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101 cose da fare a Verona almeno una volta nella vita
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E-book465 pagine4 ore

101 cose da fare a Verona almeno una volta nella vita

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Info su questo ebook

Attraversata dall’Adige, resa famosa dalla tragedia shakespeariana, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, la città scaligera conserva tutt’oggi un fascino romantico sia per i suoi abitanti, sia per chi la visita, magari attratto dal più celebre dei balconi o dall’Arena, il cui prestigio rende la città famosa in tutto il mondo. Ma Verona è anche altro: secoli di storia conservati tra le sue strade, palazzi e monumenti, anche quelli meno battuti o meno noti, feste e appuntamenti enogastronomici, piatti tipici che dai tempi dell’Antica Roma rendevano le nobili famiglie famose in tutto l’impero. Questa guida alternativa condurrà il lettore attraverso esperienze da fare, ascoltare, gustare, per attivare tutti i sensi e scoprire ogni aspetto della città rimasto nascosto.

Verona come non l'avete mai vista!

Ecco alcune delle 101 esperienze:

Camminare sulle orme di Dante

Contare 14 sfumature di tortora davanti a Ponte Pietra

Provare l’arte della tipografia d’autore

Fare la dichiarazione d’amore sotto al Balcone di Giulietta

Perdersi nel labirinto del paradiso verde di Verona: il Giardino Giusti

Percorrere le mura di cinta cercando i tunnel sotterranei e le stanze segrete della Gestapo

Giocare a sciànco al Festival dei Giochi Antichi

Alessandra Biti

è laureata in Filosofia e ha conseguito un master in Organizzazione di eventi culturali e in Marketing e Comunicazione. Nutre da sempre una grande passione per le tecniche e le strategie di comunicazione e in particolare per la green communication e per il green marketing. È presidente della Studioventisette srl, Società di Comunicazione e Organizzazione Eventi; socio fondatore e membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Culturale Retròbottega e docente della Moodart Fashion School.
LinguaItaliano
Data di uscita26 nov 2015
ISBN9788854187702
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    Anteprima del libro

    101 cose da fare a Verona almeno una volta nella vita - Alessandra Biti

    COLOPHON

    Prima edizione ebook: novembre 2015

    © 2015 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-8770-2

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura 8x8 Srl di Massimiliano D’Affronto

    FRONTESPIZIO

    DEDICA

    Questa guida è dedicata alla mia incredibile famiglia,

    foriera di storie uniche e custode

    di segreti enogastronomici da non dimenticare.

    A Luciano, Mariella, Francesco, Lucky

    e agli zietti Rosalba e Giancarlo, ma anche

    alla famiglia allargata, Alessandro e Pier Nicola.

    Una squadra davvero eccezionale.

    Introduzione

    Verona per me è la matrioska d’Italia. Una città multistrato e unica, attraversata da molte culture millenarie i cui segni sono ancora visibili, presenti e tutti da scoprire.

    Con Verona potrete giocare al gioco delle scatole cinesi: aprendo la città un poco alla volta vi meraviglierete perché racchiude segreti e particolari unici e indimenticabili, non riconoscibili subito, così, a prima vista.

    C’è chi, come il grande storico dell’arte Giorgio Vasari, l’ha paragonata a Firenze, per il suo fiume, le colline, l’arte, presente e forte e in ogni dove. E se l’aria di Firenze si respira qua e là, in qualche vicolo medievale, nelle logge rinascimentali, nei cipressi e negli ulivi delle verdi colline, ancora di più Verona ricorda una piccola Roma, dall’urbanistica della città alle tracce sotterranee degli scavi visitabili, dalle porte agli archi dei ponti, dall’Anfiteatro al Teatro, ai resti ancora visibili delle mura e della civiltà romana che la abitarono. E Roma si ricorda nell’architettura del Sanmicheli, che ha ispirato poi tutti i grandi architetti veronesi fino a oggi, disegnando il volto della città cinquecentesca con le sue porte tipiche, i grandi portoni delle case veronesi, che potrete riconoscere come un leitmotiv cittadino, a bozze e arcuati, un particolare davvero unico, come dice il Manzini.

