L uomo delle favole: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Fiona Hood-stewart
Scrittrice di origine scozzese, vive in Svizzera. Ama molto leggere e viaggiare e parla correttamente sette lingue tra cui l'italiano. Nella collana I NUOVI BESTSELLERS ha già pubblicato In viaggio verso casa e Novecento in cui era sempre protagonista la famiglia MacLeod.
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Anteprima del libro
L uomo delle favole - Fiona Hood-stewart
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Brazilian Tycoon’s Mistress
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2004 Fiona Hood-Stewart
Traduzione di Laura Premarini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-235-2
1
Era un grigio martedì pomeriggio d’ottobre e Araminta Dampierre stava parcheggiando la sua vecchia Land Rover di fronte al negozio del villaggio. Improvvisamente sentì un sobbalzo e udì un colpo sordo. Con il cuore in gola si voltò e si rese conto di avere appena urtato la macchina dietro di lei.
Scese dall’auto soffocando un gemito ed esaminò il paraurti ammaccato di una fiammante Range Rover metallizzata. Mentre la sua macchina non era certo in un grande stato, quella era in condizioni perfette. Anzi, doveva essere nuova, visto che si trattava dell’ultimo modello uscito. Rimproverandosi per non aver prestato più attenzione, Araminta si guardò attorno in cerca dell’eventuale proprietario, ma non vide nessuno.
Gettando un’ultima riluttante occhiata al danno che aveva appena fatto, decise di procedere con le sue spese e di vedere se nel frattempo sarebbe comparso qualcuno. Sicuramente, chiunque fosse, si sarebbe mostrato indignato per la sua sbadataggine. Forse si sarebbe anche messo a protestare animatamente lì, in mezzo alla strada. In cuor suo cominciava a detestare la superba vettura che aveva appena rovinato.
Si avviò verso la drogheria e porse la sua lista della spesa al vecchio caro signor Thompson, aspettando pazientemente mentre lui, a fatica, si muoveva tra gli scaffali in cerca dei diversi articoli.
«E come sta la signora?» chiese premuroso l’uomo dai capelli bianchi.
«Mia madre sta bene, grazie» rispose Araminta, sorridendo. «Si è ristabilita dopo quella forte bronchite.»
«Bene, grazie al cielo. È proprio una brutta forma. L’ha presa anche mia moglie.»
«Mi spiace davvero» mormorò lei, lanciando un’occhiata verso la strada e sperando di non dover ascoltare tutti i particolari della malattia della signora Thompson.
«È tutto, cara?» chiese l’uomo sorridendo affettuosamente alla giovane donna che conosceva fin da bambina.
«Grazie, credo proprio di sì. Lo segni sul conto come il solito, d’accordo? E faccia i miei più cari auguri a sua moglie, spero che si rimetta in fretta.»
«Grazie signorina, lo farò.»
Araminta uscì con il suo sacchetto sottobraccio, pensando a quanto fosse bizzarro che gli abitanti del villaggio continuassero ancora a chiamarla signorina, nonostante avesse ormai ventotto anni, si fosse sposata e fosse già rimasta vedova.
Tornò alla macchina, posò la borsa della spesa e si chiese cosa fare, dato che non c’era ancora segno del proprietario della Range Rover. Non poteva certo rimanere lì attorno ad aspettare tutto il pomeriggio.
Con un sospiro, estrasse un taccuino dalla sua elegante borsa di Hermes e scrisse un biglietto che infilò sotto il tergicristallo della lussuosa auto. Non poteva fare altro, il proprietario si sarebbe messo in contatto con lei e avrebbero potuto così scambiarsi al telefono i dati delle rispettive assicurazioni.
«Sono tornata!» gridò Araminta verso la porta del salotto di Taverstock Hall, dove sua madre sedeva accanto al fuoco, intenta a leggere un libro.
«Bene. Ho appena detto a Olive di servire il tè.»
«Ti raggiungo subito, vado a riporre la spesa. Il signor Thompson ti manda i suoi migliori auguri.»
