Promessa regale
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Info su questo ebook
Fiona Hood-stewart
Scrittrice di origine scozzese, vive in Svizzera. Ama molto leggere e viaggiare e parla correttamente sette lingue tra cui l'italiano. Nella collana I NUOVI BESTSELLERS ha già pubblicato In viaggio verso casa e Novecento in cui era sempre protagonista la famiglia MacLeod.
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Anteprima del libro
Promessa regale - Fiona Hood-stewart
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Royal Marriage
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2006 Fiona Hood-Stewart
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-938-1
Frontespizio. «Promessa regale» di Hood-stewart Fiona1
Mentre il fuoristrada sobbalzava sulla strada sterrata che attraversava la zona più arida della campagna nord-orientale del Brasile, Sua Altezza Reale il principe Ricardo di Maldoravia si chiese, e non per la prima volta, perché mai avesse accettato un invito che sospettava potesse causargli solo problemi.
Guardò l’orologio che portava al polso. Le tre e trentacinque del pomeriggio. Il sole brillava alto nel cielo e l’abitacolo della jeep si era trasformato in un forno, nonostante l’aria condizionata e i vetri oscurati. Il viaggio sarebbe durato almeno per un’altra ora, o così almeno gli sembrava gli avesse detto, in portoghese, l’autista. Il che era di ben poca indicazione. Il tempo in quel luogo, si era reso conto, aveva un significato del tutto diverso.
Si appoggiò allo schienale e allungò le gambe davanti a sé per quanto gli fu possibile. Sì, era stata una follia rimandare tutti i suoi importanti impegni per accettare l’invito del vecchio amico del suo defunto padre, ripeté a se stesso per l’ennesima volta. I due avevano frequentato insieme l’università a Oxford e poi, per quanto avessero preso strade differenti – suo padre era salito sul trono di una piccola isola del Mediterraneo, il principato di Maldoravia, e Gonzalo Guimaraes aveva fatto ritorno nella grande fazenda brasiliana di famiglia – i due avevano sempre mantenuto i contatti.
Dopo la morte di suo padre, Gonzalo lo aveva chiamato solo di tanto in tanto, per salutarlo o per scambiare quattro chiacchiere, ma mai per chiedergli favori. Proprio per quello non aveva potuto rifiutare quando l’anziano e ricchissimo uomo lo aveva pregato di raggiungerlo con urgenza in Brasile...
Stavano procedendo lungo la costa, e il paesaggio era drasticamente mutato. Lo scenario quasi desertico aveva lasciato il posto a una spiaggia bianca e infinita punteggiata da alberi di cocco, le cui fronde oscillavano alla lieve brezza estiva. Due uomini erano seduti sulla sabbia, apparentemente ignari dei raggi cocenti del sole. Un altro conduceva un mulo con passo svogliato. Un ragazzino di circa dieci anni mostrava un serpente ai pochi passanti, forse con la speranza di riuscire a venderlo.
Nonostante i suoi dubbi, Ricardo subiva il fascino di quel posto. Era già stato in Brasile qualche anno prima: a Rio, per il Carnevale. Ma il paese che stava guardando in quel momento era del tutto diverso... Era un luogo in cui il tempo scorreva lento e aveva scarsa importanza, dove il resto del mondo non significava poi molto.
Un’ora e mezzo dopo erano di fronte a un massiccio cancello che dava accesso a un piccolo ponte. Tre uomini in uniforme andarono loro incontro, uno si inchinò, un altro, in un inglese stentato, augurò il benvenuto. Poi il cancello si aprì e il fuoristrada riprese la sua marcia attraverso quello che a Ricardo sembrò un mare di fiori colorati.
Infine, in lontananza, apparve la casa. Grande e bianca, con il tetto rosso, sembrava letteralmente emergere dalla fitta vegetazione.
«Ci siamo» dichiarò dopo poco l’autista, spegnendo il motore.
Alcuni servitori apparvero nel cortile, porte e finestre si aprirono. Mentre Ricardo smontava dal fuoristrada vide Gonzalo, un uomo di statura media e dalla pelle olivastra, i folti capelli bianchi pettinati all’indietro, camminare verso di lui.
