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Nobile vendetta: Harmony Collezione
Nobile vendetta: Harmony Collezione
Nobile vendetta: Harmony Collezione
E-book161 pagine2 ore

Nobile vendetta: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Spesso la vendetta ha un sapore speciale. Quando poi è una vendetta regale, allora può essere assai dolce...
Per tre lunghi anni il principe Caelan Bagaton ha cercato la donna che ha rapito il nipotino Michael, figlio della sua sorellastra. E ora che l'ha trovata, ha tutta l'intenzione di assaporare con gusto la propria vendetta. Abby Metcalfe è disposta a fare qualunque cosa, pur di proteggere il piccolo come ha promesso, ma Caelan può contare sulla propria sconfinata ricchezza e su un potere immenso. L'unica alternativa che rimane ad Abby, per continuare a prendersi cura di Michael, è accettare le pretese dell'arrogante principe, anche se questo vorrebbe dire diventare... sua moglie!
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2020
ISBN9788830520677
Nobile vendetta: Harmony Collezione
Autore

Robyn Donald

Robyn Donald è nata sull'Isola del Nord, in Nuova Zelanda, dove tuttora risiede. Per lei scrivere romanzi è un po' come il giardinaggio: dai "semi" delle idee, dei sogni, della fantasia scaturiscono emozioni, personaggi e ambienti.

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    Anteprima del libro

    Nobile vendetta - Robyn Donald

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Royal Baby Bargain

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2005 Robyn Donald Kingston

    Traduzione di Velia De Magistris

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-067-7

    1

    Abby fissò per qualche istante la lista delle cose da fare prima della partenza, poi sospirò, una ruga che le solcava la fronte mentre percepiva nuovamente una sensazione di disagio. Tutti i punti del breve elenco erano stati cancellati, il che significava che il suo inconscio non stava cercando di suggerirle che aveva dimenticato qualcosa.

    Tutto era cominciato un paio di mesi prima, dapprima manifestandosi con una lieve apprensione, e poi intensificatasi trasformandosi nella genuina e preoccupante convinzione di essere controllata.

    Poteva trattarsi di una sua paranoia, la possibilità non era da escludere, ammise, in ogni caso non aveva voluto correre rischi inutili. Spinta da una paura senza nome, quindi, si era licenziata dall’ambulatorio medico dove aveva lavorato part-time e aveva pianificato la sua fuga dalla piccola città sulle montagne meridionali della Nuova Zelanda, la città che era stata il sicuro rifugio suo e di Michael durante gli ultimi tre anni.

    In preda agli stessi timori, appoggiò il foglio sul tavolo di legno della cucina e perlustrò il cottage, accendendo le luci in ogni stanza.

    Tornata nel piccolo salone, dove ormai l’aria era gelida poiché i ceppi nel camino si erano ridotti in cenere, si fermò accanto al divano e guardò la valigia che conteneva il necessario per il viaggio dell’indomani. Tutto il resto dei possedimenti suoi e di Michael – vestiti, giocattoli, libri – erano già stivati nel cofano della vecchia automobile.

    Era tutto sistemato, eppure l’allarmante presentimento non accennava a dissolversi. Persino il lamentoso richiamo del piccolo gufo che aveva eletto la sua residenza nel folto cespuglio che separava il giardino del cottage da quello della fattoria confinante, in quel momento, le dava i brividi. E quando il sibilo del vento fra le foglie la fece sobbalzare, raddrizzò le spalle e trasse un profondo respiro.

    «Basta così» ordinò a se stessa. «Non succederà nulla.»

    Eppure era già passata da tempo l’ora in cui solitamente andava a dormire, ed era ancora lì, tesa e con gli occhi bene aperti. Di quel passo, ragionò, non sarebbe riuscita a chiudere occhio per tutta la notte.

    Dunque, perché aspettare fino all’alba per partire?

    Michael avrebbe dormito tranquillamente anche nel suo seggiolino assicurato al sedile posteriore dell’auto. Aveva il sonno pesante, con ogni probabilità non si sarebbe nemmeno accorto di essere sollevato dal suo letto. Non li avrebbe visti nessuno, e a quell’ora della notte le strade erano completamente sgombre.

    Presa la sua decisione, alla svelta infilò in uno zaino i vestiti che Michael avrebbe dovuto indossare l’indomani, poi cercò le chiavi dell’auto nella borsa.

    Solo per raggelare quando sentì un lieve rumore, quasi impercettibile, come quello prodotto da un piccolo animale che attraversa di corsa il patio.

    Un rumore tipicamente notturno, nulla di cui preoccuparsi, rassicurò se stessa.

