Un texano a New York (eLit): eLit
Di Liz Ireland
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Anteprima del libro
Un texano a New York (eLit) - Liz Ireland
successivo.
1
Wyatt Lamar non riusciva a credere di essere proprio lì. Gli sembrava di vivere la scena di un film. Di molti film per l'esattezza, da King Kong a Insonnia d'amore. Quello era l'Empire State Building!
E pensare che stava per passare oltre, ma poi qualcosa l'aveva indotto a fermarsi, e ora stava lì, immobile, nel mezzo del marciapiede di Fifth Avenue. Si sentì in dovere di sollevare il bordo dello Stetson per poterlo ammirare in tutta la sua bellezza. Era uno di quei momenti cosiddetti unici. Come quella volta che zio Roscoe, sopravvissuto dopo essere stato colpito da un fulmine, aveva deciso di dedicare la vita a perfezionare la propria ricetta del chili.
Wyatt si era sentito solo a New York e aveva provato una profonda tristezza finché, per caso, aveva sollevato gli occhi per ritrovarsi di fronte a uno dei simboli più rappresentativi d'America. Non era una cosa che capitava tutti giorni. Soprattutto a uno come lui che aveva passato l'intera vita ad Armadillo Bend, in Texas.
Allungò il collo per vedere meglio, sforzandosi di percorrere tutto l'edificio fino alla punta della famosa guglia. Aveva davvero qualcosa di magico. Guardando quella costruzione lucente e maestosa, si sentì sollevare da terra e tutti i suoi insignificanti problemi sembrarono svanire. Per un istante riuscì persino a dimenticare che Mary Beth Summers gli aveva mentito e che viveva con un contabile ormai da otto mesi.
In realtà, forse, l'intera situazione non era poi così tragica. Aveva sempre avuto una fissazione per Mary Beth, fin dalla terza elementare. Rispetto agli standard di Armadillo Bend era sempre stata estremamente sofisticata. Mentre le altre ragazze della Houston High School indossavano magliette e jeans consumati, Mary Beth si era sempre vestita come se dovesse comparire su Cosmopolitan o Vogue. E Wyatt aveva sempre pensato che di donne come lei ne esistessero una su un milione.
Accidenti, quanto si era sbagliato! A New York tutte le donne erano altrettanto sofisticate. Probabilmente ogni minuscola cittadina d'America aveva mandato lì la sua Mary Beth. Per due giorni aveva osservato queste creature di città incedere regalmente nei loro eleganti tailleur, con le spalle ben dritte per farsi strada tra la folla e raggiungere metropolitana, autobus e taxi. Donne che costituivano una razza a parte. Erano appariscenti, svelte e indipendenti. Fino ad allora Wyatt aveva creduto che Mary Beth fosse unica e insostituibile e per questa ragione si era recato a New York: per riportarla a casa.
Ma Mary Beth era felice con il suo contabile e non intendeva spostarsi. Tuttavia, la sua scelta aveva involontariamente condotto Wyatt a una sensazionale scoperta. Al mondo non esisteva una sola donna adatta a lui come aveva sempre creduto fin dalle elementari. Ce n'erano milioni! New York pullulava di donne meravigliose! Tutto ciò che doveva fare era allungare un braccio e...
I pensieri di Wyatt furono interrotti bruscamente da un'imprevista quanto impetuosa collisione.
«Ehi! Fai attenzione a dove vai!» esclamò una voce seccata.
E dove andava? Perplesso, Wyatt guardò verso il basso e vide che una donna, uno schianto di donna, si era scontrata con lui. Nella violenza dell'urto aveva perso una scarpa, il che spiegava perché stesse saltellando a ritroso su un piede, nel tentativo di recuperarla. Le era caduta anche la ventiquattrore, poi spalancata dal calcio involontario di un altro passante. Una serie di fogli si erano sparpagliati sul marciapiede, finendo marchiati da impronte di scarpe. Come ultima cosa, Wyatt notò che i collant della donna, che guarda caso fasciavano un paio di gambe incredibili, si erano smagliati a contatto con l'asfalto.
Anche lei lo notò, proprio nel momento in cui cercava di ritornare tra la mischia. «Oh, che disastro!» Si girò per osservare la smagliatura che rapidamente le risaliva una gamba e per poco non inciampò di nuovo.
