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Il diamante nel piatto: Storia golosa della Sicilia in 100 ricette e 'cunti'
Il diamante nel piatto: Storia golosa della Sicilia in 100 ricette e 'cunti'
Il diamante nel piatto: Storia golosa della Sicilia in 100 ricette e 'cunti'
E-book230 pagine1 ora

Il diamante nel piatto: Storia golosa della Sicilia in 100 ricette e 'cunti'

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Info su questo ebook

Questo libro è un viaggio nella migliore cucina siciliana con le sue ricette, i prodotti, i colori e i profumi della terra, i suoi “cunti” ovvero i racconti legati ai piatti e ai cibi tradizionali. Scrive l’autrice: «Ho sempre “cuntatu i cunti”, narrato storie. Storie golose sì, ma storie di Terra e di persone, di luoghi e di mestieri, storie di Sicilia. E le ho raccontate con l’orgoglio dell’appartenenza, con il dolore dei tanti scippi subiti, con l’amore viscerale per la mia terra. Li offro ai lettori di questo libro, almeno in parte perché sarebbero troppi da narrare in una volta sola, con l’auspicio che, attraverso il cibo, si possa conoscere ed amare quest’isola ch’è un continente: la Sicilia.»
LinguaItaliano
Data di uscita1 giu 2021
ISBN9788862541145
Il diamante nel piatto: Storia golosa della Sicilia in 100 ricette e 'cunti'

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    Anteprima del libro

    Il diamante nel piatto - Anna Martano

    Ringraziamenti

    Prefazione

    S enza mangiare non si vive. Oltre a questa ovvietà il cibo è anche un’opportunità per comunicare, celebrare, festeggiare, ridere nella prosperità e nel benessere. La storia e i significati che si nascondono dietro a sapori e odori sono tantissimi e costituiscono un valore assoluto per ogni comunità.

    C’è una parola magica, taumaturgica, che aleggia in questo libro: la parola territorio. Nell’epoca della globalizzazione, in cui le forze dirompenti del business e della finanza mondiale si disinteressano dei vincoli locali, siamo tutti interessati a scoprire le particolarità.

    La globalizzazione, un po’ in tutti i campi, ha prodotto contrappesi che hanno spinto nella direzione opposta. Ecco allora che il cosiddetto villaggio globale non ha escluso, anzi ha spinto all’emergere dei localismi di cui il nostro Paese è particolarmente ricco.

    La consapevolezza dell’importanza del territorio, dei tanti territori, è molto chiara ad economisti, amministratori pubblici, esperti di turismo e studiosi. Tutti siamo coscienti che è cruciale valorizzare e mantenere ciò che gli antichi romani chiamavano il genius loci (spirito del luogo), con tutto quanto di speciale e di unico si porta con sé.

    In questo libro della competente, vulcanica e appassionata Anna Martano, Prefetto dell’Accademia Italiana di Gastronomia per la Sicilia, si respira il concetto dell’identità della sua regione approfondita a tutto tondo per mezzo della cucina. Qui territorio ed emozioni donano a ciascuna delle ricette pubblicate originalità e individualità.

    Sono i profumi, le atmosfere e i gusti siciliani che, per mezzo dei prodotti e delle tradizioni culinarie, rappresentano anche un valore turistico.

    Qui un cerchio magico si chiude, dal territorio al marketing del territorio, con la gastronomia che diventa mezzo privilegiato di comunicazione per promuovere lo sviluppo della comunità.

    Insomma, nelle pagine seguenti c’è la vera Sicilia dei 5 sensi scoperta per mezzo dalla calda penna di Anna Martano.