    Nelle facciate gotiche e nei balconi traforati, in alcune stradine strette e brevi, in certe piccolissime case, invece, troverete il volto di Venezia.

    Verona non è una città come le altre, è un po’ Firenze, un po’ Roma, un po’ Venezia, una città romana, medievale, rinascimentale, veneziana, gotica, ma anche lombarda, padana, mediterranea e multietnica. È una città classica e monumentale, ma anche romantica – basti pensare ai suoi scorci e alla più nota delle storie d’amore – goliardica e godereccia, con le tradizioni del carnevale e di Bacco. Verona è infatti anche la città dei grandi eventi che la rendono celebre in tutto il mondo: la stagione lirica dell’Arena, il Vinitaly, il Carnevale, il Festival Internazionale dei Giochi Antichi, il Verona in Love che celebra la festa degli innamorati o più semplicemente è una città con una speciale atmosfera, ideale per passeggiare perdendosi fra le strade e i romantici vicoli del centro storico o lungo le anse del fiume Adige o sulle verdi colline, le Torricelle, che circondano la città.

    È anche la città che accolse Dante dopo la cacciata da Firenze durante gli anni dell’esilio, e il poeta fu talmente ben accolto dagli Scaligeri e respirò una tale bellezza e un tale fermento culturale da dedicare la Cantica del Paradiso proprio a Cangrande della Scala, signore di Verona.

    È la città dove Giovanni Della Casa iniziò a stendere il Galateo, il manuale delle buone maniere.

    È la città che diede i natali a numerosi artisti e pittori: Pisanello, Altichiero, Liberale, Paolo Caliari, detto il Veronese, uno dei grandi maestri del Rinascimento italiano, ma anche ai grandi architetti come il latino Vitruvio, autore del De Architectura, e il Sanmicheli; a poeti e scrittori, come il latino Valerio Catullo, Scipione Maffei, Ippolito Pindemonte, Aleardo Aleardi, oltre al romanziere Emilio Salgari, famoso per la saga di Sandokan, pubblicata con il suo primo successo La tigre della Malesia nel 1833 proprio su un quotidiano veronese.

    Attraverso i suoi vicoli e viottoli, in ogni angolo, scorcio, nelle strade nascoste, nei vecchi muri, nella pietra, in ogni particolare, potrete scoprire arte, storia, leggende, musica, vino, tradizioni gastronomiche e cultura. Diciamo che la città si scopre lentamente, strato dopo strato, e sarebbe sbagliato venire a Verona solo per visitare l’Arena, il Teatro Romano, Castelvecchio, piazza delle Erbe, Le Arche Scaligere, San Zeno e tralasciare la vita e le stradine intorno al Duomo, Santa Eufemia, Santa Maria in Organo e via Sottoriva, oltre alle viette del quartiere universitario e anche multietnico di Veronetta e alle ville liberty del quartiere di Borgo Trento.

    Verona è la città dai mille volti, e di questi mille volti, stili ed epoche è riuscita a farne uno solo, unico e così particolare che è in grado di riunire e ricomprendere tutto: è il volto di Verona, dai colori intensi, che ricorderete per sempre; un volto dove il fiume Adige diventa segno e protagonista, abbracciandola tutta e riflettendo i colori dorati delle luci notturne, gli azzurri luminosi dell’estate, i tramonti rosa arancioni del crepuscolo e i cieli grigio-perla dell’inverno.

    E sarà anche stimolante durante il vostro viaggio prestare attenzione alla vita sociale che anima la città. Un’anima un po’ distante all’inizio, ma che con calma saprà stupirvi ed accogliervi con discreta gentilezza.

