Un mese di seduzione: Harmony Destiny
Di Ann Major
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Info su questo ebook
Amelia Weatherbee ha ricevuto dalla zia un'eredità insperata e ingombrante: un castello in Provenza. Venderlo è probabilmente la soluzione migliore, anche perché l'acquirente c'è già. Il conte Remy de Fournier, infatti, è più che mai intenzionato a riavere indietro la vetusta dimora di famiglia, finita in mani straniere. Solo che il prezzo chiesto da Amelia è singolare: un mese in cui Remy, celebre amante ed ex pilota di Formula 1, dovrà dedicarle tutto se stesso, insegnandole a essere provocante, sicura di sé e desiderabile. Una sfida che lui non si sogna certo di rifiutare.
Ann Major
Nonostante sia un'autrice di successo, confessa che scrivere per lei non è affatto un'esperienza facile.
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Anteprima del libro
Un mese di seduzione - Ann Major
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Mistress for a Month
Silhouette Desire
© 2008 Ann Major
Traduzione di Giuseppe Biemmi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-248-7
1
North Shore
Oahu, Hawaii
Zia Tate era morta?
Dopo aver chiuso il cellulare, Amelia accentuò la presa sul volante mentre affrontava una curva della strada che si inerpicava in mezzo al verde, e gli hotel di Waikiki svanirono nello specchietto retrovisore. Perché sua madre non rispondeva mai al telefono?
Amy digitò per l’ennesima volta il numero, e di nuovo gli squilli si susseguirono senza alcun risultato.
Dopo che uno sgradevole avvocato francese le aveva annunciato che sua zia era deceduta, Amy era rimasta attonita ad ascoltare per qualche istante le sue parole. In preda alla confusione più totale era riuscita solo ad affermare: «Lei è la sua unica erede. Le ha lasciato tutto».
Tutto avrebbe dovuto includere solo Château Serene e il vigneto in Provenza in cui Amy aveva un tempo trascorso delle estati sfavillanti insieme alla zia Tate e al suo altero marito conte, ma c’era anche il Matisse. La zia aveva da tempo stabilito che il quadro apparteneva alla collettività, ma era morta prima di decidere a quale museo donarlo. Le intenzioni riguardo al dipinto erano indicate nel testamento che la donna aveva lasciato, a sentire l’avvocato, ma tecnicamente ora apparteneva ad Amy.
«Come saprà, la proprietà è stata ristrutturata di recente» aveva proseguito l’avvocato, «e anche per questo motivo troverà di sicuro interesse l’offerta che il giovane conte è disposto a farle. È ovvio che vorrebbe riacquistare anche il Matisse. Appartiene alla sua famiglia da circa un secolo.»
«La famiglia del conte non sopportava mia zia» gli aveva fatto notare Amy. «Non sono sicura di voler vendere proprio al conte!»
«Ma, mademoiselle, il castello appartiene alla sua famiglia da quasi ottocento anni!»
«Be’, a quanto pare adesso è mio. A risentirla!»
Amy aveva chiamato subito Liz, la sua migliore amica, perché la sostituisse al Vintage, la boutique di cui era proprietaria. Ma Liz si trovava a Molokai, impegnata in una giornata dedicata allo yoga, e avrebbe mandato la sorella Nan. Poi aveva cercato di telefonare a sua madre per dirle della zia e chiederle se poteva prendere per un po’ di tempo il suo posto al Vintage in modo che lei potesse recarsi in Francia a controllare castello e vigneto.
Immaginando già le clienti in fila sulla porta della boutique, Amy schiacciò il piede sull’acceleratore, sfrecciando fra le colline e poi lungo la fascia costiera frastagliata dove le onde s’infrangevano contro le rocce. Al diavolo il negozio! La vita era breve. Quello che voleva era Fletcher, il suo fidanzato. Ecco perché in quel momento stava dirigendosi a tutto gas verso la casa che lui possedeva a North Shore, sulla spiaggia.
Zia Tate se n’era andata. In un giorno come quello, pensò, sarebbe stato giusto che la natura partecipasse al suo dolore, travolgendo le Isole Hawaii con un’onda anomala o scatenando un terremoto che facesse crollare gli svettanti hotel a Waikiki.
Invece c’era solo un forte vento che soffiava contro il cofano e i finestrini della sua Toyota, e la North Shore di Oahu, con le sue montagne verdi e rigogliose, le grandi spiagge bianche e l’oceano, era splendida come sempre.
