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Sogno greco: Harmony Collezione
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Sogno greco: Harmony Collezione
E-book151 pagine2 ore

Sogno greco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Calda come il sole di Corfù, antica come le rovine di Creta, dolce come il nettare degli antichi dei. La passione, nel sangue di ogni uomo greco, scorre veloce fin dalla notte dei tempi...

Avevano vissuto un sogno, purtroppo molto breve. La storia fra Rebecca Gibbs e Alexandros Pavlidis sembrava presa dalle pagine di un libro di fiabe: la giovane e bella hostess che conosce l'affascinante milionario greco, se ne innamora e ha con lui un'appassionata relazione. L'incanto però si era infranto nel momento in cui Rebecca aveva commesso l'errore di volere di più dal loro rapporto. Ma adesso le cose sono cambiate.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mar 2019
ISBN9788858994634
Sogno greco: Harmony Collezione
Autore

Sharon Kendrick

Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.

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    Anteprima del libro

    Sogno greco - Sharon Kendrick

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Greek Tycoon’s Baby Bargain

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2008 Sharon Kendrick

    Traduzione di Maria Paola Rauzi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-463-4

    1

    Non era la prima volta che la faceva aspettare, ma non era mai successo che non l’avvisasse del ritardo.

    Fuori pioveva, e lo sguardo di Rebecca era fisso sull’incrocio da cui sarebbe dovuta sbucare la sua automobile.

    Aveva le mani fredde e sudate. Si morse il labbro, confusa, la mente agitata da pensieri che non poteva ignorare più a lungo. Quella relazione era nata in modo sconsiderato, sotto l’impulso della mera attrazione fisica.

    Sorrise pensando che definire relazione quella storia significava darle più importanza di quanto meritasse. Non era forse così quando due persone vivevano in due continenti diversi e trascorrevano insieme soltanto alcuni momenti in segreto?

    Non avrei mai dovuto permettere che accadesse, si rimproverò scuotendo la testa. In effetti aveva cercato di resistere, ma alla fine non ce l’aveva fatta.

    Dopotutto la specialità di Xandros non era quella di fiaccare la volontà delle donne che lo circondavano? E non era difficile capire perché. Considerando il fascino e il potere del milionario greco, era già strano che fosse riuscita a resistergli tanto a lungo.

    Forse era ciò che succedeva quando ci si innamorava di un uomo come Alexandros Pavlidis, Xandros per gli amici... e le sue amanti: la costante preoccupazione dell’attesa alterava la capacità di pensare in modo lucido. Anche se lei continuava a ripetersi che non poteva essere amore, dal momento che con lui aveva condiviso solo qualche straordinario appuntamento, e del magnifico sesso.

    Eppure bastava una sua telefonata all’ultimo minuto, in cui le chiedeva con la sua voce sexy se voleva cenare con lui, perché il suo cuore smettesse di battere e il mondo s’illuminasse all’improvviso. Lei si detestava per la sua incapacità di rifiutargli qualcosa, tuttavia non riusciva a comportarsi diversamente.

    Le luci dei fari di un’automobile spezzarono il buio della notte. Rebecca riconobbe il muso della limousine che si fermò davanti al suo palazzo. Rapida, arretrò di qualche passo; non voleva che la vedesse alla finestra.

    Si diede un’ultima controllata allo specchio. I capelli erano sciolti sulle spalle, proprio come piacevano a Xandros. Indossava un abito color lilla.

    Rebecca era giovane, e il suo fisico snello le consentiva di poter mettere vestiti abbastanza semplici, ottenendo un ottimo risultato. Xandros non amava un trucco eccessivo, e neppure lei, per cui si era limitata a stendere un po’ di rossetto e di mascara.

    Tuttavia, neppure quell’attenta preparazione era riuscita a mascherare le occhiaie. Per non parlare delle labbra leggermente gonfie per la brutta abitudine di mordersele come una studentessa nervosa che non ha capito la domanda dell’esame.

    Il campanello alla porta suonò. Rebecca si stampò un sorriso sulle labbra che però appassì nello stesso istante in cui, aprendo, si trovò davanti un uomo alto in uniforme. Le ci volle qualche istante prima di riconoscere l’autista di Xandros.

