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Nel letto dello scapolo
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Nel letto dello scapolo
E-book152 pagine2 ore

Nel letto dello scapolo

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Info su questo ebook

Di chi è la biancheria sexy che Derringer Westmoreland ha trovato nel suo letto? Possibile che il torrido amplesso con una donna mozzafiato non sia stato solo un sogno, effetto degli antidolorifici dopo una caduta da cavallo, ma la realtà? Gli basta una breve indagine per scoprire che la misteriosa protagonista di quella notte magica è Lucia Conyers, che conosce fin da ragazzo. Lei gli è entrata nel cuore, ma sposarla? Per uno scapolo convinto come lui è un passo enorme. Eppure a poco a poco l'inebriante profumo di Lucia lo stordisce e Derringer si trova domato come uno dei suoi cavalli selvaggi.
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2021
ISBN9788830525337
Nel letto dello scapolo
Autore

Brenda Jackson

E' un'inguaribile romantica e ha sposato il suo primo amore. Chi meglio di lei conosce il significato delle parole scritto nel destino?

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    Anteprima del libro

    Nel letto dello scapolo - Brenda Jackson

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Wife for a Westmoreland

    Harlequin Desire

    © 2011 Brenda Streater Jackson

    Traduzione di Lucilla Negro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-533-7

    1

    Lucia Conyers aveva il cuore in gola mentre sterzava bruscamente, eseguendo la curva a tutto gas, con le ruote del SUV che a malapena aderivano all’asfalto. Sapeva che avrebbe dovuto rallentare se non voleva rischiare di rompersi l’osso del collo, ma non poteva. Aveva creduto di morire quando le avevano riferito che Derringer Westmoreland era stato portato d’urgenza in ospedale, dopo una brutta caduta da cavallo.

    Ebbene sì, poteva, il più delle volte, trattarla come se neppure esistesse o essere famoso per correre dietro a tutte le sciacquette di Denver – sì perché lui era Derringer il rubacuori, l’uomo più sexy della città – però lei lo amava, per la miseria, e non poteva farci nulla. Quante volte aveva provato a dimenticarlo, a disinnamorarsi di lui, ma era stato tempo perso.

    Neppure i quattro anni trascorsi in Florida a studiare all’università erano riusciti a scalfire i suoi sentimenti. Non appena era tornata a Denver e lui aveva messo piede nella ferramenta di suo padre per comprare della vernice, era quasi svenuta dall’emozione.

    Strano ma vero, dopo tutto quel tempo si era ricordato di lei.

    Era stato gentile, le aveva chiesto degli studi, ma non l’aveva invitata a uscire, neppure per un caffè in compagnia. Aveva preso la sua vernice, pagato alla cassa e se n’era andato.

    L’ossessione di Lucia per Derringer risaliva ai tempi delle superiori, ed era iniziata quando lei e Megan avevano lavorato insieme a un progetto di scienze. Non avrebbe mai dimenticato il giorno in cui il fratello della sua amica era passato a prenderle in biblioteca. Aveva avuto quasi un mancamento l’istante in cui i suoi occhi si erano posati per la prima volta sul bel Westmoreland.

    Aveva creduto di essere morta e di trovarsi in paradiso, e quando poi erano stati presentati, lui le aveva sorriso, sfoderando la sua arma letale, un paio di fossette che avrebbero dovuto essere dichiarate fuorilegge, soprattutto in un uomo.

    Il cuore aveva preso a batterle forte, e da allora non si era più fermato.

    Aveva poco più di sedici anni, all’epoca, e anche adesso che ne aveva ventinove le veniva ancora la pelle d’oca ogni volta che ripensava a quel loro primo incontro.

    Da quando poi la sua migliore amica Chloe aveva sposato Ramsey, il fratello di Derringer, le capitava di vederlo più spesso. Nulla era cambiato, però. I suoi modi erano sempre molto cortesi, ma lei sapeva benissimo di non stuzzicarlo minimamente come donna.

    Allora perché mettere a repentaglio la propria vita, guidando come una dissennata, semplicemente per accertarsi di persona che fosse tutt’intero? Ma era più forte di lei... Appresa la notizia, si era precipitata in ospedale, dove era venuta a sapere da Chloe che era stato appena dimesso. Da lì quella corsa spericolata verso casa sua.

