Un sorriso pericoloso: Harmony Collezione
Di Gina Wilkins
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Info su questo ebook
Le sfide sono sempre piaciute al reporter e aspirante scrittore Riley O'neil, soprattutto se si tratta del suo fascino con le donne. Teresa Scott, l'avvenente cameriera del Raibow Cafè, dove lui fa colazione tutte le mattine, è infatti l'unica che non è crollata davanti a uno dei suoi travolgenti sorrisi. Anzi, tutte le volte replica un silenzioso e ironico no. Riley decide di saperne di più quando, durante una partita di football del liceo locale, la vede insieme a...
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Anteprima del libro
Un sorriso pericoloso - Gina Wilkins
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Dateline Matrimony
Silhouette Special Edition
© 2001 Gina Wilkins
Traduzione di Heidy Furlanis
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-182-9
www.harlequinmondadori.it
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1
Ancora quegli occhi grigi. Per la terza volta durante la sua prima settimana di lavoro Teresa aveva incrociato lo sguardo di quell’uomo e si era sentita in difficoltà. Era un tipo gentile, niente da dire, eppure c’era qualcosa che la rendeva nervosa.
Flirtava, ecco cos’era. Non in maniera sfacciata, ma con una sottile impudenza come se la stesse prendendo in giro. Che cosa c’era di tanto divertente, poi? Credeva forse di esserle superiore, solo perché lei serviva in una Tavola Calda.
Abbassa le arie, amico!, pensò avvicinandosi al suo tavolo.
«Che cosa le porto stamattina?» gli chiese. Non l’aveva mai visto aprire il menu, eppure sapeva sempre cosa ordinare.
«Denver Omelette con salsa a parte e caffè. Nero.»
«Biscotti o pane tostato?»
«Pane, grazie.LehamaidettonessunocheassomigliaaGrace Kelly?»
«Altroché! Me lo dicono tutti i giorni!» rispose lei, senza dargli troppo peso. Si vedeva quanto gli piacesse mettere in difficoltà gli altri con commenti assurdi e non sarebbe stata certo lei a dargli questa soddisfazione. «Sarò subito da lei con il caffè» disse sorridendo.
Si fermò a un paio di tavoli prima di ritornare con la caraffa da lui. Due uomini d’età, vecchi amici che si incontravano lì ogni mattina per fare colazione, si lasciarono andare a un apprezzamento piuttosto pesante. Teresa ribatté con fermezza, sicura di sé come non riusciva a essere davanti a quegli occhi grigi, che non la perdevano di vista un istante.
I clienti erano sempre gentili con lei; c’erano stati un paio di episodi spiacevoli, ma non era la prima volta che lavorava come cameriera e sapeva come troncare il discorso. Ma quel Riley, così si era presentato, era diverso. La rendeva nervosa.
«Non le daranno alla testa i complimenti di quei due?» le chiese mentre gli riempiva la tazza. «Il vecchio Ernie si crede un dongiovanni. Scommetto che le ha già fatto un paio di dichiarazioni d’amore.»
«Sono due vecchietti innocui... In fondo sono carini.»
«Lo pensa di tutti i suoi clienti?»
«No. Non di tutti» ribatté. «Vado a vedere se è pronta la sua colazione.»
Si diresse in cucina camminando senza fretta, fermandosi a versareun’altratazzadicaffèeaprendereun’ordinazione. Aspettò poi che la porta si richiudesse dietro di sé e sbatté la caraffa sul banco. «Quel tipo è proprio assurdo» bofonchiò.
Shameka Cooper alzò lo sguardo dai pancake e dalle salsicce che friggevano in una larga padella davanti a sé. «Di chi parli, tesoro?»
«Sulla trentina,capellicastani,unpo’difrangia.Occhigrigi come l’acciaio, aria da superuomo...»
Shameka non ebbe neppure bisogno di dare un’occhiata attraverso la finestrella sulla porta per sapere di chi stesse parlando. «Pare Riley O’Neil.»
«Sì, ha detto di chiamarsi Riley. È un cretino oppure ho avuto una brutta impressione?»
Shameka rispose con la sua tipica risata calda, che gliel’aveva resa subito simpatica. «Oh, Riley è un tenerone, che fa il cretino. Ti viene voglia di abbracciarlo, anche se qualche volta gli daresti un pugno in faccia.»
Teresa non riusciva a immaginare di abbracciare quel tipo, tanto meno di dargli un pugno... «Fa il bullo, come se sapesse qualcosa che io non so, qualcosa che lo diverte.»
