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Passione senza rivali: Harmony Destiny
Passione senza rivali: Harmony Destiny
Passione senza rivali: Harmony Destiny
E-book170 pagine2 ore

Passione senza rivali: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Brandon Dilson ha un unico scopo: impedire che l'attività di famiglia a Vista del Mar venga rilevata da un imprenditore senza scrupoli. Così ha deciso di crearsi una nuova identità e infiltrarsi nell'azienda rivale. Mai si sarebbe aspettato che la riuscita del suo piano dipendesse dalla collaborazione di una donna intrigante e sensuale: Paige Adams. Basta uno sguardo per accendere le fiamme della passione, che li porterà a vivere una notte indimenticabile. Quando Paige scopre di aver donato il suo cuore a un impostore desidera solo fuggire. Brandon ora dovrà scegliere: perderla per sempre o confessare i suoi sentimenti.
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2018
ISBN9788858976838
Passione senza rivali: Harmony Destiny
Autore

Michelle Celmer

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Passione senza rivali - Michelle Celmer

    1

    L'uomo aveva gli occhi più blu che Paige Adams avesse mai visto.

    Per non parlare di bicipiti micidiali, spalle larghe e della rude bellezza, tipica degli americani, che mandava in estasi le donne. Lei compresa. E anche se, di solito, non le piacevano gli uomini barbuti e baffuti, i baffi tagliati con cura e il pizzo a punta facevano la loro figura. Anzi, poteva giurare che la temperatura del suo ufficio si fosse alzata di dieci gradi nell'istante in cui la sua assistente, Cheryl, l'aveva fatto entrare.

    «Paige, lui è Brandon Dilson» annunciò Cheryl. «L'ha mandato Ana Rodriguez.»

    Paige chiuse il suo PC, lisciò il davanti del blazer di Kay Unger e lanciò un'occhiata alla propria immagine, riflessa nel portamatite cromato, per essere sicura che lo chignon fosse ancora in ordine. Lo era, naturalmente. Andava orgogliosa del proprio aspetto. Come consulente di immagine, il suo lavoro esigeva che fosse sempre impeccabile.

    Si alzò dalla poltrona, si incollò sul volto un sorriso professionale ma cordiale e tese la mano. «È un piacere fare la sua conoscenza, signor Dilson.»

    Lui gliela avviluppò nella propria, tanto più grande, in una stretta energica, possessiva, e quando i suoi occhi blu oceano la fissarono e la sua bocca dalla linea sensuale si incurvò in un sorriso corredato di fossette – Dio, quanto adorava le fossette – Paige rischiò di dimenticare perfino il proprio nome.

    I capelli biondi erano ondulati naturalmente e un po' arruffati. Abbastanza lunghi da sfiorargli il colletto della camicia. Il genere di capelli nei quali una ragazza fantastica di infilare le dita. Indossava un paio di jeans sbiaditi, una T-shirt blu cobalto e stivali da cowboy. Nel complesso, aveva un aspetto favoloso.

    «Il piacere è tutto mio, signora.» Dal sorriso si capiva che era sincero.

    Quando Ana, la direttrice de La speranza di Hannah, la fondazione per l'alfabetizzazione della gente del posto, l'aveva chiamata per avvertirla che le avrebbe mandato il loro allievo più importante per un consulto, Paige si sarebbe aspettata tutto tranne un cowboy macho.

    Alle sue spalle, Cheryl si morse il labbro e si fece vento, con discrezione, al volto paffuto; Paige capì a che cosa stava pensando.

    Chi è questo tipo, e dove posso procurarmene uno? «Gradisce qualcosa da bere, signor Dilson?» chiese Cheryl. «Caffè, tè, acqua?»

    Lui si voltò e le sorrise. «No, grazie, signora.»

    Ben educato, anche. Non guastava.

    Paige indicò la sedia di fronte alla scrivania. «La prego, si accomodi.»

    Lui si sedette, accavallando una lunga gamba sopra l'altra, in apparenza del tutto a proprio agio. Se i problemi di analfabetismo o la mancanza di istruzione lo mettevano in imbarazzo, di sicuro non lo lasciava vedere.

    Paige si lisciò la gonna e si sedette sul bordo della sua poltrona.

    «Credo che questa sia la scrivania più sgombra che io abbia mai visto» commentò il signor Dilson, appoggiando i gomiti sui braccioli della sedia e unendo le punte delle dita.

    «Mi piace l'ordine» replicò Paige. Al punto da essere compulsiva. Se avesse avuto uno psicoterapeuta, era probabile che le avrebbe spiegato che era la diretta conseguenza della sua caotica adolescenza. Ma il suo passato era quello che era, e ripercorrerlo con un professionista di salute mentale non l'avrebbe cambiato.

    «Me ne rendo conto» disse lui, e qualcosa nel modo in cui la studiava le mise voglia di dimenarsi sulla poltrona.

