Il Dono del Presente: Le Cronache di Kerrigan: Gabriel, #2
Di W.J. May
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Il passato è una lezione. Il presente, un dono. Il futuro, una motivazione.
Un colpo di pistola può cambiare tutto.
Che cosa vedi in quei secondi? Ti passa tutta la vita davanti agli occhi? È stata bella? Ti penti di qualcosa? Cosa cambieresti?
Dopo essere stato salvato dal più impensabile degli alleati, Gabriel Alden si ritrova ad un bivio a fissare le due possibili diramazioni. Nonostante i suoi nemici siano ancora là fuori, pronti ad assediarlo, un incontro inatteso gli ridà la speranza. In una corsa contro il tempo, dovrà decidere che cosa fare della seconda occasione che gli è stata concessa. La sprecherà per continuare ad inseguire i demoni del passato? O si deciderà a guardare ad un futuro migliore? Quando l'oscurità lo avvolgerà, avrà scelta?
C'è un tempo per la vendetta. E un tempo per lasciar andare il passato. Quale dei due potrebbe salvarlo? Quale potrebbe farlo sentire finalmente completo?
Ancor più importante, si finisce mai di percorrere la strada della redenzione?
W.J. May
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Anteprima del libro
Il Dono del Presente - W.J. May
Capitolo 1
Gabriel aprì lentamente gli occhi, prendendosi un momento prima di guardare la luce blu sopra di lui. Gli conferiva un’aria soprannaturale. Danzava nei suoi occhi, illuminandoli. Si muoveva libera, come se avesse vita propria.
Schiuse le labbra meravigliato e confuso e mosse la mano per toccarla. Si chiedeva se fosse calda o fredda, avrebbe scommesso sulla prima. Non troppo calda, non sgradevole al tatto. Rilassante, piuttosto. Confortante. La temperatura ideale dell’acqua per un bagno caldo.
Le persone descrivevano così il Paradiso, no? Pacifico? Sereno?
Cosa ci facesse lui in Paradiso era un mistero. Forse Dio si era distratto negli ultimi vent’anni oppure un angelo aveva avuto pietà di lui ed aveva deciso di farne il suo caso pro bono. Era sempre stato sicuro di finire dall’altra parte.
Con un sospiro, si impose di smettere di rimuginare e fissò il cielo. Sarebbe stato felice di guardare quel blu ipnotico per sempre. Lo inondava dalla testa ai piedi, lo illuminava dall’interno, lo cullava in una specie di trance benedetta. Riempiva dei vuoti che non sapeva neanche di avere.
Poi, un pesce rosso gigante comparve dal nulla.
Gabriel s’immobilizzò. Il pesce anche. Restarono a fissarsi per un tempo che sembrò infinito. Alla fine, non avendo trovato altre spiegazioni, la mente provata di Gabriel giunse a quella che sembrava l’unica soluzione plausibile.
...Dio?
Le luci si accesero all’improvviso, lo scenario cambiò drasticamente e due persone irruppero nella stanza. Una delle due non l’aveva mai vista. L’altra gli sembrava familiare. Lo fissavano entrambe come se avesse perso completamente la testa.
Ho sentito bene?
Canarino alzò la mano e sembrò che si stesse sforzando molto per non sorridere. Hai appena chiamato ‘Dio’ il pesce rosso?
Gabriel la fissò completamente smarrito.
...no.
I tre, quattro se si considerava anche il pesce rosso, si fissarono per un momento prima che Gabriel facesse uno sforzo notevole per provare ad alzarsi. Devo andare...
Le conseguenze furono immediate. Canarino gli urlò di andarci piano, il pesce scomparve nelle profondità blu dell’acquario e l’uomo strambo che era entrato con l’altra si lanciò in avanti per prendere la mano di Gabriel.
Non che a lui servisse aiuto. O le loro raccomandazioni. Nell’istante stesso in cui aveva provato ad alzarsi, un dolore lancinante nel petto lo aveva spinto giù, sbattendolo su quello che aveva scoperto essere un divano con lo schienale alto in una stanza in penombra. Gli uscì involontariamente un lamento soffocato e l’uomo l’afferrò per la mano e lo rimise giù delicatamente.
