Il cavaliere dell'amore (eLit): eLit
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Info su questo ebook
Carole Mortimer
Carole Mortimer was born in England, the youngest of three children. She began writing in 1978, and has now written over one hundred and seventy books for Harlequin Mills and Boon®. Carole has six sons, Matthew, Joshua, Timothy, Michael, David and Peter. She says, ‘I’m happily married to Peter senior; we’re best friends as well as lovers, which is probably the best recipe for a successful relationship. We live in a lovely part of England.’
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Anteprima del libro
Il cavaliere dell'amore (eLit) - Carole Mortimer
Immagine di copertina:
Vasyl Dolmatov / iStock / Getty Images Plus
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:
Wildest Dreams
Harlequin Presents & Boon Presents
© 1997 Carole Mortimer
Traduzione di Daniela Mento
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 1998 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-907-3
1
Arabella fissò preoccupata il grande cancello di ferro battuto, davanti alla bella villa di campagna dove abitava il famoso scrittore Merlin. Doveva riuscire a entrare a ogni costo e parlargli. Solo quarantotto ore prima non avrebbe nemmeno tentato di incontrarlo, perché Merlin conduceva una vita da eremita, lontano dalla pubblicità e da qualsiasi contatto con l’esterno.
Adesso era fondamentale che Arabella lo vedesse di persona, se voleva che Merlin continuasse a scrivere per la casa editrice Atherton, di proprietà di suo padre. E pensare che era stata tutta colpa di suo fratello Stephen.
«Sei il solito buono a nulla, ecco che cosa sei!»
Quarantott’ore prima la voce del padre di Arabella, Martin Atherton, aveva rotto la quiete ottocentesca degli uffici della casa editrice Atherton, nel centro di Londra, proprio sopra la famosa libreria che apparteneva alla famiglia di Arabella da un secolo.
«Sapevi benissimo che sarebbe finita così!» lo aveva accusato Stephen, che si considerava come al solito una vittima del padre. «Hai sempre detto che quell’uomo è un pazzo!»
Le discussioni fra suo padre e suo fratello Stephen erano frequenti, certo, ma non si erano mai accalorati fino a quel punto.
«Ehi, ma... siete impazziti?» aveva chiesto Arabella, arrivando nell’ufficio del padre e richiudendone immediatamente le pesanti porte di quercia in modo che gli impiegati non potessero sentire il resto della discussione.
Martin sembrava fuori di sé. A quell’ora avrebbe dovuto ancora essere in uno dei tanti ristoranti di lusso in cui pranzava d’abitudine, e invece era tornato prima del solito per litigare con suo figlio. Vedendo arrivare Arabella si era calmato, ma non molto. Era andato a sedersi alla sua scrivania di quercia, in puro stile ottocentesco come il resto dell’arredamento del suo ufficio, e aveva finito di sfogare il proprio disappunto.
«Tuo fratello è un perfetto incapace!» le aveva detto.
«Questo l’hanno già sentito tutti, papà. Adesso spiegami con calma perché stavate gridando in questa maniera.»
«Ho cercato di affidargli più responsabilità, come dici sempre tu. E questo è stato il risultato!»
Non riuscendo a ottenere una risposta che chiarisse la situazione, Arabella si era rivolta al fratello.
«Stephen? Che cosa hai combinato, questa volta?»
«Che cosa vuoi che abbia combinato? Papà fa apposta ad affidarmi incarichi impossibili, proprio perché gli piace vedermi fallire.»
Nonostante Arabella avesse solo un paio d’anni più di Stephen, si era sempre comportata con lui come una madre, piuttosto che come una sorella maggiore. Forse perché la loro vera madre era morta quando Arabella aveva quindici anni e da allora lei aveva preso il suo posto a fianco del fratello e del padre con un’efficienza che a volte veniva considerata eccessiva da parenti e amici di famiglia.
Arabella era la vera padrona di casa Atherton, a tutti gli effetti. Con lei, la vita di Martin e di Stephen era continuata come prima, con le stesse abitudini tranquille, grazie al suo calore umano così simile a quello della madre defunta.
Forse era il motivo principale per cui Martin non si era mai risposato. Eppure, a cinquantacinque anni, era ancora un uomo che si poteva definire affascinante. Grazie al fisico giovanile, ai capelli neri appena brizzolati, ai lineamenti molto virili anche se un po’ duri, non gli sarebbero mancate le donne.
Ma le poche storie serie che aveva avuto, anche quando erano durate per lunghi periodi, erano sempre state condotte con la massima discrezione, lontane dai pettegolezzi della gente e soprattutto dall’ambito della sua famiglia.
Non sarebbe mai arrivata nessuna donna a sostituire la defunta signora Atherton, semplicemente perché la perfetta sostituta era già stata trovata da tempo con sua figlia Arabella. E ancora una volta, come avrebbe fatto sua madre se fosse stata ancora viva, quel giorno Arabella aveva cercato di calmare i suoi due uomini.
«Mi volete spiegare che cosa diavolo è successo? Che incarico ti ha dato papà?» aveva insistito con Stephen.
«Mi ha mandato da quel pazzo, ecco che cosa è successo! E figurati che pretendeva anche che riuscissi dove tutti hanno fallito... perfino tu!»
Allora Arabella aveva capito, ma le era sembrato impossibile che suo padre avesse potuto fare una cosa simile.
«Lo hai mandato da Merlin? Papà!»
«Che cosa c’è di male?» si era difeso Martin. «Non vuole sempre dimostrare a tutti quanto è in gamba? Allora gli ho detto che, se fosse riuscito a spuntarla con Merlin, lo avrei considerato in gamba anch’io. Naturalmente Merlin lo ha cacciato in malo modo e, adesso, per colpa sua corriamo il rischio di perdere uno dei nostri migliori scrittori.»
