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Il prezzo dei segreti: Harmony Destiny
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Il prezzo dei segreti: Harmony Destiny
E-book154 pagine5 ore

Il prezzo dei segreti: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

I signori della California 2
I ricchi e potenti King possiedono ogni cosa.
Tranne l'amore.


Justice King si era illuso di aver trovato la donna giusta in Maggie, ma un segreto scottante ha lentamente eroso il loro matrimonio fino ad allontanarli. Ora, a un passo dal divorzio, si incontrano per chiarire le ultime divergenze, e come accade ogni volta che si trovano a contatto di pelle, la passione esplode divorandoli e lasciando a Maggie molto più di qualche carta da firmare. Tuttavia la decisione è presa: vivrà il suo futuro lontano da Justice.
Almeno fino a quando il destino non li induce a ritrovarsi.
LinguaItaliano
Data di uscita9 lug 2018
ISBN9788858984321
Il prezzo dei segreti: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Il prezzo dei segreti - Maureen Child

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Claiming King’s Baby

    Silhouette Desire

    © 2009 Maureen Child

    Traduzione di Roberta Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-432-1

    1

    Justice King aprì la porta d’ingresso e si ritrovò di fronte il proprio passato.

    In piedi davanti a lui, Maggie lo guardava con quegli occhi azzurri che lui aveva cercato disperatamente di dimenticare; i lunghi capelli ramati si agitavano al vento intorno al suo viso e la sua bocca irresistibile era curvata in un mezzo sorriso cinico.

    «Buongiorno, Justice» esordì la voce che lo perseguitava nei sogni. «Ne è passato, di tempo.»

    Otto mesi e venticinque giorni, pensò lui senza rispondere. Il suo sguardo la percorse da cima a fondo, in un’ispezione rapida ma approfondita. Era alta, con la stessa testarda posa del mento che ricordava e la stessa pallida spruzzata di lentiggini sul naso. I suoi seni pieni si sollevavano e abbassavano velocemente a ogni respiro, e più di ogni altra cosa rivelavano il suo nervosismo.

    Be’, se l’era cercata lei.

    Riportò gli occhi nei suoi. «Che cosa ci fai qui, Maggie?»

    «Non mi fai entrare?»

    «Nemmeno per idea» rispose in tono piatto. Una cosa di cui non aveva certo bisogno era ritrovarsela di nuovo abbastanza vicino da poterla toccare.

    «È questo il modo di parlare a tua moglie?» Senza aspettare la sua replica, lei gli sfilò accanto per entrare in casa.

    Sua moglie.

    Automaticamente, il pollice si mosse per giocare con la fede nuziale che aveva tolto il giorno in cui le aveva permesso di andarsene. I ricordi gli affollarono la mente e dovette chiudere gli occhi sotto quell’assalto.

    Ma niente avrebbe potuto fermare la sfilata di immagini: Maggie, nuda, distesa sul letto che lo accoglieva; Maggie, che gli inveiva contro tra le lacrime; Maggie, che se ne andava senza voltarsi indietro. E per ultimo, Justice rivide se stesso, mentre chiudeva la porta dietro di lei e con altrettanta determinazione serrava il proprio cuore.

    Non era cambiato niente.

    Erano ancora le stesse persone che erano state quando si erano sposate, e quando si erano lasciate.

    Perciò si diede una regolata, e richiuse la porta d’ingresso. Poi si voltò verso di lei.

    Il sole penetrava dal lucernario e si rifletteva sullo specchio appeso alla parete più vicina. Sulla consolle giaceva un vaso blu cobalto vuoto – nessuno aveva più portato fiori in quella casa da quando Maggie se n’era andata – e il silenzio li avvolse.

    I secondi sfilarono via, punteggiati solo dal ticchettio della scarpa di Maggie sul pavimento. Justice attese, sapendo che non sarebbe riuscita a tacere ancora a lungo. Non era mai stata a proprio agio con il silenzio: Maggie era la donna più loquace che avesse mai conosciuto. E che fosse dannato se non gli erano mancate le sue chiacchiere.

    Erano separati da un metro di spazio vuoto e tuttavia Justice sentiva la forza dell’attrazione. Il suo corpo era pesante e teso, e tutto in lui lo istigava a protendersi verso di lei, ad alleviare la sofferenza dell’aver fatto a meno di lei troppo a lungo.

    Eppure, fece ricorso alle proprie riserve di energia per trattenersi dal prendere ciò che gli era mancato così tanto.