    Tuttavia rimase in ascolto, le chiavi strette in pugno. Sfortunatamente il battito del suo cuore le rimbombava nelle orecchie, impedendole di sentire altro. Il belato di una pecora violò il silenzio, un suono familiare che però in quel momento per lei risuonò come un sinistro avvertimento.

    «Diavolo, smetti di comportanti in modo così melodrammatico» borbottò quando il ritmo del suo cuore tornò alla normalità. «A nessuno importa che tu abbia deciso di lasciare Nukuroa.»

    Poche persone avrebbero sentito la sua mancanza, e se queste poche persone avessero saputo che la sua partenza era stata determinata da un persistente, irrazionale presagio, avrebbero pensato che era sul punto di perdere il senno.

    Ma se si fosse esposta al rischio di un esaurimento nervoso, chi si sarebbe preso cura di Michael?

    «No» affermò ad alta voce. Se era un crollo emotivo quello che l’attendeva, era solo un motivo in più per portare immediatamente Michael al sicuro.

    Fece per infilare la mano nella borsa e, nel farlo, accidentalmente fece cadere sul divano una busta, che si aprì, esponendo una ciocca di capelli biondi.

    Abby strinse le labbra. Il suo sguardo corse al camino, ma prima che il pensiero avesse la possibilità di prendere una forma definitiva aveva già rimesso la busta e il suo contenuto nella borsa.

    Rabbrividendo, respirò a fondo. Per prima cosa una volta sistemata nella nuova casa avrebbe bruciato quei capelli, decise. Erano solo un legame sentimentale con un passato morto e sepolto. Il suo futuro era dedicato a Michael, ecco perché la sua chioma che una volta era stata splendente come l’oro adesso era di un banale castano spento. Ed ecco perché adesso costringeva i lunghi capelli in una coda di cavallo invece di lasciarli liberi di accarezzarle le spalle in morbide onde.

    Si era abituata al cambiamento, così come si era abituata agli abiti informi e di poco prezzo che nascondevano il suo fisico snello. Aveva persino acquistato degli occhiali con spesse lenti non graduate destinate ad attenuare il verde brillante dei suoi occhi a mandorla.

    Non aveva potuto far nulla per alterare la forma delle sue labbra, piene e carnose, e per celare la fossetta nel mento, ciò nonostante il travestimento aveva funzionato.

    Tutti avevano visto in lei solo una madre single che doveva lavorare sodo per mantenere il proprio bambino, che rifiutava ogni tipo di contatto sociale, e che si accontentava di vivere in solitudine. A Nukuroa l’avrebbero dimenticata presto, e se questa era una consapevolezza in qualche modo deprimente, le bastava ricordare il viso sorridente di Michael, l’entusiasmo con cui le correva incontro ogni pomeriggio, quando andava a prenderlo all’asilo. Le bastava pensare a come il piccolo l’abbracciava quando gli rimboccava le coperte per essere sicura di aver fatto la scelta giusta.

    Nessuno era più importante di Michael.

    E poiché aveva deciso di portarlo via da Nukuroa, tanto meglio sarebbe stato partire subito.

    Le chiavi dell’auto in una mano, sollevò la valigia e la portò accanto alla porta. Sul punto di tornare sui suoi passi, si fermò di scatto, il cuore che le batteva all’impazzata. Un’auto stava percorrendo la strada deserta, il rumore del motore era chiaro e distinto. In tutta fretta si avvicinò alla finestra e con cautela sollevò la tendina. La vettura sfrecciò davanti al cottage solo per continuare la sua corsa ed essere inghiottita dall’oscurità.

    Sospirò per il sollievo e sorrise, ma il sorriso svanì repentino dalle sue labbra. Strano che ci fosse qualcuno in giro a quell’ora della notte, ragionò. In campagna le persone avevano l’abitudine di andare a letto presto.

    Di nuovo allarmata, rimase accanto alla finestra per diversi minuti, ripassando mentalmente le varie fasi del suo viaggio. Per prima cosa doveva raggiungere Christchurch, dove avrebbe venduto l’auto. L’indomani sera lei e Michael avrebbero preso un aereo per New Plymouth, sotto falso nome, ovviamente.

    Dunque avrebbero avuto un nuovo rifugio, ma la sua vita sarebbe rimasta la stessa. Avrebbe trascorso le sue giornate sempre all’erta, guardandosi le spalle, in attesa che Caelan Bagaton – i giornalisti lo chiamavano principe Caelan Bagaton, anche se lui preferiva non usare il suo titolo – alla fine la rintracciasse.