    «Mi risulta che, al gala de La speranza di Hannah, le verrà conferito un premio per gli ottimi risultati ottenuti. Congratulazioni.»

    «Vedendo come ogni studente di scuola elementare può fare quello che io ho appena imparato, non mi sembra che ci sia niente di eccezionale, ma loro hanno insistito.»

    Affascinante, educato e umile. Non c'era niente che Paige detestasse di più di un uomo arrogante. E ne aveva conosciuti parecchi.

    «Ana le ha spiegato che cosa faccio per la fondazione?»

    «Non esattamente.»

    «Organizzo eventi e sono una consulente di immagine.»

    Un sopracciglio si inarcò appena. «Una consulente di immagine?»

    «Aiuto la gente a curare il proprio aspetto e a sentirsi bene con se stessa.»

    «Be', senza offesa, io sono molto soddisfatto di me stesso così come sono.»

    E aveva tutti i motivi di esserlo. Ma, per esperienza, Paige sapeva che tutti erano passibili di miglioramenti.

    «Si è mai trovato sotto le luci della ribalta, signor Dilson? Ha mai tenuto un discorso da un palco?»

    Lui scosse la testa. «No, signora.»

    «Allora, il mio compito è di darle un'idea di che cosa deve aspettarsi quando riceverà il premio. Di prepararla per l'atmosfera formale del gala. Del quale sono anche l'organizzatrice.»

    «Perciò, in altre parole, baderà che io non faccia una brutta figura. O non la faccia fare alla fondazione.»

    Paige non pensava che sarebbe stato un problema. Con la sua bellezza, avrebbe dominato il palcoscenico. Poteva capire come mai Ana avesse scelto di servirsi di lui per pubblicizzare la fondazione. «Perciò, lei si sente a suo agio

    «Be', non impazzisco per le folle. Di solito preferisco i faccia a faccia, se capisce quello che voglio dire» concluse lui, strizzando l'occhio.

    Se cercava di innervosirla, ci stava riuscendo.

    Paige prese un bloc-notes e una penna dal primo cassetto della scrivania. «Perché non mi dice qualcosa di più di sé?»

    «Non c'è molto da dire. Sono nato in California e sono cresciuto in giro per il paese. Ho passato gli ultimi quattordici anni lavorando in un ranch.»

    Lei ebbe la netta sensazione che ci fosse molto di più nella sua vita. Per esempio, come fosse arrivato all'età adulta senza imparare a leggere. Ma non avrebbe saputo come formulare la domanda. La speranza di Hannah era un cliente da sogno. Poteva contribuire al successo della sua ditta, Premier Image & Planning LLC. L'ultima cosa che voleva era di offendere il loro allievo più meritevole.

    Scelse con cura le parole. «Come mai ha deciso di avvalersi dell'aiuto della fondazione, signor Dilson?»

    «Mi chiami Brandon» replicò lui, con quel suo sorriso disinvolto. «In realtà, credo che lei voglia sapere come mai un uomo può arrivare a trent'anni senza saper leggere.»

    Anche se aveva problemi di analfabetismo, l'intelligenza non gli faceva difetto. «Come mai?»

    «Mia madre è morta quando ero giovane e mio padre lavorava nei rodeo, così viaggiavamo molto quando ero bambino. Quando riusciva a iscrivermi a una scuola, non ci fermavamo mai abbastanza a lungo in un posto perché imparassi qualcosa.»

    Era triste pensare dove sarebbe potuto arrivare con una istruzione adeguata. «E che cosa l'ha spinta a cercare aiuto?»

    «Il mio capo mi ha detto che mi avrebbe nominato manager del ranch, ma dovevo imparare a leggere meglio. Perciò, eccomi qui.»

    «È sposato?»

    «No.»

    «Figli?»

    «No, che io sappia.»

    Paige gli lanciò un'occhiata, e quel sorriso seducente gli incurvò di nuovo gli angoli della bocca. Si chiese se avesse idea di quanto era affascinante.

    «Stavo scherzando.»

    Oh già, aveva capito. «Quindi, è un no?»

    «Niente ragazzini.»

    «Nessuno d'importante?»

    Un sopracciglio scattò in alto. «Perché? Il posto le interessa?»

    Oh, lui non poteva nemmeno immaginarlo, ma lei aveva giurato tanto tempo prima, quando, grazie all'ultimo compagno scroccone di sua madre, erano state buttate fuori a calci dalla loro squallida roulotte e costrette a vivere in un ancora più squallido ricovero per donne, che avrebbe frequentato soltanto uomini istruiti e di sicuro successo finanziario. Il genere di uomini che non le avrebbero rubato dalla borsetta l'affitto del mese seguente per acquistare droghe o whisky scadente, o per perderlo giocandolo su un cavallo sicuro.

