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Nozze per vendetta: Harmony Destiny
Nozze per vendetta: Harmony Destiny
Nozze per vendetta: Harmony Destiny
E-book171 pagine3 ore

Nozze per vendetta: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Il suo piano è solo all'inizio.
Il milionario Quinn Sullivan è a un passo dal conquistare l'azienda del suo rivale. Per completare l'opera e la sua vendetta, dovrà semplicemente sposarne la figlia più giovane. Ma quando Kira Murray si offre in cambio della sorella, Quinn non esita a stravolgere i suoi piani.

Lei sola oserà sfidarlo.
Kira non permetterà che la sua amata sorellina venga intrappolata in un matrimonio senza amore. Ecco perché decide di sedurre il freddo e impossibile Quinn. Dopo una notte di passione, acconsentirà a diventare sua moglie, ma a delle condizioni ben precise, che non possono essere negoziate.
LinguaItaliano
Data di uscita9 ago 2018
ISBN9788858985656
Nozze per vendetta: Harmony Destiny
Autore

Ann Major

Nonostante sia un'autrice di successo, confessa che scrivere per lei non è affatto un'esperienza facile.

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    Anteprima del libro

    Nozze per vendetta - Ann Major

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Terms of Engagement

    Harlequin Desire

    © 2012 Ann Major

    Traduzione di Giuseppe Biemmi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-565-6

    1

    Le buone azioni non restano mai impunite.

    Quando l’avrebbe imparato?, si domandò Kira.

    Con la fortuna che si ritrovava, mai.

    Così, eccola qui, seduta nell’ufficio del petroliere nonché miliardario Quinn Sullivan, troppo nervosa per concentrarsi sulla rivista che aveva tra le mani in attesa di vedere se il grand’uomo avrebbe trovato il tempo di ricevere una donna che, probabilmente, riteneva solo l’ennesimo avversario da schiacciare nella sua ostinata ricerca di vendetta.

    Che essere tremendo e arrogante!

    Comunque, ammesso che le concedesse udienza, obiettivamente aveva qualche remota possibilità di fargli cambiare idea riguardo alla distruzione della società di famiglia, la Murray Oil, e al matrimonio con sua sorella Jaycee?

    Considerato che era vendicativo al punto da portare ancora rancore a suo padre dopo vent’anni, non poteva certo illudersi che avesse un cuore su cui far leva.

    Kira Murray strinse e allentò i pugni ripetutamente, muovendosi nervosamente sulla sedia. Quando l’uomo che le stava di fronte cominciò a fissarla, si disse di smetterla di agitarsi. Abbassando lo sguardo sulla rivista, fece finta di leggere un noiosissimo articolo sulle moderne superpetroliere.

    Di lì a poco, dei tacchi a spillo risuonarono rapidi sul pavimento di marmo, costringendo Kira a sollevare il capo in preda a una punta di panico.

    «Miss Murray, mi ero sbagliata. Il signor Sullivan è ancora qui» annunciò la segretaria con voce professionale e compassata. «In effetti, la riceverà subito.»

    «Davvero?» mormorò Kira. «Subito

    Il sorriso che le rivolse la segretaria non avrebbe sfigurato nella pubblicità di un dentifricio.

    Improvvisamente, Kira sentì la bocca secca come carta assorbente. E iniziò a tremare. Per nascondere l’inopportuna reazione, balzò in piedi così di scatto che fece cadere la rivista patinata, guadagnandosi un’occhiata critica da parte dell’uomo che aveva davanti.

    In cuor suo, aveva sperato che Quinn si rifiutasse di incontrarla. Assurdo, considerato che era venuta qui con il preciso obiettivo di poterlo finalmente vedere a quattr’occhi per potergli dire la sua.

    In precedenza, lo aveva incrociato un’unica volta. Era stato subito dopo che lui aveva annunciato di volere sposare una delle sorelle Murray per rendere meno ostile la sua acquisizione della Murray Oil. Papà aveva suggerito Jaycee, e Kira non aveva potuto impedirsi di pensare che lo aveva fatto perché Jaycee era la sua figlia prediletta e più malleabile. Come sempre, Jaycee aveva obbedientemente assecondato i desideri del padre, tanto che Quinn era stato invitato al ranch di famiglia per sigillare l’accordo con una cena celebrativa.

    Per la verità, era arrivato in ritardo. Da uomo ricco e arrogante qual era, probabilmente si era ritenuto autorizzato a farlo.

    Nell’attesa dell’ospite, ferita dall’apprezzamento poco lusinghiero di suo padre che le aveva fatto notare che forse jeans e maglietta strappata non erano proprio l’abbigliamento appropriato per ricevere l’uomo da cui dipendeva il futuro della loro famiglia, Kira si era catapultata fuori di casa. Non aveva avuto tempo di cambiarsi dopo l’emergenza al ristorante della sua migliore amica, dove serviva provvisoriamente ai tavoli in attesa di trovare un posto come conservatrice dei beni in qualche museo. Dato che sua madre faceva sempre orecchio da mercante di fronte alle sue giustificazioni, piuttosto che fornire spiegazioni, Kira aveva deciso di portare a passeggio i cani da caccia di suo padre mentre sbolliva l’arrabbiatura.

