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Un colpo di fortuna: Harmony Collezione
Un colpo di fortuna: Harmony Collezione
Un colpo di fortuna: Harmony Collezione
E-book135 pagine1 ora

Un colpo di fortuna: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Era il suo periodo fortunato?

Yancie Dawkins ha sempre vantato uno spiccato senso dell'umorismo, ma questa volta fatica a trovare motivi per sorridere.

Lo sconosciuto con cui qualche ora prima ha litigato in una stazione di servizio, infatti, è il boss della ditta che l'ha appena assunta.

Appena si riconoscono, lui non esita a...
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2017
ISBN9788858960936
Un colpo di fortuna: Harmony Collezione
Autore

Jessica Steele

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un colpo di fortuna - Jessica Steele

    successivo.

    1

    Era il suo primo lavoro, e per di più un lavoro che la entusiasmava! Yancie lanciò la Mercedes lungo l'autostrada; in un batter d'occhio era già nella corsia di sorpasso, pronta per andare a prelevare il suo passeggero.

    Non che avesse realmente bisogno di pigiare l'acceleratore, era già vicina al luogo dell'appuntamento e ampiamente in orario.

    Quella mansione aveva un unico difetto: le lasciava troppi intervalli di tempo tra un viaggio e l'altro, e aveva avuto l'impressione di sprecarlo restando con le mani in mano ad aspettare.

    La prima settimana si era attenuta strettamente alle regole che le erano state comunicate, e si era limitata ad accompagnare i dirigenti dell'Addison Kirk Group ai loro appuntamenti, attendendoli per riportarli in sede.

    Yancie, però, non era proprio abituata a gironzolare senza fare niente, e aveva in breve risolto brillantemente il problema dei tempi morti.

    Era in servizio da appena tre settimane, ed era giunta alla conclusione che aveva di meglio da fare che restare ferma in un parcheggio fino all'ora prevista per incontrare il passeggero di turno.

    Aveva cominciato a frequentare musei, gallerie d'arte, cinema... A volte, passava a salutare gli amici, se erano nel raggio di venti chilometri. Una volta era perfino andata a trovare sua madre, avendo cura di togliersi il badge con i suoi dati e la foto. Purtroppo doveva sempre indossare l'uniforme. Al diavolo!

    Yancie era consapevole che sua madre non avrebbe affatto approvato le sue decisioni. Se solo avesse scoperto che aveva lasciato la casa dove viveva col patrigno, e che, oltretutto, si era trovata un lavoro, sarebbe andata su tutte le furie.

    Quando aveva accennato al fatto che non le interessava una vita fatta solo di shopping e impegni mondani, sua madre era rimasta scandalizzata.

    Si sarebbe semplificata la vita non dicendole niente, pensò tra sé Yancie, poi rise, considerando che poche persone avrebbero rischiato le ire della madre per il puro e semplice gusto di dire la verità.

    Gettò un'occhiata sul sedile posteriore dove aveva lasciato la giacca dell'uniforme. Doveva ricordarsi di rimetterla prima di tornare alla Addison.

    Proseguì a velocità elevata mentre rifletteva sul fatto che quel lavoro le era proprio piovuto dal cielo.

    In realtà era stato suo cugino Greville a trovarlo per lei... Be', a essere ancora più precisi, Greville era suo cugino solo per metà.

    Yancie era una guidatrice provetta: riusciva a valutare con un colpo d'occhio la viabilità, sapeva prevedere le follie degli altri guidatori meno attenti di lei e, nello stesso tempo, non aveva difficoltà a riflettere sulle sue faccende.

    Circa un mese prima aveva deciso orgogliosamente di lasciare la casa in cui viveva col patrigno e sua figlia. Il suggerimento le era venuto da zia Delia, la madre di Greville.

    In quel frangente, naturalmente, Yancie aveva ammesso che non avrebbe mai dovuto prestare la sua macchina a Suzannah Lloyd, ma si trattava di un caso di emergenza e così aveva acconsentito.

    Non poteva certo immaginare che, guidando senza nessuna prudenza, la sua amica si sarebbe cappottata distruggendole l'auto.

    Una volta assicuratasi che Suzannah non era rimasta ferita, Yancie aveva raccontato tutto al patrigno.

    Ralph Proctor era un uomo davvero disponibile, ma quella volta le aveva fatto una ramanzina coi fiocchi, insistendo sul fatto che la macchina non si presta al primo arrivato.

    Yancie avrebbe anche accettato la sfuriata di Ralph se solo Estelle, la figlia di lui, non si fosse intromessa affermando che non poteva aspettarsi che suo padre le pagasse un'automobile nuova.

    Perfino Ralph si era stupito dell'astio che tra spariva dalle parole di Estelle tuttavia, prima che lui potesse intervenire, Yancie aveva asserito altera: «Non ci penso neppure! L'assegno mensile che ricevo è più che sufficiente per...».

    «L'assegno che ricevi da mio padre!» aveva puntualizzato aspra Estelle.

    «Non sono stata io a chiederlo» aveva mormorato Yancie, troppo sbigottita per riuscire a trovare qualche argomento per rintuzzare quell'attacco inaspettato.

    «Allora non ti spiacerà se d'ora in avanti non te lo darà più, giusto?» aveva rincarato acidamente l'altra.

    Era stato allora che Yancie si era resa conto che quella casa non era sufficientemente grande per alloggiare lei e la sorellastra insieme. Non credeva che la odiasse tanto!

    «Certo che no» aveva risposto, avviandosi tranquillamente verso la porta.

    Ralph aveva tentato di fermarla, mortificato, poi l'aveva sentito rimproverare la figlia. «Estelle» le aveva detto, «lo sai che si merita ogni centesimo di quei soldi: si occupa di questa casa nel migliore dei modi!»