«Riley è così. Capisci perché tanti ce l’hanno con lui? A me piace un sacco.Non ècinicocomevuolefar credere,èsoloche fa parte del suo personaggio...»
«Ma è verochefail giornalista?» domandò Teresa aggrottando le sopracciglia.
«Già. Lavora per l’Evening Star. In un certo senso è un collega. I padroni del giornale sono gli stessi della Tavola Calda. La figlia di Marjorie e suo genero stanno al giornale, mentre Marjorie manda avanti la baracca.»
«Ma dai!» commentò Teresa soprappensiero. Era stata Marjorie, la mamma della sua compagna di stanza all’università, che le aveva dato il lavoro. Marjorie Schaffer era una delle persone più carine che Teresa avesse mai incontrato ed era pronta a scommettere che l’anziana donna avesse un debole per quel tipo.
«Vedraichetipiaceràunavoltacheloavraiconosciutomeglio» l’assicurò Shameka con un sorriso sincero. «È sempre così. Attenta, però, a non farti fregare... Ecco la sua colazione.»
Avviandosi verso la sala da pranzo Teresa incominciò a dubitare che lei e Riley O’Neil sarebbero mai diventati amici.
Riley si considerava uno degli uomini più incompresi in quella piccola città dell’Arkansas. Era sicuro di se stesso, ma molta gente tendeva a farsi idee sbagliate sul suo conto.
C’era chi lo considerava un fannullone e chi lo trovava sprezzante.Luisidefiniva unosservatoreacutodelle umane debolezze. Per molti era un tipo insensibile e sgarbato, mentre nei suoi articoli cercava soltanto di essere onesto.
Era soprannominato Il solitario, solo perché teneva particolarmente alla propria privacy, ma se cercava compagnia sapeva sempre dove trovarla.
Il lunedì precedente era entrato al Rainbow Café per far colazione. Era il posto adatto per bere una tazza di caffè in pace. Conosceva bene la proprietaria, Marjorie Schaffer e in quel locale si sentiva a casa. Certo era una scocciatura fermarsi a salutare tutti, ma Edstown era una piccola città e, facendo ilgiornalista per il quotidiano locale, le relazioni pubbliche erano importanti. Lo conoscevano un po’ tutti in paese, abbastanza da sapere che era meglio lasciarlo stare mentre faceva colazione.
Anche quella mattina aveva nascosto la faccia dietro al giornale. Era un deterrente efficace contro eventuali conversazioni indesiderate. Aveva mostrato il viso sentendo una voce che non conosceva ed era rimasto a bocca aperta vedendo che la nuova cameriera era un vero schianto. Aveva i capelli biondo scuro con qualche striatura dorata, legati stretti sulla nuca. Un paio d’occhi azzurri, limpidi come acqua di fonte, brillavano su un viso perfettamente ovale. Un piccolo naso diritto e una bocca carnosa completavano il quadro raffaellesco. Non aveva certo bisogno di cosmetici per mettere in risalto la sua bellezza. A voler essere obiettivi aveva il mento un po’ a punta, ma una fossetta rendeva il tutto davvero intrigante.
Forse era stata proprio quel particolare a farlo tornare altre due volte nella stessa settimana, quand’era solito andarci non più di due volte al mese.
Quel venerdì mattina, dimenticando il giornale per un attimo, Riley la osservò mentre si allontanava con la sua ordinazione. Bel corpo, notò e non per la prima volta. Non molto magra, non gli erano mai piaciute le donne troppo snelle. Quei jeans le stanno davvero bene, pensò lasciando cadere lo sguardo su quel morbido fondoschiena.
Sui trent’anni. Niente fede nuziale. Niente gioielli. Solo un orologio da uomo al polso. Dev’essersi trasferita da poco in città. Decise che l’avrebbe invitata a uscire, anche se fino a quel momento non gli aveva dato molta corda.
Ritornò quasi subito con la colazione. «Desidera altro?»
Riley dovette resistere alla tentazione di risponderle con una frase a doppio senso. Era abituato a flirtare con le belle donne, ma questa non sembrava proprio il tipo che accettava certi complimenti. «No, grazie. Sono a posto così.»
«Bene. Torno fra un po’ con dell’altro caffè.»
«Grazie. A proposito, qual è il suo cognome, Teresa?» Era strano che ancora non lo sapesse, dopo averla incontrata tre volte. Non era da lui.
«Scott» rispose lei senza sorridere. «Chiedo scusa, ma c’è un cliente che mi chiama.»
Fredda la ragazza, osservò tra sé guardandola andare via. Cordiale, ma fredda.