«Ah, grazie.» Lady Drusilla assunse un’espressione assorta. «Sai cara, vorrei organizzare qualcosa per la vendita di beneficenza di Natale e stavo pensando che forse tu potresti aiutarmi, non credi? Invece di passare il tempo a scribacchiare quei tuoi insulsi libri per bambini, è ora che inizi a fare qualcosa di utile. Dopotutto, quando tuo padre morì, io non passai il tempo a trastullarmi, ma mi diedi subito da fare.»
«Mamma, per favore non ricominciamo.»
«Come vuoi.» Lady Drusilla alzò gli occhi al cielo e Araminta riuscì ad allontanarsi.
Doveva decidersi a trovare un posto dove abitare da sola, rifletté mentre scendeva le scale di servizio e posava la borsa sul tavolo della dispensa. Era solo colpa sua se era ancora lì a sopportare i commenti taglienti di sua madre, ma proprio non era stata in grado di rimanere nella casa dove aveva vissuto con Peter. Con uno sforzo immenso e tutta la sua forza di volontà era riuscita a riordinarla e metterla in vendita per estinguerne l’ipoteca, ma ora si rendeva conto che era tempo di trasferirsi.
La prima cosa che Victor Santander vide, mentre si avvicinava alla sua Range Rover nuova, fu la grossa ammaccatura nel paraurti destro. Imprecando sottovoce si avvicinò per ispezionarlo. Qualche idiota aveva fatto retromarcia e gli era andato addosso senza avere nemmeno la cortesia di aspettarlo e spiegare ciò che era accaduto. Si accovacciò a terra per vedere meglio e si rese conto che avrebbe dovuto cambiare tutto il paraurti.
Si alzò con un sospiro contrariato e poi notò il biglietto infilato sotto il tergicristalli. Almeno il colpevole aveva avuto la decenza di lasciare il suo numero di telefono, notò già meno arrabbiato. Era firmato A. Dampierre. Né signore o signora, soltanto l’iniziale.
Decise che l’avrebbe chiamato subito, appena tornato a Chippenham Manor, dove si era trasferito solo il giorno precedente. Un incidente, appena arrivato in quel pittoresco villaggio inglese, non prometteva proprio nulla di buono per il futuro.
Di solito mentre guidava attraverso le stradine di campagna, Victor si godeva la vista delle dolci colline e dei verdi cespugli che contornavano i campi dove pascolavano i cavalli, ma quell’inconveniente lo aveva decisamente contrariato.
Inoltre il tempo era orribile, anche se si addiceva al suo umore cupo ed era molto meglio del sole sfolgorante che splendeva sempre nella sua patria da cui, per ora, preferiva stare lontano.
Se fosse rimasto a Rio de Janeiro, infatti, avrebbe dovuto affrontare l’inevitabile scandalo che sarebbe esploso una volta divenuta di dominio pubblico l’ultima relazione amorosa di Isabella, la donna che disgraziatamente aveva sposato. Lì poteva leccarsi le sue ferite in tutta tranquillità e starsene solo senza dare spiegazioni a nessuno.
Tornato alla tenuta entrò nell’ingresso e venne accolto dai forti latrati di Lolo, il suo golden retriever, che attraversò di corsa il tappeto orientale, eccitato per il suo ritorno.
«Calma bello» sussurrò lui accarezzando la testa del cane e dirigendosi verso il suo studio. «Ti abituerai a vivere in una grande casa di campagna. Sicuramente ti piacerà di più dell’attico a Rio» mormorò, ricordando il suo grande, moderno appartamento e felice ancora una volta di trovarsi lontano da lì e da quella che presto sarebbe divenuta la sua ex moglie. Sperava che quell’isolamento forzato l’avrebbe aiutato a dimenticare in fretta, ma sapeva che nessun luogo sarebbe stato abbastanza distante.
Entrò nello studio ed estrasse il biglietto dalla tasca. Soffocando una certa irritazione, Victor sedette alla grande scrivania coperta da fotografie di concorsi ippici e digitò il numero, notando che doveva trattarsi di qualcuno del luogo, dato che il prefisso era uguale al suo. Probabilmente il colpevole era qualche agricoltore sbadato che abitava lì vicino.
