Il ritorno dell'ostetrica: Harmony Bianca
Di Sue Mackay
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Info su questo ebook
Amore e professione si intrecciano nel reparto in cui tutti i sogni prendono vita.
Dopo il doloroso fallimento del suo matrimonio l'ostetrica Isabella Nicholson si lascia convincere dal suo migliore amico, Raphael Dubois, a tornare a Londra per lavorare con lui al Queen Victoria Hospital. Però, scopre che lei e Raphael non divideranno soltanto il posto di lavoro ma anche la casa! Il forte bisogno di stabilità di Isabella si scontra con l'attrazione che si scatena tra loro e che rende le cose più complicate del previsto.
Isabella non vuole saperne delle storie di una notte, ma ciò che Raphael è pronto a offrirle è qualcosa che neppure lei che lo conosce da sempre si sarebbe mai aspettata.
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Il ritorno dell'ostetrica - Sue Mackay
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1
«Sei proprio sicura di non essere più innamorata di lui?»
«Al cento per cento.»
Isabella Nicholson evitò di aggiungere altro. Ammettere di dubitare di aver mai davvero amato il suo ex sarebbe stato troppo imbarazzante anche con Raphael Dubois che era il suo miglior amico.
Il tipo di amico al quale raccontava tutto, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Come adesso, che filtravano le prime luci l'alba di quella domenica d'autunno. Erano le quattro del mattino a Wellington, le quattro del pomeriggio a Londra, dove Raphael aveva trovato il lavoro dei suoi sogni come ginecologo e ostetrico al Queen Victoria Hospital.
Aspetta un attimo. Lui le aveva scritto per chiederle se era sveglia, e la risposta era abbastanza ovvia visto che sapeva che lei soffriva di insonnia.
«Ehi, perché hai chiamato? Non per avere notizie di Darren, giusto?»
«Izzy, è la verità o hai solo paura della risposta?»
Tipico di Raphael. Non perdeva mai occasione di fare domande complicate, che si trattasse di lei o dei suoi pazienti. Però quando l'oggetto della discussione era lui, evitava sempre di risponderle.
Quel gioco si giocava in due. «Non ti dico sempre la verità, forse?» Tranne qualche piccolo dettaglio insignificante...
«Sei brava a omettere le cose quando ti fa comodo» confermò lui, ridendo, per farle capire che per quella volta avrebbe lasciato perdere l'argomento del suo matrimonio fallito.
«E allora cosa ti ha portato a chiamarmi nel bel mezzo di una domenica pomeriggio? Non sei andato alla partita di rugby con i ragazzi?» Due anni prima lei era tornata a casa in Nuova Zelanda con l'uomo che aveva sposato, piena di speranza ed eccitazione per il loro futuro insieme. E naturalmente con l'intenzione di mettere finalmente radici in un posto e circondarsi di amici e famiglia. Solo che dodici mesi dopo il suo matrimonio era fallito miseramente, mandando in fumo tutti i suoi sogni. Gli amici che aveva erano solo quelli di lui e i suoi genitori erano impegnati con la loro vita. Da allora era tornata a fare quello che meglio le riusciva nella vita: girare per il mondo all'avventura, seppur per periodi più brevi rispetto a un tempo. Da un paio di settimane aveva finito la sua missione di volontariato in Cambogia ed era tornata a far visita ai suoi genitori, in attesa di decidere cosa fare in seguito. Solo che questa volta non riusciva proprio a decidersi.
Trova qualcosa di più permanente, le diceva di continuo una vocina dentro la sua testa. Realizza da sola il tuo sogno di mettere radici.
«Ho fatto nascere tre gemelli» rispose Raphael. Lui viveva a Londra da quasi tre anni, aveva comprato casa e si teneva a debita distanza dalla sua claustrofobica famiglia che viveva ad Avignone, mentre continuava a lottare imperterrito contro i propri demoni. Sembrava contento di quella tranquillità, il che era strano per il Raphael che conosceva da una vita.
Sperava di essere lei la prossima a sistemarsi. Anche se questo significava restare single, che poi non era neanche tanto male. Ormai si era abituata. I posti come infermiera e ostetrica erano facili da trovare, ma dopo un'intera infanzia passata a trasferirsi con i suoi genitori che lavoravano nei Servizi Diplomatici, quando era venuto il momento di sposarsi non aveva visto l'ora di mettere di nuovo piede in Nuova Zelanda e farsi una casa. Magari era stato proprio quello l'errore: focalizzarsi su dove vivere, invece che con chi vivere. E adesso eccola lì, senza più suo marito, a fare i conti con quello che sapeva mancare dentro di lei e che doveva avere qualcosa a che fare con l'amore. «Tre gemelli. Wow! Pensa ai genitori, tre bambini in un colpo solo.»
«Questa coppia desiderava così tanto avere dei figli che sarebbe stata felice anche se fossero stati quattro.» La voce di Raphael si fece sentimentale. «Avresti dovuto vedere quei tre piccolini. Così teneri, così minuscoli dentro quegli incubatori... eppure già in grado di dare del filo da torcere ai genitori.»
