Sensazione di te: Harmony Destiny
Di Gail Dayton
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Sensazione di te - Gail Dayton
successivo.
1
«Ehi, Mike! C'è una bionda, al bar» disse il barista notturno del La Jolie al suo capo, che stava scendendo le scale per il solito controllo di mezzanotte.
Micah Scott sorrise. «C'è sempre una bionda al bar, Bruno. Anzi, di solito ce n'è più di una. Che cos'ha questa, di speciale?»
«Il fatto che quelli del turno precedente mi hanno detto che è lì da mezzogiorno.» Il giovanotto sollevò da terra una cassa di birra e si avviò verso il bancone.
«È sbronza?» Micah prese un'altra cassa e lo seguì. Dato che, quando non beveva champagne, la ricca clientela del locale ingurgitava quella roba come fosse acqua, il bar doveva esserne rifornito di continuo.
«No, non mi sembra. Da quando sono arrivato alle sette ha ordinato solo un bicchiere di vino bianco.»
Micah sistemò la sua cassa di birra nell'apposito spazio sotto il bancone. «Dov'è?» chiese.
Bruno gliela indicò. Seduta in fondo al bancone con lo sguardo fisso davanti a sé, faceva rigirare tra le dita lo stelo del bicchiere pieno a metà. Con quei capelli biondi che le ricadevano in morbide onde oltre le spalle, nonostante l'abbigliamento costoso e il trucco aveva la classica aria della ragazza della porta accanto.
«È in cerca di uomini?» chiese Mike a Bruno. La maggior parte delle donne giovani e belle che venivano in Florida era in cerca di ricchi signori di mezza età. O di un'età ancora più avanzata. O di giovani del genere molti soldi e poco cervello, che costituivano la metà della popolazione locale.
Lui, comunque, proteggeva i suoi clienti dai vari predatori. I cercatori d'oro, uomini o donne che fossero, nel suo locale venivano subito scoraggiati, perciò coloro che desideravano quel tipo di compagnia frequentavano il bar del Chesterfield Hotel o altri locali dello stesso genere invece del La Jolie.
«Non lo so, capo» gli rispose Bruno mentre si accingeva a preparare un cocktail di champagne. «Forse sì e forse no.»
«Che cosa intendi dire?»
«Non presta attenzione a nessuno. Non fa nessuna mossa. Non sorride, non flirta... Insomma, quel genere di cose. Se ne sta lì a fissare...» Bruno gettò un'occhiata verso la donna. «Sembra che se ne stia lì a fissare il suo pesce.»
La grossa teca con il pesce, appesa alla parete, era il marchio di fabbrica dei ristoranti di Micah. A volte lui pensava di aver iniziato a comprare dei ristoranti solo per avere un posto in cui tenere Bertha, il grosso pesce angelo che la faceva da padrone.
«Forse è tutta una tattica quella di fingere di non notare nessuno per essere notata.»
«Non credo» ribatté Bruno. «Il signor Rossiter le ha offerto un drink e lei ha rifiutato.»
«Rossiter non è certo un adone.»
«E che importanza ha? Se sta semplicemente cercando un pollo da spennare, intendo.»
«Già» fece Micah.
«Credi che sia una del posto?»
«E chi lo sa? Non l'avevo mai vista qui, prima, ma non vuol dire molto. Comunque se ne sta tranquilla per conto suo e non dà fastidio a nessuno. Gliel'ho giusto voluta segnalare.»
«Grazie. Tienila d'occhio, okay? Finché non rompe le scatole, non c'è nessuna ragione per cui non debba starsene lì a fissare Bertha.»
Dopo una rapida occhiata alla lista delle ordinazioni, Micah aprì un paio di birre per due turisti texani, infilò una fetta di limone in ciascuna bottiglia, le mise entrambe su un vassoio, fece un cenno a una cameriera e poi oltrepassò l'arco che introduceva nella sala da pranzo adiacente. Era ora di prendere visione degli incassi. Una volta finiti quei conti, sarebbe stato orario di chiusura anche per la zona bar del club e lui avrebbe dovuto occuparsi pure di quegli incassi, prima di potersene andare a casa.
Avrebbe potuto assumere un ragioniere, per fare quel lavoro, ma non aveva certo guadagnato i milioni che aveva accumulato, delegando qualcun altro per quel lavoro, che riteneva importante. Quando aveva iniziato l'attività, e non aveva ancora tutti quei soldi, aveva fatto tutto da solo, quindi c'era abituato. La maggior parte delle volte era il suo manager che apriva il locale e si occupava del lavoro nelle ore diurne, mentre lui si occupava di quelle notturne fino alla chiusura, e dei conti della giornata.
Più tardi, mentre stava lavorando nel suo ufficio al primo piano, gettò ancora una volta un'occhiata alla bionda del bar, attraverso il vetro schermato di fronte alla sua scrivania. Era sempre seduta da sola sul suo sgabello, nella stessa posizione, e continuava a rigirare tra le dita lo stelo del bicchiere ancora pieno a metà. Bruno le si era avvicinato un paio di volte per riempirle nuovamente il bicchiere o chiederle se gradiva qualcosa da mangiare prima che la cucina chiudesse, ma lei aveva rifiutato, congedandolo con un sorriso vago.
Cosa diavolo ci faceva lì? Perché se ne stava seduta tutta sola nel suo club da così tanto tempo? Cosa voleva?
E a lui cosa importava?
Niente. Micah scosse la testa e tornò al suo lavoro. Voleva andarsene a un'ora ragionevole. Come se qualsiasi ora dopo le due di notte potesse essere ragionevole. Quello che faceva la bionda non erano affari suoi. Forse quella sera non stava cercando un pollo da spennare, ma domani sarebbe comunque stato un altro giorno.