«Occhio!» urlò Wyatt, afferrandola per le spalle per ridarle equilibrio.
La donna si irrigidì e sollevò la testa. All'improvviso Wyatt si ritrovò a fissare due grandi occhi azzurri, di straordinaria bellezza, i più belli che avesse mai visto.
«Occhio?» Ripeté lei incredula.
Wyatt tradusse. «Intendevo suggerirle di prestare attenzione.»
Dalla smorfia prodotta dalle labbra della donna, comprese subito che il proprio accento non era passato inosservato. «Senta, Tex, non può andarsene in giro ad afferrare le persone per le spalle dopo averle travolte.»
Wyatt la lasciò andare e si abbassò per raccogliere la ventiquattrore e i fogli sparpagliati. «Mi scusi, signora» disse sorridendo affabilmente.
Quel sorriso parve irritare la donna. «Cerchi di prestare attenzione quando cammina» continuò Margo passandosi una mano tra i capelli.
«Veramente... non stavo camminando. Ero qui in piedi, fermo...»
«Be', non dovrebbe starsene impalato nel mezzo del marciapiede. Non siamo nel Grand Canyon, cowboy.»
Prima che Wyatt potesse rispondere, la donna riprese a camminare rapidamente, scomparendo nella fiumana di gente. Wyatt rimase a fissarla con la bocca ancora aperta, sul punto di rispondere. Era sbalordito. Tutto era successo in un batter d'occhio! Non era neanche riuscito a farsi dire il nome, o a comunicarle il proprio. E come se non bastasse, non aveva nemmeno avuto il tempo di notare di che colore avesse i capelli. Dovevano essere castani. Inoltre non aveva controllato se portava la fede.
Si ricordava solo gli occhi... blu, come i laghetti del suo paese durante i giorni caldi di luglio. Non li avrebbe mai dimenticati. Per la seconda volta nella sua vita una donna lo aveva ammaliato. Questa volta però non se la sarebbe lasciata scappare!
«Stupido turista!» borbottò Margo Haskell. Erano il flagello di New York. Orde di persone provenienti da fuori che procedono lungo i marciapiedi con estrema lentezza, incerte come anime smarrite, ingombranti ostacoli per i residenti, interessati solo a raggiungere al più presto il proprio ufficio.
Entrò da Macy's e si precipitò al reparto calze. Le rimanevano solo venti minuti per raggiungere il centro della città e prendere parte ai preparativi di un processo. Grazie a Buffalo Bill ora era davvero in ritardo.
Certo, pensandoci bene, era sempre in ritardo. Ma era da considerarsi normale per un indaffarato assistente procuratore distrettuale. Purtroppo il crimine non si prendeva vacanze, e nemmeno lei. Forse erano trascorsi due anni dall'ultima volta in cui si era presa una pausa per un caffè. Però, se avesse voluto prendersi pause caffè, sarebbe rimasta nella sua città natale, a Tallulah, nell'Ohio. Invece, ancora ragazzina, aveva deciso di volere qualcosa di molto più eccitante di un'esistenza tediosa, spezzata solo da qualche viaggio a Walt-Mart durante i finesettimana. No, questa era la vita per cui aveva lavorato sodo, e questo era ciò che desiderava.
Margo prese a girare tra le file di scaffali di collant, e rapidamente cominciò a scegliere. Poiché si trovava già lì, decise di approfittarne per farsi una scorta. Selezionò i colori che meglio s'intonavano con i completi che possedeva. Il lavoro non le lasciava molto tempo per lo shopping. Nelle rare giornate libere, preferiva guardare un video o leggere un libro nella relativa pace del proprio appartamento, piuttosto che sgomitare con le folle nei grandi magazzini.
Doveva riconoscere che provava una certa soddisfazione nel comperare grossi quantitativi alla volta. Per la prima volta in vita sua, aveva abbastanza soldi. Dopo anni di economia e di risparmi messi da parte faticosamente lavorando come cameriera, ora, esibire la carta di credito color platino le procurava brividi di piacere. Era quasi contenta di essere stata povera per potere apprezzare pienamente il denaro. Quasi.
«Scusi, signora?» domandò una voce familiare con uno strano accento.
Margo piegò la testa per guardare l'uomo che le sorrideva affabilmente da sotto il cappello. La vista di quello Stetson la innervosì immediatamente. Oh, no! Di nuovo il cowboy. L'affascinante cowboy.