«Ma stanno bene, vero?» Raphael non sopportava quando qualcosa andava storto. Ogni volta che un bambino sotto le sue cure aveva problemi per i quali non c'era niente da fare, lui stava male per giorni, provava pena per i genitori e incolpava se stesso per l'accaduto pur sapendo di non averne colpa. Lei non era mai riuscita a capire che cosa ci fosse dietro quelle reazioni così estreme. Ed erano già un paio d'anni che lui aveva iniziato a manifestarle. Forse entrambi stavano tenendo dei segreti l'uno all'altro.
«I gemellini sono in ottima forma, anche se uno di loro è più piccolo dei suoi fratelli. Quindi lo tengo d'occhio. Sono arrivati alla trentaquattresima settimana, poi abbiamo eseguito un cesareo ed è andato tutto bene. I genitori avevano problemi di fertilità, quindi abbiamo optato per l'inseminazione artificiale e... voilà, ecco il risultato.» L'accento di Raphael suonava più marcato quando lui era trascinato dalle emozioni.
«Ottimo lavoro!» Conoscendolo, sapeva che doveva essersi sentito coinvolto quasi quanto i genitori. «Dovresti uscire a festeggiare.»
«Incontro un paio di amici con le loro fidanzate dopo che avrò messo giù con te. Ma dimmi, che cos'è che ti ha tenuta sveglia la notte scorsa?»
Eh? La sua vita sociale non gli era mai interessata prima di allora. Ma anche in questo caso, negli ultimi tempi aveva iniziato a preoccuparsi per lei e per il modo in cui se la stava cavando dopo la rottura con Darren.
«Sono uscita a cena un paio di volte, e in altrettante occasioni mi è capitato di bere qualcosa con un mio vicino di casa.» Non era rimasta fuori fino a tardi, aveva preferito tornare a casa dai suoi genitori piuttosto che stare in compagnia di uomini che chiaramente desideravano solo una cosa.
Diventi vecchia, ragazza.
E stanca.
«Preferisci startene rinchiusa tra le quattro mura di casa a piangerti addosso.»
Ancora? Ma cos'è? «Questa è pesante, Rafe.» Lo preferiva commosso per quei bambini che intento a scavare nella sua incasinata vita privata. «Te lo dico di nuovo. Non sono innamorata di Darren. E tutto quello che provavo per lui è morto quando ho trovato Gaylene Abernethy nuda nel nostro letto.» Se solo fosse stato davvero così facile incolpare Darren per tutto e sentirsi superiore. Ma non lo era. Lei aveva creduto alle sue promesse di una vita insieme, riempiendo i vuoti con i propri desideri, senza vedere però che lui non desiderava lo stesso. Però il tradimento era un'altra cosa. Suo marito aveva esagerato.
«Sì, ma dovevo chiedertelo.» Era davvero sollievo quello che sentiva nella voce di Raphael? E poi, perché no? Lui e Darren non erano mai andati d'accordo, erano l'uno l'opposto dell'altro.
«Certo.»
Ovviamente Raphael non aveva finito. «Non c'è sempre una ragione per un amore che finisce.» Parlava per esperienza. Era quello il punto? Stava finalmente per raccontarle che cos'era successo sei anni prima quando il suo cuore era andato in mille pezzi.
«Io amavo Darren, ma non tanto quanto avrei dovuto per potermi impegnare finché morte non ci separi.»
«C'è ancora qualcuno che ci crede? E se entrambi i coniugi arrivano fino a novantacinque anni? È un sacco di tempo... A cinquant'anni non sei più la stessa persona che eri a trenta, figuriamoci a novanta!» disse il ragazzo che aveva giurato amore eterno a Cassie, salvo poi essere mollato due anni dopo. I matrimoni falliti erano un'altra delle cose che avevano in comune.
«Tipico di te uscirtene con una domanda del genere.» Forse se gli avesse dato qualche dettaglio in più sulla sua relazione avrebbe lasciato perdere? Improbabile. Lui era fatto così. E comunque ammettere di aver fallito non le risultava così facile. Sposare Darren era stato un errore. Le sue promesse di sposarla, comprare una casa e avere dei figli non avevano avuto seguito. Lui aveva preferito continuare ad andare alle feste, alle partite di rugby con gli amici e a lasciarla sola quando trascorreva le serate in ufficio – non a lavorare, ma l'aveva scoperto solo in seguito. Non aveva mai smesso di trascorrere i weekend via con gli amici, anzi, le sue uscite si erano intensificate, come se avesse avuto paura di affrontare quel che aveva promesso di fare insieme a lei. Lei nel frattempo era diventata sempre più cupa, e nel giro di un anno da quando si erano sposati era arrivata a incolparlo di ogni cosa che non andava nella sua vita. Non accettava l'idea di aver creduto alle sue promesse senza chiedersi se davvero era innamorata di Darren. «Sto bene. Ho fatto un errore, e adesso voglio lasciarmelo alle spalle.»