Sherry Nyland fissava il vino rimasto nel suo bicchiere cercando di far funzionare la mente. La difficoltà delle sue funzioni cerebrali non era dovuta al liquore bevuto.
Anche se si diceva che la mancanza di cibo esaltasse gli effetti dell'alcol, non credeva che due bicchieri di vino bianco in dodici... anzi, tredici ore, si rese conto dando un'occhiata all'orologio, potessero annebbiare le capacità mentali di chicchessia. Il suo stato mentale era dovuto allo shock e allo stress che aveva subito. Doveva superarlo, accidenti. Doveva venirne fuori e decidere cosa fare.
A dire il vero, lei sapeva già cosa avrebbe dovuto fare. Trovarsi un lavoro, un nuovo stile di vita.
Aveva ventiquattro anni e, come la maggior parte delle ragazze con cui era cresciuta, non aveva mai fatto niente. Suo padre l'aveva incoraggiata a seguire l'esempio delle sue amiche, a vivere cioè seguendo lo stile di vita di Palm Beach. In fondo lei non aveva nessun bisogno di lavorare, dal momento che aveva una ricca rendita azionaria. E tantomeno di andare ad abitare per conto suo.
Non c'era da meravigliarsi se non sapeva nemmeno da dove incominciare, per vivere come una persona normale. Se solo suo padre non si fosse fatto venire quella stupida idea di rimpinguare il patrimonio di famiglia! Lei aveva sempre pensato che vendere le figlie per accrescere le proprie ricchezze fosse un'abitudine scomparsa ormai da secoli. Certo, quando si era rifiutata di sposare quella specie di pesce bollito sotto le mentite spoglie di uomo, suo padre non l'aveva chiusa nella sua camera a pane e acqua; ma quando, dopo una serie di urla, preghiere, minacce e suppliche, lei era tornata a casa dopo un weekend a Miami, aveva scoperto che le serrature erano state cambiate, e la governante non l'aveva lasciata entrare in casa. E, mentre cercava di entrare, le era stata sequestrata la macchina con tutte le valigie nel bagagliaio.
Adesso aveva solo gli abiti che indossava e una cinquantina di dollari nella borsetta. Se il barman non le si fosse avvicinato ogni cinque minuti per chiederle cosa poteva servirle, forse sarebbe riuscita a fare un piano. Probabilmente era seccato perché lei non aveva speso abbastanza soldi ma, se avesse ordinato da bere ogni volta che le si era avvicinato, sarebbe stramazzata a terra. Certo, avrebbe potuto ordinare qualcosa da mangiare, però non era in grado di mandar giù nemmeno un boccone.
«Mi scusi, signorina.»
Una profonda voce maschile la fece sussultare, al punto che si versò sul polso un po' di vino. Prese il tovagliolino accanto al bicchiere per asciugarsi, ma delle lunghe dita maschili glielo tolsero gentilmente di mano e la voce le consigliò: «Si rilassi».
Se le fosse stato possibile, lo avrebbe fatto alcune ore prima. Sherry si ritrovò a guardare un uomo con un viso piuttosto spigoloso, addolcito da un sorriso che gli illuminava due magnifici occhi grigi. Un ciuffo di capelli scuri gli ricadeva sulla fronte dandogli un che di fanciullesco. Indossava un blazer blu scuro sopra una camicia bianca col primo bottone slacciato, e una cravatta rosso cupo col nodo allentato.
«Mi dispiace, ma Bruno deve pulire» le disse.
«Bruno?» ripeté lei. Se suo padre doveva proprio venderla a qualcuno, perché non poteva essere un tipo come quello?, si chiese, confusa.
Lui le indicò il barman, che le sorrise e le fece un cenno di saluto con la mano. Sherry guardò di nuovo l'uomo, e lui le domandò: «Posso chiamarle un taxi?».
Aveva una fossetta leggera sul mento, notò lei. Molto carina. «Un taxi?» ripeté. Cosa diavolo le stava succedendo? Perché non faceva che ripetere delle parole come un pappagallo?
Perché era stressata. «No» rispose con un vago sorriso. «No, grazie. Sto bene» aggiunse, e tornò a fissare il proprio bicchiere.
«Signorina, stiamo chiudendo, per cui temo che debba andarsene.»
Andarsene? Sherry lo guardò con gli occhi pieni di panico. E dove diavolo sarebbe andata? Perché non ci aveva pensato, invece di starsene lì a fissare il nulla come un'ebete?
A casa non poteva andare. E, comunque, non ci sarebbe tornata per niente al mondo. Poteva dormire sulla spiaggia. Erano in Florida, no? Ed era primavera. Sì, avrebbe dormito sulla spiaggia. E la notte le avrebbe portato consiglio.
«Bruno, chiama un taxi per la signorina» disse l'uomo al barista.
«No, grazie» si affrettò a rifiutare lei scendendo dallo sgabello, e si accorse di avere il formicolio alle gambe per essere stata seduta troppo a lungo. «Non ne ho bisogno.»
«Ne è sicura?» le chiese l'uomo perplesso, studiandola.
«Sì» rispose Sherry sorridendo di nuovo, mentre prendeva dal bancone la sua borsetta di satin, in cui stavano a malapena il portafoglio, un rossetto e le chiavi. «Sono in grado di badare a me stessa. Sono una ragazza cresciuta» aggiunse, e se ne andò, spavalda, la piccola tracolla che le batteva su un fianco, come se non avesse nessuna preoccupazione.
Qualunque problema, lo avrebbe affrontato. Da sola. Contando sulle proprie forze. Perché da adesso in poi avrebbe potuto contare solo su se stessa.
Aveva trascorso i primi dodici anni cercando di farsi amare da sua madre, gli ultimi dodici cercando di essere qualunque cosa suo padre volesse per