Riley sorrise compiaciuto. Poteva essere una sfida, e a lui piacevano le sfide. Se non comportavano uno sforzo eccessivo.
«Seiandatodareun’occhiataallanuovacamerieradel Rainbow?» chiese Bud O’Neil a suo nipote quella domenica.
Riley fece un cenno con la testa. «Sto cercando di seguire la gara.»
«L’hai vista o no?»
Distogliendo lo sguardo dalla gara di rally, Riley si passò una mano tra i capelli arruffati. «L’ho vista, okay?»
Bud scoppiò in una grassa risata. «Me l’hanno detto.»
Riley scosse la testa esasperato. «E allora perché me lo chiedi?»
«Ho anche sentito dire che sei diventato un cliente fisso. La gente dice che hai qualche problema a schiodarle gli occhi di dosso.»
«Sì, come no. Sappiamo tutti e due che alla gente piace dare aria alla bocca!» Riley si rigirò di scatto verso il televisore e bevve un sorso di bibita dalla lattina. Per lui il discorso era chiuso, ma sapeva per certo che Bud non avrebbe mollato tanto facilmente.
«Ti sono sempre piaciute le bionde alte con gli occhi da cerbiatta » insistette Bud con voce strascicata. Si divertiva un modo a punzecchiare il nipote.
Riley sospirò. «Cosa vuoi che ti dica? Okay, lo ammetto: è una bella donna e magari ho fatto il gallo con lei un paio di volte, ma mi è sempre andata male. Quindi se ti sei divertito abbastanza smettiamola e guardiamo la gara.»
Non era da lui essere tanto tollerante, ma era molto legato a suo zio e poi Bud si stava ancora riprendendo dallo shock per la morte improvvisa di uno dei suoi migliori amici. Era bello vederlo sorridere di nuovo anche se era lui a farne le spese.
«Ti ha scaricato?» chiese Bud aggrottando le sopracciglia. «Cos’ha che non va questa ragazza?»
«Non ha niente che non va, solo che non è interessata. Mica sono tutte disponibili. Non sono il rubacuori che credi tu.»
Bud sbuffò. «Non ho mai incontrato una donna che non sia caduta ai tuoi piedi. Quindi o hai deciso che la bella cameriera non vale la pena o stai prendendo tempo per lavorartela bene.»
«La vuoi smettere di chiamarla la bella cameriera? Ha un nome. Si chiama Teresa.»
Bud alzò le folte sopracciglia grigie. «Non sei interessato, giusto?» chiese in tono sarcastico.
Il nipote fissò il teleschermo senza voltarsi. «Guarda la gara, che è meglio.»
Bud sapeva quando era il caso di mollare un po’ la corda. Incrociò sulla pancia da buon bevitore le braccia e si allungò sul divano. Lui e Riley avevano i piedi appoggiati a un vecchio tavolino rigato. Erano nella roulotte di Bud, l’unica cosa rimastagli dopo il divorzio dalla sua seconda moglie. Avevano passato insieme il pomeriggio e avevano cenato alla messicana.
Riley e Bud cercavano di stare insieme il più possibile. Erano gli unici membri della famiglia rimasti a Edstown. Bud, sessantacinque anni, non aveva avuto figli e per questo era tanto affezionato a quell’unico nipote. Il loro legame si era rafforzato da quando i genitori di Riley si erano trasferiti in Florida parecchi anni prima.
«Comesta R.L.?»domandòdopopocoRileysenzastaccare gli occhi dalle numerose auto in corsa.«Nonl’hopiùvistoin
giroda quando ha deciso di andare in pensione.»
«Lo vedrò mercoledì prossimo, andremo a pescare. Ci troviamo qua alle sei meno e un quarto. Vuoi venire?»
«No, grazie. Passo. Mercoledì ho intenzione di dormire.»
«Pappamolle» bofonchiò Bud ridacchiando.
«Ehi, si gela all’alba e c’è una parte del mio corpo alla quale tengo particolarmente. Mi serve ancora per un po’!»
Bud rise di gusto, poi scosse la testa. «Quante volte te lo devo dire? Non ti congeli se ti copri come si deve. Raggiungici a metà mattina se vuoi.»
«No, davvero Bud. Grazie, ma proprio non fa per me. Andate tu e R.L. e divertitevi.»
«Sarà fatto anche se sentiremo la mancanza di Truman.»
Riley annuì mogio. Non sapeva mai cosa dire quando lo zio tirava fuori il nome del suo amico scomparso. Truman Kellogg, compagno inseparabile di Bud O’Neil e R.L. Hightower per quasi cinquant’anni, era morto in un incendio otto