Scandali e carezze: Harmony Collezione
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Scandali e carezze - Caitlin Crews
successivo.
1
La fortuna di Larissa Whitney svanì nell'esatto istante in cui sentì la porta che si apriva di scatto. All'improvviso il locale fu invaso dall'ululato e dal rumore dei venti novembrini che soffiavano all'esterno e sbattevano contro le finestre bagnate dalla pioggia.
Distolse pigramente lo sguardo dalle onde grigie e minacciose che colpivano la spiaggia per rivolgerlo verso l'ingresso del minuscolo ristorante. Si trattava anche dell'unico bar nell'unica locanda sull'unica strada che, da quelle parti, poteva definirsi un villaggio. La posizione di quella piccola isola del Maine, distante dal cielo azzurro e dalle giornate di sole estive, così come da qualsiasi altro posto, era il motivo per cui aveva deciso di rifugiarsi proprio lì. Non si era aspettata altro che l'isolamento tanto desiderato e, per qualche giorno, era anche riuscita a trovarlo.
Ma adesso era arrivato lui.
Non appena riconobbe l'uomo sulla soglia, sentì un nodo allo stomaco. Sbatté le palpebre, come se si trattasse di un'allucinazione, sperando di farlo sparire nei recessi della propria memoria, ma non ci fu niente da fare: Jack Endicott Sutton era lì per davvero. Si stava sfilando la giacca dal fisico atletico, scuotendosi la pioggia di dosso.
«Chiunque, ma non lui...» sospirò Larissa tra sé e sé, le dita serrate sulla tazza di caffè nella speranza di trarvi un qualche tipo di conforto, mentre rimuginava sul gran pasticcio che era la sua vita. «Ti prego...» Ma non c'era nessuno ad ascoltarla, e non sarebbe servito a nulla in ogni caso.
Era proprio lui. Lo riconobbe all'istante. La sorprendente bellezza e i lineamenti mascolini del volto erano scolpiti nella sua memoria, indelebili. Ancora più familiare per Larissa, visto che lo conosceva di persona. Il corpo slanciato e muscoloso era noto per la maglietta della squadra di rugby di Yale che aveva indossato quando era ancora uno studente universitario. La serietà degli studi di legge a Harward lo avrebbe caratterizzato più tardi, come anche le molte donne attrici, modelle ed esponenti dell'alta società che gli stavano sempre addosso.
Quella sera, o quel pomeriggio, era difficile a dirsi così a nord, Jack indossava una semplice maglietta nera, aderente tanto da mostrare il petto scolpito, e un paio di vecchi jeans che avvolgevano le gambe forti in un trionfo di poesia maschile. Ai piedi portava un paio di stivali da lavoro, apparentemente inappropriati, ma Larissa sapeva che si trattava di abbinamenti studiati, soprattutto per un uomo che considerava quello firmato Armani un abbigliamento casual.
Mentre lei era intenta a cullare la sua tazza di caffè nell'angolo più remoto e appartato che era riuscita a trovare, Jack doveva essersi mescolato tra gli avventori del locale, perché tutto a un tratto lo aveva perso di vista. Anche se dubitava che Jack Sutton si fosse mai mescolato nella sua vita. E il solo pensiero le fece battere forte il cuore.
Secoli di sangue blu scorrevano nelle sue vene. Questo faceva di lui molto più che un uomo bellissimo dai folti capelli scuri e intensi occhi color cioccolato. Jack Sutton era avvolto, nel portamento e nell'aspetto, dalla gloria della sua antica famiglia che si portava dietro con assoluta e intrinseca naturalezza. I tipici tratti che avevano caratterizzato i suoi antenati, membri delle più antiche e potenti famiglie di Manhattan, erano evidenti nel suo modo di muoversi, nell'innata arroganza che emanava da lui. Molti erano stati a capo di importanti industrie, dirigenti e visionari, grandi filantropi e astuti investitori. E Jack era, senza dubbio alcuno, il loro erede dalla testa ai piedi.
Da un lato Larissa conosceva molte cose di lui, da dove provenisse e chi fosse. Ma soprattutto sapeva che quell'uomo era il suo incubo peggiore e, in quel momento, le stava bloccando ogni via di fuga.
Ottimo lavoro, Larissa, si congratulò con se stessa, a metà tra la disperazione e una sorta di amarezza fin troppo simile a un cattivo presagio. Non sei nemmeno capace di sparire come si deve.