    Lo diceva Goethe nel suo viaggio in Italia, e poi lo riprendeva Ruskin nelle Lettere da Verona, dando appellativi non molto gentili agli abitanti della città. Ma invece basta sfogliare il primo strato per riconoscere una socialità ospitale e, se andrete un po’ più in profondità, anche uno spirito goliardico e godereccio, perché appunto, come nella più gustosa delle cene, la vita di Verona va scoperta e assaporata con calma.

    1.

    Scoprire secoli di civiltà negli strati delle mura cittadine

    «N on esiste mondo oltre le mura di Verona; fuori c’è solo il purgatorio, il tormento, l’inferno. chi è bandito di qui, è bandito dal mondo, e l’esilio del mondo è la morte. E tu, chiamando esilio la morte, mi tagli il capo con una scure d’oro e sorridi al colpo mortale che mi schianta».

    Ecco come recita Shakespeare nella terza scena del terzo atto del Romeo e Giulietta, come se conoscesse bene l’importanza che nel corso della storia proprio le mura ebbero per la città.

    Fin dall’epoca romana infatti, grazie alla sua posizione strategica al centro di un’importante rete di strade e vie di comunicazione, Verona crebbe e si sviluppò sempre di più, diventando un centro nevralgico e una meta ambita per gli equilibri geopolitici del Paese.

    Proprio per questo quella di Verona è una vera e propria storia di arte fortificatoria: per difendersi dai nemici e dai conquistatori la città scaligera nel corso di quasi due millenni si è dotata di un imponente sistema difensivo caratterizzato da mura, torri, porte munite, castelli e forti che sopravvivono ancora oggi.

    La cinta delle mura di Verona, come la vediamo oggi con torri, rondelle, bastioni, fossati e terrapieni, ha uno sviluppo di oltre 9 chilometri e occupa quasi 100 ettari. Sono visibili ancora oggi e restano imponenti i resti della città fortificata romana, il perimetro della città murata scaligera con i suoi castelli, la struttura della fortezza veneta, la grandiosa disposizione della piazzaforte asburgica, cardine del Quadrilatero.

    Sono molti gli itinerari che potrete percorrere alla scoperta delle mura della città, sia a piedi che con un mezzo di trasporto. Sarete meravigliati di scoprire la pietra che vi parla attraverso i secoli: la pietra chiara dei resti delle mura dell’arte fortificatoria romana si ritrova ancora nel centro della città, ben nascosta in suggestivi vicoli e palazzi cittadini. Potrete riconoscere i resti delle mura di Gallieno, che si aggiunsero alla prima cinta muraria romana in epoca imperiale per proteggere anche l’Arena nell’abbraccio delle mura cittadine, poi inglobati in edifici successivi, soprattutto medievali. Partendo da piazza Bra e arrivando sulle verdi colline veronesi potrete invece ammirare la pietra scura dei mattoni, dei merli e delle torri della fortificazione comunale-scaligera, ancora in parte intatta. Infine, prendendo un mezzo di trasporto, potrete seguire il percorso dell’imponente fortificazione veneziano-austriaca con i suoi bastioni, torri e roccaforti, che disegna il suo tracciato a partire dal limite sud del centro storico fino alle Torricelle, le colline a nord della città.

    Per farvi comprendere ancor di più la meraviglia di quest’arte urbanistica e fortificatoria, il 30 novembre 2000 la XXIV Assemblea Plenaria del World Heritage Committee ha iscritto Verona nella World Heritage List con la denominazione "City of Verona" (Città di Verona) e con la seguente motivazione:

    «La storica città di Verona, fondata nel I secolo a.C., ha conosciuto periodi d’espansione nel XIII e XIV secolo sotto il dominio della famiglia degli Scaligeri e dal XV al XVII secolo sotto la Repubblica di Venezia. Costituisce, inoltre, un eccezionale esempio di piazzaforte. Verona ha conservato un notevole numero di monumenti antichi, di epoca medievale e del Rinascimento. È una città di cultura e di arte».

