Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Oltre le parole: Harmony Collezione
Oltre le parole: Harmony Collezione
Oltre le parole: Harmony Collezione
E-book158 pagine2 ore

Oltre le parole: Harmony Collezione

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Perché nessuno gliel'aveva detto?

B. Lawrence. Che stupida a non aver pensato che quella lettera poteva non essere indirizzata a lei bensì a sua sorella, il cui nome ha la stessa iniziale! Ormai Bronte l’ha aperta, ma forse sarebbe stato meglio il contrario.

Da quello che c’è scritto, pare...
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2017
ISBN9788858963333
Oltre le parole: Harmony Collezione
Autore

Liz Fielding

Liz Fielding vive a Merlin's Fort, nel Galles, una terra leggendaria e disseminata di castelli. Sposata da quasi trent'anni con John, l'uomo che ha conosciuto quando lavorava in Africa, ha due figli e un gattone bianco e nero chiamato Rocky.

Leggi altro di Liz Fielding

Autori correlati

Correlato a Oltre le parole

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Oltre le parole

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Oltre le parole - Liz Fielding

    successivo.

    1

    «Grazie per essere venuto, Fitz. So che avevi molto da fare.»

    James Fitzpatrick prese tra le sue la mano delicata e perfettamente curata che gli veniva tesa. «Sono sempre disponibile quando si tratta di Lucy, lo sai.» Il sorriso con cui Claire Graham rispose a quelle parole somigliava a una smorfia. Guai in vista. «Ha rotto un'altra finestra?»

    «Non è così semplice.»

    «Due finestre?» Lucy, piuttosto alta per la sua età, con braccia e gambe che sembravano possedere una vita propria, aveva combinato guai fin da quando aveva scoperto di poter strisciare fuori dalla culla. Ovviamente non lo faceva apposta ma, qualunque cosa si trovasse a meno di mezzo metro da lei, mostrava una sgradevole facilità a disintegrarsi.

    «Neppure la fontanella dell'acqua potabile. Siediti per favore, Fitz.» Sotto l'aspetto austero, Claire Graham era una donna morbida come burro, ma quel giorno sembrava molto decisa.

    «Allora, che cosa ha combinato?» chiese Fitz sistemandosi sulla sedia davanti alla scrivania. Era arrivato con il libretto degli assegni, pronto ad ascoltare l'elenco degli ultimi disastri di sua figlia e adesso non sapeva che cosa pensare. «Non credo si tratti del profitto, fa sempre i compiti con molto impegno.»

    «Lucy è una bambina molto intelligente, e ha anche una fervida immaginazione.» Quelle parole aumentarono il disagio di Fitz. «Hai fatto un buon lavoro con lei.» Claire fece una pausa, alla ricerca delle parole giuste. «Non ti ho mai fatto questa domanda, ma viste le circostanze ci sono costretta. Sei rimasto in contatto in qualche modo con la madre di Lucy?»

    Il disagio di Fitz assunse improvvisamente una forma e nonostante la bella giornata primaverile gli gelò lo stomaco. «No.»

    «Potresti farlo, se ce ne fosse bisogno?»

    «Non riesco a immaginare nessuna ragione valida.»

    «Neppure per il bene di Lucy?»

    «A lei non importa niente di Lucy, Claire. Se fosse stato per...» Si fermò un attimo, come se facesse fatica a pronunciare quel nome. «Se fosse dipeso da sua madre, Lucy sarebbe stata data in adozione.»

    «Allora sarà dura.» Claire lo scrutò con i severi occhi grigi. «Devo informarti che Lucy ha cominciato a fantasticare sulla identità di sua madre.»

    «Fantasticare?»

    «Si è inventata delle storie sul suo conto fingendo che sia una persona famosa.»

    Il blocco di ghiaccio che aveva nello stomaco si trasformò in una valanga, ma Fitz sapeva controllarsi. «Hai appena detto tu stessa che possiede una fervida immaginazione.»

    «Sì, l'ho detto, ma qui non si tratta di una delle sue solite fantasie. Questa volta ci crede davvero. Non ti sei accorto di niente?» Lui scosse la testa e Claire sospirò rivolgendogli un'occhiata comprensiva. «Date le circostanze, direi che la situazione è abbastanza normale. Capita a molti bambini adottati di...»

    «Lucy non è adottata.» Era riuscito a contenere la disperazione nella sua voce?

    «Lo so, ma in assenza della madre naturale la situazione è molto simile.» Fitz era troppo occupato a riflettere, a chiedersi come sua figlia avesse scoperto quello che lui si era dato tanta pena di nascondere, per accorgersi della simpatia che colorava la voce della donna. «C'è la stessa necessità di credere che la madre sconosciuta sia qualcuno di speciale che soltanto per qualche grave problema si è decisa ad abbandonarci. In assenza di informazioni, il bambino supplisce con la fantasia inventandosi una madre famosa, ammirata...»