Ma non serviva a nulla comportarsi da isterica, ne era consapevole. Allora sprofondò nella sedia e si avvolse il maglione intorno al corpo, come se la spessa lana grigia potesse nasconderla in qualche modo e farla scomparire dalla faccia della terra, o almeno da chiunque la conoscesse.
Si costrinse a distogliere lo sguardo dal più ambito scapolo di Manhattan e lo rivolse al mare, dove le onde si infrangevano contro la costa rocciosa, inesorabili. Forse lui non l'avrebbe neanche riconosciuta. Aveva lasciato New York da mesi ormai, senza dire a nessuno dove sarebbe andata e, in ogni caso, non era famosa per trascorrere il suo tempo in simili posti abbandonati da Dio, a chilometri e chilometri dalla più vicina spa a cinque stelle, senza un velo di lucidalabbra. Indossava solo un paio di jeans e un maglione che avrebbe potuto fungere da mantello tanto era largo. Per non parlare del fatto che, prima di partire, si era tagliata i lunghi capelli biondi e li aveva tinti di nero proprio per evitare di farsi riconoscere.
Ma Jack Sutton non era tipo da farsi prendere in giro. Soprattutto da una come lei che si era fatta raggirare per tutta la vita.
Si chiese perché la sua presenza in quel piccolo bar la rendesse tanto nervosa da farle contorcere lo stomaco, e si impose di respirare, proprio come il dottore le aveva insegnato a New York. Lui non l'avrebbe notata e, se lo avesse fatto, di sicuro non l'avrebbe riconosciuta.
«Larissa Whitney.»
La voce fredda e bassa, appena un po' divertita, si mosse su di lei come una carezza che le scivolò dentro e la scosse nel profondo.
Respira.
Non attese un invito, semplicemente si sedette di fronte a lei. I suoi occhi emanavano un bagliore che Larissa temette di riconoscere quando, infine, osò incrociare il suo sguardo. Jack allungò le gambe davanti a sé, togliendole lo spazio sotto al tavolo, e lei non poté fare a meno di spostare le proprie per evitare il contatto. Si odiava per aver mostrato tanta debolezza, quell'uomo le era entrato sotto la pelle. Dannazione a lui.
Perché, tra tutte le persone che avrebbe potuto incontrare, doveva capitarle proprio Jack Sutton? E che diavolo ci faceva lì? Si trattava di una di quelle persone che Larissa non avrebbe mai cercato di ingannare, nemmeno quando lui stesso era stato una causa persa tanto quanto lo era lei.
Erano mesi che nessuno pronunciava il suo nome, e adesso era intrappolata su un'isola inospitale con un uomo che sapeva fin troppo.
Ebbe l'improvviso e assurdo desiderio di non riconoscerlo. Fingere di essere un'altra. Non ho la più pallida idea di chi sia questa Larissa Whitney, avrebbe potuto rispondere, e in effetti non sarebbe nemmeno stata una vera e propria bugia. Avrebbe solo negato la propria esistenza con tutto il peso che si portava dietro.
Ma lui la stava guardando con quegli occhi così consapevoli che non osò farlo.
Anzi, gli sorrise. Il tipico sorriso finto e superficiale che aveva imparato a simulare sin da quando era una bambina. Solo in avanzata età adolescenziale, per la prima volta, qualcuno le aveva spiegato che un vero sorriso dovrebbe raggiungere gli occhi. «Colpevole» gli rispose, cercando di controllare la voce e di farla sembrare leggera e spensierata. Non influenzata dalla presenza di lui, dall'eccitazione dovuta alla sua vicinanza, dalla risposta inaspettata del proprio corpo. Si agitò sulla sedia, ma mantenne l'espressione del viso inalterata, proprio come Jack si sarebbe aspettato.
«Così ho sentito dire» replicò lui e le fece un sorrisetto. Il suo sguardo non abbandonava mai quello di lei, sfidandola. O si trattava solo di una buona dose di disprezzo? Larissa riusciva a stento a distinguere le cose nell'ultimo periodo. «Non mi sembra di aver visto paparazzi accalcarsi in città. E nemmeno yacht stipati nella baia , o club affollati dai soliti ricchi. Hai forse scambiato la costa del Maine per il sud della Francia?»
«Anche a me fa piacere vederti» mormorò lei, fingendo che il suo aspro giudizio non la toccasse affatto. Ormai avrebbe dovuto esserci abituata. « Quanto tempo è passato? Cinque anni? Sei?»