    Con gli spaniel che scalpitavano, trascinandola giù dal marciapiede, si era ritrovata con il sole che stava tramontando direttamente negli occhi. Abbagliata, non aveva visto, né sentito la potente Aston Martin argento metallizzato di Quinn che affrontava la curva sgommando. Schiacciando il pedale dei freni, lui l’aveva scansata di un soffio. Questo però non le aveva impedito di inciampare nei cani e cadere in una pozzanghera fangosa.

    In un trionfo di guaiti, i cani erano tornati di corsa verso casa, lasciandola sola ad affrontare Quinn, con l’acqua fredda e sporca che le colava dal mento.

    Quinn era sceso dalla sua lussuosa auto e le si era avvicinato calzando degli eleganti mocassini italiani proprio mentre lei si rimetteva in piedi. Per un lungo istante, l’aveva ispezionata a fondo. Poi, incurante del suo viso imbrattato, dei vestiti macchiati di fango e del fatto che batteva i denti, l’aveva attirata contro il suo corpo solido e prestante, rendendola fin troppo conscia del suo profumo virile e del suo fisico muscoloso.

    «Tutto a posto?»

    Aveva le spalle larghe ed era alto, talmente alto che svettava su di lei. I suoi occhi azzurri contrariati l’avevano trapassata e le sue dita di acciaio le si erano chiuse attorno al gomito come una morsa. Nonostante fosse visibilmente alterato, le era piaciuto ritrovarsi fra le sue braccia. Le era piaciuto parecchio.

    «Maledizione, non ti ho mica urtata, vero? Non sono stato io a scaraventarti a terra, giusto? Be’, rispondi... perché non parli?»

    «E come potrei, visto che non fai che strillarmi contro?» aveva ribattuto lei.

    «Almeno, stai bene?» le aveva chiesto lui, allentando appena la stretta e passando a un tono talmente carezzevole che Kira era rabbrividita. Stavolta, gli aveva letto una certa preoccupazione nello sguardo duro.

    Era accaduto allora?

    Oh, sii onesta, Kira. Almeno con te stessa. Quello è stato il momento in cui ti sei presa una cotta inappropriata per il futuro fidanzato di tua sorella, ovvero per l’uomo il cui obiettivo principale nella vita è quello di distruggere la tua famiglia.

    Lui indossava dei jeans sbiaditi e una camicia bianca con una giacca di cachemire. A lei, i jeans davano un’aria dimessa, ma su di lui avevano tutt’altro effetto, conferendogli una bellezza incredibilmente ruvida.

    Kira aveva notato i suoi capelli corvini e gli zigomi marcati con una certa approvazione. Qualsiasi donna lo avrebbe fatto. Era intensamente abbronzato, e la pericolosa aura di sensualità che lo circondava l’aveva fatta ribollire dentro.

    Scossa dalla sua reazione e dal fatto che il nemico era un uomo così attraente che continuava a tenerla stretta e a fissarla con occhi scintillanti, si era ritrovata a corto di fiato.

    «Ti ho chiesto se stai bene.»

    «Stavo bene... prima che tu mi afferrassi.» La voce già esitante le si era fatta stranamente timida. «Mi stai facendo veramente male!» Aveva mentito, in modo che lui la lasciasse andare, anche se una parte di lei non avrebbe voluto porre fine a quel contatto.

    Gli occhi gli si erano socchiusi sospettosamente. «Scusa» le aveva detto con tono nuovamente aspro. Quindi aveva aggiunto: «In ogni caso, tu chi sei?».

    «Ehm...»

    Le sopracciglia scure gli erano scattate all’insù. «Aspetta! Ho visto le tue foto. Tu sei la sorella maggiore. La cameriera.»

    «Solo temporaneamente... fino a quando non troverò lavoro in un altro museo» aveva tenuto a precisare.

    «Ma certo, perché sei stata licenziata.»

    «Vedo che hai già sentito la versione di papà. Comunque, la verità è che, anche se il mio parere professionale non era tenuto in considerazione dal direttore del museo come avrei potuto desiderare, sono stata sollevata dall’incarico per motivi di budget.»

    «Tua sorella parla molto bene di te.»

    «A volte penso che sia l’unica a farlo in questa famiglia.»

    Annuendo come se avesse capito, lui si era sfilato la giacca e gliel’aveva passata attorno alle spalle. «Ci tenevo a incontrarti.» Quando lei aveva sollevato lo sguardo, lui aveva aggiunto: «Stai tremando. Il minimo che ti possa offrire è la mia giacca e un passaggio fino a casa».

