stato rivelato niente di lui, e non era mai apparso in pubblico. Anche la cerimonia in cui era stato nominato principe ereditario era stata privata, il che aveva accentuato l'interesse della stampa e del pubblico su di lui.

    Ma Ayaan era rimasto una vaga figura senza forma nei recessi della sua mente.

    Finché quel pomeriggio non aveva fatto visita a suo padre. Indebolito da un attacco cardiaco, il re era apparso debilitato, ma le sue parole erano state ricolme di gioia e orgoglio.

    Il principe Ayaan ha acconsentito a prenderti in moglie, Zohra. Un giorno sarai la regina di Dahaar.

    All'improvviso il Principe Folle era diventato l'uomo che l'avrebbe legata per sempre a quel mondo che le aveva tolto tutto.

    Il ricordo, tuttavia, non attenuava l'assalto che la presenza di Ayaan esercitava sui suoi sensi. Non riusciva a distogliere lo sguardo da lui.

    Il viso era allungato, con un naso severo, un mento accentuato e zigomi decisi. I capelli ondulati gli ricadevano sulla fronte, come se vi immergesse in continuazione le dita.

    Era snello, e pareva scolpito nella roccia.

    Una cicatrice pallida lo segnava dalla spalla sinistra alle costole e raggiungeva la schiena. Cosa poteva aver provocato una ferita del genere?

    Zohra provò una stretta allo stomaco. Come poteva un uomo subire tanto e non diventare... folle?

    Il pensiero la colpì come un'ondata gelida e fu percorsa da un brivido.

    Ma anche lui l'aveva studiata e all'improvviso sbottò con tono imperioso: «Tieni le mani a posto!».

    Trattenendo il respiro, lei ubbidì.

    Ayaan si alzò dal letto con un movimento fluido che

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