«Basta che tu ne sia sicura» mormorò Raphael. «Non voglio che tu rimpianga di averlo lasciato se...»
«Basta, Rafe! Non torneremo insieme. È finita.» Quante volte doveva dirglielo perché se ne convincesse?
«Okay. Parlarmi di Phnom Penh, allora. Come mai sei rimasta là un mese in più?»
Avrebbe preferito discorrere del suo ex. «Per un caso tragico nel quale mi sono lasciata coinvolgere troppo.»
«Dobbiamo imparare a non farlo, Izzy.»
Come se non lo sapesse. «Laggiù è diverso. Quando qualcuno sta male o è ferito, l'intera famiglia è coinvolta – dalla bisnonna all'ultimo fratellino – e mi sono lasciata tirare dentro.» Al punto da arrivare a capire che era ora di smettere di correre in giro alla ricerca della felicità e cominciare a pensare a ciò che davvero voleva per il futuro. «Possiamo cambiare argomento?»
«Okay. Allora cosa farai adesso? Passerai l'estate al Polo Sud con una spedizione di scienziati neozelandesi? O un mese su una nave di soccorso in Africa?»
Sembrava esserci un'altra domanda sotto le provocazioni di Raphael, ma Isabella non riusciva a intuirla. Strano, perché si conoscevano così bene... a parte quei piccoli segreti. «Dai, non sono così irrequieta.» Anche se gli spostamenti che aveva fatto negli ultimi anni dicevano il contrario. Auckland, Melbourne, Cambogia... Forse era più simile ai suoi genitori di quanto fosse disposta ad ammettere, ed era per questo che non riusciva a trovare un posto in cui essere felice. Non c'era niente che non andava nei trentadue anni di matrimonio dei suoi, a parte il fatto che non si erano mai fermati per più di due o tre anni nello stesso posto. Semplicemente non avrebbero dovuto costringerla ad andare con loro. «Ho trascorso sei anni a studiare a Wellington e a lavorare come infermiera. E altri quattro a Londra a fare l'ostetrica prima di...»
«Oui, lo so. Ma in questo momento ti stai scervellando su cosa farai dopo. Rimanere a Wellington, andare in Africa, trasferirsi in America...» fece una pausa. «Ma con la tua scarsa autostima questa rottura rischia di trascinarti in una spirale di congetture senza fine: Dove devo andare a vivere? Qual è il prossimo progetto che dovrei intraprendere? Sono più inglese o neozelandese?» Sospirò, poi aggiunse: «Dimmi che mi sbaglio, Izzy».
Non poteva. Era vero. Però quella famiglia in Cambogia l'aveva cambiata, in qualche modo. Ma non era ancora pronta a parlarne. Magari non lo sarebbe stata mai. Isabella si allungò nel letto e si tirò la coperta di lana fin sotto il mento. «Ti farà piacere sapere che non riesco a immaginarmi né di essere bloccata su un iceberg per mesi né di avere solo dei pinguini con cui parlare.» Si aggiustò il cuscino sotto il collo e si accoccolò nel letto. In quei giorni era arrivato l'autunno a ricordarle che cosa l'inverno le avrebbe riservato di lì a qualche settimana.
«Probabilmente i pinguini sono più interessanti della metà delle persone che incontri ogni giorno.» La sua risata era sempre contagiosa, ma quel giorno sembrava un po' stanco, forse persino stufo.
«Qualcosa non va nella tua parte del mondo?»
«Non peggio del solito. Siamo a corto di personale e sembra che tutte le donne di Londra sopra i vent'anni siano rimaste incinte contemporaneamente.»
«E che mi dici della vita fuori dal Queen Victoria? Amore, vita, divertimento... cose del genere?» Raphael era uno degli uomini più belli che conosceva. Le donne gli cadevano ai piedi, si innamoravano di lui prima ancora che lui dicesse loro bonjour. Ma dopo Cassie non aveva più avuto nessuna relazione seria, preferendo il mordi e fuggi, quando ne aveva il tempo. Ma almeno lui non faceva promesse diverse e si premurava sempre di accertarsi che le donne con cui stava non fossero alla ricerca di un partner.
«Non so di cosa stai parlando.» Almeno adesso la sua risata era genuina. «Non ho avuto tempo per niente al di fuori del lavoro e dello studio.»
«Sembra patetico quasi quanto la mia vita adesso.» Che coppia scintillante.
«Dici?» Raphael prese un lungo, lento respiro. «Momento decisivo, eh, ostetrica Nicholson? Per te, non per me» chiarì.
«Se lo dici tu» borbottò lei, odiandolo per averla costretta ad affrontare la questione.
«Non sono io quello che passa le notti insonni intento a rimettere insieme i pezzetti del puzzle.»
«Hai ragione, e non osare compiacerti» aggiunse in fretta. «Devo prendere delle decisioni.»
«A cominciare da...?»
Quello era il problema. Non sapeva da dove iniziare. «Dove vivere?»
«Che c'è che non va