    Il centro storico di Verona è stato iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, per la sua struttura urbana e per la sua architettura, in quanto è uno splendido esempio di città che si è sviluppata progressivamente e ininterrottamente durante duemila anni, integrando elementi artistici di altissima qualità dei diversi periodi che si sono succeduti, e perché rappresenta in modo eccezionale il concetto della città fortificata in più tappe caratteristico della storia europea. 

    Ma qual è la storia delle mura di Verona? Secondo le testimonianze storiche nel I secolo a.C., i Romani costruirono la prima parte delle mura a difesa della città per proteggerne artificialmente i confini meridionali, perché a nord, a ovest e a est c’era la protezione naturale regalata dalle anse del fiume Adige. Successivamente nel 265, durante l’epoca imperiale di Gallieno, la minaccia delle invasioni rese necessario sia un restauro delle mura preesistenti, in pessimo stato dopo circa due secoli di pace, sia l’inglobamento dell’Arena nella cinta muraria per impedire ai nemici di accedere facilmente in città.

    L’impianto fortificatorio successivo fu realizzato in epoca scaligera e aggiunse un impianto di mura che sosteneva l’azione difensiva esercitata dall’Adige a nord, estendendosi poi fino a Castel San Felice.

    In seguito, in epoca veneziana fu potenziato l’asse a sud-est della città e furono costruiti bastioni, torri e roccaforti, grazie al lavoro del grande architetto Michele Sanmicheli, il quale progettò e realizzò anche le imponenti porte che sono ancora oggi i Landmark distintivi di accesso alla città attraverso le vie di ingresso al centro: Porta Palio, Porta Nuova e Porta San Zeno. Infine fu l’Impero Austriaco tra il 1833 e il 1866 che implementò ulteriormente l’impianto difensivo costruendo nuove e ampie fortificazioni.

    Se ci fermiamo a riflettere, dalla Verona degli antichi Romani alla Verona di oggi, la città è profondamente cambiata, e questi mutamenti legati all’arte fortificatoria e all’urbanistica riflettono dei risvolti psicologici importanti. Infatti nel disegno e nell’evoluzione delle mura cittadine va ricercato il senso di comunità e di protezione che ai cittadini di oggi è del tutto sconosciuto: le città crescevano all’interno delle mura e per i veronesi di allora tutto ciò che rappresentava la realtà politica, sociale ed economica era custodito e protetto dentro di esse ed era contrapposto a tutto ciò che invece era al di fuori. Anzi, forse, proprio come dice Shakespeare, per gli abitanti di allora non c’era niente al di fuori delle mura di Verona! Oggi questo senso di appartenenza è meno visibile ed è più nascosto, per celarsi forse in altri simboli meno fisici. Una volta i cittadini si riconoscevano come comunità nello spazio fisico all’interno delle mura. Oggi invece si riconoscono in un simbolo, che nasconde dentro di sé tutto quel passato che oggi fisicamente non c’è più, ma che i veronesi portano comunque nel dna: la scala, effige dei Signori Scaligeri e custode del senso di appartenenza alla veronesità.

    1. Le mura di verona

    2.

    Percorrere le mura di cinta respirando l’aria degli antichi Romani

    Se volete capire Verona e la sua storia, dovrete prima di tutto conoscere il suo impianto urbanistico, con le sue mura, le sue porte, costruite nei secoli, distrutte e poi diversamente ricostruite e ampliate.

    Il vostro viaggio inizierà andando alla scoperta della prima cinta muraria della città, edificata in epoca romana. Via via che vi inoltrerete in questo cammino, conoscerete anche la grande quantità di reperti che ha caratterizzato quest’epoca. Verona, infatti, è seconda solo a Roma per il numero di resti romani che definiscono il suo tessuto urbano ancora oggi. E insieme ai reperti, durante il percorso, potrete respirare l’aria degli antichi Romani e scoprire anche la storia di questa gloriosa civiltà.