    Alex Revelli Sorini

    Rettore Accademia Italiana Gastronomia e Gastrosofia

    Alle lettrici e ai lettori

    L a cucina ha sempre fatto parte della mia vita; nella mia famiglia, tutte le donne, e anche qualche uomo, cucinavano. Muovermi tra i fornelli, scegliere gli ingredienti, assaggiare, annusare, toccare, ascoltare lo sfrigolio di una frittura o il borbottio sommesso di una minestra, osservare gesti e movenze… imparare tutto questo è stato naturale come respirare. Ma, essendo una curiosa, ho sempre voglia di scoprire cose nuove e così sono arrivati i corsi di cucina e pasticceria, i vagabondaggi alla ricerca di storie e sapori perduti, e le letture, tante e, per lo più, buone! E tanti taccuini zeppi di appunti, racconti, ricette, tutto scritto, rigorosamente, a mano. Ma tutto questo era confinato tra le pareti di casa, destinato a familiari e amici sino a che mio figlio, all’epoca adolescente, non è tornato a casa dicendomi che i suoi compagni di liceo non sapevano cosa fosse la cuccìa…(e se Vi siete incuriositi, arrivate alla fine di questo libro!).

    Da quel momento ho iniziato ad aprire i quaderni e a portar fuori casa il loro contenuto, affinché non si perdesse la memoria dei sapori, degli odori, sotto l’onda di quel processo di omologazione socio-culturale ed economica che vorrebbe che tutti mangiassimo le stesse cose. Ma il cibo, al pari del linguaggio, è identità e, come scrisse il grande Ignazio Buttitta un populu diventa poviru e servu quannu c’arrobbano a lingua addutata di patri: è persu ppi sempri (un popolo diventa povero e schiavo quando gli rubano la lingua lasciata dagli antenati: è perso per sempre). Da quel giorno, ho scritto centinaia di articoli per diverse testate, ho percorso migliaia di chilometri attraverso la Sicilia per tenere conferenze e conversazioni, ho insegnato a studenti giovanissimi e ad altri diversamente giovani. Ho cuntatu i cunti, narrato storie. Storie golose sì, ma storie di Terra e di persone, di luoghi e di mestieri, storie di Sicilia. E le ho raccontate con l’orgoglio dell’appartenenza, con il dolore dei tanti scippi subiti, con l’amore viscerale per la mia terra. Li offro a Voi, almeno in parte perché sarebbero troppi da narrare in una volta sola, con l’auspicio che, attraverso il cibo, possiate conoscere ed amare quest’isola ch’è un continente: la Sicilia.

    E senza mai perdere di vista il saggio consiglio di Julia Child: Impara a cucinare, prova nuove ricette, impara dai tuoi errori, non avere paura. Ma soprattutto divertiti

    Buon divertimento!

    ‘N jornu ca lu Diu Patri era cuntenti e passijava ‘n cielu ccù li Santi

    a lu munnu pinsau fari ‘n prisenti e di la cruna si scippau ‘n diamanti.

    C’addutau tutti li setti alimenti

    lu pusau ‘n mari, ‘n facci a lu livanti: Sicilia la chiamaru li genti,

    ma di l’Eternu Patri è lu Diamanti

    (Un giorno che Dio Padre era contento e passeggiava in cielo con i Santi pensò di fare un regalo al mondo

    e staccò un diamante dalla sua corona.

    Lo dotò d’ogni bene,

    lo pose sul mare, di fronte al levante: le genti la chiamarono Sicilia

    ma è il Diamante del Padreterno)

    Storia gastronomica della Sicilia

    L’antico e anonimo poeta definisce la Sicilia il Diamante del Padreterno.

    Come non essere d’accordo con lui? Una terra generosa che offre copiosi e saporiti frutti ai suoi abitanti, grazie ad una straordinaria varietà morfologica, una posizione geografica che l’ha resa da sempre crocevia di genti, una cultura ch’è frutto di questo mescolarsi, fondersi e confondersi…

    Tutto questo è Sicilia e questa ricchezza, appare in tutto il suo fulgore anche nel piatto! La cucina siciliana, risultato dell’incrocio fra Natura e Cultura, è l’unico diamante buono da mangiare!