    Non che avesse motivo di credere che Brandon assomigliasse agli uomini perdenti di sua madre. Era sicura che fosse un tipo a posto. Ed era incredibilmente piacevole a guardarsi. Soltanto, non era il tipo di uomo con cui sarebbe mai uscita. A parte la sua situazione finanziaria, era troppo... troppo sexy e affascinante. Non cercava qualcuno che le facesse perdere la testa. Quello che voleva era un uomo responsabile, fidato. Un uomo dedito alla carriera come lo era lei. Un suo pari. Uno che potesse prendersi cura di lei in caso di necessità. Finora non era mai capitato, naturalmente. Aveva sempre badato a se stessa, ma non guastava avere un piano di riserva.

    «Mi chiedevo soltanto se le occorresse un secondo biglietto per il gala.»

    «No, signora. Non mi occorre.»

    A lei non sfuggì che era riuscito a rispondere evitando, tuttavia, l'argomento del nessuno d'importante. Non che fosse rilevante saperlo. Anzi, forse era meglio ignorarlo.

    «Suppongo che non possieda uno smoking.»

    Lui rise. «No, signora, non lo possiedo.»

    Il signora era destinato a vita breve. Lei posò la penna. «Mi chiami Paige.»

    «D'accordo... Paige.»

    Qualcosa nel modo in cui pronunciò il suo nome la fece avvampare. Anzi, stava cominciando a sudare sotto il tailleur. Era indispensabile controllare il termostato. Forse l'aria condizionata si era guastata.

    Oppure il suo termostato interno era andato in tilt.

    Resistette all'impulso di farsi vento al volto. «Mancando meno di un mese al gala, la prima voce sulla nostra agenda è di prenderle le misure per uno smoking a nolo.»

    «Con il dovuto rispetto, non rientra nel mio budget.»

    Lei liquidò le sue preoccupazioni con un gesto della mano. «Sono sicura che la fondazione può accollarsi la spesa.»

    Lui si accigliò. «Non cerco elemosina.»

    «La speranza di Hannah è una fondazione filantropica. Quello che facciamo è aiutare la gente. E il gala richiede l'abito da sera.»

    L'espressione di Brandon si incupì. «È legale?»

    Quell'improvviso cambiamento, da scherzoso a sospettoso, la incuriosì. «Non sono sicura di capire che cosa intenda.»

    «Una fondazione che combatte l'analfabetismo e noleggia smoking per la gente?»

    Paige non aveva considerato la questione da quel punto di vista. Ma dubitava che sarebbe stato un problema. «Ne parlerò con Ana. Sono sicura che troveremo una soluzione.»

    La risposta parve soddisfare Brandon. E anche se il suo comportamento era un po'... strano, Paige lo attribuì a semplice orgoglio maschile.

    Si augurava che accettasse l'aiuto della fondazione perché sarebbe stato un peccato perdersi l'occasione di vedere Brandon in smoking. Avrebbe fatto un figurone. Anche se non dubitava che sarebbe stato perfino meglio con niente addosso. E le cose che, probabilmente, poteva fare con quel corpo...

    «Allora, facciamolo.»

    Farlo? Paige inspirò a fondo. Non l'aveva detto a voce alta, vero? No, no di certo. Che sapesse leggere nel pensiero? «Chi... chiedo scusa?»

    «Ha detto che doveva prendermi le misure per lo smoking, non è così? Andiamo.»

    Oh, lo smoking. «Sì, certo.»

    «Che cosa pensava che intendessi dire?»

    Lei si rifiutava di rispondere perché sarebbe stato umiliante. «Niente. Soltanto... non è così urgente.»

    Lui si protese sulla sedia. «Mai rimandare a domani quello che puoi fare oggi, giusto?»

    «Be', sì. Ma...» Corrugando la fronte, Paige aprì il suo PC per controllare il calendario dei suoi appuntamenti. «Ci sono diverse telefonate che intendevo fare oggi pomeriggio.»

    Lui la guardò socchiudendo gli occhi. «Mi faccia indovinare, lei è il tipo di donna che programma la sua giornata di lavoro fino all'ultimo minuto.»

    L'aveva detto come se lei fosse stata uno scherzo di natura. Avendo uno stile di vita così spontaneo e... disinibito, non poteva capire le pressioni del mondo degli affari. Tuttavia lei non era del tutto refrattaria ai compromessi. Di solito pretendeva diversi giorni di preavviso per quel genere di appuntamenti, ma se faceva slittare qualche impegno e restava un'ora di più in ufficio, poteva farcela.

    Non era come se a casa ci fosse ad aspettarla qualcuno. Neanche un gatto. Ai quali era allergica e, considerando le ore che passava in ufficio, non aveva il tempo per occuparsi di un cane.

    «Suppongo di riuscire a inserirla, ma prima dovrò scambiare una parola con Cheryl.»

    «Che cosa ne dice di incontrarci fuori?»

    «Certo. Mi ci vorrà un minuto.»

    Si alzarono contemporaneamente. Anche se calzava un paio di scarpe con

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