    «Capisco...» intervenne lui prima che Claire avesse modo di terminare.

    «Davvero?» La donna lo osservò dubbiosa. «Non devi prendertela con lei, Fitz. La sua curiosità, il suo desiderio sono del tutto normali.»

    Lui si decise ad accordarle finalmente la massima attenzione.

    «Se è normale, non vedo quale sia il problema.»

    Claire Graham si spinse indietro sulla sedia e sollevò le mani in un gesto che sollecitava la sua comprensione. «Il problema sono le compagne. Sono convinte che voglia darsi delle arie cercando di dimostrarsi speciale. Ho parlato con Lucy, le ho suggerito che sarebbe più prudente tenere per sé quelle fantasticherie, ma non è servito. Forse se tu le parlassi della sua vera madre, gliene mostrassi una fotografia, lei avrebbe qualcosa su cui fissare i suoi sentimenti. O potresti addirittura farle incontrare. Io sono disposta a darti una mano. Come parte neutrale potrei diventare un buon tramite...»

    Fitz scattò in piedi, deciso, troncando la conversazione. Sentiva il bisogno di uscire all'aperto per riflettere. «Ti ringrazio per avermi informato, me ne occuperò io.»

    «Puoi evitare qualunque contatto, puoi distruggere qualsiasi ricordo, ma non c'è modo di impedire a una ragazzina di voler conoscere sua madre. C'è un legame indistruttibile...»

    «Ne sei convinta?»

    «Sì. Anche se sua madre non ha voluto Lucy, sono sicura che qualche volta si sarà chiesta com'è diventata, quanto è cresciuta. Forse adesso sarebbe pronta a cogliere l'opportunità di conoscerla.»

    Claire lo accompagnò alla porta.

    «Tra poco cominceranno le vacanze di Pasqua... Hai intenzione di andare da qualche parte?»

    Avrebbe voluto dirle di impicciarsi degli affari suoi come aveva fatto quando, portata a casa Lucy, aveva dovuto subire le visite di assistenti sociali, ispettori sanitari, tutti sicuri che un uomo solo non potesse prendersi cura di una neonata. Tuttavia le intenzioni di Claire erano così affettuose che si sforzò di essere educato. «Vorremmo andare in Francia.»

    «Potresti approfittarne per parlare con Lucy. Lascia che ti faccia tutte le domande che vuole e cerca di risponderle con la massima onestà. Per un bambino è importante amare entrambi i genitori, anche se non vanno d'accordo.»

    Ma se era la madre a non amare il figlio?

    «Per il bene di Lucy devi affrontare la questione, anche se lo so che ti fa soffrire.»

    Ma è ancora presto!, pensò Fitz. Lucy aveva solo otto anni, era troppo piccola per infrangere tutti i suoi sogni. «Le parlerò io. Presto.».

    Claire, che non si irritava mai, corrugò la fronte. «Prima risolvi questa faccenda e meglio sarà per lei» lo ammonì mentre raggiungevano la porta. Poi, però, rendendosi conto che Fitz non era più disposto a discuterne, cambiò argomento. «Verrai alla festa?»

    «Quale festa?»

    «Quella di venerdì prossimo. Non hai letto l'avviso? Mi sorprende che Lucy non te l'abbia consegnato, perché gareggerà nel salto in alto e sono sicura che vincerà lei... sempre che non distrugga prima l'asta! Sarebbe un peccato se tu non ci fossi.»

    «Ci sarò.»

    «Ottimo.» Gli stese la mano, la testa inclinata da un lato. «Non mi hai chiesto chi si è inventata come madre. Non sei curioso neppure un po'?»

    Come tutti gli altri, Claire aveva commesso l'errore di credere che Lucy stesse mentendo. Forse era meglio così. «No, grazie, preferisco sbizzarrirmi con le mie fantasie. Ci vediamo venerdì.»

    «Che peccato che Brooke non sia potuta venire per il funerale. Di questi tempi non si fa vedere spesso.»

    «Non sono riuscita a parlarle e a farle sapere di nostra madre» ripeté Bron probabilmente per la centesima volta. Possibile che nessuno avesse partecipato al funerale semplicemente per rispetto nei confronti di sua madre, che tutti fossero venuti nella speranza di poter intravedere la sua famosa sorella? In qualche modo riuscì a dispensare l'ennesimo sorriso. «Sta girando un documentario in Brasile, nella foresta pluviale, a migliaia di chilometri da qualunque telefono.» In realtà era sicura che sua sorella avesse ricevuto il messaggio, ma senza dubbio Brooke era troppo occupata con la madreterra per curarsi di quella terrena.