    Biodiversità + Etnodiversità = Gastrodiversità

    Secondo lo storico Santi Correnti, il nome Sicilia deriva dalla radice indogermanica sik che indica la crescita; in greco il termine indica frutti dall’accrescimento rapido come il fico (sikè) e la zucca (sikùs). Ne discende che la parola Sicilia significa isola della fertilità. In effetti il territorio siciliano offre abbondanza e varietà di frutti. In nessun altro luogo in Italia e in pochi altri al mondo è possibile riscontrare tanti ambienti e microclimi concentrati in così poco spazio. In Sicilia troviamo catene montuose geologicamente simili alle Dolomiti che si alternano a paludi costiere, laghi montani e spiagge lunghissime, colline dai dolci pendii degradano delicatamente in grandi pianure, e ancora fitti boschi e fiumi generosi, e tutto questo circondato da un mare prodigo.

    Dal punto di vista enogastronomico, la varietà morfologica ha comportato che i Siciliani hanno potuto contare su una dispensa piena di ogni tipologia di ingredienti autoctoni cui, nel corso del tempo, si sono aggiunte le colture introdotte con successo dai tanti popoli qui giunti.

    Il consumatore distratto, quando gli si parla di prodotti tipici siciliani, è portato a pensare immediatamente agli agrumi, al vino, a certi pomodorini che in realtà di siciliano hanno ben poco; i più accorti penseranno ai prodotti di tonnara o ai capperi. Eppure la dispensa Sicilia offre molto di più. Sui monti Iblei, tra le provincie di Siracusa e Ragusa, è possibile trovare i tartufi, il torrente Alfano, che scorre proprio tra quei monti, ospita una specie autoctona di trota, nel fiume Oreto, prima che la cementificazione selvaggia lo riducesse all’ombra di ciò che era, si pescavano storioni di gran peso e pregio. I boschi dei Nebrodi sono pieni di noccioleti e castagneti, le Madonie ospitano i frassini dai quali si estrae la manna, un dolcificante naturale di gran qualità; e ai piedi di tutti questi alberi, quand’è stagione, spuntano abbondanti ed ottimi funghi, porcini compresi! E quando alla generosità della terra si unisce la ricchezza della, anzi, delle culture, il banchetto diventa una festa ricchissima.

    La protostoria: Sicani, Siculi ed Elimi

    Già nel Paleolitico, un milione circa di anni fa, vi era presenza umana in Sicilia. I primi abitanti furono i Sicani, una popolazione agricola di origine indoeuropea; secondo Tucidide i Sicani giunsero in Sicilia dalla provincia iberica; Alieno, poeta greco del IV secolo d.C., fa derivare il loro nome dal fiume Jucar lungo le cui sponde vivevano prima del loro arrivo in Sicilia; con l’arrivo dei Siculi, popolazione d’origine italica, dai quali furono sconfitti in battaglia, i Sicani furono costretti a ritirarsi nella Sicilia Occidentale ed è loro attribuita la fondazione di Trapani.

    Anche gli Elimi, intorno al XIII secolo a.C., si stabilirono nel trapanese. Pare provenissero dall’Anatolia; il mito racconta che Elimo fosse il fratello di Enea: fuggito insieme a lui da Troia in fiamme, si rifiutò, poi, insieme ad altri compagni, di seguirlo verso il Lazio e preferì rimanere in Sicilia.

    La convivenza con i Sicani fu del tutto pacifica essendo i Sicani prevalentemente pescatori, mentre gli Elimi si dedicavano all’agricoltura e alla pastorizia.

    Dal punto di vista gastronomico sappiamo che gli antichi abitatori dell’isola producevano formaggi e ricotta, che usavano il miele per dolcificare dando così origine a quello che sarebbe diventato il dolce simbolo della Sicilia: la Cassata.

    Sappiamo anche che già producevano vino proprio nel trapanese che, tuttora, è una delle provincie più vitate d’Europa.