    Il cuore le era sobbalzato in petto e si era sentita mortificata di trovare elettrizzante l’idea di indossare la giacca dell’uomo che odiava la sua famiglia. Non fidandosi di sé al punto di trascorrere un solo istante di più con un uomo così pericoloso, in particolare nel ristretto abitacolo della sua prestigiosa auto, aveva scosso il capo. «Sono troppo inzaccherata. Finirei per sporcarti giacca e interni dell’auto.»

    «Pensi che me ne importi qualcosa? Un attimo fa, avrei potuto ucciderti.»

    «Ma non l’hai fatto. Quindi dimentichiamo tutto quanto.»

    «Impossibile! Su, mettiti la mia giacca prima di congelare.»

    Sistemandosi meglio la giacca attorno alle spalle, si era girata e lo aveva piantato lì. Non era accaduto niente, si era detta mentre tornava a casa, tagliando per il bosco.

    Niente, tranne che il nemico che tanto temeva l’aveva stretta a sé, facendola sentire viva come mai nessun altro uomo al mondo.

    Quando era giunta a casa, era stata sorpresa di trovarlo ad attenderla circondato dai cani che guaivano. Sentendosi in fermento e vagamente eccitata mentre lui le tendeva i guinzagli ingarbugliati, Kira aveva usato di nuovo i suoi vestiti inzaccherati come una scusa per entrare in casa ed evitare la cena in cui suo padre avrebbe formalmente annunciato il matrimonio di Quinn con sua sorella.

    Sì, lui era determinato a ottenere vendetta contro coloro che lei più amava, ma non era stata questa la ragione per cui non aveva potuto sedersi alla sua stessa tavola. No, la ragione era da ricercare nella sua improvvisa infatuazione. Come avrebbe mai potuto affrontare una cena in cui al solo guardarlo si sarebbe sentita avvampare?

    Dopo quell’incontro casuale, l’inappropriata sbandata per Quinn aveva continuato a tormentarla per settimane, causandole un dolore alimentato dal senso di colpa. Non aveva fatto che pensare a lui. E più di una volta, prima di restituire la giacca a Jaycee perché la consegnasse al legittimo proprietario, l’aveva indossata nel suo appartamento, drappeggiata attorno alle spalle, solo perché il pregiato tessuto conservava ancora il profumo di Quinn.

    Ora, tornando al presente, recuperò la rivista che aveva fatto cadere e la ripose con cura sul tavolino da cui l’aveva presa. Poi tirò un profondo respiro. Ma non bastò a calmarle i nervi.

    Anzi, il cuore le balzò in gola quando la segretaria di Quinn Sullivan si girò, dicendole: «Mi segua».

    Kira deglutì. Aveva rimandato questo faccia a faccia il più possibile, confinandolo al termine della giornata lavorativa, perché stava cercando di approntare un piano per affrontare un uomo potente, dispotico e, non da ultimo, pericolosamente sexy.

    Ma non aveva elaborato alcuna strategia. Com’era prevedibile, si sarebbe trovata in una posizione di svantaggio, dato che Sullivan aveva indubbiamente pianificato tutto nel minimo dettaglio, compreso il suo matrimonio per vendetta con Jaycee.

    Kira dovette accelerare il passo per tener dietro alla segretaria bionda e slanciata, i cui vertiginosi tacchi a spillo riecheggiavano sul marmo lucido del pavimento.

    La sala d’aspetto di Quinn con i suoi divani in pelle beige e la squisita boiserie avrebbe voluto testimoniare un benessere che si tramandava da generazioni. In realtà, Quinn non era altro che un nuovo ricco, arrogante e dotato di un caratteraccio. Il lungo corridoio, decorato da quadri moderni, conduceva a quello che probabilmente si sarebbe rivelato essere un ufficio sfacciatamente sfarzoso. Eppure, nonostante il desiderio di disprezzare qualsiasi cosa lo riguardasse, Kira ammirava l’arte e avrebbe tanto voluto potersi fermare a studiare meglio alcuni quadri. Erano eleganti, di gusto e interessanti. Li aveva scelti personalmente?

    Probabilmente no. Era solo un incorreggibile, insopportabile sbruffone.

    Dopo il loro unico incontro, aveva indagato su di lui. Pareva convinto che il padre di Kira avesse approfittato del suo quando gli aveva liquidato la sua partecipazione nella società di cui erano comproprietari. Inoltre, riteneva responsabile il padre di lei del suicidio del suo... sempre ammesso che di suicidio si fosse trattato.

    Quinn, che aveva conosciuto delle ristrettezze dopo la dipartita di suo padre, era deciso a rifarsi delle precedenti privazioni, vivendo alla grande. Amando la luce dei riflettori, non si presentava mai a un party senza avere accanto una bellezza mozzafiato ed era anche un rispettato collezionista d’arte.

    Navigando in Internet, Kira aveva scoperto che la camera da letto di Quinn era come una porta girevole. A quanto pareva, il soggetto in questione si stancava presto delle sue accompagnatrici e, appena una donna cominciava a pensare di significare qualcosa per lui, la mollava per dedicarsi a un’altra, immancabilmente bionda

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