    «Dov’è la signora Carey?» domandò Maggie d’improvviso infrangendo la pace con la propria voce.

    «È in vacanza.» Justice imprecò tra sé: la governante non avrebbe potuto scegliere un momento peggiore per la crociera in Giamaica.

    «Buon per lei» considerò Maggie inclinando la testa. «Felice di vedermi?»

    Non avrebbe usato la parola felice. Scioccato sarebbe stata più appropriata. Quando se n’era andata, Maggie aveva giurato che non l’avrebbe mai più rivista. E così era stato, se non si consideravano le notti in cui era apparsa nei suoi sogni solo per tormentarlo.

    «Che cosa ci fai qui, Maggie?»

    «Già, è questo il punto, vero?»

    Si voltò e si incamminò lentamente lungo il corridoio, oltrepassando il soggiorno per raggiungere la sala. Justice la seguì, restando a studiarla mentre si guardava intorno come per riabituarsi al posto.

    Lei spostò lo sguardo dalle due pareti ricoperte di libri al camino in pietra, grande abbastanza da contenere un uomo eretto al suo interno; i muri in legno, con le fughe bianche che formavano un disegno a righe orizzontali; le poltrone e i divani, raccolti a formare un’area di soggiorno, e le ampie finestre che permettevano la vista aperta dell’esteso cortile principale del ranch. Alberi antichi gettavano ombra sulla maggior parte del prato, i fiori curati delle aiuole si flettevano al vento dell’oceano e da lontano giungeva il ronzio attutito del trattore sui campi di grano.

    «Non hai cambiato niente» sussurrò lei.

    «Non ho avuto tempo» mentì.

    «Naturalmente.» Quando si voltò a guardarlo, i suoi occhi lampeggiavano e Justice provò un’ondata di desiderio violenta come un fulmine. Il suo temperamento aveva sempre avuto quell’effetto su di lui. Erano come olio e acqua, che scivolano uno sull’altro senza mai mescolarsi in un liquido omogeneo. E forse quello era il motivo dell’attrazione, rifletté.

    Maggie non era il tipo di donna capace di cambiare per un uomo: era quello che era, prendere o lasciare. E Justice aveva sempre voluto prendere. Diavolo, se si fosse avvicinata troppo, persino in quel momento, l’avrebbe presa di nuovo.

    «Ascolta» riprese lei, quegli occhi azzurri che brillavano ancora con le scintille dell’irritazione, «non sono venuta qui per litigare.»

    «Allora perché sei venuta?»

    «Per portarti questo.» Estrasse dalla borsa una cartelletta e indugiò con le dita sulle scritte in argento; un secondo dopo, però, gliela porse. «Sono i documenti per il divorzio» lo informò incrociando le braccia sul petto. «Dato che non hai firmato la copia che ti hanno spedito gli avvocati, ho pensato di portarteli di persona. È più difficile ignorarmi se ti sto davanti.»

    Justice però gettò la cartelletta sulla poltrona più vicina, infilò le mani nelle tasche posteriori dei jeans e la fissò. «Non ti stavo ignorando.»

    «Ah» accettò con un cenno del capo. «Quindi cosa stavi facendo, esattamente? Giocando? Cercando di farmi infuriare?»

    Non riuscì a impedirsi un mezzo sorriso. «Se fosse così, direi che ci sono riuscito.»

    «Certo che ci sei riuscito!» Marciò verso di lui e si arrestò appena fuori portata. Come se sapesse che, se si fosse avvicinata di un altro passo, il calore tra loro sarebbe scoppiato in un inferno al quale nessuno dei due sarebbe sopravvissuto.

    Justice l’aveva sempre ritenuta intelligente.

    «Justice, mi hai detto mesi fa che il matrimonio era finito. Quindi firma quei dannati documenti.»

    «Che fretta c’è?» La domanda gli sfuggì dalle labbra prima che potesse impedirselo. Digrignando i denti, fece finta di niente e pose la questione che gli stava più a cuore. «C’è un altro uomo in attesa?»

    Maggie rialzò la testa di scatto come se l’avesse schiaffeggiata. «Qui non si tratta di far entrare un altro uomo nella mia vita. Si tratta di farne uscire uno. Tu, Justice. Non stiamo più insieme. Non staremo mai più insieme. Hai fatto in modo che fosse piuttosto chiaro.»

    «Quando te ne sei andata, non è stata un’idea mia.»

    «No, è stata solo colpa tua» sbottò.