    I Fenici

    Intorno all’VIII secolo a.C. giunsero in Sicilia i Fenici; fondarono Colonie in varie parti dell’isola ma gli insediamenti più importanti furono a Palermo, Capo Lilibeo e Mothia. Introdussero in Sicilia il melograno e il cedro, entrambi frutti largamente usati nella pasticceria tradizionale. Introdussero anche l’aglio di Nubia, oggi riconosciuto come P.A.T. (Prodotto Agroalimentare Tradizionale) dal M.I.P.A.F. (Ministero Politiche Agricole, Alimentari e Forestali). Abilissimi navigatori e commercianti, contribuirono a diffondere la viticoltura in tutto il territorio siciliano e nel bacino del Mediterraneo. Per proteggere le rotte commerciali divulgarono la leggenda di Scilla e Cariddi e altri mostri marini. Introdussero l’alfabeto, realizzarono utensili da cucina con l’ossidiana di Lipari, costruirono bacini costieri per l’estrazione del sale, le saline, e organizzarono la pesca del tonno con la tecnica delle tonnare dando così forma industriale alle tecniche di pesca e di conservazione del pesce.

    Il periodo greco: VIII – III secolo a.C.

    Sebbene tradizionalmente l’inizio del periodo greco sia stato fatto coincidere con la fondazione di Naxos nel 735 a.C., i Greci giunsero in Sicilia un po’ prima, circa a metà dell’VIII secolo a.C.

    Per ricchezza culturale il periodo greco della storia di Sicilia costituisce un unicum paragonabile solo al Rinascimento toscano.

    Siracusa ospitò, ed ospita tuttora, il più grande fra i teatri della Magna Grecia, i magnifici templi di Agrigento fecero sì che Pindaro la definisse la più bella città dei mortali. La Sicilia era terra di grandi condottieri quali Gelòne e Jeròne, entrambi signori di Siracusa, di filosofi quale Gòrgia da Lentini ed Empedocle da Agrigento, di commediografi come Epicàrmo e di poeti quali Stesìcoro da Imera e Teòcrito da Siracusa, di storici quali Timèo da Taormina e legislatori quali Carònda da Catania.

    Una società culturalmente avanzata lo è anche dal punto di vista enogastronomico. Dai racconti del dottissimo grammatico greco Atenèo di Nàucrati (II-III secolo d.C.) giungono approfondite notizie sulla cucina siciliana del periodo greco. Nella sua monumentale opera I deipnosòfisti ovvero I filosofi a banchetto, Atenèo narra di Mitèco da Siracusa, vissuto nel IV secolo a.C., autore de Il cuoco Siciliano, primo ricettario della cucina insulare; ancora racconta di Labdùco che, nello stesso periodo, fonda la prima scuola per cuochi professionisti, cita Trìmalchio, celebre cuoco che veniva conteso fra la Sicilia e la Grecia. E riporta, fortunatamente, ampi stralci del poema gastronomico Hedypathèia (le delizie della vita) ovvero Gastrologia di Archèstrato di Gela, primo autore della storia a scrivere un libro non di cucina ma sulla cucina; il suo non è, infatti, un ricettario ma un trattato di cultura gastronomica che anticipa di secoli Brillat Savarin.

    Persino Platone, nel suo soggiorno a Siracusa durante la tirannia di Dionìgi il Vecchio, loda l’abilità dei pasticceri siracusani nel realizzare dolci preparati con miele e mandorle.

    I Greci avevano acquisito grandi competenze enologiche dagli Egizi tanto da diventare i più importanti produttori e commercianti di vino del bacino del Mediterraneo dell’epoca classica. I Greci conoscevano la tecnica dell’appassimento su graticci per aumentare il tenore zuccherino dell’uva; l’odierno Moscato di Siracusa d.o.c. ha origini nell’antico Pòllio siracusano risalente all’VIII-VII secolo a.C.

    Sulla vitis vinifera siciliana innestarono le barbatelle di due vitigni tuttora ampiamente presenti: il Grecanico e l’Albanello, sebbene recenti studi genetici mostrino che il genoma dell’Albanello siciliano sia diverso da quello greco; l’ipotesi sembrerebbe confermata da alcuni studi dell’archeologo Paolo Orsi: agli inizi del secolo scorso, il grande archeologo Paolo Orsi, cui è dedicato il museo archeologico di Siracusa, conducendo scavi presso le necropoli di Cozzo Pantano a

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