    Le prime mura furono costruite in epoca tardo-repubblicana, nel 49 a.C., quando Verona ebbe la cittadinanza romana. Queste mura, alte circa 13 metri, dovevano servire a proteggere il nucleo della città nuova; il primo nucleo abitativo di Verona, infatti, era stato costruito sulle pendici di colle San Pietro più di un secolo prima di Cristo, luogo scelto perché grazie al colle si poteva avere una difesa naturale dai nemici. Si possono trovare ancora resti della città in questa fase, come un bastione che doveva far parte di questo sistema difensivo.

    A questo periodo risale la ricostruzione sull’Adige del Ponte Pietra, bellissimo esempio dell’architettura romana, distrutto da guerre e inondazioni e poi ricostruito, che serviva da collegamento tra la città vecchia e quella nuova, di cui vi racconterò in un altro capitolo.

    Con la costruzione della città nuova, divenuta provincia romana, era necessario un progetto difensivo della città, che per maggiore sicurezza si spostò dal colle all’interno dell’ansa dell’Adige. Le mura furono costruite dove l’Adige non offriva difesa, nella zona sud della città.

    Il percorso di questa cinta muraria, riconoscibile grazie a una serie di reperti, correva dalla parte settentrionale dell’attuale via Diaz, via Cantore, via Noris, proseguendo fino all’incrocio di via Frattini con via Leoncino e qui deviava con un angolo per arrivare alla riva dell’Adige, circa all’altezza di Ponte Navi. Qui si apriva la Porta Leoni, la più antica delle porte di Verona, i cui resti in marmo e in cotto sono ammirabili ancora oggi.

    L’altra porta di accesso alla città, di cui conserviamo oggi la meravigliosa facciata, è Porta Borsari, di epoca più tarda.

    Il centro di questa nuova città romana era all’incrocio tra il Decumano Massimo (gli attuali corso Porta Borsari e corso Santa Anastasia) e il Cardo Massimo (via San Egidio, via Cappello e via Leoni) e qui si trovava il Foro romano (piazza delle Erbe), le cui costruzioni (Basilica, Curia e Campidoglio) saranno edificate successivamente.

    Il colle San Pietro rimase collegato alla città, furono abbattuti i vecchi edifici e fu trasformato scenograficamente: fu costruito un teatro (il meraviglioso Teatro Romano che potete ammirare oggi) collegato da scale a terrazza a un tempio posto sulla cima del colle.

    La cinta muraria serviva a proteggere anche questo insieme ai due ponti Pietra e Postumia (andato distrutto) e alle due porte, che consentivano il passaggio al centro cittadino e di cui sono stati trovati resti proprio vicino al Ponte Pietra.

    Nel vostro viaggio a ritroso nel tempo, resterete abbagliati dalla bellezza di questa parte della città: il fiume nella cui acqua si specchia il Teatro Romano, con il colle verdeggiante che fa da sfondo, il Ponte Pietra con alla fine una incantevole torretta medievale; appoggiatevi su una delle sue spalle e godetevi lo spettacolo: è bellissimo.

    Torniamo al nostro giro sulle tracce delle mura antiche. Dovete sapere che in realtà furono due le cinta murarie edificate in epoca romana: la prima, di cui abbiamo parlato, di epoca tardo-repubblicana e la seconda, più conservativa, di epoca imperiale. Quest’ultima fu costruita dall’imperatore Gallieno. La più antica, lunga 900 metri, seguiva una direzione nord-ovest, sud-est, la seconda era orientata nord-est, sud-ovest.

    Le mura repubblicane furono costruite con file alternate di grossi ciottoli legati con malta e mattoni.

    In seguito le porte furono rivestite di materiali più pregiati e rese monumentali.