Va tutto bene. Va bene,
lo calmò gentilmente, sistemandogli i cuscini prima di fare educatamente un passo indietro. Hai avuto una lunga giornata, amico mio. Dovresti riposare un po’.
Una lunga giornata? Ho appena scambiato un premio delle giostre per il Creatore. Una lunga giornata mi sembra un eufemismo.
Chi sei?
Gabriel chiese in un sussurro, stendendosi nonostante gli sforzi per rimanere lucido ed attento. Diverse parti del suo corpo l’avevano abbandonato. Che cos’è questo? Io non...
Va tutto bene,
ripeté l’uomo con più gentilezza. Ti hanno sparato al petto, ma Canarino e io ti abbiamo trovato in tempo. Avevi già perso molto sangue, ma ti abbiamo portato qui da me senza farci vedere. Sono riuscito a guarirti.
Gabriel abbassò lo sguardo e sbatté le palpebre ripetutamente, sforzandosi di seguire il discorso. Capiva tutto ciò che l’uomo gli stava dicendo, ma c’erano delle cose che non tornavano. Da te?
Ripeté confuso, guardandosi intorno nella stanza spoglia. Siamo da te?
L’uomo inclinò la testa di lato, curioso, e Canarino spiegò prontamente cosa intendesse Gabriel.
Vuole sapere se questo è il tuo appartamento.
Come se Gabriel non potesse vederla, sollevò una mano tra di loro ed alzò gli occhi al cielo. Dagli un po’ di tempo per riprendersi. Pensava che il pesce rosso fosse Dio...
Gabriel fece una smorfia di dolore, scuotendo la testa. Non ho detto...
Sì, è il mio appartamento,
lo interruppe gentilmente l’uomo, tenendogli una mano sulla spalla per tutto il tempo. Lo stava confortando e contenendo allo stesso tempo. Nel cuore di Brooklyn. Sei al sicuro, qui, Gabriel, te lo assicuro.
Gabriel non si sentiva mai al sicuro con gli estranei che sapevano il suo nome. In questo caso specifico, aveva la netta sensazione che gli stessero nascondendo un dettaglio fondamentale della storia sul suo ritrovamento e salvataggio. Un attimo dopo, capì. Il mio telefono,
mormorò, riprovando a sedersi, mi serve il mio... dannazione!
Le lacrime gli rigarono le guance e ricadde di nuovo sui cuscini mentre gli scendeva un rivolo di sangue dalla ferita al petto. Si portò istintivamente una mano sulla pelle dilaniata e lanciò all’uomo uno sguardo assassino. Avevi detto di essere un guaritore!
L’uomo impallidì visibilmente, fissando il sangue. Non ho mai detto di essere bravo,
provò a fare del suo meglio. Ho esercitato di più l’altro potere, rintracciare le persone. Per tua fortuna.
Fortuna? Gabriel avrebbe potuto descrivere quella situazione in vari modi, ma non l’avrebbe mai definita fortunata.
Tu.. che cosa?
Gabriel sprofondò ulteriormente nei cuscini, stringendo tra le dita tremanti la maglietta mentre sanguinava copiosamente sul divano. Come ti... mi hai trovato?
Non era da tutti, poter disporre di un veggente così bravo. Soltanto qualcuno con il talento di Julian poteva riuscire a rintracciare una persona che non aveva mai visto.
Ho visto una foto.
L’uomo cercò qualcosa nella tasca e ne tirò fuori una foto segnaletica della prigione della contea di New York. Una foto in cui Gabriel dormiva, ma un agente lo teneva dritto. Sei tu, vero?
Gabriel sentì le palpebre farsi pesanti mentre fissava la foto. Stava succedendo tutto troppo velocemente. Per come stavano le cose in quel momento, si sarebbe accontentato di un cerotto enorme ed un abbraccio.
Visto?
Canarino sorrise, prendendo la foto con la punta delle dita curate. Alla fine è andato tutto bene, no?
Gabriel la incenerì, prima di riprovare a sedersi. Molto più lentamente, stavolta. Un altro fiotto di sangue gli impregnò la maglietta, ma non lo fece desistere. Come avete...
Inspirò bruscamente, tenendosi il petto. Come avete...