    Immaginava che si sarebbe sicuramente chiesto perché, tra tanta gente, fosse andata a fargli visita proprio lei. Nulla da meravigliarsi se vi avesse già trovato qualche bella fanciulla ad accudirlo. Non le importava. L’unica cosa che le premeva, al momento, era verificare con i suoi occhi che Derringer stesse bene. Neppure il cattivo tempo l’aveva scoraggiata. Era previsto un peggioramento in serata e per quanto fosse atterrita dai temporali, si era messa in macchina lo stesso per andare a trovare un uomo che a stento sapeva che esistesse.

    Una mossa davvero stupida, ne era consapevole; ciononostante, continuò a guidare a tutta velocità, rimandando a un secondo momento la riflessione sull’insensatezza di certe sue azioni.

    Il rumore del tuono che squarciò il cielo e fece tremare la casa lo svegliò. Derringer avvertì immediatamente un forte dolore diffuso in tutto il corpo; il che significava che era passato l’effetto dell’analgesico ed era ora di prenderne un altro.

    Contraendosi alla fitta acuta che lo assalì e soffocando un gemito, si tirò su con la schiena lentamente e allungò la mano verso il comodino per afferrare le pillole che gli aveva lasciato sua sorella Megan. Gli aveva raccomandato di non prenderne un’altra prima delle sei; in realtà erano appena le quattro, si rese conto sbirciando l’orologio da polso poggiato accanto all’abat-jour, però non ce la faceva a resistere altre due ore. Aveva male dappertutto e si sentiva la testa spaccata in due.

    Era in sella a Sugar Foot da meno di tre minuti quando il bizzoso cavallo lo aveva disarcionato, fracassandogli non solo l’ego, stavolta.

    Se ne ricordava ogni volta che esalava un respiro e vedeva le stelle per via delle costole incrinate.

    Ingoiò una pillola con un sorso d’acqua, poi scivolò giù, disteso, la schiena appiattita contro il materasso. Fissò quindi il soffitto, attendendo che l’antidolorifico facesse effetto.

    L’Eremo di Derringer.

    Lucia rallentò quando giunse davanti all’enorme insegna di legno lungo la carreggiata. In un qualsiasi altro momento avrebbe trovato divertente che ciascun Westmoreland avesse segnalato l’ingresso alla propria tenuta con quei bizzarri cartelli. Era già passata davanti alla Casa di Jason, il Rifugio di Zane, la Dimora di Canyon, la Roccaforte di Stern, il Nascondiglio di Riley e la Tana di Ramsey. Era noto lì a Denver che, raggiunti i venticinque anni, ciascun componente della numerosa famiglia aveva ereditato un centinaio di acri di terreno in quell’area del paese. Ecco spiegato perché i fratelli Westmoreland abitassero tutti vicini e perché la zona fosse nota come la terra dei Westmoreland.

    Si morse il labbro, nervosa, quando fermò il fuoristrada davanti all’austera costruzione a due piani, assalita dal dubbio che avesse commesso una sciocchezza a presentarsi da lui senza preavviso. Era la prima volta che si recava al suo sacro eremo e, da quel che si diceva in giro, non era mai successo che una donna gli piombasse in casa senza essere stata invitata. Lui non gradiva le visite a sorpresa.

    A maggior ragione, quindi, che diavolo ci faceva lì?

    Spense il motore e rimase incollata al sedile qualche istante, mentre per la prima volta da che aveva saputo dell’incidente prendeva coscienza della realtà dei fatti. Aveva agito d’impulso, spinta dall’amore, ovviamente; ma la verità era che non aveva senso che stesse là. Era probabile che Derringer fosse a letto a riposare, magari sotto l’effetto dei farmaci. Sarebbe stato in grado di alzarsi per andare ad aprirle? In tal caso, l’avrebbe di sicuro guardata come un’aliena, talmente gli sarebbe parsa strana la sua visita. Dopotutto, per lui loro due erano semplici conoscenze, neppure amici.

    Stava per ingranare la retromarcia e andarsene quando si accorse che aveva cominciato a piovere più forte e che uno scatolone di cartone lasciato sui gradini del portico si stava inzuppando d’acqua. Il minimo che potesse fare, pensò, era di metterlo al riparo sotto la veranda.