«Che ci fai qui?» chiese Jack, la voce tutt'altro che gentile. Un uomo capace di sedurre chiunque e che non aveva fatto altro per tutto il corso della vita. Lei lo sapeva bene. Lo aveva visto in azione e aveva sperimentato quanto affascinante potesse essere. Represse un brivido.
«Una ragazza non può prendersi una piccola vacanza?» ribatté in tono pigro.
«Non qui.» I suoi occhi freddi si strinsero un po' e la fissarono.
Larissa ignorò il forte impulso che la spingeva verso quell'uomo. Attenzione, raccomandò a se stessa.
«Qui non c'è niente per te. Solo questa locanda e un minuscolo negozio di alimentari. Meno di cinquanta famiglie. Tutto qua. Ci sono solo due traghetti per la terraferma alla settimana, se il tempo lo permette.» La sua bocca perfetta si serrò in una linea dura. «Non c'è nessuna ragione al mondo perché una come te dovrebbe trovarsi qui.»
«Dimentichi l'ospitalità» rispose secca, annuendo come se lui l'avesse accolta a braccia aperte, «causa dipendenza.» Si appoggiò allo schienale della sedia, senza capire perché il suo stomaco continuasse a contorcersi, né come mai le gambe le sembrassero così deboli. Conosceva Jack da sempre. Erano cresciuti nei soliti claustrofobici ed esclusivi circoli di New York, frequentato le stesse scuole private e i prestigiosi ambienti universitari. Avevano visto le solite facce alle feste sempre uguali in posti come Aspen, gli Hamptons, Miami e Martha's Vineyard.
Si ricordò di quando un'estate, da adolescente, lo aveva incontrato per la prima volta a una festa terribilmente chic. Il ricordo era chiaro nella sua mente come se fosse stato il giorno prima. Jack era su una spiaggia privata degli Hamptons, e il sole risplendeva su di lui. Era rilassato, con un sorriso irresistibile sotto il quale si celava un'intelligenza acuta. Tutte le ragazze erano innamorate di lui. Quando pensava a Jack Sutton era così che lo ricordava: brillante in tutti i sensi. Indiscutibilmente bello. Tutta l'estate racchiusa nel suo sorriso.
Ma non c'era più traccia di quel ragazzo nella persona che le stava davanti in quel momento. L'uomo che era diventato faceva venire a galla ricordi spiacevoli, soprattutto quelli di un particolare finesettimana che avrebbe preferito lasciarsi alle spalle. Lui aveva solo qualche anno in più di Larissa ed era ancora più sconvolgente di quanto non riuscisse a immaginare, pericoloso, soprattutto per lei. Tutto quel calore, quel fuoco... e quegli occhi dolci e amari, di un caldo color cioccolato, capaci di vedere fin troppo, e troppo in profondità.
La verità era che l'aveva affascinata e poi sconvolta. Tutto questo prima della sua piccola resurrezione. L'arrivo di Jack Sutton equivaleva all'esplosione di una bomba.
Larissa si appoggiò allo schienale della sedia con il solito fare distaccato che le veniva sempre bene. Quell'aria indifferente che riusciva ad assumere a comando, studiata per assecondare i pregiudizi di lui. Ciò che già vedeva quando la guardava.
«Sei in incognito?» le domandò Jack con voce dolce e letale al tempo stesso che le fece rizzare i capelli dietro la nuca. Il suo sguardo scuro si soffermò su di lei facendola sentire irrequieta sulla sedia. Ma rimase seduta, ostentando un'aria annoiata e rilassata. «O magari in mezzo a una strada. Si può sapere quale assurda fantasia ti ha portata qui?»
«Perché sei così interessato?» rilanciò lei lasciandosi sfuggire una sorta di risata. «Ti spiace che la cosa non ti riguardi?»
«Oh, no. Esattamente il contrario.» Il suo tono era brusco e il suo sguardo duro. Come se lei gli avesse fatto qualcosa. Larissa sbatté ancora una volta le palpebre. Era probabile, ma se ne sarebbe ricordata. Quello non era il tipo di uomo di cui ci si poteva scordare facilmente. Represso? Di sicuro. Dimenticabile? Mai. «Ho sentito dire che il Maine è splendido in questo periodo dell'anno» affermò. Non era certa di poter sopravvivere a lui. Le veniva il mal di stomaco anche solo a guardarlo. «Come potevo resistere?»
Ammiccò verso la finestra invitandolo a guardare fuori. Il cielo era ormai buio. Le nuvole gonfie d'acqua si muovevano veloci, e la pioggia batteva incessante contro il vetro, mentre più in basso le rocce resistevano ai rabbiosi assalti delle onde.