    L’impianto urbanistico della città tenne conto della sua espansione. L’area che era protetta da mura fu oltrepassata solo in epoca imperiale: sotto la dinastia giulio-claudia fu costruito lungo la via Postumia l’Arco dei Gavi, allora poco al di fuori delle mura, che costituiva la sua porta trionfale di ingresso alla città (oggi ne potete ammirare la bellissima ricostruzione del 1932, su disegni palladiani, di fianco a Castelvecchio).

    Fu poi costruito il grande anfiteatro, l’Arena, realizzato, per le sue imponenti dimensioni, all’esterno delle mura cittadine.

    L’imperatore Gallieno fece rinforzare e allargare la prima linea muraria difensiva per scongiurare il pericolo delle invasioni barbariche. I lavori furono molto frettolosi, solo otto mesi, come ci racconta un’iscrizione posta su Porta Borsari, e si adoperò ogni tipo di materiale per realizzare l’opera: frammenti di edifici, lapidi e tutto ciò che gli antichi veronesi trovarono a portata di mano. Le nuove mura di età tardo-imperiale misuravano 1300 metri di lunghezza e inglobarono al loro interno anche l’Arena e il colle San Pietro, a difesa del teatro e del tempio.

    Delle mura di Gallieno e di questo mix di materiali potete ammirare una piccola parte in via Diaz e la parte meglio conservata dietro all’Arena.

    Nei numerosi tratti di mura romane, che potrete scoprire nei vicoli nascosti della città, è possibile riconoscere iscrizioni, decorazioni, elementi architettonici messi alla rinfusa nella costruzione delle mura, e potrete immaginare come dovettero sentirsi i veronesi di allora con la minaccia delle aggressioni esterne e la pressione della velocità nella realizzazione dell’opera per difendere la propria città.

    Questo percorso sulle tracce della Roma antica vi farà scoprire delle parti affascinanti e spesso inconsuete della città, entrando nello spirito di quei tempi lontani e scoprendone la storia visitandone i luoghi. Allora adesso, non mi resta che augurarvi buona ricerca.

    2. Porta dei borsari

    3.

    Passare di porta in porta: attraverso gli accessi della città antica

    La gita fuori porta: campagna aperta e soleggiata, alberi, una buona trattoria, lontananza dalla congestione del traffico e dallo stress quotidiano. Questa espressione evoca oggi libertà, paesaggi idillici, riposo, serenità. Ma all’epoca della loro costruzione, le porte cittadine non rinchiudevano certo una specie di prigione. Come le mura, anche le porte, quando venivano chiuse, garantivano sicurezza ai cittadini, e la certezza di trovarsi nel proprio mondo senza possibilità di intrusioni da parte di estranei.

    Tuttavia le porte delle città non avevano solo questa funzione: erano un segno di magnificenza, di potenza, di ricchezza. E oltre a ciò… servivano a far soldi!

    Entrando in città ti venivano incontro i gabellieri, per vedere se portavi dentro merce soggetta a tasse: questo nell’antica Roma, ma anche nel Medioevo e poi ancora molto più avanti nel tempo. A proposito di questo, come non citare la scena del fiorino con Benigni e Troisi in Non ci resta che piangere? Era proprio questo che succedeva!

    Oggi le porte rinascimentali di Verona non ricordano più queste funzioni, perché ai loro lati sono state aperte ampie strade per favorire il traffico delle auto. È invece facile riscontrare l’importanza delle porte cittadine osservando i resti delle due porte monumentali romane rimaste e che i vostri occhi potranno ancora ammirare; esse chiudevano la città bloccando le due vie principali, il cardo e il decumano. Parlo della Porta dei Leoni e della Porta Borsari. E i borsari, in età medievale, erano i doganieri, coloro che all’entrata delle città riscuotevano il dazio.

    Avvicinatevi alla Porta Borsari attraversando l’Adige sul ponte della Vittoria; camminando, trovate sulla sinistra una colonnetta sormontata da una pecora, simbolo medievale dei lanai. Era nelle usanze dei veronesi, fino a pochi decenni fa, darsi un appuntamento alla pecora. Oggi il luogo degli incontri si è un po’ spostato: ci si trova proprio alla porta.