Il telefono suonò parecchie volte.
«Buongiorno, Taverstock Hall» rispose infine un’aristocratica voce femminile.
«Buon pomeriggio. Potrei parlare con...» esitò un attimo «A. Dampierre?»
«A. Dampierre?» ripeté l’altera voce femminile.
«Sì, mi riferisco all’iniziale A» rispose lui, in tono gelido.
«L’iniziale... oh, credo che lei si stia riferendo a... rimanga in linea un momento, prego.» Si udì un suono attutito in distanza.
«Pronto?» un’altra voce femminile, più dolce, parlò all’apparecchio e per qualche ragione che non conosceva Victor rimase sorpreso di scoprire che A era una donna. Lui si era immaginato un agricoltore corpulento dal viso rubicondo, ma la voce certamente non corrispondeva a quell’immagine.
«Mi scusi signora, ho trovato un biglietto sul mio parabrezza firmato A. Dampierre. È lei?»
«Oh, sì. Il paraurti! Senta, sono davvero spiacente per l’accaduto. Per sbaglio sono finita addosso alla sua macchina.»
«Me ne sono accorto» mormorò lui, seccato.
«Temo di non aver fatto molta attenzione» si scusò la voce femminile.
«Direi che questo è piuttosto evidente» rimarcò lui.
«In ogni modo sono certa che penserà a tutto la mia assicurazione» rispose la donna, leggermente meno contrita.
«Naturalmente» fu il commento di Victor.
«Mi dispiace di averle causato questo inconveniente» continuò lei in tono decisamente più freddo. «Se c’è qualcosa che posso fare per essere d’aiuto...» la sua voce si affievolì.
«Non credo.»
«Forse potrei chiamare subito la mia assicurazione e spiegare?»
Victor esitò un momento, poi la curiosità ebbe il sopravvento. «Credo sarebbe meglio che ci incontrassimo, così potrò darle i miei dati.»
«D’accordo. Quando le andrebbe bene?» rispose la donna dopo un attimo di esitazione.
Victor pensò rapidamente. Non aveva davvero nulla da fare ora che si era trasferito lì e aveva portato i suoi cavalli a un centro di addestramento a qualche miglio di distanza. Inoltre, per qualche inspiegabile ragione, quella voce lo incuriosiva.
«Cosa ne direbbe di domani mattina?»
«Perfetto. Verso le dieci?»
«Okay, ma direi non di fronte alla drogheria» aggiunse lui con un tocco di umorismo.
Una deliziosa risatina echeggiò nella cornetta. «No, credo sia meglio di no. Dove abita esattamente?»
«A Chippenham Manor.»
«Oh! Allora lei è il nostro nuovo vicino di casa.»
«Vicino di casa?»
«Sì. Io abito in Taverstock Hall, la nostra proprietà confina con la sua.»
«Ah, capisco! Allora è giunto il momento che mi presenti» osservò Victor, chiedendosi se qualcuno con una voce così affascinante avrebbe potuto rivelarsi una grassa matrona sulla sessantina, con il doppio mento. «Victor Santander, per servirla.»
«Araminta Dampierre.»
«Molto piacere. Posso venire da lei alle dieci, allora?»
«Se non le dispiace preferirei passare io. Devo uscire proprio a quell’ora» rispose rapida la donna.
«Come desidera. L’aspetto alle dieci.»
«Sono davvero mortificata, le chiedo ancora scusa.»
«Non si preoccupi. A domani.»
Victor riattaccò e subito si chiese perché la donna avesse rifiutato in modo così categorico che fosse lui a recarsi a casa sua. Forse aveva un marito intransigente che aveva fatto il diavolo a quattro perché lei aveva avuto un incidente. Con un sospiro si alzò per versarsi un whisky, prima di mettersi a programmare il futuro di due dei cavalli da corsa che aveva portato alla sua scuderia vicino a Deauville.
«Chi era l’uomo che ha telefonato?» chiese lady Drusilla, con sguardo sospettoso.
«Oh, è il nostro nuovo vicino di casa. Sembra un tipo piuttosto dispotico.»
«Direi