Sbatté le palpebre. Dio, come era alto! E non aveva notato quanto fosse bello. Forse perché era abituata a camminare per Manhattan senza guardarsi troppo intorno... Ora però, dentro Macy's, si ritrovava a fissare un viso decisamente piacevole. Mascelle forti, ben rasate, profondi occhi castani, capelli tagliati corti e ordinati.
«Sono molto dispiaciuto per ciò che è accaduto prima. Non mi ha dato modo di scusarmi.»
Margo, sentendosi a disagio, si strinse al petto un pacchetto di calze. Ora che rivedeva mentalmente la scena, doveva ammettere che forse, in realtà, la colpa della collisione non era da attribuire a quel ragazzo.
Aveva pensato alla propria apparizione in tribunale per tutto il pomeriggio, distraendosi continuamente. «Non ci pensi più» disse, indietreggiando verso la cassa.
«Ma vede, mi stavo domandando se mi sarebbe possibile rimediare. Mi farebbe piacere se uscissimo insieme.»
Udendo quell'espressione poco familiare, uscire insieme, Margo perse l'equilibrio, mandando quindici paia di calze direttamente sul pavimento.
Uscire insieme? Ma il ragazzo era forse una specie di maniaco? Non usciva con qualcuno dai tempi della scuola a Tallulah! Si piegò per raccogliere le confezioni di calze e, come vide l'uomo chinarsi per aiutarla, lo guardò di traverso. Forse non era nemmeno un texano, ma solo un pazzo fuggito da un manicomio che si divertiva a stare nei paraggi di uno dei più famosi simboli di New York, fingendosi un innocente pesce fuor d'acqua per abbordare donne.
«Sembra che io l'abbia irritata. Spero di non avere detto nulla di sbagliato.»
«Senta, Tex, le persone non...»
«Mi chiamo Wyatt» la interruppe lui, allungando una mano per stringere quella di lei. «Wyatt Lamar.»
Con esitazione, Margo si lasciò avvolgere la mano da quell'enorme zampa che gliela strinse calorosamente. «Senta signor Lamar, le persone a New York sono molto occupate. Al massimo si incontrano per un caffè o per un drink. Comunque non importa, perché io non sono alla ricerca di uomini che importunano le donne da Macy's.»
Udendo quelle parole, Wyatt sgranò gli occhi. Assunse un'espressione dispiaciuta e imbarazzata, sembrava quasi offeso. «Un momento, aspetti un momento. Non c'è nulla di squallido e di premeditato in tutto questo... Volevo solo invitarla a cena fuori.»
Margo si rialzò e prese a camminare indispettita verso la cassa. Wyatt la seguì.
Fece per prendere il portafogli.
«Oh, no!» protestò Margo, comprendendo le sue intenzioni. Frugò nella borsa per estrarre la propria carta. Quasi contemporaneamente, entrambi offrirono alla cassiera le loro tessere di plastica.
La donna di mezza età si sistemò gli occhiali sul naso e scosse la testa, spostando lo sguardo da una carta all'altra. «Quale delle due?»
Margo si girò verso Wyatt e sbuffò. «Per favore, non è necessario.»
«È il meno che possa fare dopo la nostra collisione.»
«Lei non deve fare nulla. È stato solo un incidente.»
«Ma io mi sentirei molto meglio, se mi lasciasse fare questa piccola cosa.»
«Piccola!» esclamò Margo, con la voce più alta di un'ottava rispetto al normale. «Ho comprato ottanta dollari di calze.»
La cassiera annuì. «Come minimo!»
«Be', visto che non vuole uscire a cena...»
Margo sbuffò alzando gli occhi al cielo. «Non ho tempo per una cena.»
Wyatt assunse un'espressione di sorpresa e domandò: «Mai?».
«Be', quasi mai. Ho una vita abbastanza piena. Sa come succede.»
Wyatt parve preoccupato, probabilmente non capiva. «Io non salto una cena dai tempi del morbillo, quando avevo quattro anni. Non va bene. Non mangia a casa?»
«Mi sta domandando se cucino?» Quando lui annuì, lei ammise: «Be', ho un tostapane, una macchinetta per il caffè e un microonde. È tutto ciò che