Amy si sentiva triste, agitata e sempre più nostalgica di zia Tate, mentre continuava a rifare il numero di sua madre. Se solo fosse riuscita a contattarla...
Non vedrò più zia Tate mettersi uno dei suoi vestiti stravaganti. Non la sentirò più ridere mentre fa un buffo inchino e scherza sul fatto di essere contessa.
No! Non avrebbe pianto!
Andava troppo veloce, cosa del tutto insolita per lei. Con mano tremante, riprovò a chiamare la madre, premendosi il cellulare contro l’orecchio.
Dando l’impressione di essere senza fiato, la donna rispose all’ottavo squillo. «Pronto?»
«Mamma, finalmente! È accaduta una cosa terribile. Sono ore che cerco di chiamarti!» Era un’esagerazione, certo, ma sua madre se lo meritava.
«Hai bisogno di denaro? Vuoi che ti firmi un’altra ipoteca sul Vintage? Dove sei, tesoro? Sei nervosa, ma è comprensibile. Non è oggi il gran giorno? Come sta andando la vendita?»
«Il Vintage non c’entra. Sono a North Shore.»
«Amelia, credevo fossimo d’accordo che non saresti più andata a cercare Fletcher!»
Perché le mamme erano sempre così apprensive e invadenti? L’ultima cosa di cui aveva bisogno era l’ennesima predica su quanto Fletcher fosse immaturo e inaffidabile. Ma perché aveva deciso di telefonare proprio a lei, per prima?
Semplice, perché era la sorella di Tate. E perché Carol, la figlia prediletta, nonché sua sorella, aveva contratto un ottimo matrimonio e, avendo sposato un lord inglese, viveva in una tenuta a un’ora da Londra, e là era notte fonda. Santo cielo, perché era sua madre! E visto che doveva recarsi in Francia, chi meglio di lei poteva prendersi cura del Vintage?
La ghiaia scricchiolò sotto gli pneumatici quando frenò davanti alla villa non ancora dipinta di Fletcher. Come sempre, la casa e gli immediati dintorni apparivano talmente trasandati che lei si sentì rimescolare dentro.
«Amelia! Dimmi che non sei andata in macchina da Fletcher da sola!»
Amy serrò i denti.
«Mamma, sono adulta e vaccinata.»
«A volte ne dubito. Carol non avrebbe mai sprecato il suo tempo prezioso per...»
«Non cominciare con la solita solfa su mia sorella, per favore!»
«È tutta colpa di tuo padre. Era un perdente, ma tu eri la sua preferita. E a tua volta tu stravedevi per lui. Per questo ti senti a tuo agio con i perdenti come lui.»
«Guarda che sei stata tu a sposarlo.»
«Non ricordarmelo.»
«Mamma!»
«Oh, non che sia contenta che mi abbia lasciato, né che sia morto, pace all’anima sua.»
Dalla sua auto, Amy esaminò nervosamente le macchine e i fuoristrada sgangherati parcheggiati nel cortile di fronte alla casa di Fletcher. Poi scorse la sua tavola da surf gialla sul cassone aperto del suo vecchio pick-up e provò un moto di sollievo.
Sua madre sospirò.
Ad Amy non era mai piaciuta la casa che il suo fidanzato aveva acquistato, e che affittava ai surfisti e ai loro amici, ma a Oahu i prezzi degli immobili erano piuttosto elevati. Su quell’isola le persone che non disponevano di molto denaro erano obbligate a scendere a compromessi. La stessa Amy di recente era dovuta tornare ad abitare con la madre per risparmiare sull’affitto e le tasse.
«Amelia, ci sei ancora?»
Le dita di Amy scivolarono sulla pelle morbida del volante. «Mamma, ascolta, ho appena ricevuto una telefonata da un avvocato francese.»
«Francese? E che cosa voleva?»
«Zia Tate è morta nel sonno la settimana scorsa.»
«No... non posso crederci!» La donna iniziò a balbettare. «A... avevo appena parlato con lei. Mi ha detto che sarebbe andata a Parigi.»
«Mamma, anche il funerale è già stato celebrato. È stata cremata e tumulata in una nicchia, o qualcosa di simile, a Château de Fournier.»
«Cosa?» La voce della madre si era fatta pericolosamente stridula. «E nessuno ha pensato di avvertire la sua unica sorella? L’hanno sepolta nel castello?» Un sospiro. «Ma se odiava quel posto!»
«A quanto pare solo oggi hanno trovato la rubrica telefonica di Tate.»