Come abbiamo fatto a portarti via?
L’uomo finì la frase per lui, poi alzò automaticamente le mani in direzione del petto di Gabriel, ma vide l’espressione sul volto di lui e le riabbassò. Non è stato difficile...
"È una storia incredibile! Lo interruppe drammaticamente Canarino, il viso ravvivato dall’adrenalina.
Prima siamo entrati di corsa nel palazzo! Si interruppe bruscamente e lo guardò con indulgenza.
Nell’appartamento di quell’uomo, non in questo. Lui alzò gli occhi al cielo ed annuì mentre la donna continuava il racconto.
Ti abbiamo rintracciato, poi abbiamo buttato giù la porta! Non abbiamo fatto prigionieri! Abbiamo eliminato tutti i presenti! Appena siamo..."
"Eliza," la interruppe Gabriel, visibilmente esasperato. Aveva dovuto usare il suo vero nome invece di Canarino.
...abbiamo preso la scala antincendio.
Gabriel si appoggiò allo schienale, assimilando le nuove informazioni. L’uomo lo fissò per un attimo, prima di provare a spiegarsi. Parlò con cautela, come se temesse di farlo precipitare di nuovo in una spirale e di vanificare, così, tutto il lavoro che aveva fatto per provare a tenerlo in vita.
È andata via la luce per un attimo,
gli spiegò piano. Quando è tornata, devono aver pensato che fossi morto. Noi l’abbiamo pensato. Se Magda non avesse sentito il battito...
Magda?
Chiese Gabriel, stordito.
Si stava sforzando di seguirlo, ma faceva una fatica immane. Più provava a concentrarsi, più la sua mente sembrava vagare altrove.
L’uomo annuì brevemente, come se capisse il suo stato. Mia moglie,
spiegò. Scusa, non mi sono neanche presentato. Sono Peter.
Proprio in quel momento, la porta si aprì ed una donna robusta entrò. Indossava un grembiule ed aveva i capelli raccolti in una coda, ma guardava Gabriel come se fosse molto speciale. Senza dire una parola, attraversò la stanza in un secondo e gli si inginocchiò accanto.
Ho partecipato alla battaglia contro Cromfield,
gli disse con voce bassa e tono reverenziale. Allo zuccherificio.
Gabriel la guardò stupito, ma prima di riuscire a ricordare qualcosa se la ritrovò che gli stringeva la mano con grande partecipazione. Non sembrava importarle che lui avesse le dita macchiate di sangue, né che quel gesto pieno di entusiasmo gli stesse riaprendo le ferite. È un onore, signor Alden.
Gli diede del lei, nonostante avesse almeno trent’anni più di lui. Un vero onore averla in casa nostra.
Nella stanza cadde il silenzio. Canarino e Peter continuavano ad alternare gli sguardi tra i due, come se stessero guardando una partita di tennis, aspettando che Gabriel dicesse qualcosa di altrettanto importante. Trattennero tutti e tre il fiato mentre lui provava a far funzionare un cervello troppo sconvolto per riuscire a ragionare lucidamente. A fargli dire qualcosa, qualsiasi cosa. Alla fine, se ne uscì con una frase che lasciava molto a desiderare.
...mi viene da vomitare.
* * *
Quando Gabriel si svegliò, qualche ora dopo, si sentiva molto meglio. Il sole iniziava a scendere e, con qualche tentativo inizialmente fallimentare, alla fine riuscì ad alzarsi e a camminare, seppur incerto, fino al corridoio.
L’appartamento, realizzò, consisteva soltanto in una stanza con un letto, in quello che gli sembrò il retro di un ristorante cinese. Superò la cucina ed entrò in sala da pranzo dove Magda lo intercettò.
Gabriel!
Lo chiamò, stupita, correndogli incontro. Aspetta, ti aiuto! Mi dispiace che non ci fossimo quando ti sei svegliato. Peter pensava che avresti dormito ancora per qualche ora.
Non fa niente,
la rassicurò Gabriel, faticando a restare in equilibrio. Siete stati entrambi molto gentili. Non so...
Restò a corto di parole, non era abituato a provare tutta quella gratitudine. Non so come...