    «Assumi una governante!»

    Yancie non era rimasta ad ascoltare oltre. Dopo quella conversazione non poteva restare, non se la sentiva!

    Così si era rifugiata dove lei e le cugine, Fennia e Astra, andavano sempre nei buoni e nei cattivi momenti: da zia Delia.

    «Non mi è mai piaciuta quella Estelle Proctor» aveva sentenziato Delia Alford quando Yancie aveva terminato di raccontarle quello che era successo.

    «Purtroppo è tutto vero!» era insorta lei. «In ogni caso non mi è mai importato di quel dannato assegno di Ralph.»

    «Te lo sei sempre guadagnato. Lavoravi sodo!» aveva esclamato Delia.

    Quattro anni prima, all'età di diciotto anni, Yancie e le due cugine avevano terminato le superiori ma, mentre le altre avevano continuato gli studi, Ralph Proctor aveva implorato Yancie di occuparsi della gestione della villa dove abitavano.

    La madre aveva approvato, non considerandolo un lavoro vero e proprio.

    «Che cosa devo fare adesso?» aveva chiesto a zia Delia.

    «E tu, cosa vorresti fare?»

    Yancie aveva riflettuto. Era molto affezionata al patrigno, ma...

    «Non voglio tornare indietro» aveva asserito.

    «Non sei obbligata» l'aveva rassicurata Delia. «Sai perfettamente che in casa mia sarai sempre la benvenuta. Astra, poi, vorrebbe che ti trasferissi da lei. C'è spazio in abbondanza e anche Fennia sarebbe felice di averti con loro.»

    L'appartamento in cui vivevano le due cugine apparteneva al padre di Astra, anche se lui preferiva soggiornare a Barbados piuttosto che nell'elegante quartiere nel centro di Londra.

    Astra aveva accolto Fennia solo poche settimane prima, quando sua madre, dopo aver scelto di convivere col suo nuovo amante, l'aveva praticamente cacciata di casa.

    Yancie stava per telefonare ad Astra, quando era arrivato Greville, suo cugino, il figlio di Delia.

    «La piccola Yancie!» aveva esclamato sorridendole con affetto, dopo aver abbracciato la madre.

    Yancie si era avvicinata per salutarlo.

    Greville era vicino ai quarant'anni, ed era la figura maschile di riferimento più importante di tutta la sua vita.

    Lui l'aveva abbracciata e aveva chiesto di che cosa stessero parlando.

    Sorseggiando una tazza di caffè, lo avevano messo al corrente degli avvenimenti della giornata.

    «Avrei dovuto cercarmi un lavoro molto tempo fa» aveva sospirato Yancie.

    «Sai che tua madre non approverà. Renderà la vita un inferno sia a te sia a Ralph» le aveva fatto notare Greville.

    «Accidenti! Non ci avevo pensato» era inorridita Yancie, improvvisamente depressa.

    In una situazione normale, sarebbe potuta tornare a casa da sua madre. Nemmeno la zia, però, le aveva suggerito quella soluzione. Yancie e le sue cugine erano sempre state considerate dalle rispettive madri come un intralcio, e così dall'età di sette anni erano state rinchiuse in un costosissimo collegio privato.

    Yancie si spostò sulla corsia di marcia normale mentre ricordava la morte del padre avvenuta in un incidente sciistico. Sebbene avesse lasciato a sua madre un cospicuo patrimonio, lei era riuscita a sperperarlo in pochi mesi.

    L'idea di trovarsi un lavoro non aveva mai nemmeno sfiorato la mente di Ursula Dawkins. Così, dopo varie avventure con fantomatici possibili mariti, aveva deciso di sposare l'incarnazione della ricchezza: Ralph Proctor.

    Durante le visite per le vacanze, Yancie aveva imparato a occuparsi del patrigno che, a sua volta, si era affezionato a lei.

    Una volta fallito inevitabilmente il secondo matrimonio, lui aveva deciso di farla vivere con sé nella sua immensa casa.

    Ursula non aveva avuto niente da ridire, in quanto aveva ottenuto una considerevole buona uscita, ed era troppo presa da mille progetti. Non si sarebbe, però, fatta scrupoli di tormentare sia lei sia Ralph, se solo avesse saputo che sua figlia non viveva più sotto il suo stesso tetto, e soprattutto che si era trovata un lavoro.

    Quando Yancie aveva lasciato la casa del patrigno non aveva alcuna idea di cosa avrebbe potuto fare.

    «Il fatto è che non ho una preparazione specifica in niente» aveva spiegato a sua zia e al cugino. «So badare a una casa, ma...»

    «Non puoi certo metterti a dirigere la servitù per degli estranei» era intervenuta categorica Delia Alford.

    «È tutto ciò che so fare» aveva confessato.

    «Che sciocchezza!» l'aveva tacitata la zia. «Sai guidare e poi...»

    «Stanno cercando un autista alla Addison Kirk» era sfuggito a Greville. Gli occhi delle due donne si erano puntati su di lui. «Ma non vorrai...»

    «Sarebbe splendido!» aveva dichiarato Yancie con entusiasmo.

    «Non dicevo sul serio...» aveva protestato suo cugino.

    «Io, sì, invece!»

    «Non credo che assumerebbero una donna come autista» aveva tentato debolmente di opporsi lui ma, vedendo i loro sguardi torvi a quella scusa, si era arreso. «A ogni modo, in questi tempi di pari opportunità, forse si dovrebbero modernizzare anche loro.»

    Greville, a quel punto, aveva spiegato che un dipendente era andato in pensione in dicembre e che il posto era vacante da poco.

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