«Amico mio!» esordì il brasiliano, un ampio sorriso sul volto. «Benvenuto nella mia casa.»
«Grazie» replicò Ricardo, stringendo la mano che l’altro gli aveva teso. «Sono felice d’essere qui.»
«Mi dispiace di non aver potuto mandare l’aereo a prenderti a Recife, ma abbiamo dei problemi con il sistema radar, e il tecnico arriverà solo fra qualche giorno. In genere i miei dipendenti si occupano della manutenzione, purtroppo però questo particolare problema non è alla loro portata... Ma vieni dentro» aggiunse Gonzalo, «togliamoci dal sole.»
«In effetti, fa molto caldo qui» commentò Ricardo, seguendo il suo ospite nell’atrio e poi verso un grande salone. I moderni divani bianchi risaltavano piacevolmente sui tappeti persiani d’epoca, e contrastavano con le tante piante, ma era soprattutto la vista sul mare che regalava il locale ad attirare la sua attenzione. «Un panorama fantastico» aggiunse colpito.
I due uomini presero posto sul divano e una cameriera si affaccendò a servire un rinfresco.
«Davvero delizioso» affermò Ricardo dopo aver assaggiato un succo di frutta. Per una volta, il suo non era un viaggio di lavoro, era libero di gestire come meglio credeva il suo tempo, e dunque, invece di chiedere subito spiegazioni circa quell’invito inaspettato, continuò a sorseggiare la propria gustosa bibita. Tre anni da regnante gli avevano insegnato l’arte di pazientare. Senza dubbio, il padrone di casa gli avrebbe spiegato tutto, e lo avrebbe fatto molto presto.
«Quando ti sarai riposato, mi troverai di sotto, così potremo parlare» disse infatti Gonzalo quando si congedò da lui dopo averlo accompagnato nella camera che gli era stata destinata.
«Perfetto» fu la sua asciutta risposta.
Dopo essere rimasto a lungo sotto lo scroscio refrigerante della doccia, si legò un telo di spugna intorno ai fianchi, pettinò alla svelta i folti capelli neri e si concesse un istante per osservare la propria immagine riflessa allo specchio. Quindi tornò nella stanza e spalancò la portafinestra che dava sulla terrazza. Uscito all’aria aperta, respirò a fondo il profumo dei fiori e lasciò che la piacevole brezza che soffiava dal mare gli accarezzasse il viso. Stava per rientrare con l’intenzione di stendersi sul letto, e magari dormire per un po’, quando, con la coda dell’occhio, colse un movimento sulla spiaggia.
Un cavallo bianco procedeva al piccolo galoppo sul bagnasciuga. In sella c’era una donna, i lunghi capelli neri al vento. I suoi movimenti erano fluidi e aggraziati, in perfetta assonanza con quelli dell’animale.
Affascinato, Ricardo continuò a guardarla mentre la sconosciuta metteva il cavallo al passo, per poi fermarlo. Smontò con un balzo atletico e si tolse i jeans e la maglia, rivelando un paio di gambe lunghissime e un corpo perfettamente proporzionato, nascosto ora solo da un succinto bikini bianco. Senza esitazione, la donna corse verso il mare e si tuffò, per riemergere qualche istante dopo ridendo e chiamando a gran voce il suo cavallo.
Con un sorriso sulle labbra, Ricardo osservò l’animale trotterellare verso la sua padrona e immergersi a sua volta. Era una scena magica, una terra splendida e deserta, una donna e un cavallo che si intendevano alla perfezione... Così irreale che sembrava tratta da un film.
Interrogandosi sull’identità di quella bruna visione, Ricardo si appoggiò alla balaustra mentre la donna e il suo amico a quattro zampe tornavano sulla spiaggia. Lei si inginocchiò per recuperare i propri vestiti, rimontò in sella e spronò il destriero.
Solo quando i due scomparvero all’orizzonte, Ricardo lasciò andare il respiro che aveva inconsapevolmente trattenuto.
«Ovviamente ti starai chiedendo il motivo del mio invito» esordì Gonzalo più tardi.
Erano in una grande veranda, arredata con divani di vimini completati da morbidi cuscini bianchi, tavolini bassi e tante piante tropicali. La serata era incantevole, la luna piena risplendeva alta nel cielo punteggiato da mille stelle e una fresca brezza soffiava dal mare. «Ammetto di essere incuriosito» confermò Ricardo. Bevve un sorso di whisky e osservò attentamente il padrone di casa.