Non devi dire niente.
Negli occhi di Magda brillò la passione mentre si sistemava il braccio di lui intorno alle spalle, aiutandolo ad attraversare il corridoio. Te l’ho detto, Gabriel. Ero lì, quel giorno. Ho visto quello che hai fatto. Quanto hai sacrificato.
Un’emozione agrodolce le attraversò il volto mentre gli stringeva la mano. Hai sacrificato abbastanza.
Insieme, andarono lentamente verso la sala da pranzo. La trovarono vuota, ad eccezione di un uomo concentrato esclusivamente sulla zuppa che aveva davanti, e lei lo guidò verso un tavolo accanto al muro.
Ti porto qualcosa da mangiare e da bere.
Lo scrutò dalla testa ai piedi, notando ogni singola goccia di sangue sul petto nudo di lui. Dei vestiti, anche. Dovresti avere la stessa taglia di Peter, spero.
Aspetta,
le prese la mano prima che si allontanasse, non devi.
Un rossore insolito gli colorò gli zigomi alti. Non ho soldi, con me, qui, per pagarvi...
Non dirlo neanche,
lo interruppe lei con fermezza. Resterai qui per un po’, abituati al fatto che le persone ti siano riconoscenti, da queste parti. Darti una maglietta è il minimo che possa fare.
Scomparve nel corridoio e ritornò un attimo dopo con una scodella di brodo accompagnata da riso bianco. Sul braccio, portava quella che gli sembrò una maglia da cameriere. Evidentemente si era resa conto che Gabriel ed il suo corpulento marito non avevano affatto la stessa taglia. Non ho trovato di meglio,
gli disse, scusandosi ed avvicinandogliela per valutare se andasse bene. Se resti con noi qualche altro giorno, ti troverò qualcosa che vada bene...
Va benissimo.
Se la infilò, dolorosamente, dalla testa, mettendo da parte l’ego per farsi aiutare un po’. Grazie, Magda, davvero. E ringrazia anche Peter, per favore.
Lei annuì, sembrava un po’ emozionata, poi si allontanò senza aggiungere altro. Lui la fissò per un attimo, molto consapevole del fatto che stava sanguinando sulla maglietta nuova, prima di dedicarsi al cibo che aveva davanti.
Qualche secondo dopo, tutti i pensieri erano scomparsi dalla sua testa.
Forse era perché si trovava in un paese straniero e non ricordava l’ultima volta che aveva fatto un vero pasto o forse perché aveva visto la morte in faccia, ma una scodella di brodo e di riso gli sembrarono le cose migliori che avesse mai mangiato.
Provò ad andarci piano, gli anni di addestramento gli suggerivano di rallentare, ma non ci riuscì. Spazzolò il riso in un minuto, seguito dal brodo. Presto, però, il dolore divenne troppo forte e lo costrinse a fermarsi.
Rubò un bicchiere d’acqua dal tavolo accanto e tornò a sedersi al suo posto, bevendo lentamente mentre provava a ricostruire le ultime ventiquattro ore.
Il cellulare era appoggiato sul tavolo, davanti a lui, e brillava nella penombra della stanza. Lo fissò mentre il bicchiere gli tremava leggermente in mano. Magda l’aveva tenuto in tasca e gliel’aveva restituito appena prima di andarsene. Vederlo lo costringeva a farsi una domanda.
Chiamo o non chiamo?
Non posso.
La risposta gli arrivò forte e chiara. Se avesse raccontato quello che gli era successo... sarebbero arrivati. Tutti. Senza alcuna esitazione. Sarebbero saliti sul primo volo. Per quanto ne sapeva, Carter avrebbe potuto portarsi dietro un esercito intero. Non erano fantasie, era la realtà dei fatti. In tutta sincerità, era stupito che Julian non li avesse già allertati.
Lo era e non lo era allo stesso tempo.
Se Stryder conosceva Gabriel, sicuramente sapeva anche dei suoi famosi amici. Probabilmente aveva approfittato dei vuoti nelle visioni del veggente. Agito puramente d’istinto. Rimandato ogni decisione malvagia fino all’ultimo secondo.
Gli si rabbuiò il volto, ripensando a Stryder. Alle