    Agguantò quindi l’ombrello che era sul sedile posteriore, uscì dalla vettura e corse verso le scale, trascinando lo scatolone su per i gradini e depositandolo accanto alla porta. Trasalì al fragore di un tuono e trattenne il respiro allorché un fulmine sembrò sfiorarle la testa.

    Ricordandosi che una volta Chloe le aveva detto che i Westmoreland avevano l’abitudine di non chiudere mai la porta di casa a chiave, provò ad abbassare la maniglia e scoprì che l’amica non si sbagliava. Non era stata data nessuna mandata.

    Aprì l’uscio lentamente, fece capolino e, con voce sommessa, per non svegliarlo nel caso si fosse messo a dormire sul divano, anziché di sopra in camera, lo chiamò: «Derringer?».

    Non ricevendo risposta, decise che tanto valeva portare dentro lo scatolone. Entrando, si guardò intorno ammirata, apprezzando il buon gusto di Gemma, l’arredatrice della famiglia.

    Era una casa molto bella, con delle enormi vetrate dalle quali si godeva una vista mozzafiato sulle montagne.

    Stava per chiudersi dietro la porta quando udì un tramestio provenire dal piano di sopra, seguito da un tonfo sordo e poi da un’imprecazione.

    Agendo d’istinto, salì le scale a due a due, volando lungo il corridoio e affacciandosi in diverse camere da letto prima di azzeccare quella giusta, la camera padronale, che notò subito essere arredata con un gusto più maschile rispetto alle altre. Lui era per terra, accanto al letto.

    «Derringer!»

    Lo raggiunse e si inginocchiò al suo fianco, cercando di ignorare il fatto che l’unico indumento che indossava fossero un paio di boxer neri. «Derringer? Stai bene?» gli domandò, allarmata. «Derringer?»

    Lo vide sollevare lentamente le palpebre e provò un tuffo al cuore quando incontrò la meraviglia dei suoi occhi scuri e profondi. La prima cosa che notò fu che erano vitrei, come se avesse bevuto troppo... o assunto troppi farmaci. Poi tirò un sospiro di sollievo quando un lento sorriso gli sfiorò gli angoli della bocca e sulle guance si formarono quelle fossette capaci di mandarla al tappeto.

    «Ehi, sei carina» biascicò. «Come ti chiami?»

    «Pinco Pallina» rispose lei in tono spiritoso, dopo un attimo di sbandamento. Si stava comportando come se fosse la prima volta che la vedeva, il che confermava l’ipotesi che avesse preso qualche pillola di troppo.

    «Uhm... mi piace.»

    Lucia strabuzzò gli occhi. «Certo, certo. Com’è che ti trovi qui e non lì?» chiese, indicando il letto.

    «La risposta è semplice. Sono andato in bagno e quando sono tornato, qualcuno aveva spostato il letto, così l’ho mancato e sono finito per terra.»

    Trattenne una risata. «Questo è poco ma è sicuro. Su, appoggiati a me che ti aiuto a rimetterti a letto.»

    «Qualcuno potrebbe rispostarlo.»

    «Non credo proprio» replicò con un sorriso, pensando che, anche sotto l’effetto dei farmaci, il timbro profondo e sensuale della sua voce aveva un effetto devastante su di lei. Sentiva già i capezzoli spingere contro la camicetta. «Mi sa che ti sei fatto male sul serio, stavolta. Provi molto dolore?»

    «In realtà, mi sento bene. Un leone... pronto a rimontare in sella.»

    Lucia scosse la testa. «Per stasera non se ne parla. Su, cowboy, torniamo a letto. Ti aiuto io.»

    «Si sta bene qui per terra.»

    «Mi dispiace, mio caro, ma non credo che tu possa rimanere sdraiato sul pavimento. O ti lasci aiutare da me o chiamo uno dei tuoi fratelli.»

    Ora fu lui a scuotere il capo. «Per carità, non li voglio vedere... nessuno di loro. L’unica cosa che sanno dirmi è te l’avevo detto io

    «Be’, forse la prossima volta li starai a sentire. Avanti, tiriamoci su.»

    Ci vollero diversi tentativi prima che riuscisse ad aiutare Derringer a rimettersi in piedi. Non fu facile accompagnarlo a letto

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