«Dunque sarà inutile rimandare oltre le spiegazioni» concluse Gonzalo, le labbra incurvate in un sorriso che suggeriva saggezza e sapeva al tempo stesso di tristezza. «Io sono un uomo anziano, e sfortunatamente non sono in buone condizioni di salute.»
«Mi dispiace.»
«La mia preoccupazione però è solo per quelli che dovrò lasciare quando arriverà il mio momento.»
«Non sapevo che fosse sposato.»
«Non lo sono adesso» precisò Gonzalo. «La mia prima moglie è morta ormai da molti anni, e non abbiamo avuto figli. Qualche anno fa ho avuto una relazione con una donna molto giovane, un’attrice inglese che recitava in uno dei film da me finanziati. Ci sposammo in segreto perché lei temeva che la pubblicità potesse nuocere alla sua carriera, ma solo due mesi dopo la nascita di nostra figlia perse la vita in un incidente aereo.»
Ricardo annuì e non commentò, in attesa del favore che a quel punto l’amico di suo padre non avrebbe tardato a chiedergli.
«Il mese scorso i medici di New York che mi hanno in cura mi hanno diagnosticato un cancro. Mi restano solo pochi mesi da vivere...»
«È terribile» mormorò Ricardo, sinceramente addolorato dalla notizia. «Cosa posso fare per aiutarla?»
«Sposa mia figlia» rispose Gonzalo, dopo una lunga esitazione, senza giri di parole.
«Cosa?» replicò lui, il tono della voce incredulo.
«Vorrei che tu sposassi mia figlia» ripeté l’uomo più anziano. «Un matrimonio di convenienza. Non sarebbe una novità nella tua famiglia. Per quanto ne so io, i matrimoni organizzati sono stati frequenti fra i regnanti di Maldoravia.»
«Forse, ma...»
«Anche il matrimonio dei tuoi genitori fu deciso per motivi politici, mio caro ragazzo» lo interruppe Gonzalo. «E immagino che tuo padre per te prevedesse la stessa cosa, o sbaglio?»
«No, non sbagla, ma mio padre è morto molti anni fa, e da allora tante cose sono cambiate» precisò Ricardo. «Sono il solo a decidere come vivere la mia vita.»
«E da quello che ho sentito dire, sai anche come godertela» sottolineò Gonzalo. «Ma ormai hai trentatré anni, e devi pensare alla tua successione futura. Hai già deciso chi sposerai?»
«No, in realtà non mi sono mai soffermato a riflettere sul matrimonio» rispose lui mentre l’immagine di Ambrosia, la sua amante messicana, si dipingeva nella sua mente. Era una piacevole compagna di vita e di letto, ciò nonostante non avrebbe mai neanche considerato la possibilità di sposarla. «Ho ancora molto tempo prima di dover prendere questa decisione» aggiunse.
«Bada, io non ti sto chiedendo di cambiare il tuo stile di vita» insistette Gonzalo, «ma di accettare un accordo che sarebbe vantaggioso per tutti. Tu hai bisogno di un erede e di una moglie che sia socialmente idonea, vergine ovviamente...» affermò, poi fece una pausa e rivolse a Ricardo una lunga occhiata. «Inoltre, ho saputo che tuo zio Rolando ha concluso degli affari poco fruttuosi per il Principato.»
Il che era vero. Quello che però non riusciva a spiegarsi era come Gonzalo ne fosse informato, poiché era stato mantenuto lo stretto riserbo sull’accaduto. I sensi tesi, Ricardo si sporse in avanti. «Si è trattato di un paio di sfortunati incidenti, ma nulla di serio» minimizzò.
«Sì, però tuo padre mi disse che, secondo la costituzione della Maldoravia, se per una sventurata evenienza tu dovessi morire senza eredi, e prima di tuo zio, allora sarà Rolando a salire al trono. Una prospettiva per nulla incoraggiante...»
«Su questo ha ragione» confermò Ricardo. Rolando e le sue dissolute abitudini avevano arrecato molti danni all’immagine del Principato, e