    Tuttavia, era una vita che aveva scelto in tutta consapevolezza. Raddrizzò le spalle, osservò ancora per qualche istante la strada oscura, poi richiuse la tendina e tornò in cucina. La lista delle cose da fare era ancora lì, sul tavolo. Accartocciò il foglio e lo buttò nel cestino della carta straccia.

    Colta da un ripensamento, recuperò il foglio e rientrò in salone per gettarlo sulla cenere che ancora ardeva nel camino. Non prese fuoco immediatamente. La carta si raggrinzì e annerì, ma alcune parole erano pur sempre perfettamente leggibili. Abby si inginocchiò e soffiò, e così una piccola fiammella ridusse la lista in leggeri fiocchi grigi che si sparsero sul fondo del focolare.

    «Nessuno potrà scoprire qualcosa da questa cenere» affermò con tono soddisfatto. Si alzò e mosse un passo e di nuovo udì un suono. Ma da dove proveniva?

    In punta di piedi si avviò verso la porta. Era quasi arrivata quando sentì il tipico tintinnio di una chiave infilata nella serratura.

    Un crampo di terrore le attanagliò lo stomaco, paralizzandola. Per pochi, irrecuperabili secondi il suo corpo rifiutò di obbedire ai comandi dell’istinto, che le suggeriva di correre a prendere Michael e di fuggire dalla porta sul retro.

    È un incubo, pensò disperata. Deve essere un incubo...

    Ma la porta si spalancò sotto la spinta di una mano impaziente e tutte le angosce che avevano tormentato le sue notti, tutte le paure che aveva coraggiosamente tenuto a freno, si materializzarono in un’ondata di puro e travolgente panico.

    Magnifico come un mitologico principe vendicatore, Caelan Bagaton fece irruzione silenziosamente nella stanza, poi richiuse la porta alle sue spalle con una deliberazione che raggelò il sangue di Abby. Aveva in tutto e per tutto l’aspetto dell’oscuro fantasma che appariva nelle sue più terrificanti visioni, alto, massiccio, spalle larghe, i lineamenti bellissimi del viso induriti in una maschera di arrogante autorità. Le folte sopracciglia nere contrastavano drasticamente con il blu profondo dei suoi occhi. La penombra enfatizzava la sua mascella squadrata ed evidenziava gli zigomi alti e le labbra carnose.

    Dietro lo spavento, un ricordo infuocato e pericoloso prese forma. Atterrita, Abby arretrò di un passo. Rammentava bene quelle labbra, rammentava le sensazioni esaltanti e fugaci che le avevano regalato...

    «Sai che dovresti sempre mettere la catena alla porta» esordì Caelan, la voce vibrante di derisione, gli occhi beffardi e impietosi fissi sul suo viso.

    Sgomenta, ma pur sempre forte del suo orgoglio, Abby gli ordinò di andare via, solo per scoprire che nessun suono aveva oltrepassato il nodo che le serrava la gola. Deglutì e provò di nuovo. «Esci subito da questa casa.» La frase risuonò nel silenzio come una gracchiante cantilena.

    «Ma davvero pensavi di cavartela così? Di poter rapire mio nipote e restare impunita?» domandò Caelan con sdegno avanzando verso di lei.

    Il sapore metallico e nauseante della paura invase la bocca di Abby. Disperata, e per quanto consapevole della inutilità del suo tentativo, provò la strada della diversione. «Come hai fatto a procurarti la chiave?» domandò, certa che anche lui potesse sentire il battito impazzito del suo cuore.

    «Sono il nuovo inquilino. E tu sei Abigail Moore, meglio conosciuta come Abigail Metcalfe, Abby per gli amici, amanti, e per mia sorella» affermò Caelan con disprezzo. «Vestiti di dubbio gusto e capelli tinti sono solo un patetico tentativo di travestimento. Probabilmente il tuo era un desiderio inconscio di essere rintracciata.»

    «In questo caso non mi sarei presa tanto disturbo, non credi?» sibilò lei fra i denti.

    Caelan scrollò le spalle con noncuranza. «Perché non ti sei trasferita in Australia?»

    «Perché non potevo permettermelo» quasi urlò lei, prima di potersi rendere conto che stava cadendo in un tranello. Quello che Caelan voleva era farle perdere il controllo, e ci stava riuscendo. Ancora respirò a fondo, la mente che lavorava frenetica nel tentativo di trovare un espediente che potesse tenerlo lontano dal bambino che dormiva tranquillo nella camera sul retro. «Se sei il nuovo inquilino, potrai prendere possesso del cottage solo domani. Dunque esci di qui, prima che io chiami la polizia.»

    Con

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