    «È un peccato che abbia dovuto pensare tu a tutto.» Bron venne riportata al presente. «Ti sei fatta carico di tua madre per tutti questi anni e anche adesso hai dovuto fare tutto da sola.»

    «Non avevo altra scelta, purtroppo.»

    «Hai ragione. Del resto, con tutto quello che Brooke fa per la salvezza del pianeta, dobbiamo scusarla.» La donna sorrise. «Mi ha convinta a riciclare carta e vetro e quando abbiamo dovuto cambiare la porta, ho proibito a Reggie di comprarne una di mogano. Non so proprio come faccia a sopportare i serpenti e i ragni. Io svengo soltanto a vederli.»

    «Anche Brooke» intervenne Bron sul punto di mettersi a gridare. «Quando ne entrava uno in camera nostra, ero sempre io a metterlo fuori della finestra.»

    «Davvero?» Bron si pentì di quello che aveva detto. Non si sarebbe dovuta prendere gioco di quella donna che non poteva sapere come fosse davvero Brooke. «Allora c'è speranza! Vuoi che ti dia una mano a riordinare?» Nella voce della donna vibrava una nota di ansia alla vista di tutti i bicchieri e delle delicate stoviglie sparse per la casa.

    Bron abbozzò un sorriso divertito. La sua incapacità di lavare una tazza senza romperne il manico era diventata leggendaria.

    «La signora Marsh si è già offerta di aiutarmi.» Mentre parlava, l'anziana governante aveva già cominciato a radunare i bicchieri su un vassoio, così in fretta e con una tale abilità da lasciarla senza parole.

    «Chiamami se hai bisogno» si congedò l'altra.

    Bron sorrise con calore. «Sarei felice se mi dessi una mano a riordinare le cose di mia madre. Sono sicura che tu sapresti che cosa farne» continuò.

    «Dammi un colpo di telefono e mi precipiterò da te.» La donna si guardò attorno. «Adesso che cosa farai, venderai la casa? So che tua madre non se ne sarebbe mai allontanata, ma tu ti troveresti meglio in un appartamento più piccolo.»

    Un bell'appartamentino dove non avrebbe potuto tenere neppure un gatto e senza giardino... Non lo sopporterei. «Non so, devo parlarne con Brooke.»

    «Be', non c'è fretta. Prenditi una vacanza prima di decidere qualunque cosa. Le ultime settimane sono state dure.» Le ultime settimane, gli ultimi mesi, gli ultimi anni.

    Un'ora più tardi Bron richiuse finalmente la porta dietro la signora Marsh e ci si appoggiò a occhi chiusi, oppressa dal silenzio e dalla consapevolezza che ormai era sola.

    Dentro di sé si sentiva felice che Brooke non si fosse precipitata a casa. La sua comparsa non avrebbe fatto altro che trasformare il funerale in uno show per radio e televisioni. Non sarebbe stata certo sua sorella ad abbracciarla e a offrirle la consolazione di cui aveva bisogno. Si sarebbe limitata a commentare che la mamma finalmente aveva smesso di soffrire, perché era tipico di Brooke vedere le cose sempre in bianco e nero.

    Le due sorelle si somigliavano tanto fisicamente, che sembrava impossibile fossero così diverse dentro.

    Con uno sforzo immenso Bronte si allontanò dalla porta. Forse avevano ragione tutti a consigliarle una vacanza, qualche giorno per pensare a che cosa fare del resto della sua vita.

    Il resto della sua vita? Era uno scherzo. Aveva ventisette anni e non aveva ancora avuto una vita, e forse non se ne sarebbe accorta; se non si fosse dovuta misurare sempre con sua sorella.

    Eppure le cose sarebbero potute essere diverse. Bronte era stata sul punto di seguire le orme della sorella e iscriversi all'università, quando alla loro madre era stato diagnosticato il male incurabile che poi l'aveva uccisa.

    Così, senza pensarci due volte, Bron aveva chiamato l'università e avvertito che non si sarebbe presentata. Che cos'altro avrebbe potuto fare? Brooke aveva già cominciato l'università. Il programma era che, una volta conseguita la laurea, Brooke sarebbe tornata a casa per darle il cambio e Bron avrebbe potuto studiare.

    Fresca di laurea, Brooke aveva ricevuto un'offerta di lavoro e con il suo sorriso serafico aveva annunciato a Bron che non ci avrebbe rinunciato. «E poi tu sei tanto brava con la mamma, io non saprei fare tutto quello che fai tu. Con te lei sta

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1