    Dall’esterno, cioè da corso Cavour, la costruzione è molto bella, in pietra bianca della Valpantena. Costruita verso la fine del i secolo a.C., Porta Borsari venne poi ristrutturata verso la metà del i secolo d.C., senza procedere però all’eliminazione della porta precedente; lo stesso avvenne nel medesimo periodo alla porta dei Leoni.

    Oggi di Porta Borsari vediamo solo il paramento esterno, in pietra, con due grandi archi alla base, sovrastati da due ordini di sei finestre; ha splendidi ornamenti, cornici, colonne di varia forma. Il fatto che all’interno della porta mancano ornamenti sta a significare che essa era appoggiata a un altro muro, la costruzione precedente. Un’iscrizione sul fregio ci informa che la cinta muraria fu ricostruita e rinforzata dall’imperatore Gallieno (iii secolo). Ciò testimonia la gravità del problema dei confini e il tramonto di un’età felice.

    La fronte interna della costruzione, almeno in età repubblicana, distava quasi 18 metri dalla fronte conservata, come è stato rilevato dagli scavi. Questo è l’unico punto della città in cui il livello del terreno coincide con quello romano per merito dei lavori compiuti nel 1813, quando il livello del terreno in quel luogo venne abbassato di circa un metro e mezzo. Il resto del decumano antico, fino a piazza Erbe, corre sotto corso Porta Borsari.

    Dopo aver ammirato la porta, camminate sopra l’antico decumano, per una strada vivace e animata, attraverso il quartiere medievale delle Arti (già che ci siete, date un’occhiata a sinistra a corte Sgarzarie, ci si entra per un vicoletto; è l’antica sede del mercato della lana e dei panni) dove potrete anche ristorarvi in una storica osteria della città; all’altezza di piazza delle Erbe la strada si congiungeva con il cardo, l’attuale via Cappello, delimitato dalla porta dei Leoni. Ed eccoci in via Cappello; evitata con qualche difficoltà la folla dei turisti assiepati davanti alla cosiddetta casa di Giulietta, arriverete in un punto dove la strada si allarga. Dopo pochi metri, troverete gli scavi della Porta dei Leoni.

    L’antica porta è in parte appoggiata a un edificio che nell’interno delle sue stanze conserva visibili i resti del monumento; gli scavi eseguiti non molti anni fa per lavori stradali hanno messo in luce la struttura della porta, articolata anch’essa su tre ordini, con due archi alla base della costruzione; i materiali erano tufo e cotto, con un effetto assai diverso da quello di Porta Borsari.

    Ai lati dell’edificio sorgevano due torri cilindriche e la base di una di esse è ben visibile negli scavi.

    A differenza di Porta Borsari, di cui rimane il prospetto esterno, qui resta parte del prospetto interno alla città; la facciata esterna si trovava a circa 20 metri di distanza da quella conservata. Complessivamente la Porta dei Leoni risultava un monumento considerevole, alto circa tredici metri con una fronte di dieci.

    Questo itinerario è piuttosto breve, interessante e molto piacevole. Per concluderlo bene non vi resta che tornare indietro (di poco!) e godervi un caffè in piazza delle Erbe.

    A proposito, i leoni non c’entrano per niente con la porta! Si chiama così perché vicino fu trovato un frammento di tomba romana con due leoncini scolpiti…

    3. Porta dei leoni

    4.

    Percorrere le mura di cinta respirando l’aria del Medioevo

    Sotto il regno di Teodorico, dal 493 al 506, la cinta muraria di Verona fu ampliata, e andò a rinforzare il colle San Pietro, che divenne presidio militare (ruolo che conservò fino all’Ottocento).

    Queste mura rimasero invariate per quattro secoli e solo dopo il Mille, con la ripresa dell’economia e quindi

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