    «Signorina Gibbs?» l’apostrofò lui come se non l’avesse mai incontrata prima e non avesse visto Xandros baciarla con passione sul sedile posteriore della limousine. O come se non fosse stato costretto ad aspettare il suo boss greco seduto in auto fuori dal suo piccolo appartamento, per poi vederlo comparire scarmigliato.

    Rebecca arrossì al ricordo di quella particolare occasione. «Dov’è Xandros?» chiese. Poi spalancò gli occhi pensando a orribili scenari. «Sta bene? Voglio dire... non gli è successo niente?»

    Il volto dell’autista rimase impassibile, come se fosse abituato a trattare con centinaia di donne apprensive.

    «Il signor Pavlidis le porge le sue scuse, ma è stato trattenuto da una conference call. Mi ha chiesto di portarla da lui.»

    Rebecca deglutì. Portarla da lui. Un pacco, ecco cos’era. Maneggevole e sempre disponibile.

    Valutò in fretta una serie di opzioni. Qual è la reazione giusta se il tuo amante manda il suo autista a prenderti? Forse sospetti di non rappresentare più una novità, che lui è stanco di te. Devi sorridere e sederti sul sedile posteriore dell’auto lussuosa ripetendoti quanto sei fortunata? Oppure ti sentiresti più rispettata, e desiderata, se gli dicessi di tornare dal suo datore di lavoro e riferirgli che hai cambiato idea sulla cena e che la soluzione migliore, visto che è tanto occupato, è quella di lasciarlo in pace a lavorare?

    Purtroppo il richiamo di Xandros era irresistibile, almeno quanto il timore che una sceneggiata potesse portare a una rottura del loro rapporto prima di quanto desiderasse.

    «Prendo il soprabito» replicò.

    Il traffico era intenso e il tempo deprimente per essere un martedì sera di aprile.

    Una folata di vento le scompigliò i capelli mentre scendeva dall’auto. Aveva sperato che Xandros le andasse incontro nella hall dell’albergo e che non dovesse attraversarla da sola, magari sotto lo sguardo degli altri ospiti che si chiedevano chi fosse la donna con addosso quell’abito da due soldi. La sua paura era che qualcuno la bloccasse domandandole spiegazioni sul motivo per cui stava prendendo l’ascensore per raggiungere l’attico.

    Tuttavia nessuno la fermò, e mentre era in ascensore si sistemò i capelli e si ricompose assumendo la giusta espressione.

    Come quella che aveva la prima volta che lui l’aveva vista, quando le aveva dato la caccia, simile a un predatore affamato. Forse avrebbe potuto esibire la stessa espressione, rifletté. Quella che lasciava intendere che aveva una vita piena e soddisfacente e che non aveva bisogno di un uomo, tanto meno di un famoso milionario greco.

    Ma purtroppo le cose erano cambiate. Possibile che Alexandros Pavlidis avesse il potere di trasformare le donne nelle sue schiave, in modo da poterle disprezzare per il modo disperato in cui lo desideravano?

    Disprezzava anche lei? Dove andava a finire il suo orgoglio quando c’era di mezzo quell’uomo?

    Le porte dell’ascensore si aprirono silenziosamente e Rebecca poté sentire il suono della sua voce provenire dal salotto. Una voce unica, bassa, morbida e pericolosamente sexy. Stava parlando in greco, ma passò subito all’inglese quando la vide arrivare.

    Xandros era seduto dietro una grande scrivania che sovrastava Hyde Park. Indossava una camicia bianca che contrastava con la sua pelle olivastra. I capelli color dell’ebano erano spettinati e ancora umidi. Evidentemente era appena uscito dalla doccia.

    «Non è il momento» stava dicendo lui. Poi sollevò la testa dal documento che stava leggendo e la studiò a lungo con i suoi occhi scuri. Sorrise e si passò la lingua sulle labbra, simile a un affamato che aveva appena visto arrivare il suo pasto.

    «Digli che dovranno aspettare» concluse interrompendo la comunicazione senza neanche salutare. «Rebecca» mormorò poi. «Rebecca mou

    Di solito quei modi affettuosi le facevano tremare le ginocchia, ma non quella sera. «Ciao, Xandros» lo salutò in tono piatto.