    «Sei tu quella che ha fatto i bagagli, Maggie.»

    «Non mi hai dato altra scelta.» La sua voce si ruppe e Justice sibilò un respiro in risposta.

    Scuotendo il capo, lei sollevò una mano quasi a suggellare una tregua. «Chiudiamo la questione, d’accordo?» sussurrò allora.

    «Pensi che una firma su un pezzo di carta possa chiuderla?» Avanzò verso di lei, sfilando le mani dalle tasche per potergliele posare sulle spalle prima che lei avesse tempo di scostarsi. Dio, la sensazione di toccarla di nuovo riempì il vuoto dentro di lui. Dannazione, se gli era mancata...

    «Sei stato tu stesso a chiuderla, ricordi?»

    «Tu sei quella che se n’è andata» le rammentò ancora.

    «E tu sei quello che me l’ha permesso» ringhiò, gli occhi inchiodati nei suoi mentre si irrigidiva nella sua stretta.

    «Che cosa avrei dovuto fare?» protestò. «Legarti a una sedia?»

    Maggie rise senza allegria. «No, non l’avresti fatto, vero, Justice? Non potevi cercare di farmi restare. Non potevi seguirmi per farmi cambiare idea.»

    Le sue parole lo schiaffeggiarono, ma non abboccò. Diavolo, no, non l’aveva seguita. Aveva un minimo d’orgoglio, dopotutto. Cosa avrebbe dovuto fare? Supplicarla di restare? Era lampante che, per quanto la riguardava, il matrimonio era finito. E allora?

    «Ed eccoci di nuovo al punto di partenza» riprese lei scuotendo il capo. «Io do la colpa a te, tu dai la colpa a me. Io grido, tu diventi stoico e impassibile e non cambia niente.»

    La guardò torvo. «Non divento impassibile.»

    «Oh, ti prego, Justice. Lo sei persino adesso.» Abortì una risata e cercò di liberarsi dalla sua presa, ma non ci riuscì. Piegò la testa all’indietro, e i suoi occhi furiosi si fissarono in quelli di lui mentre la bocca che lui voleva assaporare più di ogni altra cosa si appiattiva in una linea sottile. «Le nostre liti sono sempre state a senso unico. Io grido e tu ti chiudi in te stesso.»

    «E se gridassi anch’io sarebbe meglio?»

    «Per lo meno avrei capito che ti importava abbastanza da lottare!»

    Justice serrò le dita sulle sue spalle, e ricambiò quello sguardo con uno altrettanto furioso. «Sapevi benissimo che mi importava, però te ne sei andata lo stesso, mi pare.»

    «Perché dovevi sempre averla vinta tu. Un matrimonio è fatto da due persone, non solo una che la spunta sempre.» Inspirò a fondo, divincolandosi per qualche altro istante prima di sospirare. «Lasciami andare, Justice.»

    «L’ho già fatto» le fece notare. «Sei tu che sei tornata.»

    «Non per questo.» Cercò di respingerlo con le mani sul torace.

    «Balle, Maggie.» La sua voce sprofondò in un sussurro, un suono ruvido provocato dalle parole che gli graffiavano la gola per uscire. «Avresti potuto mandare il tuo avvocato. Diavolo, avresti potuto mandarmi di nuovo i documenti per posta. Ma non l’hai fatto. Sei venuta qui. Da me.»

    «Per guardarti negli occhi e pretendere che firmi.»

    «Davvero?» Chinò il capo, inalò il suo profumo dolce e floreale e lo trattenne il più a lungo possibile. «È davvero per questo che sei qui, Maggie? Per i documenti?»

    «Sì» rispose, ma chiuse gli occhi, e gli fece scivolare le mani lungo il torso. «Voglio voltare pagina, Justice. Se non c’è più niente tra noi, ho bisogno che tutta la storia abbia fine.»

    La sensazione delle sue mani di nuovo sul proprio corpo alimentò l’incendio dentro di lui e lo fece divampare. Era stato sempre così, tra loro. Chimica, pura e semplice. Combustione istantanea. Dovunque si toccassero, i loro corpi si accendevano come i neon di Las Vegas.

    Quello, per lo meno, non era cambiato.

    «Non sarà mai finita tra noi, Maggie.» La accarezzò con lo sguardo. Adorava il rossore delle sue guance e il modo in cui le sue labbra si socchiudevano in un sussurro. «Quello che c’è tra noi non avrà mai fine.»

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