Sua madre ammutolì, sotto shock, ma anche molto contrariata. Come accadeva a tante sorelle, lei e Tate non erano mai state grandi amiche. Tate aveva fatto quello che le donne della loro famiglia si supponeva facessero. Aveva contratto matrimoni di interesse e, al terzo tentativo, aveva impalmato un conte francese. E non aveva mai permesso che la sua famiglia se ne dimenticasse. A Natale inviava biglietti d’auguri per vantarsi di party in sfarzosi castelli dopo le corse di Formula Uno del suo affascinante figliastro, oppure di viaggi a Monaco e crociere attorno al mondo sugli yacht di danarosi amici. Ma il soggetto principale dei suoi scritti era stato proprio Remy de Fournier, il bel pilota che, tra un gran premio e l’altro, non faceva che alimentare la sua fama di incorreggibile playboy. Non che Tate se ne fosse vantata troppo, di recente. Pareva infatti che lui si fosse ritirato dalle competizioni piuttosto all’improvviso, l’anno prima.
Dopo una delle lettere o delle telefonate di Tate, sua madre sprofondava nel malumore per giorni, biasimando il defunto padre di Amy per i suoi fallimenti.
«Non ci crederai, mamma, ma ha lasciato tutto a me. Château Serene, il vigneto e perfino il Matisse.»
«Cosa? Solo quel quadro vale una fortuna.»
«Zia Tate intendeva donarlo a un museo.»
«Tu non puoi permetterti di essere così generosa.»
«Mamma! La tua bambina è grande ormai, e sa cosa deve fare. Tanto per cominciare, mi recherò in Francia per sistemare gli affari della zia, imballare i suoi effetti personali e ispezionare la proprietà. Odio dover approfittare di te, ma potresti badare al Vintage?»
«Immagino di non avere alternativa. Se dovesse fallire, chi pagherà l’ipoteca? Dammi solo un paio di giorni per organizzarmi e lo farò volentieri. Per essere sincera, ultimamente mi annoiavo un po’.»
E questo spiegava il motivo per cui cercava di gestirle la vita, rifletté Amy.
«Puoi dare una mano a Nan a occuparsi delle vendite, oggi?» La domanda si scontrò con un muro di silenzio. «Anche solo per paio d’ore? Per favore! Tanto per essere sicura che non combini qualche guaio.»
Sua madre sospirò.
Dopo averla ringraziata, Amy riattaccò. Adesso tutto ciò di cui aveva bisogno era che Fletcher l’abbracciasse, rassicurandola che tutto sarebbe andato bene.
Quando Amy aprì la portiera dell’auto, il vento gliela strappò quasi di mano, scostandole i lunghi capelli castani dalla fronte. I sandali le affondarono nella sabbia della strada, rendendo talmente arduo il suo avanzare che fu quasi felice di salire sul prato di Fletcher, nonostante l’erba alta. Provando meno fastidio del solito, si fece strada fra erbacce rigogliose, lattine di birra vuote, sacchetti di plastica e contenitori di fast food. Normalmente non tollerava le cianfrusaglie che popolavano il tappeto erboso davanti alla casa di Fletcher.
Oddio, tappeto erboso era una parola grossa.
Era talmente ansiosa di gettarsi fra le sue braccia, di inalare il suo profumo che sapeva di salsedine, e di avvinghiarsi a lui, da sorvolare anche sul fastidio che il suo stile di vita da scapolo incallito le causava.
Lui non aveva conosciuto zia Tate, ma aveva scritto ad Amy una cartolina o due quando lei aveva trascorso qualche mese in Francia. Oh, non era andato oltre la singola riga, ma per Fletcher era già molto.
Quando raggiunse la traballante scala in legno che conduceva al balcone del suo appartamento, Amy notò quattro minuscoli pezzi di stoffa triangolari che penzolavano dalla ringhiera. Li sollevò, tastando le cordicelle bagnate e quindi i triangoli di quelli che somigliavano dannatamente alla parte superiore di due microscopici bikini. Quando udì la musica, corrugò la fronte. Che Fletcher stesse dando una festa senza di lei?
Quello che doveva essere un cantante gridò: «Yeah, yeah, yeah!». Poi partì una chitarra elettrica, subito accompagnata dal ritmo assordante delle percussioni.
La gola serrata, con un gesto rabbioso gettò i pezzettini di stoffa nell’erba. Evitando la porta principale, che era socchiusa, Amy marciò verso il retro della casa, passando dal balcone. Svoltando troppo velocemente l’angolo, inciampò quasi in un