    Lui strinse gli occhi. Si lasciò andare contro lo schienale della sedia e continuò a studiarla. «Perdonami se non sono venuto a prenderti, ma purtroppo sono stato trattenuto da una questione di lavoro urgente.»

    Rebecca lanciò un’occhiata alla peluria scura del torace che spuntava dal colletto della camicia lasciato aperto, e provò l’abituale impeto di desiderio che prevaricava su tutto il resto.

    «Avresti potuto telefonarmi» obiettò.

    Ci fu un breve silenzio. «Sì, avrei potuto» concordò lui con calma trattenuta. Stai attenta, agapi mou, pensò. Stai molto attenta.

    «E non sei ancora pronto.»

    Xandros strinse gli occhi. Era una critica? Non sapeva che non sopportava essere giudicato? Che nessuna donna lo aveva mai fatto e mai avrebbe dovuto farlo? Possibile non sapesse che così facendo si avventurava su un terreno pericoloso? Lo stesso che molte altre, prima di lei, avevano già percorso.

    Incrociò le gambe notando come Rebecca osservava quel movimento. Doveva prenderla subito?, si chiese pigramente. Era proprio il caso di uscire a cena, di trascorrere il tempo a chiacchierare del più e del meno, quando l’unica cosa che gli interessava davvero era perdersi nella dolcezza di quel corpo?

    «No, non sono ancora pronto» ribatté seguendo il suo sguardo che si abbassava sui suoi piedi nudi. «Ma a questo si può facilmente rimediare. Andrò in camera a finire di vestirmi.»

    «Bene» mormorò Rebecca incerta. Qualcosa le diceva che si stava divertendo con lei.

    «Oppure...» La bocca di Xandros si curvò in un sorriso divertito. «Potresti avvicinarti e salutarmi come si deve.»

    Era per caso un sottile rimprovero perché non lo aveva ancora fatto? Rebecca percepì tra loro un’emozione sconosciuta... qualcosa di non detto e pericoloso. L’istinto le suggerì che stava scherzando con il fuoco, e che era meglio smetterla di lamentarsi per il suo ritardo.

    Ma un istinto sicuramente più forte le suggeriva di baciarlo.

    Lasciò cadere la borsa per terra, attraversò la stanza e si avvicinò chinando la testa per sfiorargli le labbra. Un bacio poteva cancellare tutto, pensò appoggiando le mani alle sue spalle. Oh, Xandros!

    «Mmh, bello» mormorò lui. «Provaci di nuovo.»

    Rebecca lo baciò più volte finché non lo sentì gemere. Poi Xandros l’afferrò e se la fece sedere in grembo.

    «Toccami» le ordinò contro la bocca lasciandosi inebriare dal suo profumo.

    «Do... dove?»

    «Dove vuoi tu, agapi mou

    Be’, la scelta non era facile. Da dove cominciare? Dal viso? Rebecca gli passò le dita sulle guance scendendo fin dove si poteva sentire la barba incipiente.

    «Non ti sei sbarbato, oggi» sussurrò.

    «Sì, invece.»

    «Oh.»

    «Non sai cosa si dice riguardo agli uomini che hanno bisogno di radersi spesso?»

    «No. Che cosa?»

    «Che sono uomini veri. Devo provartelo?» E prendendole la mano Xandros gliela guidò in mezzo alle gambe.

    Rebecca arrossì con violenza nel percepire l’impetuosità del suo desiderio attraverso il tessuto dei pantaloni.

    «Sì» gemette lui, «toccami lì.»

    Lei lo accontentò, osservando accendersi nei suoi occhi neri la passione.

    La voce di Xandros era incerta mentre accarezzava la morbida seta del vestito all’altezza del seno. «Non ti ho mai visto con questo abito, prima.»

    «Ti piace?»

    «No. Vorrei strappartelo via.»

    «Non farlo. È nuovo.»

    «E allora perché non te lo levi per me?»

    All’improvviso Rebecca si sentì timida. I dubbi che l’avevano assalita per tutto il pomeriggio tornarono ad affollarle la mente come spettri. Era accettabile che un uomo le chiedesse di fare uno spogliarello mentre era ancora seduta alla sua scrivania?

    «Non sarebbe meglio andare in camera da

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