«Il nostro migliore scrittore, papà! Come hai potuto mandare Stephen da Merlin? Sono io che mi occupo di lui da anni» aveva protestato con veemenza Arabella.
Martin non si era scomposto e aveva risposto come Arabella si aspettava.
«Mandare te? Ma tu sei una donna, mia cara.»
Arabella aveva controllato a stento la propria frustrazione. Era inutile fare al meglio il suo lavoro in ufficio, essere più solerte di qualunque altro dipendente della casa editrice Atherton, rimanere in ufficio fino a tardi. Per suo padre, qualunque fossero i risultati raggiunti da lei, il giudizio sul suo conto era invariabile: Arabella era soltanto una donna. Significava che poteva essere impiegata vantaggiosamente in lavori secondari, ma che per le faccende serie ci voleva un uomo.
«Papà, credo che al mondo sia rimasto soltanto tu con queste idee retrograde» gli aveva fatto notare senza mezzi termini.
In realtà, non era vero. Anche Stephen, che fisicamente somigliava a suo padre come una goccia d’acqua, condivideva i pregiudizi di Martin a proposito delle donne.
O meglio, aveva sempre pensato Arabella, condivideva l’opinione che sua sorella fosse insostituibile come angelo del focolare e tale dovesse rimanere per sempre, senza perdere tempo dietro ad altre ambizioni.
Martin le aveva concesso di lavorare presso la casa editrice soltanto cinque anni prima, dopo molte insistenze da parte sua. In cinque anni le aveva affidato solo dodici scrittori da seguire, con la scusa che non voleva sommergerla di lavoro.
«Hai già tanto da fare con le nostre pubbliche relazioni» le ricordava.
Le pubbliche relazioni della casa editrice Atherton consistevano nelle cene, nei pranzi e nei ricevimenti che lei sapeva organizzare con lo stesso talento di sua madre. Da perfetta padrona di casa, riusciva a far sentire a proprio agio qualunque ospite, anche il più difficile.
Proprio per quel motivo, cinque anni prima, suo padre le aveva affidato Merlin.
«Non è uno scrittore, è un eremita» le aveva detto. «Nessuno lo ha mai visto, anch’io non so nemmeno che faccia abbia. Ma il suo primo romanzo, Il maggiore Palfrey, ha venduto molto bene. Ha litigato per lettera con tutti gli impiegati che tengono i contatti con lui. Prova a scrivergli tu, chissà che con il tuo tatto e la tua diplomazia non riusciate ad andare d’accordo.»
«Scrivergli? Non potrei telefonargli, papà, e invitarlo a una cena di affari?»
«Merlin? Scherzi? Ti ho detto che nessuno lo ha mai visto in faccia. Vive nella sua casa di campagna, fuori Londra, e non vuole essere disturbato da visite o da telefonate.»
«Ma come si chiama di nome? Merlin ha tutta l’aria di essere uno pseudonimo.»
«Non so se è uno pseudonimo, ma è il solo nome che ci dà. Non ha nemmeno un agente. Ci ha mandato il manoscritto del suo romanzo, lo abbiamo letto, ci è piaciuto e lo abbiamo pubblicato. Considerato il successo che ha avuto, ci terrei a fargli firmare un contratto. Vedi se riesci a convincerlo.»
Arabella era riuscita a convincerlo, ma solo per lettera. Dopo cinque anni e quattro romanzi di grande successo che avevano come protagonista sempre lo stesso eroe, il maggiore Robert Palfrey, non era ancora riuscita a conoscere Merlin, né a sapere chi si nascondesse dietro a quello pseudonimo. E adesso suo padre aveva mandato Stephen ad affrontarlo. Si poteva fare una mossa più sbagliata?
«Sei andato a casa sua? Gli hai parlato?» aveva chiesto, incuriosita, a suo fratello.
«E chi ha fatto in tempo ad aprire bocca? Ho potuto a malapena presentarmi, e lui mi ha cacciato su due piedi» si era lamentato Stephen.
«E questo... stupido lo ha anche insultato!» aveva rincarato suo padre.
«Non sono stato io a insultarlo per primo! Ha cominciato lui.»
Sembrava una disputa infantile, aveva pensato Arabella. Suo padre, suo fratello e adesso anche Merlin si comportavano come tre bambini maleducati e rissosi. E pensare che suo padre e Merlin avevano un’età che non si poteva definire infantile.
In tutti quegli anni aveva spesso cercato di immaginarsi Merlin, e sempre le era sembrato che dovesse essere un vecchietto irascibile, amareggiato dalla vita, un misantropo scorbutico per via della segretezza di cui si circondava.
Quando scriveva, però, si trasformava in un’altra persona. I suoi romanzi erano magnifici, avventurosi, sorprendenti. Non a caso erano stati l’unico vero e costante successo editoriale di cui la casa editrice Atherton aveva goduto in quegli anni.
Merlin era letteralmente un genio, quando raccontava la vita e gli amori del maggiore Palfrey, una spia inglese ai tempi di Napoleone. Palfrey amava e lottava come un vero eroe, era pieno di orgoglio e di gusto di vivere. Arabella non poteva negare di essersi innamorata di lui dopo avere letto il suo primo romanzo, e il suo amore non aveva fatto altro che aumentare negli anni, con i romanzi successivi.
Il maggiore Robert Palfrey veniva descritto dal suo creatore come biondo, con occhi azzurri magnetici, e sapeva conquistare le donne con un sorriso. Sconfiggeva